I vizi dell'appalto tra decadenza, prescrizione e natura della responsabilità dell'appaltatore
14 Settembre 2020
Massima
Il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dall'art. 1669 c.c. a pena di decadenza dall'azione di responsabilità contro l'appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti. I gravi difetti che, ai sensi dell'art. 1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura Il caso
Il condominio Alfa evoca in giudizio la società Beta, al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni conseguenti a vizi dell'appalto realizzato da quest'ultima all'interno dell'edificio condominiale e concernente opere di manutenzione relative alla centrale idrica ed all'impianto fognario. A seguito dell'accoglimento della domanda, la società Beta propone gravame innanzi alla Corte d'Appello di Milano che, con la sentenza in commento, conferma la sentenza impugnata, 1) escludendo la verificazione di alcuna decadenza a carico del condominio committente, nonostante il decorso di 9 anni tra la consegna delle opere e la denuncia mossa alla società appaltatrice, 2) ritenendo comunque operante, nella specie, la generale clausola di responsabilità ex art. 2043 c.c. anziché la specifica disciplina dettata dall'art. 1669 c.c. (con conseguente inoperatività, dunque, della decadenza annuale prevista da tale ultima disposizione), nonché, da ultimo, 3) confermando la riconducibilità dei vizi lamentati dal condominio alla categoria dei “gravi difetti”.
La questione
Le questioni di interesse affrontate dalla Corte d'Appello sono, dunque, principalmente, due: a) come identificare il dies a quo di decorrenza dei termini di decadenza e prescrizione ex art. 1669 c.c.; b) quali sono i vizi “gravi”, idonei ad ingenerare la responsabilità dell'appaltatore ai sensi di tale disposizione. Le soluzioni giuridiche
Rappresenta principio consolidato quello in virtù del quale il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dall'art. 1669 c.c. a pena di decadenza dall'azione di responsabilità contro l'appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti (v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2020, n. 777; Cass. civ., sez. II, 17 ottobre 2017, n. 24486); tale conclusione fonda sul rilievo per cui la disciplina concernente la decadenza e la prescrizione per l'esercizio dell'azione ha lo scopo di non onerare il danneggiato della proposizione di domande generiche a carattere esplorativo, sicché è necessario che la denuncia, per far decorrere il successivo termine prescrizionale, riveli una conoscenza sufficientemente completa del vizio e della responsabilità per lo stesso (Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 2015, n. 3040). Nondimeno, qualora si tratti di un problema di immediata percezione, sia nella sua reale entità, che nelle sue possibili cause sin dal suo primo manifestarsi, il decorso di tale termine non è necessariamente né automaticamente postergato all'esito dei predetti approfondimenti tecnici (Cass. civ., sez. II, 29 ottobre 2019, n. 27693). Coerentemente a tale impostazione di fondo, dunque, la Corte lombarda osserva che “il fatto che i vizi possano essersi manifestati ben prima dall'esser stati denunciati, ovvero anche la mera reiterata denuncia degli stessi, come nel caso delle infiltrazioni, dimostra esclusivamente che il Condominio poteva nutrire il sospetto dell'esistenza di vizi gravi attribuibili all'appaltatore, ma non è di per sé elemento sufficiente a ritenere provata la piena conoscenza degli stessi, che l'appellato ha dimostrato avere acquisito grazie alla perizia del marzo 2011. Prima di allora il Condominio si era limitato a segnalare la presenza di vizi e difetti ma senza approfondirne cause e gravità [...]”; né si è ritenuto ricorrere, nella specie, la “immediata percepibilità” (quale conseguenza dell'entità dei ristagni d'acqua, nonché delle esalazioni di odori provenienti dal locale rifiuti) di entità e cause dei vizi lamentati dal condominio, altro essendo - usando le parole della Corte - il “mero sospetto, che il danneggiato può avere della gravità del vizio e della sua derivazione causale”, altra “la conoscenza effettiva di tali circostanze”. Peraltro, la questione concernente l'esatta identificazione del momento di scoperta del vizio dell'appalto ai fini della decadenza dall'azione è, secondo la pronunzia in commento, da ritenersi comunque superata, in conseguenza dell'operatività delle ordinarie regole sottese alla responsabilità extracontrattuale “basica” (secondo, cioè, il regime “ordinario” dettato dall'art. 2043 c.c., al quale consegue l'applicazione “esclusivamente [di] un termine di prescrizione quinquennale in questo caso ampiamente rispettato”), fondando tale conclusione sulla ricorrenza, nella specie, di un danno conseguente ad una condotta colposa dell'appaltatore, derivante dall'inosservanza del regolamento di igiene e delle regole tecniche in materia di costruzioni e impianti. D'altra parte, già Cass. civ., sez. un., 3 febbraio 2014, n. 2284, aveva chiarito che la previsione dell'art. 1669 c.c. concreta un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, con carattere di specialità rispetto al disposto dell'art. 2043 c.c., fermo restando che - trattandosi di una norma non di favore, diretta a limitare la responsabilità del costruttore, bensì finalizzata ad assicurare una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale - ove non ricorrano in concreto le condizioni per la sua applicazione (come nel caso di danno manifestatosi e prodottosi oltre il decennio dal compimento dell'opera) può farsi luogo all'applicazione dell'art. 2043 c.c., senza che, tuttavia, operi il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore contemplato dall'art. 1669 c.c., atteso che spetta a chi agisce in giudizio l'onere di provare tutti gli elementi richiesti dall'art. 2043 c.c., compresa la colpa del costruttore: tale principio, secondo la Corte meneghina, “copre tutti i casi in cui non sia invocabile la tutela prevista dall'art. 1669 c.c. e, dunque, anche quelli in cui [a tutto volere] non risultino rispettati i termini brevi di decadenza [...]”. L'ultima problematica affrontata dalla Corte territoriale lombarda concerne, poi, l'individuazione della tipologia danni in grado di determinare l'insorgenza di responsabilità dell'appaltatore ai sensi dell'art. 1669 c.c.: chiarisce la decisione in commento che al tal fine “rilevano [...] i vizi che, per diffusività ed intensità, pregiudicano in concreto il godimento dell'opera anche in relazione alla sua naturale durata. Da ciò consegue che le infiltrazioni e le macchie di umidità presenti in corrispondenza del muro in area boxes e sulla trave antistante al cavedio costituiscono gravi difetti dell'edificio anche se presenti in una parte limitata, in quanto comunque incidono in maniera rilevante sulla funzionalità e durata di quella parte della costruzione (v. Cass. n. 1203/1998) favorendone un precoce degrado, come peraltro evidenzia il CTU [...] anche i ristagni d'acqua che si formano in corrispondenza dell'area di accesso condominiale costituiscono gravi vizi”, poiché come rileva il CTU, “rendono difficoltoso il transito in entrata e in uscita dall'edicola…ed altresì il recupero della posta senza bagnarsi le scarpe” [...]. La presenza di tali manifestazioni in concomitanza delle piogge inficia una delle funzioni primarie della pavimentazione, quella di costituire uno strato isolante dal terreno per agevolare il transito [...] i vizi della centrale idrica che la rendono inutilizzabile [...], i vizi dell'impianto fognario, poiché l'assenza di chiusini impedisce l'accesso rapido per l'esecuzione di interventi di manutenzione e di disostruzione delle tubazioni e dunque di garantire l'efficienza di un impianto che, come afferma la giurisprudenza di legittimità, va reputato “essenziale - dal punto di vista igienico e sanitario - qual è quello che serve allo scarico ed allo smaltimento dei rifiuti biologici di un complesso abitativo (Cass. civ., sez. II, 21 aprile 1990, n. 3339)”. Anche in tal caso la pronunzia è conforme al costante indirizzo di legittimità, in base al quale i gravi difetti che, ai sensi dell'art. 1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti dei committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura: a) rilevano a tal fine, peraltro, anche vizi non totalmente impeditivi dell'uso dell'immobile, come quelli relativi all'efficienza dell'impianto idrico o alla presenza di infiltrazioni e umidità, ancorché incidenti soltanto su parti comuni dell'edificio e non sulle singole proprietà dei condomini (Cass. civ., sez. II, 4 ottobre 2018, n. 24230); b) i gravi difetti, ancora, non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell'edificio ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando soltanto una parte condominiale, incida sulla struttura e funzionalità globale dell'edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile, come nell'ipotesi di infiltrazioni d'acqua e umidità nelle murature (Cass. civ., sez. II, 17 novembre 2017, n. 27315).
Osservazioni
Quanto alla prima questione e, precisamente, quella coinvolgente l'individuazione del momento nel quale la conoscenza dell'esistenza del vizio e della sua causa possa ritenersi acquisita, trattandosi di un accertamento che involge un apprezzamento di fatto, esso è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto (Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2020, n. 777, cit.). Relativamente alla tematica concernente la natura dell'azione ex art. 1669 c.c. - applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti che rovinino o presentino evidente pericolo di rovina o gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo (Cass. civ., sez. un. 27 marzo 2017, n. 7756), nonché nei confronti del venditore che, sotto la propria direzione e controllo, abbia fatto eseguire sull'immobile successivamente alienato opere di ristrutturazione edilizia ovvero interventi manutentivi o modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti (Cass. civ., sez. II, 28 luglio 2017, n. 18891) - è altrettanto pacifico che la norma, nonostante la collocazione nell'ambito della disciplina del contratto d'appalto, dà luogo ad un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale la quale, pur presupponendo un rapporto contrattuale, ne supera i confini e si configura come obbligazione derivante dalla legge per finalità e ragioni di carattere generale, costituite dall'interesse pubblico - trascendente quello individuale del committente - alla stabilità e solidità degli immobili destinati ad avere lunga durata, a preservazione dell'incolumità e sicurezza dei cittadini; e, sotto tale profilo la norma si pone - come chiarito - in rapporto di specialità con quella generale di cui all'art. 2043 c.c., che trova applicazione solo ove non risulti applicabile quella speciale, ed attribuisce legittimazione ad agire contro l'appaltatore ed eventuali soggetti corresponsabili non solo al committente ed ai suoi aventi causa (ivi compreso l'acquirente dell'immobile), ma anche a qualunque terzo che lamenti essere stato danneggiato in conseguenza dei gravi difetti della costruzione, della sua rovina o del pericolo della rovina di essa (Cass. civ., sez. III, 28 gennaio 2005, n. 1748). |