Accise sull'energia elettrica: irrilevanti le cessioni intermedie

15 Settembre 2020

n tema di accise sull'energia elettrica, il soggetto passivo che ha realizzato uno dei fatti generatori dell'imposta è tenuto al pagamento dei diritti di accisa all'atto della fatturazione al consumatore finale, o quando si accerti che non si sono verificate le condizioni di consumo per poter beneficiare di un'aliquota ridotta o di un'esenzione, o comunque all'atto dell'immissione in consumo, essendo irrilevanti - a fini impositivi - le cessioni intermedie che non abbiano realizzato la condizione di esigibilità, avendo mera rilevanza privatistica nell'ambito di un fenomeno economico al quale è estranea l'Amministrazione finanziaria.
Massima

In tema di accise sull'energia elettrica, il soggetto passivo che ha realizzato uno dei fatti generatori dell'imposta è tenuto al pagamento dei diritti di accisa all'atto della fatturazione al consumatore finale, o quando si accerti che non si sono verificate le condizioni di consumo per poter beneficiare di un'aliquota ridotta o di un'esenzione, o comunque all'atto dell'immissione in consumo, essendo irrilevanti - a fini impositivi - le cessioni intermedie che non abbiano realizzato la condizione di esigibilità, avendo mera rilevanza privatistica nell'ambito di un fenomeno economico al quale è estranea l'Amministrazione finanziaria.

Più ampio del novero dei soggetti passivi dell'imposta è quello degli obbligati al pagamento di essa, che rispondono del debito tributario, pur non avendone realizzato i fatti generatori, qualora nei loro confronti se ne sia verificata la condizione di esigibilità.

Il caso

Una società titolare di un'officina di produzione e di acquisto di energia elettrica (A) aveva fruito ai fini del pagamento dell'accisa, in relazione agli anni di imposta 2007 e 2008, dell'esenzione correlata ai consumi mensili superiori a 1.200.000 kwh in base all'art. 53, comma 3, lett. f), D.Lgs. n. 504/1995 (nel testo all'epoca vigente, ante novella del 2007).

Da una verifica era emerso che la società fornitrice (A) aveva ceduto l'energia ad un'altra società (B), la quale a sua volta aveva ceduto il primo piano dell'immobile locato ad una terza società (C) che, a propria volta, aveva sublocato parte dei locali ad altre tre società (D, E ed F), nessuna delle quali svolgeva attività di produzione di beni, essendo meri fruitori dell'energia.

L'Agenzia delle dogane disconosceva l'operatività dell'esenzione goduta dalla società fornitrice (A), non ritenendo verificate le previste condizioni di consumo per poterne beneficiare, anche perché la fatturazione elettrica era stata operata a valle della complessiva vicenda contrattuale.

L'officina impugnava così l'avviso relativo alle maggiori imposte e addizionali dovute: rimasta soccombente in primo grado, risultava vittoriosa in appello, nel rilievo che non fosse tenuta ad alcuna comunicazione né potesse rispondere di fatti altrui. La Comm. Trib. Reg. valorizzava, in particolare, la novella del 2007, secondo la quale il momento impositivo va identificato con la cessione dell'energia al consumatore finale sicché - nella specie - il soggetto passivo doveva identificarsi nella società cessionaria (C), a nome della quale erano risultati istallati due dei tre contatori presenti nella cabina di trasformazione.

Contro la decisione di seconde cure ricorreva l'Agenzia delle dogane per ottenerne la cassazione, insistendo sulla soggettività passiva del produttore (A).

La sezione tributaria della Cassazione, in accoglimento del ricorso agenziale, ha annullato, con rinvio, l'impugnata sentenza. In applicazione del principio di diritto di cui in massima, la Suprema corte ha ritenuto rilevante soltanto il debito d'imposta del soggetto passivo fornitore (A) il quale, lungi dal rispondere di illeciti altrui, adempie sì, in seno al rapporto che lo contrappone al Fisco, l'obbligo derivante dall'esclusione dall'esenzione, ma si può rivalere del peso economico corrispondente in base al rapporto privatistico che ha col cessionario (C).

La questione

La questione giuridicaaffrontata dalla sentenza in commento riguarda l'esatta identificazione del soggetto passivo dell'accisa sull'energia elettrica - avente natura di imposta di produzione - e l'eventuale rilevanza fiscale dei passaggi commerciali intermedi.

In tema di accise sull'energia elettrica, l'assetto normativo di cui al D.Lgs. n. 504/1995, modificato dal D.Lgs. n. 26/2007 (attuativo della direttiva 2003/96/CE), ruota tutto sulle nozioni di «officina», di «produzione» o di «acquisto», quali luoghi fisici, sulla nozione di «consumatore», quale destinatario ed utilizzatore finale dell'energia elettrica sottoposta ad accisa, nonché sulla tariffazione per punto di presa, che trova riscontro nel sistema di versamento dell'imposta.

La particolare struttura del prelievo erariale in disamina determina una sfasatura tra:

  • fatto generatore dell'obbligazione tributaria, che sorge con la fabbricazione o l'importazione dell'energia da parte degli esercenti l'officina di produzione di elettricità denominati «fabbricanti»(e assimilati, come i distributori e ridistributori): costoro individuano, nel rapporto con l'Amministrazione finanziaria, i consumi assoggettati ad imposta e segnalano quelli esclusi perché esenti;
  • e la condizione (sospensiva) di esigibilità, ancorata invece all'immissione in consumo, che esprime l'attitudine economica dei fabbricanti o importatori, a presentarsi sul mercato per vendere i prodotti a terzi, traducendosi in indice di capacità contributiva in linea con l'art. 53 Cost.

Questa distinzione tra fatto generatore e condizione di esigibilità (su cui, rispetto alla direttiva 2008/118/CE, v. Corte di giustizia UE 28 gennaio 2016, causa C-64/15, BP Europa, § 21) è tutt'altro che irrilevante: alcuni effetti giuridici, infatti, sorgono sin dal momento della fabbricazione (come la soggezione a vigilanza fiscale), mentre alcuni eventi che possono verificarsi prima dell'avveramento della condizione di esigibilità (come la sottrazione, la perdita o la distruzione del prodotto), ricevono una particolare regolamentazione.

Si tratta di capire, allora, dopo l'insorgenza dell'obbligazione tributaria, anche le fattispecie di intermediazione nello scambio dell'energia determinino i presupposti per l'esigibilità dell'imposta erariale in capo ai cessionari.

Struttura dell'accisa sull'energia elettrica

Fatto generatore

Regime sospensivo

Condizione di esigibilità

Fabbricazione, estrazione o importazione di energia elettrica

circolazione di prodotti tra depositi fiscali

immissione in consumo del bene prodotto (fatturazione elettrica al consumatore finale)

Effetti giuridici

Vigilanza fiscale

Soggettività passiva (fabbricanti, produttori e equiparati: venditori, distributori)

Obbligazione di pagamento del debito d'imposta

Rivalsa del soggetto passivo sul cessionario

Eventi

perdita o distruzione del prodotto

Le soluzioni giuridiche

Dopo aver ripercorso l'evoluzione normativa, anche nel contesto unionale, e richiamata la giurisprudenza costituzionale pronunciatasi sulla Direttiva n. 2003/96/CE (Corte Costituzionale n. 185/2011; Corte Costituzionale n. 117/2010), la sentenza in commento chiarisce nitidamente come la rilevanza della condizione di esigibilità nella struttura del tributo comporti la non coincidenza del novero dei soggetti comunque obbligati al pagamento dell'accisa con quello dei soggetti passivi nei cui confronti insorge l'obbligazione erariale.

Realizzatisi i fatti generatori, con costoro è solidalmente obbligato (oltre al garante) anche «il soggetto nei cui confronti si verificano i presupposti per l'esigibilità» (art. 2, comma 4, D.Lgs. n. 504/1995). Il che può accadere quando s'interponga tra il fabbricante (o produttore) di energia e il consumatore finale un soggetto intermediario che immetta in consumo l'energia, il quale è del pari tenuto al pagamento del tributo allorché, ad esempio, si sia verificato lo svincolo irregolare dal regime sospensivo dell'accisa (art. 2, comma 2, lett. a, D.Lgs. n. 504/1992).

D'altro canto, anche il soggetto che realizza uno dei fatti generatori può non maturare il debito d'imposta, come nel caso della circolazione di prodotti soggetti ad accisa tra depositi fiscali, che avviene in regime sospensivo (art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 504/1992).

Pertanto il soggetto passivo è tenuto al pagamento dei diritti d'accisa all'atto della fatturazione al consumatore finale, o quando si accerti che non si sono verificate le condizioni di consumo per poter beneficiare di un'aliquota ridotta o di un'esenzione, o comunque all'atto di immissione in consumo.

I soggetti obbligati al pagamento rispondono invece del debito d'imposta, pur non avendo realizzato i fatti generatori, qualora nei loro confronti se ne sia verificata la condizione di esigibilità.

Al di fuori di queste ipotesi, le cessioni commerciali intermedie non determinano i presupposti per l'esigibilità dell'imposta: sono irrilevanti fiscalmente perché hanno mera contrattuale, ponendosi su un piano distinto rispetto a quello tributario, con la conseguenza che l'intermediario non acquisisce la qualità di soggetto passivo spettante al fabbricante. Quest'ultimo, dunque, trasla l'onere al cessionario in virtù di un fenomeno meramente economico, tanto che l'azione proposta dal consumatore verso il fornitore per la ripetizione della quota di prezzo corrispondente al tributo non è un'azione tributaria di rimborso, ma un'azione privatistica rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass. civ., sez. unite, n. 1837/2016).

Osservazioni

In tema d'accisa sull'energia, la sentenziata irrilevanza tributaria dei passaggi commerciali intermedi si pone in linea con la giurisprudenza unionale.

Pronunciandosi in una fattispecie in cui il depositario autorizzato aveva venduto i prodotti energetici soggetti ad accisa a un acquirente intermedio e da questi ceduti al consumatore finale munito dei requisiti per fruire dell'esenzione, i giudici di Lussemburgo hanno ritenuto decisiva, a fini esentativi, non già la vendita intermedia del prodotto ma la consegna fatta dal depositario al consumatore finale, che ne ha determinato l'uscita fisica dal deposito (Corte di giustizia UE 23 giugno 2016, causa C-355/14, Polihim-SS EOOD; Id. 8 febbraio 2018, causa C-590/16, Commissione c. Repubblica ellenica).

Anche in prospettiva sovranazionale, dunque, l'odierno approdo ermeneutico dei giudici di legittimità merita condivisione: appare del tutto convincente il superamento di quella giurisprudenza sezionale che, all'opposto, valorizzando le categorie proprie della dottrina economica, reputava rilevante l'«intermediazione nello scambio di energia» nell'assunto che il «fatto generatore è solo l'erogazione per il consumo» (da ultimo Cass. civ., sez. trib., n. 21816/2018; Cass. civ., sez. trib., n. 21824/2018; Cass. civ., sez. trib., n. 22158/2017).

A ben vedere - come bene motiva in proposito la decisione in epigrafe - la sostanza economica dell'operazione, con riguardo all'intermediazione nello scambio di energia, se è decisiva per altri tributi (come l'IVA), è estranea al sistema delle accise, rispetto al quale non assume rilievo la cessione di beni o prestazioni di servizi compiuti nell'esercizio di un'attività economica.

Peraltro, l'irrilevanza fiscale dei passaggi commerciale in sé si rispecchia anche nella configurazione della rivalsa spettante al soggetto passivo non già come un obbligo (come nell'IVA) bensì come un diritto (art. 56 D.Lgs. n. 504/1995), sicché proprio la sussistenza del diritto di rivalsa (in quanto tale anche non esercitabile) è d'ostacolo all'emersione ai fini dell'accisa, e, quindi, alla rilevanza fiscale dei passaggi successivi al primo.

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