L'aggravio di spesa ed il distacco dal riscaldamento centralizzato
24 Settembre 2020
Massima
Il principio del contemperamento degli interessi, che deve essere sempre seguito in ambito condominiale, rende preferibile, in caso di accertato aggravio della spesa per gli altri condomini, consentire, ove possibile, di individuare il residuo onere di contribuzione a carico del distaccato onde permettere, contestualmente, di non ledere il diritto al distacco, da un lato, ed il diritto a non dovere subire un aggravio ingiustificato nella contribuzione, dall'altro. Il caso
I proprietari di unità facenti parte di un complesso condominiale, i quali avevano già proceduto al distacco dei propri immobili dall'impianto di riscaldamento centralizzato da lungo tempo (15 anni), contestualmente all'installazione del sistema di contabilizzazione avevano distaccato anche due termosifoni insistenti in altro immobile. In sede di approvazione del bilancio consuntivo, l'assemblea deliberava di non autorizzare il distacco ed invitava il condomino/i a ripristinare l'allaccio, con la richiesta di condanna al pagamento di una somma pari alla quota di gestione dell'anno rendicontato, oltre la quota fissa del 30%. Con l'impugnativa della delibera, veniva chiesto che, accertata la legittimità del distacco, la stessa fosse annullata o dichiarata nulla. Si costituiva il condominio che, nel merito, assumeva che gli attori non avevano diritto al distacco in quanto ne mancavano i presupposti, con la conseguenza che le spese per il funzionamento dell'impianto comune dovevano essere poste a carico anche degli attori. Istruita la causa, con espletamento di consulenza tecnica di ufficio, il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda attrice, dichiarando la nullità della delibera impugnata con la quale il condominio aveva vietato agli istanti, tout court, di distaccarsi dall'impianto centralizzato, mentre gli stessi dovevano, comunque, versare gli oneri straordinari e quelli per il consumo in ragione del 30%. Spese di lite compensate e quelle di CTU attribuite in pari misura alle parti del giudizio.
La questione
Dalla sentenza sono emerse due problematiche. La prima, che costituisce un costante oggetto di conflitto tra i partecipanti alla comunità condominiale, concerne il riconoscimento del diritto del condomino di distaccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento. La seconda, più peculiare, riguarda l'applicazione in ambito condominiale del principio della solidarietà condominiale che, quale elemento fondante della convivenza tra più partecipanti, deve essere sempre tenuto in considerazione quando consenta di mediare tra le parti in conflitto. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale capitolino ha accolto, parzialmente, la domanda sulla base della CTU la quale aveva accertato che il distacco non aveva comportato squilibrio nel funzionamento dell'impianto centralizzato: ergo la rinuncia al servizio, per tale profilo, era pienamente legittima. Restava, quindi, da esaminare la seconda condizione prevista dall'art. 1118, ultimo comma, c.c. ovvero l'eventuale aumento di spesa a carico dei rimanenti partecipanti. A questo proposito osservava l'ausiliario che, per effetto dell'introduzione del sistema di contabilizzazione del calore nel condominio, da un lato, e della legislazione e delle norme tecniche (UNI) vigenti, dall'altro, il calcolo della contribuzione è commisurato al consumo volontario ed involontario, da intendersi quest'ultimo come indipendente dall'azione dell'utente perché costituito, principalmente, dalle dispersioni di calore della rete di distribuzione nell'involucro edilizio che delimita le unità di proprietà esclusiva e che deve essere ripartito sulla base di millesimi calcolati secondo il fabbisogno di energia utile. Veniva così accertato che il condomino che si era distaccato continuava a godere del c.d. consumo indiretto, con la conseguenza che lo stesso doveva partecipare alla relativa spesa, per la quale la quota del 30% fissata in sede assembleare e suddivisa sulla base della vecchia tabella millesimale era valida ed efficace, non avendo il condominio provveduto, come previsto dal legislatore, alla revisione delle tabelle del riscaldamento a seguito dell'intervenuta contabilizzazione del calore. Tale argomentazione - come espresso dal giudice capitolino - trova il suo fondamento nel principio etico dell'armonizzazione degli interessi condominiali, in forza del quale le ragioni ed i diritti del singolo devono essere sempre salvaguardati, ma quando - come nel caso di specie - sia accertato che il distacco dall'impianto centralizzato abbia comportato un ingiustificato aggravio di spesa per i condomini allo stesso rimasti collegati, ove possibile, è giusto che colui che tale peso abbia determinato con il proprio intervento debba farsi carico. In questo senso, quindi, è stata rigettata la domanda concernente l'illegittimità della delibera con la quale il contributo per la quota fissa era stato addebitato agli impugnanti.
Osservazioni
In via preliminare, si osserva che il contemperamento degli interessi, richiamato dal giudicante, è l'essenza del principio della solidarietà condominiale,che governa la composita realtà condominiale formata dalla coesistenza di più unità immobiliari in un solo fabbricato e che è finalizzata a garantire l'ordinato svolgersi di quella convivenza propria dei rapporti condominiali. Si tratta di un principio oramai definitivamente acquisito dalla giurisprudenza di legittimità e di merito e che, in realtà, è sempre stato affermato con riferimento al diritto del condomino di installare nell'edificio l'impianto di ascensore allo scopo di eliminare le barriere architettoniche, anche a proprie spese in caso di rifiuto da parte dell'assemblea (per tutte, v. Cass. civ., sez. VI/II, 9 marzo 2017, n. 6129; per il merito, da ultimo, v. Trib. Roma 8 marzo 2019, n. 5222). La partecipazione del distaccante all'eventuale aggravio di spesa rimasto a carico degli altri condomini è una possibilità che, proprio in ragione del noto contemperamento di interessi, è stata riconosciuta dalla giurisprudenza come la via per salvare i diritti di entrambi le parti. Secondo un'interpretazione strettamente letterale dell'art. 1118, ultimo comma, c.c. l'aggravio di spesa o lo squilibrio termico impediscono il distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento e tale divieto è operativo anche se sussiste una sola delle due condizioni. La norma, quindi, non pare aver aperto strade diverse da quelle indicate dal legislatore mentre la giurisprudenza, richiamando il principio del bilanciamento degli interessi ha ritenuto più opportuno, ove vi sia la possibilità, salvaguardare contestualmente le posizioni di entrambe le parti: da un lato, il condomino che si vuole distaccare, il quale deve sopperire all'aggravio di spesa e, dall'altro, i condomini che da questo non devono subire un danno ingiusto. Sembra, tuttavia, che il Tribunale di Roma abbia rispolverato il principio costantemente affermato dalla Corte nel vigore della precedente normativa secondo il quale, fermo restando l'obbligo di partecipare, comunque, alle spese per la conservazione dell'impianto, permaneva un obbligo parallelo di coprire gli oneri di gestione nei limiti in cui il distacco non portava ad una diminuzione di spesa a carico degli altri condomini (Cass. civ, sez. II, 3 aprile 2012, n. 5331; Cass. civ., sez. II, 24 luglio 2007, n. 16365; Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2006, n. 7518). Va, tuttavia, osservato che l'espressione utilizzata dall'attuale giudicante “…ove possibile…” induce a ritenere che l'ipotesi per il condomino di coprire la quota di spesa, che andrebbe a pesare ingiustamente sui partecipanti rimasti collegati all'impianto centralizzato, non possa che essere il frutto di una valutazione del singolo che si è distaccato, dovendosi presumere che tale scelta (ovvero la rinuncia al servizio comune) dovrebbe essere opportunamente abbandonata quando si dovesse trasformare in una decisione antieconomica per lo stesso. Per quanto concerne, invece, la differenza tra consumo volontario ed involontario in presenza di un sistema di contabilizzazione del calore, l'elaborato tecnico del quale si è avvalso il giudice ai fini della decisione ha messo in rilievo le peculiarità delle due variabili. Il primo, infatti, che si riferisce alla libera scelta dell'utente mediante la regolazione delle valvole termostatiche, viene ripartito in base alle indicazioni risultanti dalle letture tramite i dispositivi (contatori o ripartitori) installati per il calcolo del calore. Il consumo involontario, invece, non dipende dall'azione del condomino/utente ma è costituito dalle fisiologiche dispersioni di calore della rete di distribuzione e delle quali il condomino che si è distaccato continua a godere - salvo prova contraria - tramite le tubazioni dell'impianto centralizzato che, inevitabilmente, riversano calore non solo nelle singole proprietà esclusive che si sono distaccate ma anche nelle parti comuni che ad esse siano finitime. A questo proposito e con riferimento a fattispecie speculare (accertata inesistenza di disfunzioni all'impianto di riscaldamento a seguito del distacco) era stato osservato (Trib. Roma 8 aprile 2019, n. 7568) che l'aggravio da consumo involontario sarà sempre presente perché non esiste un impianto termico con rendimento medio stagionale al 100% e, quindi, la quota parte di inefficienza costituisce il consumo involontario - rappresentato non solo dalle note dispersioni di calore, ma anche all'energia elettrica necessaria per la produzione e la distribuzione del calore, all'energia prodotta ma non utilizzata e così via - talché la c.d. energia dispersa va rapportata al carburante utilizzato e rapportata anche alla quota millesimale del soggetto che si sia distaccato. Da ultimo e come nota storica, si osserva che ancora prima della definitiva applicazione sul territorio nazionale del sistema di contabilizzazione del calore si era posto il problema se il condomino, che aveva rinunciato al servizio di riscaldamento centralizzato, fosse tenuto ad intervenire, anche se in minima parte, alle spese di gestione proprio sulla base delle considerazioni che hanno poi indotto il legislatore a prevedere le predette quote ideali di consumo del calore. Era stato, infatti, ritenuto (Trib. Roma 10 giugno 2014, n. 12608) che, quando l'impianto di riscaldamento condominiale fornisce calore a tutti gli appartamenti dello stabile ne beneficia in una certa misura anche quello che non è più collegato al servizio comune, poiché le relative tubazioni passano necessariamente all'interno dei muri. Il tutto con la evidente conseguenza che tutti gli immobili posti in posizione intermedia tra il primo e l'ultimo piano producono quel calore che si va ad irradiare, pur se in quantità ridotta, anche nell'unità immobiliare che oramai non fruisce più del riscaldamento prodotto dalla centrale termica. Necessario, infatti, considerare la particolare situazione in cui possono trovarsi gli appartamenti - come ad esempio anche i locali terranei - attraversati dalle tubature di distribuzione del calore, poiché in questi casi il condomino distaccatosi, pur non essendo pienamente servito dall'impianto di riscaldamento centrale, beneficia in via indiretta del servizio comune e, di conseguenza, deve partecipare alle spese di gestione in misura proporzionale all'uso indiretto che può fare dell'impianto, ricevendo il calore dalle condutture di collegamento per gli altri appartamenti dell'edificio.
Colucci, L'impianto di riscaldamento ed il distacco del singolo, in Condominioweb.com, 17 febbraio 2020; Scalettaris, La Corte di Cassazione considera nuovamente il distacco dall'impianto di riscaldamento nel condominio, in Riv. giur. edil., 2017, II, 279; Tarantino, Il condomino può tornare all'impianto di riscaldamento centralizzato se il distacco risulta oneroso per gli altri?, in Condominioweb.com, 8 novembre 2016; Nucera, Distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento e rapporto tra 2º e 4º comma dell'art. 1118 c.c., in Arch. loc. e cond., 2015, 271. |