Il condominio può accedere al piano del consumatore in caso di sovraindebitamento?
29 Settembre 2020
Massima
Il condominio non è legittimato a proporre un piano del consumatore al fine di superare la crisi da sovraindebitamento in cui versi, in quanto, ai sensi dell'art. 6, comma 2, lett. b), dellal. n. 3/2012 solo una persona fisica può essere qualificata “consumatore”. Il caso
Un condominio aveva proposto reclamo avverso il decreto del Tribunale con il quale era stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso depositato dal predetto condominio diretto all'omologazione di un piano del consumatore in quanto soggetto privo del requisito soggettivo di cui all'art. 6, comma 2, lett. b), della legge n. 3/2012. Il giudice delegato nel respingere l'istanza di omologazione del piano aveva ritenuto che, poiché la legge riserva la qualifica di consumatore alla sola persona fisica, non essendo tale il condominio, gli era preclusa la possibilità di accedere al piano del consumatore. Il condominio, nel reclamare il decreto, aveva evidenziato come una sorta di attenuata personalità giuridica del condominio si sia sempre più delineata in dottrina ed in giurisprudenza, tant'è che la stessa giurisprudenza richiamata dal giudice nel provvedimento reclamato, ha rilevato che a seguito della entrata in vigore della legge di riforma del condominio, è in atto un processo di riconoscimento di una “soggettività giuridica autonoma” del condominio. In particolare, sosteneva che il condominio sarebbe costituito da un insieme di “consumatori”, che, secondo la definizione data dalla legge, sono “persone fisiche”, con la conseguenza che la stessa qualità di consumatore-persona fisica si trasmetterebbe al condominio stesso. Il Tribunale, in sede collegiale, rigettava il reclamo, confermando il provvedimento del giudice delegato. La questione
Nel caso di specie, si trattava di verificare se un soggetto, quale il condominio, potesse considerarsi un consumatore e, quindi, accedere a quella particolare procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, costituita dal piano del consumatore. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale, pronunciatosi in sede collegiale, ha rigettato il reclamo proposto dal Condominio sulla base di questa assorbente considerazione: il condominio non è legittimato a proporre il piano del consumatore in quanto soggetto privo del requisito di cui all'art. 6, comma 2, lett. b),della l. n. 3/2012,perché non riconducibile ad una “persona fisica”. A sostegno di tale assunto il Tribunale richiama una precedente pronuncia di legittimità (Cass. civ., sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1869)che ha chiarito come la nozione di “consumatore abilitato al piano” comprende solo il debitore, persona fisica, che abbia contratto obbligazioni, non soddisfatte al momento della proposta di piano, per far fronte ad esigenze personali, familiari ovvero attinenti agli impegni derivanti dall'estrinsecazione della propria personalità sociale e, dunque, anche a favore di terzi, ma senza riflessi diretti in un'attività d'impresa o professionale propria, salvi solo gli eventuali debiti di cui all'art. 7, comma 1, terzo periodo,l. n. 3/2012, non escludendo, quindi, il professionista o imprenditore a condizione che non residuino o, comunque, non siano più attuali obbligazioni sorte da queste attività e confluite nell'insolvenza. In definitiva - secondo il Collegio - la giurisprudenza ha precisato in quali termini potesse essere considerato consumatore, ai fini della legge sul sovraindebitamento, anche un imprenditore od un professionista, ma non ha certo allargato la definizione di “consumatore” fino a ricomprendervi un ente collettivo, quale il condominio, con la ulteriore precisazione che "la nozione di consumatore”, quale posta nell'art. 6, comma 2, lett. b), risulta più specifica rispetto a quella di cui all'art. 3, comma 1, lett. a), del Codice del consumo, ritenuto che esige che i debiti derivino da atti compiuti da persone fisiche. Osservazioni
Il provvedimento che si commenta esclude che il condominio, ai fini della legge sul sovraindebitamento, possa considerarsi un consumatore e, come tale, accedere a quella particolare procedura di composizione della crisi costituita dal piano del consumatore diretto ad una ristrutturazione dei debiti con soddisfazione dei crediti. La soluzione accolta viene giustificata sull'assorbente rilievo che il condominio, essendo un ente collettivo, non può considerarsi consumatore alla luce della definizione fatta propria dalla legge sul sovraindebitamento che intende per consumatore “il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta» nonché dalla giurisprudenza interpretativa sulla predetta nozione di consumatore. Occorre rilevare che la legge sul sovraindebitamento andrà a confluire nel Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (con effetto dal 15 agosto 2020) il cui art. 2, comma 1, alla lett. e) definisce il “consumatore” come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali”. Si tratta di definizioni che ricalcano quella contenuta nel Codice del consumo il quale specifica che, per “consumatore” si debba intendere “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”. Sebbene le nozioni di consumatore, quali delineate, rispettivamente, nel Codice del consumo e nella legge sul sovraindebitamento (e poi nel CCII), abbiano quale elemento in comune il riferimento necessario alla persona fisica, per quanto concerne il condominio sono state adottate interpretazioni differenti. Il provvedimento del Tribunale di Bergamo ha escluso, per quanto concerne le procedure di sovraindebitamento, che il condominio possa considerarsi un consumatore e in ciò ponendosi in contrasto con quella giurisprudenza che ha, invece, ritenuto che il condominio possa ritenersi consumatore, ai fini del Codice del consumo e, quindi, beneficiare della disciplina di favore. In proposito, la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità (v., da ultimo, Cass. civ., sez. VI, 22 maggio 2015, n. 10679) è concorde nel considerare il condominio consumatore sulla base di questi argomenti: - il condominio è un ente di gestione privo di autonoma soggettività giuridica ulteriore o diversa da quella dei singoli condomini che opera tramite l'amministratore che è un mandatario con rappresentanza; - gli effetti dei contratti dallo stesso posti in essere nell'interesse dei condomini si ripercuotono sui singoli condòmini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale. La giurisprudenza sopra richiamata ha ritenuto, quindi, di poter considerare consumatore il condominio attraverso l'escamotage del condominio quale ente di gestione, privo di autonoma soggettività giuridica distinta da quella dei singoli partecipanti, che opera tramite l'amministratore che è un mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, i quali sono considerati consumatori, essendo persone fisiche che agiscono per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale. Tuttavia, l'assunto secondo il quale il condominio debba essere considerato un consumatore, ai fini del Codice del consumo, ha trovato forti opposizioni tanto è vero che un giudice meneghino Milano (Trib. Milano, 1 aprile 2019) ha sollevato la questione davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Corte Giust., 2 aprile 2020, C-329/19) se, da un lato, ha ritenuto che il condominio, non essendo una persona fisica, non possa essere considerato consumatore alla luce della direttiva n. 93/13/CEE , dall'altro, ha affermato che non si pone in contrasto con la predetta direttiva e con le finalità da essa perseguite di garantire un livello di protezione più elevato possibile per il consumatore, una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell'ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell'ambito di applicazione della suddetta direttiva. Alla luce dell'interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, la soluzione accolta dal Tribunale non è condivisibile e soprattutto non si inserisce in quel contesto diretto a fornire la più ampia tutela anche al condominio “consumatore”. Anche se, almeno da un punto di vista formale, sembrerebbe che il legislatore abbia voluto differenziare le due nozioni di consumatore, prevedendo nella legge sul sovraindebitamento una nozione più specifica, rispetto a quella contemplata nel Codice del consumo, dal momento che esige che i debiti della “persona fisica” derivino “esclusivamente” da atti compiuti “per scopi estranei all'attività imprenditoriale e professionale eventualmente svolta” - a parere di chi scrive - l'interpretazione sulla nozione di consumatore, ai fini delle procedure di sovraindebitamento e del Codice del consumo, dovrebbe essere unitaria perché in realtà le due legislazioni rispondono alla stessa finalità: “garantire il funzionamento del mercato". In altri termini, occorre tutelare il condominio “consumatore” sia prima quando acquista e sia dopo, quando sovraindebitato, non è più in grado di acquistare. Napolitano, Sulla legittimazione del condominio ad accedere alle procedure di risoluzione della crisi da sovraindebitamento, in Fallimento, 2020, 274; Scarpa, Il condominio sovraindebitato non è un consumatore, in www.quotidianogiuridico.it; Tarantino, Sovraindebitamento: il condominio può accedere al piano del consumatore per rinegoziare i propri debiti?, in www.condominioweb.com. |