La riserva della proprietà di un bene condominiale deve essere effettuata all'atto costitutivo del condominio
20 Ottobre 2020
Massima
Il cortile è parte condominiale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1117 c.c., e può essere parte privata in caso di sussistenza di un titolo contrario. Detto titolo contrario deve risalire al momento costitutivo del condominio, ossia al primo atto di vendita di un appartamento dall'originario proprietario ad altro soggetto. Il caso
Una società immobiliare agiva ai sensi dell'art. 948 c.c. al fine di rivendicare la proprietà di un suo bene asseritamente occupato in modo illegittimo dal condominio convenuto. Affermava l'attrice, infatti, come il cortile antistante allo stabile fosse di sua esclusiva proprietà, e non bene comune come erroneamente creduto dal condominio e dai suoi abitanti, che lo usavano come area di parcheggio. A tal fine, quindi, l'attrice istava per il rilascio del manufatto e il risarcimento del danno patito a causa dell'illegittima occupazione. Secondo l'attrice, che era stata la costruttrice del palazzo, in alcuni atti di vendita degli appartamenti siti nel condominio si ravvedeva la riserva di proprietà del cortile. Si costituiva in giudizio il condominio, affermando la correttezza del proprio operato e negando la qualità di bene privato del cortile condominiale. Lo stabile, difatti, aveva da sempre considerato il cortile come parte comune e tutti gli abitanti l'avevano sempre utilizzato alla stregua di un bene comune. Il giudice siculo, alla luce della domanda, nominava un perito al fine di determinare con certezza la natura e l'estensione del bene e decidere di conseguenza. La questione
Il giudizio in commento pone la questione sulla proprietà condominiale del cortile antistante lo stabile e sulle modalità di prova dello stesso. La disciplina ruota attorno all'art. 1117 c.c. il quale testualmente afferma che “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; 2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune; [OMISSIS]”. In ragione di tale norma il cortile adibito ad area di parcheggio sarebbe, di regola, bene condominiale. L'eccezione a tale regola è rappresentata dalla prima parte evidenziata, ossia la possibilità di opporre al condominio un titolo contrario. Nel caso in questione l'attrice non contesta la qualifica di cortile/area di parcheggio del bene, e quindi la sua annoverazione tra i beni condominiali, ma sostiene di avere valido titolo contrario suscettibile di considerare il bene come di sua proprietà esclusiva. Nel corso del giudizio, difatti, l'attrice produceva diversi atti di vendita immobiliare che, a seguito della costituzione dello stabile, avevano fatto menzione della riserva di proprietà del cortile. A detta del convenuto, invece, l'istruttoria processuale aveva evidenziato la condominialità del cortile in oggetto. La questione sottesa al giudizio, quindi, è se la documentazione prodotta dalla parte attrice avesse l'efficacia necessaria per scardinare la presunzione di condominialità invero stabilita dall'art. 1117 c.c. sopra citato e quale sia, eventualmente, l'atto necessario e sufficiente per costituire un “titolo” così come riportato in detta legge. Le soluzioni giuridiche
La sentenza del Tribunale di Siracusa risolve la questione sopra riportata rigettando la tesi della parte attrice. Sebbene, infatti, la società costruttrice avesse prodotto innumerevoli documenti con i quali veniva affermata la riserva della proprietà del cortile questi avevano tutti una fatale mancanza. L'elemento fondamentale per dirimere la controversia, infatti, era da ricercarsi nel primo atto di vendita di un immobile sito nel condominio ad un soggetto terzo. Com'è noto, difatti, il condominio viene ad esistere laddove l'originario proprietario, che sovente è il costruttore stesso del palazzo, decide di alienare la prima proprietà ad un altro soggetto. Dal momento in cui il palazzo non è più di un solo proprietario esso può essere definito condominio, con tutte le conseguenze legali e sostanziali sottese. Una di queste, chiaramente, è che le parti legate con un rapporto di strumentalità alle parti comuni e asservite alle stesse diventano parti comuni (sull'elenco si veda il citato art. 1117 c.c.). In detto momento, e solo con il primo atto di vendita immobiliare, il costruttore avrebbe avuto il diritto di ritenere la proprietà privata del cortile. L'assenza di tale previsione nel primo contratto di vendita ha comportato la decadenza dalla possibilità di effettuare tale scelta in tutti i successivi contratti di vendita. Per la Cassazione, difatti, “al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all'articolo 1117 c.c, occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dall'originario proprietario ad altro soggetto … il titolo di proprietà esclusiva del bene in capo al singolo condomino non può essere costituito da un atto successivo alla costituzione del condominio” (v. Cass. civ., sez. II, 6 marzo 2012, n. 3473). A detta del decidente, quindi, la documentazione prodotta dalla parte attrice era insuscettibile di costituire un valido titolo per contestare la presunzione di condominialità del cortile de quo proprio per la mancanza della previsione stessa nel primo contratto, costitutivo del condominio. Alla luce di tale circostanza, il giudice rigettava l'azione di rivendicazione del costruttore e lo condannava alla refusione delle spese legali sostenute dal condominio convenuto. Osservazioni
A prima vista, il tema della sentenza in commento potrebbe sembrare di facile comprensione. È, infatti, risaputo che il cortile è una delle parti condominiali, fino a prova contraria costituita dal titolo vantato da uno dei proprietari. Tale frase, tuttavia, nasconde la complessa essenza della decisione e apre una serie di interrogativi: quale è il titolo valido? Quale non può essere considerato un titolo valido? Quali tempistiche ci sono per vantare il diritto di proprietà? A tal fine, la sentenza in commento pare corretta nell'evidenziare il principio giuridico in ragione del quale non è sufficiente un qualsiasi titolo per conservare la proprietà privata del cortile condominiale, ma l'unico titolo idoneo è la riserva di proprietà contenuta nel primo atto di alienazione di un immobile da parte dell'originario proprietario. Nel suo tentativo di rivendicare il bene, infatti, l'attore ha prodotto in giudizio diversi atti di vendita nei quali egli aveva optato per la riserva della proprietà del bene, ma tali produzioni erano state valutate come insuscettibili di cambiare il convincimento del giudice. Solo il primo atto di vendita è suscettibile di costituire valido titolo contrario atto a elidere il rapporto di condominialità tra il cortile e lo stabile. Tutti i successivi contratti di vendita sono irrilevanti: se la riserva di proprietà non è contenuta nel primo, allora la sua previsione nei successivi non ha valore. Cappai, Il condominio: la presunzione di condominialità e le parti funzionalmente ibride, in Resp. civ. e prev., 2014, fasc. 3, 733; Valentino, Un cortile è condominiale solo se vi è un collegamento funzionale tra lo stesso e le proprietà private contigue, in Diritto & giustizia, 2019, fasc. 190, 10; Morello, Parti comuni dell'edificio: come vincere la presunzione, in Diritto & giustizia, 2018, fasc. 192, 4. |