“Saldo e stralcio” a maglie larghe: la soglia di mille euro va riferita alla singola partita di ruolo (e non all'importo complessivo della cartella)
22 Ottobre 2020
Massima
In tema di definizione automatica delle controversie mediante c.d. “saldo e stralcio”, ai fini dell'annullamento ai sensi dell'art. 4, comma 1, del D.L. n. 119/2018, conv., con modif., dalla L. n. 136/2018, dei debiti tributari la cui riscossione sia stata affidata agli agenti di riscossione nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2010, il limite di mille euro del valore del debito è riferito al «singolo carico affidato», per tale dovendo intendersi la singola partita di ruolo, e cioè l'insieme dell'imposta, delle sanzioni e degli interessi accessori, sicché vi rientrano le cartelle anche di importo complessivo superiore a detto valore, il cui singolo carico affidato all'agente della riscossione non superi l'importo di mille euro, costituendo oggetto dello stralcio ex lege il singolo debito e non l'importo complessivo della cartella. Il caso
Ad una società veniva comunicata l'iscrizione ipotecaria per un presunto debito tributario di oltre 150.000 euro, relativo a tredici cartelle di pagamento, nonché un'ulteriore iscrizione ipotecaria (anni 2005 e 2008). Impugnati gli atti, la contribuente soccombeva in entrambi i gradi di merito, donde il ricorso per cassazione. La sezione tributaria della Suprema Corte, preso atto della sopravvenuta entrata in vigore - in pendenza del giudizio di legittimità - del D.L. n. 119/2018, conv., con modif., in L. n. 136/2018 (sulla cd. “pace fiscale”), in applicazione del principio di diritto sopra massimato, ha dichiarato parzialmente cessata la materia del contendere, limitatamente ad alcune pretese tributarie rientranti, per natura giuridica, ammontare (mille euro) ed arco temporale (tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2010), nell'ambito operativo della disposizione condonistica. Per il resto, la Cassazione, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., ha accolto l'originario ricorso della società contribuente con riferimento ai vizi propri delle iscrizioni ipotecarie, in rilevato difetto di preventiva notifica dell'avviso contenente l'intimazione ad adempiere l'obbligo di cui al ruolo. La questione
L'annotata decisione è la prima con cui la Cassazione ha affrontato, in via preliminare, la questione del modus operandi del limite di valore del debito tributario ai fini dell'applicazione del c.d. “saldo e stralcio” (su cui v., un accenno, la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 8/E del 10 aprile 2019). Il D.L. n. 119/2018, conv., con modif., in L. n. 136/2018 (cd. decreto fiscale 2019), prevede infatti l'annullamento automatico dei debiti tributari che non superano l'importo di € 1.000,00, affidati agli agenti di riscossione nel periodo compreso tra il 2000 e il 2010.
La misura - in ottica “pacificatrice”, semplificatrice e deflattiva rispetto al contenzioso in essere - non richiede la presentazione di alcuna domanda da parte del contribuente interessate, perché lo stralcio opera ipso iure; di conseguenza, con riferimento ai debiti litigiosi, essa determina l'estinzione del processo per cessata materia del contendere - integrale o parziale - «senza che assuma rilievo la mancata adozione del provvedimento di sgravio, trattandosi di atto dovuto meramente dichiarativo, previsto solo per consentire i necessari adempimenti tecnici e contabili nell'ambito dei rapporti tra agenti di riscossione ed enti impositori» (così Cass. civ., sez. trib., 7 giugno 2019, n. 15471).
Si tratta di però di capire se, in concreto, il limite di mille euro vada ancorato (atomisticamente) a ciascun carico fiscale risultante dalla cartella esattoriale oppure se - più restrittivamente - debba essere correlato al debito totale del contribuente. La questione è assai rilevante perché:
Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte con la sentenza in commento ritiene applicabile il “saldo e stralcio” ogni volta che il singolo carico è inferiore al limite di mille euro, anche se la cartella - come nella specie - è di importo superiore. Nel disegnare per la prima volta i confini operativi del riferimento legislativo al «singolo carico affidato», la Corte regolatrice ricorda che tre sono i fattori richiesti per individuare i debiti oggetto di stralcio automatico:
Il limite di valore si riferisce pertanto ai debiti di importo residuo comprensivi di sorte capitale, interessi e sanzioni; non si tiene conto, invece, degli interessi di mora e dell'aggio della riscossione. In disparte il profilo - di cui non si occupa la sentenza annotata - della definizione di «importo residuo»(che dovrebbe riguardare tutte quelle fattispecie in cui l'importo iscritto a ruolo fosse maggiore di mille euro e, per effetto di pagamenti, gravi o altre situazioni incidenti sul ruolo, lo stesso si fosse poi ridotto nei limiti di tale soglia: così E. Manoni, Milano, 2020, n. 30, pagina 2969), la sezione tributaria la soglia di mille euro va ancorata - verificata in sede giudiziale - rispetto al «singolo carico affidato», sicché nell'ambito operativo della norma ben possono rientrare tutte quelle cartelle, anche di importo complessivo ben superiore a mille euro, il cui singolo carico affidato all'agente della riscossione non superi l'importo di mille euro. La Cassazione afferma che per «carico» si intende la singola partita di ruolo, cioè l'insieme dell'imposta, delle sanzioni e degli interessi accessori. Ne discende che oggetto del condono è il singolo debito e non l'importo complessivo della cartella. Ovviamente - precisano gli “Ermellini” - l'importo del debito residuo di mille euro per singolo carico va calcolato, nei termini suesposti, alla data di entrata in vigore del D.L. n. 119/2019 (cioè al 24 ottobre 2018).
In breve - chiosa infine la sentenza annotata - lo stralcio automatico da parte del Fisco riguarda, con effetto al 31 dicembre 2018, le cartelle esattoriali in cui:
Osservazioni
La sentenza in commento - cui ha fatto seguito, da ultimo, la conforme Cass. civ., sez. trib., ord. 13 ottobre 2020, n. 22018 - applica il saldo e stralcio “a maglie larghe” seguendo un'esegesi piana e condivisibile, aderente al dato normativo e soprattutto funzionale alla massima valorizzazione della finalità deflattiva dell'istituto. Invero l'odierno approdo di legittimità - ed il successivo conforme - valorizza il riferimento (non già all'importo complessivo della cartella bensì) al singolo carico cui, del resto, fa espresso riferimento la norma applicata: una soluzione che scongiura esiti irragionevoli cui si giungerebbe se si optasse per quella diversa lettura restrittiva che àncora il valore di mille euro alla sommatoria dei carichi fiscali eventualmente risultanti dalla cartella intestata al debitore. In quest'ultimo senso si è, peraltro, orientata altra sezione (non specialistica) della Corte di Cassazione, motivando in consapevole contrasto con la decisione in rassegna: secondo Cass. civ., sez. III, ord. 28 agosto 2020, n. 17966, ai fini dell'annullamento ex art. 4, comma 1, del D.L. n. 119/2018, conv., con modif., in L. n. 136/2018, il limite di mille euro del valore del debito non deve essere riferito ai singoli carichi risultanti da ciascuna cartella esattoriale, ma alla sommatoria di essi e, se i debiti sono di diversa natura (tributaria, sanzioni amministrative), al valore complessivo dei carichi omogenei.
Questa diversa esegesi dà rilievo alla cartella di pagamento come punto di riferimento del debito fiscale, valorizza la littera legis (laddove parla al plurale di «debiti», con ciò riferendosi a più «carichi» che la cartella può contenere) e collega la (ritenuta) ratio della norma «al valore modesto del debito residuo», sicché essa «ha senso ed appare giustificata solo se si considera tale importo con riguardo al dovuto in base alla cartella, se espressione di distinti debiti, cioè di diversi carichi». Contrariamente all'indirizzo della sezione tributaria, secondo la terza sezione di Piazza Cavour «l'ancoraggio della misura di c.d. annullamento alla cartella, cioè a pretese creditorie in essa espressa, si presta ad un'applicazione rispettosa dell'intentio legis soltanto se il fatto oggettivo assunto come presupposto risulta ciò che la cartella come manifestazione della pretesa di riscossione esprime nel suo complesso». Con la conseguenza che se la pretesa relativa ad un carico fiscale rientrante singolarmente nel limite di mille euro si cumula con altre contenute nella stessa cartella, il contribuente non può fruire dello stralcio se la sua posizione debitoria complessiva supera quel valore.
Questa soluzione - contrariamente a quella “largheggiante” sposata dalla sentenza in rassegna - sembra dar luogo a disparità di trattamento perché finisce col far dipendere - del tutto casualmente (e, quindi, irragionevolmente) - l'applicazione della norma condonistica da vicende del tutto estranee al debitore, legate semmai alla prassi riscossiva: se un soggetto è stato destinatario di distinte cartelle di pagamento per singoli carichi ognuno rientrante nel limite del valore residuo di mille euro, beneficerebbe dell'annullamento automatico mentre lo stralcio gli sarebbe precluso se i carichi fiscali sono stati cumulati in un'unica cartella. In altre parole, il contribuente sarebbe esposto a conseguenze diverse a seconda che la pretesa di riscossione si sia manifestata con la stessa cartella o con distinte cartelle, con possibile lesione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.).
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