Tassazione separata: sempre obbligatoria la notifica della comunicazione di liquidazione ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973
26 Ottobre 2020
Massima
In tema di riscossione delle imposte, l'art.1, co. 412, L. 30 dicembre 2004, n. 311, obbliga l'Agenzia delle Entrate, in esecuzione a quanto sancito dall'art. 6, co.5, L. 27 luglio 2000, n. 212, a comunicare al contribuente l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'art. 36-bis, D.P.R. 600/1973, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata, sicché l'omissione di tale comunicazione determina la nullità del provvedimento di iscrizione a ruolo, indipendentemente dalla ricorrenza o meno di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. Il caso
Nell'ordinanza in commento la Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi sulla correttezza del procedimento tributario di riscossione afferente alla tassazione separata di plusvalenze. La vicenda ha origine con il ricorso di un contribuente innanzi alla CTP di Trieste, in cui questi richiedeva l'annullamento del ruolo esecutivo e della cartella di pagamento notificatagli, alla luce della mancata ricezione della comunicazione di liquidazione sull'imposta dovuta, secondo quanto stabilito dall'art. 36-bis, D.P.R. 600/1973. L'Agenzia delle Entrate, invero, aveva formato il ruolo ed emesso la cartella, in ragione dell'omesso versamento dell'imposta da parte del contribuente, come emerso da un controllo cd. automatizzato, ritenendo che l'importo contestato fosse già stato oggetto di una precedente comunicazione, ritualmente notificata allo stesso. Tuttavia, nel momento in cui il ricorrente si costituiva in giudizio per contestare gli atti impositivi, l'Agenzia delle Entrate riconosceva l'effettiva irritualità nella consegna della comunicazione preventiva ed annullava in autotutela le sole sanzioni e gli interessi, senza caducare gli atti impugnati. La CTP di Trieste, con la sentenza n. 232/2014, rigettava le doglianze del ricorrente, nonostante la posizione assunta dall'Amministrazione Finanziaria. Anche nel successivo ricorso alla CTR del Friuli-Venezia Giulia venivano accolti solo in parte i motivi di appello del contribuente. Infatti, la stessa CTR, con lasentenza n. 490/2015, annullava esclusivamente l'addebito a titolo di spese di riscossione ed escludeva l'integrale nullità degli atti impositivi, malgrado l'omessa notifica della comunicazione di liquidazione e stante il regime speciale della tassazione separata, motivo per il quale contribuente decideva di presentare ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte, ritenendo fondati i motivi di impugnazione, accoglieva il ricorso e cassava la sentenza del giudice di seconde cure. La decisione veniva rinviata alla CTR del Friuli-Venezia Giulia (in altra composizione) con l'ordinanza de quo e con l'enunciazione del principio di diritto a cui la stessa doveva uniformarsi, per la risoluzione della controversia. La questione
Nell'ordinanza in commento la Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi sulla correttezza del procedimento tributario di riscossione afferente alla tassazione separata di plusvalenze. La vicenda ha origine con il ricorso di un contribuente innanzi alla CTP di Trieste, in cui questi richiedeva l'annullamento del ruolo esecutivo e della cartella di pagamento notificatagli, alla luce della mancata ricezione della comunicazione di liquidazione sull'imposta dovuta, secondo quanto stabilito dall'art. 36-bis, d.P.R. 600/1973. L'Agenzia delle Entrate, invero, aveva formato il ruolo ed emesso la cartella, in ragione dell'omesso versamento dell'imposta da parte del contribuente, come emerso da un controllo cd. automatizzato, ritenendo che l'importo contestato fosse già stato oggetto di una precedente comunicazione, ritualmente notificata allo stesso. Tuttavia, allorquando il ricorrente si costituiva in giudizio per contestare gli atti impositivi, l'Agenzia delle Entrate riconosceva l'effettiva irritualità nella consegna della comunicazione preventiva ed annullava in autotutela le sole sanzioni e gli interessi, senza caducare gli atti impugnati. La CTP di Trieste, con la sentenza n. 232/2014, rigettava le doglianze del ricorrente, nonostante la posizione assunta dall'Amministrazione Finanziaria. Anche nel successivo ricorso alla CTR del Friuli-Venezia Giulia venivano accolti solo in parte i motivi di appello del contribuente. Infatti, la stessa CTR, con la sentenza n. 490/2015, annullava esclusivamente l'addebito a titolo di spese di riscossione ed escludeva l'integrale nullità degli atti impositivi, malgrado l'omessa notifica della comunicazione di liquidazione e stante il regime speciale della tassazione separata, motivo per il quale contribuente decideva di presentare ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, ritenendo fondati i motivi di impugnazione, accoglieva il ricorso e cassava la sentenza del giudice di seconde cure. La decisione veniva rinviata alla CTR del Friuli-Venezia Giulia (in altra composizione) con l'ordinanza de quo e con l'enunciazione del principio di diritto a cui la stessa doveva uniformarsi, per la risoluzione della controversia. Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione, investita della controversia, ritenendo fondati i motivi di impugnazione del contribuente e, richiamando le disposizioni in tema di riscossione delle imposte in regime di tassazione separata, affermava che: “L'art. 1, comma 412, L. 311/2004 obbliga l'Agenzia delle Entrate, in esecuzione di quanto sancito dall'art. 6, comma 5, L. 212/2000 a comunicare al contribuente l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'art. 36-bis, D.P.R. 600/1973, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata, sicché l'omissione di tale comunicazione determina la nullità del provvedimento di iscrizione a ruolo, indipendentemente dalla ricorrenza o meno di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”.
Riprendendo, poi, un orientamento consolidato della stessa Suprema Corte (Cass. n. 11000/2014; Cass. n. 12927/2016 e Cass. n. 18398/2018), applicabile a tutti i casi rientranti nel già menzionato regime, i giudici di legittimità sostenevano che: “l'Ufficio è tenuto a comunicare preventivamente al contribuente, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, l'esito dell'attività di liquidazione, altrimenti il provvedimento di iscrizione al ruolo è nullo”. Non solo, nel censurare la sentenza del giudice di seconde cure nell'ordinanza di rinvio, veniva riconosciuta alla “comunicazione” in parola un “valore peculiare” con riferimento al regime della tassazione separata, poiché “trattasi infatti di ipotesi nelle quali l'imposta non è autoliquidata dal contribuente stesso, sicché la preventiva comunicazione diventa elemento indispensabile per la quantificazione del debito di imposta”.
Ragion per cui, indipendentemente dalla presenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, come richiesto dall'art. 6, co. 5, dello Statuto, l'assenza della comunicazione di liquidazione, non consente al contribuente di liquidare il tributo da versare e rende nulli i provvedimenti emessi, inclusa la cartella di pagamento conseguente all'iscrizione al ruolo delle somme dovute. Gli Ermellini, pertanto, accoglievano le doglianze del contribuente, cassavano la sentenza della CTR del Friuli-Venezia Giulia con rinvio a quest'ultima per la riformulazione della decisione. Osservazioni
La giurisprudenza di legittimità che si è pronunciata sulla necessità della preventiva comunicazione di liquidazione, nel caso di redditi da assoggettare a tassazione separata, è consolidata. Numerose, infatti, sono state le pronunce intervenute su tale tema e tutte hanno considerato quale base giuridica per la risoluzione delle controversie le norme di cui all'art. 1, co. 412, L. 311/2004 e art. 6, co. 5, L. 212/2000.
Non solo. Un altro aspetto comune, emerso nella giurisprudenza, è la considerazione di tale comunicazione quale “atto necessario”, “indipendente dalla presenza di elementi di incertezza sulla dichiarazione”, che è soprattutto “indispensabile nel procedimento di liquidazione tributaria”, quando tale operazione è preclusa al soggetto passivo d'imposta. La sua omissione, infatti, in qualità di atto presupposto della riscossione, con cui - come sostenuto anche da autorevole Dottrina (Cfr. D.CHINDEMI, Codice del Contenzioso Tributario, Giuffrè, Milano, 2018, p. 706, si legge: “La motivazione rappresenta l'insopprimibile garanzia di tutela del contribuente, essendo finalizzata al controllo giurisdizionale sulla legittimità formale delle scelte assunte dagli amministratori del pubblico potere, la violazione in termini di carenza o assenza della stessa conduce alla nullità dell'atto (…); risulterà l'elemento sul quale verrà verificata la conformità alle norme (…) e la legittimità dell'atto (…)”.) - l'A.F. motiva la decisione di iscrizione a ruolo delle somme dovute (anche ex art. 7, L. 212/2000 e art. 3, L. 241/1990) e giustifica il proprio agere pubblico (in quanto vero e proprio “titolo di legittimazione”), rende gli atti conseguenti viziati in modo irreversibile, perché basati su un atto mai notificato al contribuente e, dunque, inesistente sul piano giuridico, non essendo stato portato a conoscenza dello stesso. Peculiare è, poi, il rimando che nella statuizione in commento viene effettuato dagli Ermellini.
In particolare, la Cassazione, riprendendo la tesi sostenuta dalla stessa Suprema Corte, richiama la sent. n. 11000/2014, in cui veniva formulato - in chiave nomofilattica - il seguente principio di diritto a cui riferirsi per la ridefinizione del caso: “La mancata comunicazione dell'esito della liquidazione al contribuente, come prescritta dalla norma citata [art. 1, co. 412 della Legge n. 311/2004], ha determinato una violazione del procedimento di liquidazione da cui consegue la nullità del provvedimento impugnato [i.e. nullità della cartella di pagamento], senza che a ciò rilevi la ricorrenza o meno di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”.
Vieppiù. A tale fondamentale principio di diritto (e di civiltà giuridica) fa riferimento anche la Suprema Corte nella sent. n. 14544/2015 (Negli stessi termini vale ricordare le pronunce della Cass. sent. n. 12927/2016 e della Cass. sent. n. 15640/2015), in cui ribadiva che: “La legge L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 412 obbliga l'Agenzia delle Entrate, in esecuzione di quanto sancito dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, a comunicare al contribuente l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata, sicché l'omissione di tale comunicazione determina la nullità del provvedimento di iscrizione a ruolo (…)”. Ed anche, in altra pronuncia, gli stessi Ermellini con sent. n. 4481/2018, rifacendosi al suddetto principio,avevano affermato che “(...) la chiara dizione della norma in esame [art. 1, co. 412 L. 311/2004] non lascia adito a dubbi circa la necessità della previa comunicazione al contribuente dell'esito del controllo automatizzato della dichiarazione da cui consegua una liquidazione di imposte in relazione a redditi soggetti a tassazione separata (…)”.
Emerge, perciò, in tali pronunce come la comunicazione di liquidazione sia un atto imprescindibile con il quale l'A.F. informa il contribuente dell'imposta liquidata e lo invita a versare la stessa entro trenta giorni a fornire, ove necessari, i “chiarimenti” per il riesame del risultato del controllo, consentendogli di accedere al contradditorio preventivo. Si tratta, cioè, di un atto endoprocedimentale (sulla autonoma impugnabilità della comunicazione ex art. 36-bis d.P.R. 600/1973, ove pervenuta al contribuente, si rimanda alla Cass. sent. n. 3315/2016. Vd. anche Cass. sent. n. 25927/2014), utilizzato per la determinazione dell'imposta, che permette di attivare l'adempimento spontaneo del contribuente o la sua partecipazione collaborativa (e anche difensiva), con l'obiettivo di istaurare un rapporto diretto e trasparente dello stesso con l'A. F..
Giova precisare che, nei procedimenti di liquidazionedelle imposte dovute in regime di tassazione separata, come sostenuto dalla Dottrina: “(…) questa comunicazione non ha per oggetto errori materiali o di calcolo o irregolarità rilevate dall'Ufficio, ma la liquidazione del tributo quantificato dall'Amministrazione sulla base dei dati indicati in dichiarazione, e che il contribuente deve versare” (Cit. M. PIERRO, Il dovere di informazione dell'Amministrazione Finanziaria, Giappichelli, Torino, 2013, p. 160 ss..). Tuttavia, quest'ultimo dovere può essere adempiuto solo se il contribuente riceve la comunicazione. In caso contrario, si determinerà un vizio insanabile nel procedimento di riscossione delle imposte. Si rammenta, infine, che tale indefettibilità della notifica è stata sostenuta anche dalla prassi amministrativa.
La stessa Agenzia delle Entrate, difatti, nella circolare del 6 giugno 2005, n. 6/E, a commento dell'art. 1, co. 412, L. 311/2004 sulla tassazione separata, con riferimento alla comunicazione preventiva, precisa che: “è inviata al contribuente per consentirgli di portare a conoscenza dell'Amministrazione Finanziaria dati ed elementi non considerati nella liquidazione dell'imposta, prima di procedere al versamento dell'imposta stessa senza applicazioni di sanzioni e di interessi”.
In definitiva, la mancata conoscenza della comunicazione rappresenta una chiara violazione del dovere di informazione posto in capo all'A.F., correlato ai principi di buona fede e leale collaborazione, sanciti dall'artt. 10 dello Statuto e 97 Cost., che devono sempre informare tutti i rapporti tra Fisco e contribuente.
Pertanto, la Corte adita con l'ord. n. 7291/2020, non solo ha inteso dare continuità al filone giurisprudenziale citato sull'imprescindibilità della comunicazione di liquidazione in caso di tassazione separata ed in presenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, ma ha offerto l'occasione per ravvisare nella comunicazione uno strumento di informazione, con cui il contribuente è edotto dell'obbligazione tributaria di cui è titolare e con cui si può rendere davvero effettiva la tanto invocata “Tax Compliance”, evitando iscrizioni a ruolo non necessarie e deflazionare il contenzioso fiscale.
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