Omesso versamento della maggiorazione dello 0,40% e misura della sanzione

Francesco Brandi
29 Ottobre 2020

L'omesso versamento della maggiorazione dello 0,4% non pregiudica per il contribuente il versamento nel lungo periodo delle imposte da Unico: si tratta, infatti, di un mero pagamento insufficiente. Di conseguenza la sanzione del 30% si applica solo sulla differenza non versata. Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 16645 del 4 agosto 2020 con cui ha accolto il ricorso di una società.
Massima

L'omesso versamento della maggiorazione dello 0,4% non pregiudica per il contribuente il versamento nel lungo periodo delle imposte da Unico: si tratta, infatti, di un mero pagamento insufficiente. Di conseguenza la sanzione del 30% si applica solo sulla differenza non versata.

Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 16645 del 4 agosto 2020 con cui ha accolto il ricorso di una società.

Il caso

La vicenda riguarda una cartella di pagamento, emessa ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973, con cui, atteso il tardivo pagamento del primo acconto Irap per l'anno d'imposta 2004 - avvenuto il 21 luglio di quell'anno, giorno successivo alla scadenza - senza il contestuale versamento della maggiorazione del 0,40% ex art. 17 d.P.R. n. 435 del 2001, l'Agenzia delle entrate aveva irrogato ed iscritto a ruolo la sanzione del 30% dell'intera imposta tardivamente corrisposta. La contribuente contestava la determinazione del quantum della sanzione, commisurata all'intero importo dell'acconto dovuto e tardivamente versato invece che alla sola maggiorazione dello 0,40°/o dell'imposta stessa.

La Ctp accoglieva il ricorso con pronuncia ribaltata in sede di appello.

Di qui il ricorso in Cassazione con cui la contribuente denunciava che l'art. 17 d.P.R. n. 435 del 2001, nel consentire il pagamento differito, nei trenta giorni successivi alla scadenza, con la sola aggiunta della maggiorazione dello 0,40%, esclude che il versamento sia da considerare tardivo, da cui la rilevanza, ai fini della sanzione, del solo importo (lo 0,40%) in concreto non versato.

La questione

La questione, in altri termini, attiene alla corretta interpretazione del predetto articolo 17: secondo la CTR, il comma 2, nell'introdurre un secondo termine per il versamento posticipato di 30 giorni, porrebbe la condizione, a pena di decadenza del maggior termine, del versamento della maggiorazione dello 0,4%. Quindi, in mancanza, non si perfezionerebbe il pagamento con conseguente sanzione ex art. 13 del D.Lgs. 471/1997 sull'intera somma non versata.

La soluzione giuridica

La Cassazione non condivide l'assunto della CTR, accogliendo il ricorso della società: secondo i giudici, la norma si riferisce al medesimo tributo, rispetto al quale sono contemplati due distinti termini per l'adempimento, che si differenziano solo per il riconoscimento a favore dell'Ufficio degli interessi maturati, determinati in via forfettaria. Ne consegue che il riconoscimento degli interessi non integra nell'economia della disposizione una "condizione" per accedere al secondo termine ma solo il "corrispettivo" riconosciuto all'Ufficio a fronte del "vantaggio" per il contribuente individuato nel maggiore periodo concesso per il pagamento.

Ne deriva che il pagamento operato nei trenta giorni successivi alla prima scadenza è, in ogni caso, tempestivo, integrando l'omesso versamento della maggiorazione solo un'ipotesi di pagamento parziale.

In conclusione nel fissare la sanzione in relazione al solo importo non versato la Cassazione pronuncia il seguente principio di diritto: la maggiorazione di cui all'art. 17, comma 2, d.P.R. n. 435 del 2001, ratione temporis applicabile, ha natura di interessi corrispettivi dell'imposta dovuta a favore dell'erario a fronte del maggior periodo di giorni 30 concesso al contribuente per il pagamento, sicché l'omesso versamento della sola maggiorazione nel più lungo termine costituisce pagamento parziale ma non determina la decadenza dal termine prorogato.

Osservazioni

Tale conclusione è del resto conforma anche alla circolare n. 27/E del 2013 con cui l'Agenzia delle entrate ha precisato che gli interessi sul versamento effettuato nel “termine lungo” rappresentano il “corrispettivo” per il vantaggio che il contribuente trae dalla disponibilità di una somma di denaro spettante all'ente creditore.

Del resto, la maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo, nella misura dello 0,40 per cento, viene versata congiuntamente all'imposta dovuta, aggiungendosi a questa, senza distinzione di codice tributo.

Ne consegue che, se è dovuta una imposta maggiore rispetto a quella calcolata e versata nel “termine lungo”, detto versamento non è da considerarsi tardivo tout court ma semplicemente insufficiente; la sanzione, in misura ordinaria - pari al trenta per cento dell'importo non versato, ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 471 - deve quindi essere calcolata sulla differenza tra quanto versato nel “termine lungo” e quanto dovuto (imposta più maggiorazione).

Non assume rilevanza stabilire se il contribuente abbia versato la sola imposta e non abbia versato la maggiorazione, o se abbia eseguito un versamento proporzionalmente insufficiente, proprio perché, non potendosi distinguere i due importi (versati con lo stesso codice tributo), il versamento si intende nel suo complesso insufficiente.

Si riporta anche il seguente esempio:

Si ipotizzi che il contribuente, nel termine lungo, abbia erroneamente versato a titolo di saldo IRES 2011 l'importo di € 100 - in luogo di € 400 effettivamente dovuti - unitamente alla maggiorazione dello 0,40 per un totale di € 100,4 (anziché € 401,6).

L'ufficio provvederà all'irrogazione della sanzione nella misura ordinaria del 30 per cento sull'importo di € 301,2, ossia sulla sola differenza tra quanto dovuto (imposta più maggiorazione), pari ad € 401,6, e quanto versato nel termine lungo, ossia € 100,4. In tale sede, si provvederà, altresì, al recupero della differenza d'imposta dovuta, di € 301,2, e degli interessi calcolati a far data dalla scadenza del termine lungo.

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