Condominio, foro del consumatore e domicilio elettivo
30 Ottobre 2020
Massima
Il condominio edilizio deve essere considerato “consumatore” ai fini dell'applicazione della disciplina protettiva dettata dal d.lgs.6 settembre2005, n. 206, e deve ritenersi correttamente promosso presso il giudice nel cui circondario è posto l'ufficio della società che ne cura l'amministrazione, poiché “domicilio elettivo” ai sensi del relativo art. 33, comma 2, lett. u), sebbene differente dal luogo ove è sito l'immobile, il procedimento avviato da un fornitore per ottenere il corrispettivo di prestazioni. Il caso
Un fornitore chiedeva ad otteneva, nei confronti del condominio debitore, ingiunzione giudiziale per conseguire il pagamento di corrispettivi, presentando il relativo ricorso al tribunale nel cui circondario era allocato lo studio professionale del suo amministratore. Il condominio proponeva opposizione al titolo ingiuntivo, ai sensi dell'art. 645 c.p.c., allegando la propria qualità di ‘consumatore' e, quindi, eccependo l'incompetenza territoriale del giudice adito in sede monitoria che avrebbe dovuto, invece, individuarsi, in via inderogabile ed esclusiva, nel tribunale del luogo ove era situato il plesso immobiliare, ai sensi dell'art. 33, comma 2, lett. u), del d.lgs. n. 206/2005. La questione
Il decidente lombardo ha dovuto risolvere la questione pregiudiziale di rito, sollevata dall'ente di gestione opponente, relativa alla sussistenza della propria competenza territoriale a delibare la domanda monitoria e, quindi, il succedaneo giudizio di opposizione. Il condominio ingiunto ha sostenuto che l'individuazione del giudice titolato ratione loci avrebbe dovuto operarsi facendo applicazione del criterio previsto dall'art. 33, lett. u), del d.lgs. n. 206/2005, ossia, poiché “consumatore”, prendendo a riferimento il luogo ove era posto lo stabile, in quanto propria “residenza”, che ricadeva in ambito territoriale estraneo al circondario del tribunale adito. La controparte creditrice, in replica, ha ritenuto il giudizio ritualmente incardinato perché nel comprensorio dell'autorità giudiziaria si trovava lo studio professionale della società alla quale era stata conferita l'amministrazione del condominio opponente. Due sono stati, pertanto, i profili giuridici rivelanti, oggetto della delibazione preliminare: la possibilità di attribuire al condominio la veste giuridica di “consumatore” ai fini dell'applicazione del relativo statuto normativo compendiato nel d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206; risolta in senso positivo la quaestio, la valenza precettiva da attribuire alle nozioni di “residenza” e di “domicilio elettivo”, previste in via alternativa per validamente radicare le controversie. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale meneghino ha ritenuto poter riconoscere, all'ente di gestione opponente, l'affermata qualità di “consumatore” perché non contestata da controparte e ha fatto applicazione del relativo foro esclusivo riferendolo, però, non al luogo in cui é dislocato l'edificio condominiale, bensì a quello ove è posto lo studio professionale della società investita della sua amministrazione che, poichè ricadente nel circondario, ha condotto alla conferma della propria competenza. A supporto motivo di tale determinazione, ha richiamato il principio pretorio per il quale la notificazione degli atti giudiziari passivamente interessanti il condominio va validamente eseguita presso l'ufficio dell'amministratore, salvo che nel plesso immobiliare si rinvengano locali destinati alla sua gestione, oltre che pronuncia della Corte di Cassazione - Cass. civ., sez. II, 11 dicembre 1993, n. 12208 - secondo la quale, con riferimento a tali luoghi deve individuarsi l'autorità giudiziaria territorialmente competente, ai sensi degli artt. 18 e 20 c.p.c., per i procedimenti aventi ad oggetto il pagamento degli oneri condominiali. Poiché l'art. 33, comma 2, lett.u), del d.lgs.n. 206/2005 individuerebbe il foro del consumatore in relazione alla residenza o al domicilio elettivo dell'utente, lo studio dell'amministratore dovrebbe sussumersi in tale seconda tipologia anche perché, in quanto depositario della relativa documentazione e punto di riferimento del soggetto incaricato del relativo governo, agevolerebbe la predisposizione e lo spiegamento della difesa dell'ente gestito. Osservazioni
La pronuncia del giudice ambrosiano appalesa plurimi spunti meritevoli di approfondimento. Tra essi la possibilità di attribuire, al condominio, la veste giuridica di “consumatore”, presupposto per applicare la disciplina garantista dettata dal d.lgs.n. 206/2005. Tale qualificazione può ritenersi ormai acquisita al lessico esegetico perché fatta propria dall'interprete. La corte nomofilattica ne ha da tempo riconosciuto la ricorrenza, muovendo dalla considerazione della sua natura giuridica di ente di gestione, sfornito di soggettività ulteriore e differente rispetto a quella dei suoi partecipanti, che opera a mezzo del proprio amministratore, quale loro mandatario, per finalità, di regola, esulanti da quelle lucrative, proprie delle attività imprenditoriali o professionali. Tali principi erano stati già affermati nell'anno 2001 - con Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2001 n. 10086 - con riferimento alla previsione dell'art. 1469-bis c.c., relativo alle clausole vessatorie contenute nei contratti stipulati tra professionisti e consumatori, introdotto dall'art. 25 della l. 6 febbraio 1996, n. 52, la c.d. legge comunitaria per l'anno 1994, emanata in adempimento degli obblighi nazionali assunti in sede di adesione all'ordinamento comunitario e che ha visto, nel d.lgs.6 settembre 2005, n. 206, il successivo riordino. Sono stati, quindi, integralmente ribaditi con ulteriori pronunciamenti - in particolare, Cass. civ., sez. II, 22 maggio 2015, n. 10679 - resi con espresso riferimento a tale ultimo testo normativo e, di essi, può predicarsene l'attuale vigenza, stante la perduranza dei presupposti applicativi alla luce anche delle novelle che hanno interessato la materia condominiale. Quanto alla carenza di soggettività giuridica, poiché mero apparato organizzatorio istituzionalmente predisposto per la conservazione delle parti comuni dell'edificio e la prestazione dei servizi d'interesse collettivo che agisce, nell'espletamento dei propri compiti gestori, a mezzo del proprio amministratore, anche in tempi recenti la corte di legittimità ha ribadito tale tradizionale assetto interpretativo, ritenendolo idoneo a resistere alla tendenze innovatorie, di matrice sia legislativa che giurisprudenziale che, secondo alcuni, ne avrebbero determinato il superamento (così Cass. civ., sez. un., 18 aprile 2019, n. 10934). Per quel che riguarda, invece, il rapporto con il suo amministratore, l'art. 10 della l. 11 dicembre 2012, n. 220, additivamente innovando l'art. 1129 c.c., ha espressamente affermato l'applicazione della disciplina tipica del contratto di mandato, ex artt. 1703 ss. c.c., per quegli aspetti che non sono oggetto di differente regolamentazione all'interno del medesimo disposto, in tal modo - oltre che adesivamente recependo un dato fatto già proprio dal c.d. diritto vivente - inquadrando, in tale figura nominata, detta relazione negoziale. Il condominio può, quindi, considerarsi “consumatore” con riferimento a quelle attività, giuridicamente rilevanti, intrattenute con terzi, che si connettono all'assolvimento dei propri scopi gestori e che, secondo la ricostruzione riportata, i condomini esplicano in via mediata a mezzo dell'amministratore. Tale soluzione interpretativa è stata sottoposta a revisione dalla giurisprudenza di merito che, ai sensi dell'art. 267 T.F.U.E., ha sollecitato l'intervento chiarificatore della Corte di Giustizia dell'Unione Europea per vagliarne la compatibilità quanto, nello specifico, alla posizione del condominio, con le previsioni della direttiva 93/13/CEE in cui attuazione interna è intervenuta la produzione legislativa di tutela del consumatore che farebbe riferimento alle sole persone fisiche (Trib. Milano 1 aprile 2019). Può, tuttavia, rilevarsi che proprio la consolidata esegesi del giudice di legittimità ed i principi sui quali è stata imperniata - che, come detto, danno rilievo all'attività dei singoli componenti la collettività condominiale esercitata a mezzo dell'amministratore piuttosto che ad una differente entità ad essi sovra-strutturata nel cui contesto il preposto alla gestione agirebbe quale suo organo - permetterebbero di superare i dubbi prospettati e consentire l'applicazione della disciplina di favor, di derivazione euro-unitaria, la cui lettera postula che il consumatore debba essere “persona fisica” (art. 3, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 206/2005). Pertanto, tutte le controversie interessanti rapporti contrattuali che il condominio, nell'ambito delle proprie fisiologiche funzioni, abbia intrattenuto con “professionisti”, tali da intendere, nell'accezione lata fatta propria dall'art. 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 206/2005,“la persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario”, devono essere promosse dinanzi il c.d. foro del consumatore, ossia, secondo quanto postulato dall'art. 33, lett. u), del medesimo testo normativo, l'autorità giudiziaria individuabile con riferimento alla “residenza o domicilio elettivo del consumatore”,a meno che nel relativo contratto tale specifico aspetto dell'autoregolamento negoziale non sia stato oggetto di pregressa trattativa e successiva decisione in senso derogatorio. Trattasi - come evidenziato dal giudice nomofilattico - di competenza esclusiva di cui deve affermarsene la valenza precettiva ed applicativa anche nel caso in cui il contratto non sia stato formalizzato per iscritto (in tal senso, Cass. civ.,sez. VI/II, 25 gennaio 2018, n. 1951). Sulla scorta di tali coordinate esegetiche, la decisione in esame presenta delle criticità. Il Tribunale di Milano ha, infatti, ritenuto validamente incardinato il giudizio perché la società alla quale era stata conferita l'amministrazione del condominio destinatario dell'azione ingiuntiva aveva sede nel proprio circondario, sostenendo, quindi, che tale luogo ne identificasse il domicilio. Il disposto normativo di riferimento, però, richiama, in via alternativa, la residenza ovvero il “domicilio elettivo”; trattasi di situazioni ontologicamente differenti e non assimilabili, atteso che la prima postula una situazione di fatto implicante la effettiva e abituale presenza in un determinato luogo, il secondo fa riferimento ad una condizione di diritto che consegue a relativa indicazione dell'interessato, limitata a specifiche attività. Per “domicilio elettivo” deve, infatti, intendersi, ai sensi dell'art. 47 c.c. quello concernente determinati atti o affari e la cui durata è, perciò, direttamente correlata all'esecuzione degli adempimenti che ne hanno giustificato la designazione; esso, inoltre, e ciò anche con espresso riferimento al foro del consumatore, richiede una espressa dichiarazione resa per iscritto (Cass. civ.,sez. VI/II, 12 gennaio 2015, n. 181). Nel caso del condominio, non è revocabile in dubbio che la “residenza” coincida con il luogo ove è posto l'edificio e in tal senso può farsi riferimento, in via analogica, anche alla previsione dell'art. 23 c.p.c., relativo alle controversie tra condomini ovvero tra costoro e condominio, che richiama il c.d. locus rei sitae. La decisione in esame ha, invece, ritenuto che il domicilio si identifichi con la sede operativa del soggetto investito della gestione, e ciò sulla scorta del richiamato principio pretorio in punto di notifiche degli atti processuali e perché risulterebbe così agevolata l'organizzazione e spiegamento della relativa difesa processuale. Può obiettarsi, al riguardo, che l'individuazione dell'ufficio dell'amministratore quale luogo di notificazione è diretta conseguenza della rappresentanza sostanziale del condominio amministrato che trova fondamento normativo nella previsione dell'art. 1131 c.c. Alla sola nomina del gestore, pertanto, non può automaticamente attribuirsi anche l'elezione del domicilio presso lo studio del gerente ai sensi dell'art. 47 c.c. che, peraltro, nel rispetto della norma di riferimento dovrebbe riguardare singoli atti e non il complesso della gestione. Né, poi, dirimente può ritenersi il dictum espresso da Cass. civ., sez. II, 11 dicembre 1993, n. 12208, cui il decidente ha operato richiamo motivo, poiché essa si riferiva al rapporto endocondominiale avente ad oggetto il pagamento degli oneri ed ha, inoltre, ha trovato superamento in Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2006 n. 20076, che ha affermato l'applicabilità, anche in tali casi, della previsione speciale dell'art. 23 c.p.c. La soluzione cui è pervenuto il giudice lombardo, che non potrebbe fondarsi sugli ulteriori profili richiamati ispirati al principio della c.d. vicinanza della prova poiché di rilievo prettamente sostanzialistico, non sembra, quindi, porsi in fedele applicazione della norma di riferimento e della sua più fedele lettura interpretativa rapportata al contesto condominiale. Amendolagine, La tutela del consumatore si applica ai contratti conclusi dal condominio, in Condominioelocazione.it, 15 gennaio 2018; Guida, Il condominio di un centro commerciale e lo status di consumatore, in Condominioelocazione.it, 22 gennaio 2018; Berti, La figura giuridica del consumatore e la sua soggettività giuridica, in Res. civ. e prev., 2018, fasc. 5, 1984; Scarpa, Il condominio è un “consumatore” nel contratto concluso dall'amministratore, in www. quotidiancondominio.ilsole24ore.com. |