La formale conoscenza di una attività accertativa costituisce causa ostativa in materia di scudo fiscale

18 Novembre 2020

Non può essere invocata l'adesione allo scudo fiscale nelle ipotesi in cui, al momento della presentazione della dichiarazione riservata in materia di monitoraggio fiscale, di cui all'art. 13-bis D.L. 78/2009, il contribuente abbia “formale conoscenza” di un'attività accertativa, derivante dalla contestazione della natura “fittizia” della residenza fiscale estera.La conoscenza di una indagine fiscale, in qualunque modo verificatasi, deve ritenersi condizione ostativa all'applicazione dei benefici derivanti dallo scudo fiscale-ter, con la conseguenza che la dichiarazione riservata non preclude l'esercizio della potestà impositiva.
Massima

Non può essere invocata l'adesione allo scudo fiscale nelle ipotesi in cui, al momento della presentazione della dichiarazione riservata in materia di monitoraggio fiscale, di cui all'art. 13-bis D.L. 78/2009, il contribuente abbia “formale conoscenza” di un'attività accertativa, derivante dalla contestazione della natura “fittizia” della residenza fiscale estera.

La conoscenza di una indagine fiscale, in qualunque modo verificatasi, deve ritenersi condizione ostativa all'applicazione dei benefici derivanti dallo scudo fiscale-ter, con la conseguenza che la dichiarazione riservata non preclude l'esercizio della potestà impositiva.

Il caso

La questione sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, riguarda l'efficacia della dichiarazione riservata ex art.13-bis D.L. 78/2009, presentata da un contribuente, il quale aveva aderito alla procedura per l'emersione di attività detenute all'estero (c.d. scudo fiscale ter), autodenunciando la violazione degli obblighi in materia di monitoraggio fiscale, in relazione alle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero.

L'Amministrazione finanziaria aveva notificato al contribuente una serie di avvisi di accertamento, relativi ai periodi di imposta dal 2006 al 2008, con i quali aveva contestato l'omessa presentazione delle dichiarazioni Iva, Irpef e Irap, sull'assunto che il trasferimento della residenza all'estero, nello specifico nel Regno Unito, fosse in realtà fittizio.

L'Ufficio, conseguentemente, aveva emesso un provvedimento di diniego all'opponibilità dello scudo fiscale all'attività accertativa, di cui al citato articolo 13-bis, D.L. n. 78/2009.

Il contribuente impugnava gli avvisi di accertamento, contestando, con una serie di articolati motivi fra loro connessi, l'illegittimità di tipo derivato degli atti impositivi: secondo la tesi sostenuta dal ricorrente l'illegittimità del diniego di opponibilità dello scudo fiscale derivava, in primis, dalla incompetenza della Direzione Provinciale a emettere la pretesa impositiva e della Direzione Regionale a svolgere le verifiche.

La Commissione tributaria provinciale di Latina rigettava il ricorso del contribuente e tale decisum veniva confermato dai giudici di seconda istanza.

La questione

L'oggetto della controversia verte, in particolare, sulla questione relativa alla “formale conoscenza” di attività di indagine tributaria e/o accertativa già intrapresa al momento della presentazione della dichiarazione riservata, quale causa ostativa all'opponibilità dello scudo fiscale.

Come noto, l'art. 13-bis D.L. 78/2009 ha introdotto il c.d. scudo fiscale ter, che garantiva il contribuente che autodenunciava la detenzione di consistenze all'estero non dichiarate da qualsivoglia azione accertativa da parte dell'Amministrazione finanziaria.

Nello specifico, il pagamento di un'imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale, consentiva al contribuente che si autodenunciava con apposita dichiarazione, di usufruire di specifici benefici.

In particolare, aderendo all'istituto dello scudo fiscale, era precluso all'Amministrazione finanziaria l'esercizio della potestà impositiva, con riferimento ai periodi di imposta il cui termine per l'esercizio del potere accertativo era fissato al 31 dicembre 2008.

Le irregolarità commesse, emerse a seguito del rientro dei capitali detenuti all'estero, non potevano essere utilizzati, in alcun modo in sede amministrativa o giudiziaria, a sostegno di eventuali contestazioni a carico del contribuente che aderiva alla procedura.

Ulteriore “beneficio” nelle ipotesi di emersione di attività detenute all'estero in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale, riguardava la non applicabilità delle sanzioni di natura penale per i reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione, nonché per quelli di falso in bilancio, occultazione o distruzione di documenti, false comunicazioni sociali, dichiarazioni fraudolente.

La normativa prevedeva, altresì, specifiche cause ostative alla produzione degli effetti fiscali conseguenti all'adesione allo scudo.

Se, infatti, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, la violazione era già stata contestata in capo al soggetto o erano già state intraprese verifiche, ispezioni o accessi o, ancora, attività di accertamento tributario o contributivo di cui il contribuente aveva avuto formale conoscenza, la procedura di emersione era improduttiva degli effetti premiali.

Ai sensi dell'art. 14, settimo comma, D.L. 350/2001, la formale conoscenza di una attività accertativa o di indagine tributaria costituiva, dunque, causa ostativa all'opponibilità dello scudo fiscale rispetto ad attività degli Uffici impositori.

Sulla corretta interpretazione del concetto di “formale conoscenza” sono sorti diversi dubbi interpretativi.

Al riguardo, in un primo momento, si era ritenuto integrato il requisito della “conoscenza formale” nei soli casi di notifica degli atti impositivi (Circ., 10 ottobre 2009, n. 43/E). Una meno formalistica interpretazione successiva aveva, invece, considerato sufficiente anche la mera comunicazione dell'inizio di attività di indagine tributaria.

Ulteriore dubbio interpretativo riguardava il riferimento alle “altre attività di accertamento tributario e contributivo”.

L'ampiezza del dettato normativo aveva comportato che dovessero ritenersi astrattamente ricompresi nella casistica una serie di atti eterogenei ostativi all'opponibilità dello scudo, quali richieste, inviti e questionari di cui agli artt. 51, secondo comma, D.P.R. n. 633/1972 e 32, d.P.R. n. 600/1973 nonché, certamente, la notifica di atti impositivi (Circolare 4 dicembre 2001, n. n. 99/E; Circolare 10 ottobre 2009, n. 43/E).

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, si pronuncia su uno degli aspetti più controversi relativi all'applicazione della disciplina in materia di monitoraggio fiscale.

Nello specifico, il punto dibattuto verte sulla necessità che, ai fini del diniego all'opponibilità dello scudo fiscale, debba essere accertato il perfezionamento del procedimento di notificazione o se possa ritenersi sufficiente la mera conoscenza di una attività ispettiva o accertativa dell'Amministrazione finanziaria.

Come noto, la disciplina processual-civilistica opera un netto distinguo fra “formale conoscenza” e “formale notifica”.

A tal riguardo la giurisprudenza, in più occasioni, ha affermato che “per notificazione può intendersi in senso lato qualsiasi attività diretta a produrre conoscenza di un atto” (Cass. 20 dicembre 2011, n. 27782; Cass. 26 ottobre 2009, n. 22607).

La notifica è un atto eminentemente formale, che non ammette equivalenti e che si ispira se non al criterio dell'effettiva conoscenza, alla sua legale conoscibilità, che viene predeterminata dal rispetto delle formalità previste dalla norma.

Su diversi presupposti poggia la contrapposta conoscenza c.d. “formale”.

Tale conoscenza non presuppone necessariamente la notifica di atto, ma può ritenersi ugualmente raggiunta anche allorquando, in qualsiasi modo, sia acclarata l'acquisizione delle informazioni da parte dell'interessato.

Con specifico riferimento alla disciplina in materia di monitoraggio fiscale, il dato letterale della norma tributaria è chiaro e, nella sua formulazione, coerente.

Ai sensi dell'art. 14, settimo comma, D.L. 25 settembre 2001, n. 350, “il rimpatrio delle attività non produce gli effetti di cui al presente articolo quando, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, una delle violazioni delle norme indicate al comma 1 è stata già constatata o comunque sono già iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza”.

L'inizio di attività di indagine tributaria, realizzata mediante accessi ispezioni e verifiche ha natura procedimentale e costituisce causa ostativa all'opponibilità della dichiarazione di emersione delle consistenze detenute all'estero nelle ipotesi di azioni accertative.

Diversa e più articolata formulazione della norma è prevista con riferimento alle cause ostative in caso di illeciti penali.

Il citato art. 14, settimo comma, D.L. 25 settembre 2001, n. 350 dispone che “Il rimpatrio non produce gli effetti estintivi […] quando per gli illeciti penali ivi indicati è già stato avviato il procedimento penale, di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza”.

Anche con riferimento all'ambito penale, pur confermando il presupposto della formale conoscenza,il riferimento all'avvio del procedimento penale, in una ottica maggiormente garantista per il contribuente, induce a concludere in ordine alla inefficacia dello scudo fiscale, allorquando sia stata esercitata l'azione penale e l'interessato ne abbia avuto notizia.

La chiara formulazione della norma tributaria, secondo la Corte, depone in favore di una interpretazione più ampia della causa ostativa all'opponibilità dello scudo fiscale.

Con la sentenza in commento, infatti, la Suprema Corte, partendo dal dato letterale ha escluso la piena equipollenza tra i due concetti di “formale conoscenza” e “formale notifica”, con la conseguenza che la conoscenza “sorg[e] in relazione al compimento di un atto procedimentale che abbia coinvolto l'interessato”.

Sulla base di tale preliminare assunto, la Corte ha ulteriormente chiarito che in ambito tributario la conoscenza, intesa quale causa ostativa all'efficacia dello scudo fiscale, “può sorgere, dunque, sia per effetto (come avviene il più delle volte) della notifica di un atto, sia per il compimento di altre attività procedimentali in diretto collegamento con il destinatario, quali a esempio, la partecipazione al contraddittorio, la presenza fisica al compimento di un accesso o di una ispezione, la contestazione in sede penale, l'avvenuta risposta a un questionario”.

Applicando tale astratto principio al caso concreto sottoposto all'attenzione della Corte, i Giudici, con lapidari e chiari passaggi, giungono alla conclusione che “nella vicenda in esame […] sussistevano le condizioni che hanno legittimato l'Amministrazione finanziaria a opporre il diniego”, poiché “la delega [rilasciata dal contribuente al professionista] finalizzata specificamente alla cura degli interessi del delegante nell'ambito degli accertamenti […] costituisce, in realtà, il risultato di una specifica scelta che trae origine proprio dalla coscienza della pendenza di una indagine sulle regolarità del trasferimento”.

Sulla base di tale circostanza fattuale, ovverosia il rilascio al professionista della delega da parte del contribuente, deve ritenersi dimostrata l'inequivocabile conoscenza da parte del ricorrente in ordine alla sussistenza di una attività accertativa intrapresa dall'Autorità fiscale competente.

Osservazioni

All'indomani dell'entrata in vigore della normativa in materia di monitoraggio fiscale, una delle questioni interpretative più dibattute ha riguardato la corretta individuazione del perimetro applicativo delle cause ostative agli effetti premiali dello scudo fiscale.

Ci si riferisce, in particolare, alle ipotesi in cui il contribuente fosse già stato raggiunto dalla notizia di un'attività accertativa o investigativa nei propri confronti con riferimento alle attività detenute all'estero al momento della presentazione della dichiarazione riservata di cui all'art. 13-bis, D.L. 78/2009.

I più annosi punti interrogativi, alimentati dalla particolarità del procedimento accertativo, riguardano l'esatta operatività della c.d. “formale conoscenza”.

La ratio della disciplina normativa in materia di monitoraggio fiscale è, sin dal principio, apparsa chiara: accedere agli effetti premiali del “condono fiscale”, previsti dall'adesione allo scudo fiscale, nei soli casi in cui sia acclarata la tenuta di un comportamento riparatorio e meritevole del soggetto, quale segno di un effettivo ravvedimento e non di mera convenienza economica.

È evidente che per dare concretezza a tale finalità, occorre porre in essere una serie di importanti “correttivi” atti a evitare che il ricorso allo scudo fiscale, costituisca mera strategia utile al solo fine di evitare gli oneri (ben maggiori) derivanti dall'accertamento.

In tale senso, dunque, si colloca la scelta del Legislatore fiscale di voler individuare con doverosa specificità le cause ostative, rilevanti al fine di evitare che la dichiarazione riservata si risolva in una sostanziale autodenuncia per effetto dell'improduttività dei “premi” previsti dal Legislatore.

Al riguardo, la giurisprudenza, allineandosi al dato letterale della norma, ha escluso l'opponibilità dello scudo fiscale nei casi in cui al momento della presentazione della dichiarazione riservata il contribuente fosse già stato raggiunto dalla notizia di un'attività accertativa o investigativa nei propri confronti con riferimento alle attività detenute all'estero.

La giurisprudenza ha, in più occasioni, disatteso l'impostazione - sovente sostenuta in sede giurisdizionale dai contribuenti destinatari di atti impositivi - secondo cui nei casi di mancata notifica di un atto, non vi sarebbero le condizioni previste dalla norma per escludere l'opponibilità della dichiarazione riservata.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, si dimostra orientata a confermare l'interpretazione letterale della norma, più aderente anche alla finalità sottesa alla disciplina in materia di monitoraggio fiscale.

Diversamente e, dunque, consentendo di accedere agli effetti premiali dello scudo fiscale anche nel momento in cui siano già emerse irregolarità nella detenzione di consistenze all'estero da attività di indagine tributaria, si consentirebbe la strumentalizzazione della dichiarazione riservata al solo fine di assicurarsi un vantaggio economico e, conseguentemente, si vanificherebbe il condivisibile obiettivo normativo.

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