IRAP esclusa per l'attività di sindaco e amministratore svolta individualmente dal professionista dello studio associato

26 Novembre 2020

Non realizza il presupposto impositivo, a carico della compagine professionale collettiva, l'esercizio da parte dei singoli associati anche dell'attività di sindaco o di componente di organi di amministrazione e controllo di enti o società, che avvenga in modo individuale e separato rispetto ad ulteriori attività espletate all'interno dell'associazione professionale, con onere a carico di quest'ultima della prova dell'assenza delle condizioni di legge che determinano l'imposizione e della possibilità di scorporare le diverse categorie di compensi, rispetto ad un'attività individuale rilevante quale organo di una compagine terza.
Massima

Non realizza il presupposto impositivo, a carico della compagine professionale collettiva, l'esercizio da parte dei singoli associati anche dell'attività di sindaco o di componente di organi di amministrazione e controllo di enti o società, che avvenga in modo individuale e separato rispetto ad ulteriori attività espletate all'interno dell'associazione professionale, con onere a carico di quest'ultima della prova dell'assenza delle condizioni di legge che determinano l'imposizione e della possibilità di scorporare le diverse categorie di compensi , rispetto ad un'attività individuale rilevante quale organo di una compagine terza.

Il caso

L'associazione professionale Sudio C. – C. & Associati ha presentato istanza per richiedere il rimborso della somma di € 33.574,00 già versata a titolo di Irap negli anni 2004-2005 in relazione al reddito conseguito dai propri professionisti associati per la partecipazione ad alcuni collegi sindacali. Attività questa che è stata svolta attraverso l'organizzazione delle strutture delle società terze che hanno conferito le cariche sindacali.

Atteso il silenzio rifiuto opposto dall'Agenzia delle Entrate, lo Studio C. presentava ricorso alla C.T.P. di Milano deducendone l'illegittimità.

L'Ufficio impositore si è costituito nel procedimento eccependo l'intervenuta decadenza della richiesta di rimborso, nonché la sussistenza dei presupposti di legge per applicare l'imposta IRAP in quanto non sarebbe possibile separare le diverse categorie di compensi percepiti e non sarebbe stata data prova contraria riguardo il supporto delle strutture delle società che hanno conferito gli incarichi.

La C.T.P ha accolto il ricorso dell'Associazione e la richiesta di rimborso avanzata rilevando:

  • l'infondatezza dell'eccezione di decadenza sollevata dall'Ufficio impositore, in quanto il termine di decadenza (48 mesi) per la richiesta di rimborso decorrerebbe dalla data del versamento del saldo (e non dei singoli versamenti in acconto) e tenuto conto del fatto che la contribuente aveva richiesto il rimborso dell'Irap non interamente ma solo per la quota riferita ai compensi percepiti per gli incarichi dei professionisti svolti nei collegi sindacali.
  • che nell'attività libero professionale, come da giurisprudenza di legittimità consolidata, occorre scindere i compensi conseguiti dai professionisti tramite un'autonoma organizzazione (compensi soggetti all'imposta IRAP) da quelli percepiti da dottori commercialisti in qualità di componenti di Collegi sindacali

Avverso tale decisione l'Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale 2^ di Milano aveva presentato appello ribadendo le medesime argomentazioni esposte nel giudizio di primo grado.

La C.T.R. Lombardia ha accolto l'impugnativa dell'Ufficio e riformato la sentenza della C.T.P. rilevando che il reddito dell'Associazione Professionale, anche se prodotto attraverso la partecipazione degli associati a collegi sindacali o consigli di amministrazione di società di capitali, non poteva ritenersi il frutto esclusivo della professionialità di ciascun componente (esistendo uno studio organizzato) ma dell'organizzazione associativa costituita proprio per potenziare la produzione di ricchezza di ciascun professionista.

Contro tale sentenza l'Associazione ha proposto ricorso per Cassazione per violazione della norma di legge prevedente l'imposta IRAP (art. 2 D.Lgs. 15.12.1997 n. 446) eccependo che la C.T.R. avrebbe valutato l'autonomia organizzativa considerando solo la struttura dell'Associazione e non l'attività svolta dai singoli associati quali membri di collegi sindacali.

La Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza della C.T.R. rilevando che la stessa avrebbe dovuto accertare, con onere della prova a carico della Contribuente;

a) se l'attività di sindaco svolta dai singoli professionisti associati fosse stata svolta, o meno, in modo individuale e separato rispetto a ulteriori attività espletate all'interno dell'Associazione;

b) se tale attività, ove svolta dai singoli professionisti senza ricorrere ad un'autonoma organizzazione, avesse prodotto (e in che misura) compensi eccedenti rispetto a quelli derivanti dall'ulteriore attività svolta dall'Associazione.

La Corte di Cassazione ha quindi rinviato la causa alla C.T.R. affinché provvedesse ai necessari accertamenti con applicazione del seguente principio di diritto: “…non realizza il presupposto impositivo, a carico della compagine professionale collettiva, l'esercizio da parte dei singoli associati anche dell'attività di sindaco o di componente di organi di amministrazione e controllo di enti o società, che avvenga in modo individuale e separato rispetto ad ulteriori attività espletate all'interno dell'Associazione professionale, con onere a carico di quest'ultima, in caso di richiesta di rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, della prova dell'assenza delle condizioni di legge che determinano l'imposizione e della possibilità di scorporare le diverse categorie di compensi, rispetto ad un'attività individuale rilevante quale organo di una compagine terza”.

La causa è stata quindi successivamente riassunta presso la C.T.R. Lombardia dalla contribuente Associazione professionale Studio C. - C. & Associati la quale ha evidenziato:

  1. che i compensi percepiti per l'attività svolta dai professionisti associati nei collegi sindacali erano “scollegati”, trattandosi di attività di natura strettamente personale che può essere esercitata solo da soggetti che hanno conseguito il titolo o la qualifica;
  2. che dalle fatture attive prodotte in causa si evinceva che non vi è stato alcun addebito da parte dell'Associazione nei confronti delle società presso cui singoli professionisti rivestivano cariche sindacali;
  3. che dai verbali prodotti si evinceva, altresì, che gli incontri e le riunioni si erano sempre tenute presso le sedi delle varie società cui partecipavano solo i professionisti incaricati.

L'Ufficio si è costituto richiamando le motivazioni della sentenza cassata con rinvio emessa dalla C.T.R.

Istruita la casa la C.T.R. con la sentenza qui in commento ha rigettato l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate e confermato la sentenza della C.T.P. di Milano sulla scorta del seguente ragionamento:

a) è soggetto passivo IRAP il lavoratore autonomo supportato da una propria struttura, organizzata con risorse personali e materiali (tali per quantità, qualità, valore e rilevanza) da assicurare un valore aggiunto alla propria attività tipica. Non è invece soggetto all'imposta quella “quota aggiuntiva di profitto” conseguita attraverso una propria autoorganizzazione , con strumenti minimi indispensabili privi di rilievo per il raggiungimento del risultato economico e che non richiedono coordinamento.

b) Non sussistono pertanto le condizioni per applicare l'imposta in caso di esercizio da parte dei professionisti dell'associazione dell'attività di sindaco espletata in modo individuale e separato rispetto alle ulteriori attività svolte dall'associazione.

La questione

Con l'ordinanza in commento, la C.T.R. ha fornito in primo luogo importanti chiarimenti sui presupposti di applicazione dell'IRAP, l'imposta regionale sulle attività produttive.

Va innanzitutto premesso che l'IRAP è un'imposta locale, di competenza delle regioni, che viene applicata alle attività produttive e che è stata introdotta dal D.Lgs. n. 446/1997.

Il presupposto impositivo dell'IRAP è definito all'art. 2, co. 1 del D.Lgs. n. 446/1997, il quale sancisce che: “Presupposto dell'imposta è l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”.

L'imposta trova la sua base imponibile nel valore della produzione al netto dei relativi costi. Non colpisce quindi il reddito né il consumo ma il “valore aggiunto reddituale”.

Per valore della produzione si intende, in sostanza, la differenza tra i ricavi ed i costi che contraddistinguono la gestione caratteristica, cioè il core business per il quale l'azienda è stata costituita e opera.

Uno dei presupposti impositivi IRAP è lo svolgimento abituale di un'attività autonomamente organizzata ovvero l'esercizio di una serie di operazioni di gestione coordinata, finalizzate ad un determinato risultato economico-produttivo. Pertanto sono escluse dall'ambito applicativo IRAP le attività esercitate in modo occasionale.

Un altro presupposto impositivo dell'IRAP concerne lo svolgimento di un'attività “autonomamente organizzata”, requisito che ricorre quando il contribuente è responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità, impiega beni strumentali oltre il limite minimo, considerato come indispensabile per l'esercizio dell'attività, oppure si avvalga della collaborazione non occasionale di lavoro altrui organizzato in modo da accrescere la capacità di guadagno.

Sono soggetti passivi IRAP i contribuenti che, nel territorio di una o più, Regioni, esercitano, abitualmente, un'attività autonomamente organizzata, diretta allo scambio di beni o servizi.

L'art. 3, co. 1 del D.Lgs. n. 446/1997, sancisce che, sono soggetti ad IRAP anche le persone fisiche.

L'imposta in esame è dovuta, quindi, da aziende, enti o professionisti ovvero da tutti quei soggetti che esercitano un'attività anche non commerciale, restando escluso il lavoro autonomo dall'applicazione dell'Irap solo nel caso in cui si tratti di attività non autonomamente organizzata.

La soluzione giuridica

L'IRAP e il lavoro autonomo. L'intervento della Corte Costituzionale, la posizione dell'Amministrazione finanziaria e della giurisprudenza sul requisito dell'autonoma organizzazione

La sentenza in commento evidenzia che anche i percettori di reddito da lavoro autonomo sono soggetti all'IRAP ove svolgano un'attività economica fruendo di un'autonoma organizzazione volta all'accrescimento e al potenziamento della loro capacità produttiva.

Si segnala, tuttavia, che l'assoggettamento a IRAP degli esercenti attività di lavoro autonomo è sempre stato un aspetto estremamente controverso in giurisprudenza.

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 156/2001 ha chiarito che l'IRAP è un'imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle (sole) attività autonomamente organizzate, riconoscendo in tale valore aggiunto, direttamente connesso all'elemento organizzativo, un idoneo indice di capacità contributiva.

Tuttavia la Corte Costituzionale, mentre ha ritenuto l'elemento organizzativo connaturato alla nozione di impresa, ha precisato che "... è possibile ipotizzare un'attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui". L'accertamento di tale condizione, "in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto ..." da verificare caso per caso.

Un'attività professionale, dunque, per essere assoggettata a IRAP, deve essere organizzata.

A seguito della pronuncia della Corte costituzionale si è posto, quindi, il problema di individuare per i lavoratori autonomi la nozione di attività autonomamente organizzata.

La posizione dell'Amministrazione finanziaria è stata inizialmente molto rigida sul punto.

Con risoluzione n. 32/E del 31 gennaio 2002, è stato evidenziato, infatti, che:

  • l'autonomia organizzativa sussisterebbe tutte le volte in cui si è in presenza di lavoro autonomo ai sensi dell'articolo 53, comma 1 del TUIR, mentre restano escluse, ad esempio, le attività svolte occasionalmente.
  • l'esistenza, pur minima, del requisito dell'organizzazione è una connotazione tipica del lavoro autonomo.

La posizione della giurisprudenza di merito non è mai stata, invece, costante formandosi variegati orientamenti tra le Commissioni Tributarie.

Secondo un primo orientamento l'autonoma organizzazione ricorrerebbe in ogni ipotesi di attività generatrice di redditi di impresa o di lavoro autonomo, ed è ravvisabile nell'autonomia delle scelte che di per sé caratterizza lo svolgimento di tutte le professioni liberali. Tale tesi è stata fatta propria dall'Agenzia delle Entrate in varie risoluzioni e denominata “auto-organizzazione”.

Il secondo indirizzo giurisprudenziale, invece, ha ritenuto che un'attività sia autonomamente organizzata solo quando è in grado di produrre una ricchezza aggiuntiva rispetto a quella derivante dal lavoro del titolare. Di conseguenza sono esclusi da tassazione IRAP i lavoratori autonomi, quale sia il livello dell'apparato organizzativo utilizzato, (quindi anche in presenza di dipendenti e collaboratori) ogniqualvolta quest'ultimo non sia in grado di funzionare da solo, o a prescindere dalla persona del professionista, perché la prestazione d'opera intellettuale resta infungibile ed insostituibile: dunque non si può mai parlare di autonomia organizzativa distinta dalla prestazione

personale. Tale tesi ha portato ad escludere dal tributo tutte le professioni “protette” che prevedono l'iscrizione in un albo, in quanto l'attività non può mai spersonalizzarsi per il rapporto fiduciario che lega il prestatore al cliente.

A seguito dell'intervento della Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione ha aderito all'orientamento secondo cui l'autonoma organizzazione costituisce presupposto per l'assoggettamento a Irap degli esercenti arti e professioni (per tutte si veda la sentenza n. 21203/2004). Orientamento poi avvallato anche dall'Agenzia delle Entrate nella circolare 45/E/2008.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U. 26 maggio 2009; conformi Cass. Civ. 9451/2016; Cass. Civ. 30225/2018) sono poi nuovamente intervenute per dirimere ogni contrasto interpretativo sulla questione affermando che il lavoratore autonomo è escluso dall'imposta soltanto quando svolga un' attività non autonomamente organizzata.

Il requisito della “autonoma organizzazione” ricorre in particolare quando il contribuente:

  • è responsabile, sotto qualsiasi forma, della struttura in cui opera e non sia inserito in una struttura riferibile all'altrui responsabilità ed interesse. L'autonomia in senso solo formale, invece, non configura il dominio dei fattori produttivi sul quale si base il presupposto dell'IRAP. Perciò, situazioni di monocommittenza o di retribuzione scollegata con il valore della pratica e/o con l'attività effettivamente svolta escludono il presente requisito;
  • utilizza fattori incrementativi nel senso che nello svolgimento della sua attività si avvale di un quid pluris che è in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista, al fine di rendere più efficace o produttiva la sua attività. I fattori utilizzati devono essere idonei a ritenere che quanto prodotto non è frutto della sola attività del professionista, ma anche della struttura, costituita proprio al fine di potenziare la produzione di ricchezza a vantaggio di tutti coloro che vi collaborano. Tale quid pluris ricorre quando il professionista si avvale in modo non occasionale di lavoro.

altrui e impiega beni strumentali, mobili, mobili registrati ed immobili eccedenti per quantità e valore il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività.

Ne consegue che il lavoratore autonomo inserito nell'altrui organizzazione non sarà tenuto a corrispondere l'IRAP. Sarà escluso da IRAP anche il lavoratore autonomo che si avvale del lavoro altrui, purché la collaborazione del terzo corrisponda a forme di collaborazione occasionale (Cass. ord. n. 1820/17, 22674/14, richiamata dall'ordinanza Cass. civ., 29 ottobre 2018, n. 27423).

Successivamente, anche la Corte di Cassazione ha affermato che “l'imposta non risulta applicabile ove in concreto i mezzi personali e materiali di cui si sia avvalso il contribuente costituiscano un mero ausilio della sua attività personale” (Cass., sez. trib., 8 febbraio 2007, n. 3672; Cass., sez. trib., 16 febbraio 2007, n. 3674).

L'onere della prova

È principio, inoltre, consolidato e richiamato anche della sentenza in commento quello per cui l'onere di dimostrare la mancanza dell'autonoma organizzazione è sempre a carico del contribuente (che agisce in ripetizione di indebito contro il silenzio-rifiuto o il diniego espresso di rimborso da parte dell'amministrazione delle somme versate a titolo di IRAP).

Il contribuente che ha pagato l'IRAP e ne chiede il rimborso per la mancanza di un'autonoma organizzazione è tenuto, quindi, a provare:

  1. l'avvenuto pagamento dell'imposta;
  2. l'autonomia dell'attività da terzi (cioè la responsabilità dell'organizzazione della sua opera, in capo al contribuente stesso);
  3. l'inesistenza di elementi rilevanti di organizzazione (lavoro altrui o beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile).

Si segnala al riguardo che l'elevato valore dei compensi e delle spese e la semplice incidenza dei secondi sui primi non bastano a dimostrare l'esistenza di un'autonoma organizzazione e il relativo assoggettamento ad IRAP in capo al professionista.

A stabilirlo è stata la la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 12929/2019.

L'associazione professionale. Il particolare caso del professionista associato che svolge anche attività di sindaco o amministratore

Anche lo studio associato, l'associazione professionale e alla società tra professionisti sono soggetti all' imposta regionale sulle attività produttive. L'art. 2 del D.Lgs. n. 447/97 stabilisce infatti che l'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta”.

Da qui si evince chiaramente che il problema della identificazione dell'autonoma organizzazione coinvolge prevalentemente i professionisti e le imprese esercitate in forma individuale.

La sentenza in commento affronta infatti la delicata questione se l'associazione professionale debba o meno versare l'imposta per quella parte di compensi connessi alla carica ricoperta dal singolo professionista associato nei collegi sindacali di società o negli organi di amministrazione.

La C.T.R. ha risolto tale questione richiamando l'orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. Ord. n. 12495/2019) secondo cui “in presenza di autonoma organizzazione e di espletamento in modo unitario dell'attività di sindaco e amministratore di società, il rimborso dell'imposta non può essere legittimamente negato allorché sia possibile scorporare, grazie agli elementi probatori forniti dal contribuente, le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l'esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame”.

In altre parole, i compensi percepiti per l'attività di sindaco, revisore e amministratore sono esenti se si possono scindere da quelli complessivi, e se l'attività è svolta personalmente e senza particolari mezzi.

Pertanto, i redditi derivanti dall'attività di amministratore e sindaco non sono tout court esclusi da Irap, ma solo alle seguenti condizioni:

  • vi deve essere a concreta possibilità di scorporare i compensi derivanti dall'attività di amministratore e sindaco da quelli relativi alle altre attività svolte;
  • deve essere fornita la prova dell'espletamento di tali attività senza aver fatto ricorso a un'autonoma struttura organizzativa, magari presente, ma asservita alle sole altre attività professionali esercitate.

Requisiti sussistenti nel caso affrontato dalla sentenza in commento avendo l'Associazione contribuente dimostrato che gli associati avevano rivestito tali cariche avvelandosi non della struttura organizzativa associativa, ma di quella delle società che avevano conferito gli incarichi, e che vi era una parte determinata di compensi dell'associazione riferibili espressamente alle attività svolte nei Collegi Sindacali e che poteva, quindi, essere scorporata.

Ne consegue ovviamente che per i professionisti non è sempre agevole fornire la prova concreta di aver eseguito le attività in esame senza fare alcun ricorso all'autonoma struttura organizzativa asservita all'esercizio delle proprie altre attività professionali, tant'è che, in talune pronunce, la Corte di Cassazione (cfr., ex multis, ordinanze n. 14790/2018, n. 24519/2016, n. 23373/2016) ha anche affermato che “è legittimo il diniego del rimborso di imposta al dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un'attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all'esercizio della professione nel suo complesso, allorché non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l'esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame”, per mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte sua (Cass. n. 3434/12)”.

Osservazioni

La sentenza in commento appare di importante rilievo in quanto fornisce chiare indicazioni sull'applicazione dell'imposta IRAP specialmente in tutti quei casi, assai frequenti, in cui il professionista che fa parte di uno studio professionale associato rivesta funzioni di sindaco o amministratore in società terze.

L'associazione tra professionisti sconta l'Irap al pari delle altre imprese, salvo dimostri rigorosamente che i compensi ricevuti per le attività di sindaco o amministratore presso compagini terze si riferiscano a prestazioni svolte in modo individuale e separato rispetto a tutte le altre esercitate all'interno dell'associazione.

È onere di quest'ultima provare la possibilità di separare le diverse tipologie di compensi e dimostrare l'assenza dei presupposti impositivi in relazione all'attività individuale esercitata quale organo di una compagnie terza.

È evidente, però, che in mancanza dell'intervento del legislatore sulla questione per individuare le situazioni fisiologicamente escluse dall'ambito di applicazione del tributo il rischio di contenzioso tra i contribuenti e l'Amministrazione finanziaria rimane ancora molto elevato.

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