Il balcone in aggetto è bene di proprietà esclusiva
26 Novembre 2020
Massima
I balconi aggettanti, costituendo un “prolungamento” della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa, dovendosi considerare beni comuni a tutti soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore, quando si inseriscono nel prospetto dell'edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole [1]. Le indicazioni del registro dell'anagrafe condominiale costituiscono un elemento avente, al massimo, carattere indiziario che, in assenza di adeguata prova, non consentono di affermare che un soggetto, nella veste di erede, rivesta la qualità di proprietario o comproprietario del bene [2]. Il caso
Un condomino si rivolgeva al Tribunale chiedendo di accertare che le infiltrazioni, nell'appartamento di sua proprietà, provenivano dal sovrastante lastrico solare condominiale per mancata manutenzione e per non avere il Condominio provveduto alle riparazioni del caso, malgrado i solleciti rivolti all'amministratore. L'attore chiedeva, altresì, il risarcimento dei danni patiti; la condanna del Condominio all'esecuzione dei lavori di riparazione necessari, nonché la sua condanna al risarcimento del danno per il mancato utilizzo dell'immobile, considerato che il conduttore aveva riconsegnato l'appartamento prima della scadenza del contratto per l'impossibilità dell'utilizzo della cosa locata. Il Condominio contestava gli assunti di controparte, affermando che responsabili dei fatti di causa erano gli “eredi” ai quali apparteneva il calpestio del balcone sovrastante l'appartamento danneggiato, rispetto ai quali l'attore ne chiamava in causa solo uno. Espletata la CTU, dalla quale emergeva la totale assenza di manutenzione del sovrastante balcone/veranda, il Tribunale rigettava tutte le domande formulate dall'attore. La questione
Due sono i temi emersi dalla sentenza in esame: il primo, non nuovo, riguarda l'individuazione del soggetto responsabile quando le infiltrazioni nell'appartamento sottostante provengano da un balcone in aggetto, mentre il secondo concerne la posizione dell'erede chiamato in causa rispetto al quale non sia stata, però, provata la titolarità/contitolarità del bene causa del danno. Le soluzioni giuridiche
La controversia è stata decisa all'esito della consulenza tecnica di ufficio, che aveva individuato la causa delle lamentate infiltrazioni nella cattiva manutenzione non del lastrico solare comune, ma di un balcone aggettante rispetto all'appartamento dal quale si accedeva. Il giudicante, seguendo l'orientamento della giurisprudenza, ribadiva la natura esclusiva del balcone, con la conseguente responsabilità del proprietario in ordine ai danni causati da mancata manutenzione. Tuttavia, il Tribunale non aveva potuto accogliere la domanda dell'attore neppure nei confronti di colui che aveva chiamato in causa nella veste di erede e quale proprietario dell'appartamento con annesso balcone, in assenza di adeguata prova della titolarità del bene esclusivo. Osservazioni
Con il termine “aggetto”, si intende la “sporgenza verso l'esterno di un elemento architettonico o costruttivo rispetto alle adiacenti parti della struttura, e soprattutto alle parti sottostanti da cui l'elemento stesso (balcone, cornicione, cornici in genere) è portato” (tratto da Vocabolario Treccani). La giurisprudenza, poi, ha trasferito in ambito condominiale questa definizione ed ha specificato che i balconi “aggettanti”, che non svolgono alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura dell'edificio (come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell'edificio), non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani, ma rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono (Cass. civ., sez. II, 17 luglio 2007, n. 15913). Tuttavia, in tale ambito, vi possono essere elementi della struttura che assumono un carattere comune, e questo si verifica con riferimento ai rivestimenti ed agli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore, quando si inseriscono nel prospetto dell'edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (Cass. civ., sez. II, 30 luglio 2004, n. 14576). Il riconoscimento che i balconi rientrano nell'ambito della proprietà esclusiva ha avuto effetti anche sull'individuazione del regime giuridico da applicare quanto alla loro manutenzione. Non tanto per il piano di calpestio, quanto per i lavori concernenti la c.d. soletta, che è costituita dalla parte inferiore ed opposta al piano stesso. Se in un primo momento la Corte di Cassazione aveva ritenuto applicabile alla fattispecie, per via analogica, l'art. 1125 c.c., che disciplina la ripartizione delle spese del solaio tra i proprietari dei due piani sovrapposti, l'indirizzo giurisprudenziale è, poi, sostanzialmente cambiato ed è rimasto sempre coerente. Infatti, il fondamento del primo orientamento era stato individuato nel fatto che alla soletta del balcone erano stati attribuiti gli stessi caratteri funzionali propri del solaio: separazione in senso orizzontale, sostegno e copertura rispetto agli spazi esterni sottostanti. Da qui la, a dire il vero forzata, ipotesi di un compossesso del balcone tra i due proprietari dei piani l'un l'altro sovrastanti. Ma l'applicazione in senso estensivo dell'art. 1125 c.c. ai balconi in aggetto fu in seguito considerata non condivisibile, poiché in via generale tale ampliamento è possibile solo qualora il caso non regolato espressamente dalla norma sia caratterizzato dalla stessa ratio che ha ispirato il legislatore nel dettare la norma che si vuole utilizzare estensivamente. Fondamento che, nel caso concreto, non poteva sussistere, dal momento che i balconi in aggetto possono sussistere indipendentemente o meno dalla presenza di un altro balcone nel piano sovrastante o sottostante. Infatti, tale struttura, pur riconoscendone la funzione di copertura rispetto al balcone sottostante, non è indispensabile per l'esistenza dei piani sovrapposti, essendo copertura disgiunta dalla funzione di sostegno. E questo solo è sufficiente per escludere una comproprietà del manufatto tra i due piani (Cass. civ., sez. II, 24 dicembre 1994, n. 11155). Ma la decisione, che aveva escluso che le infiltrazioni patite dall'attore non provenivano dal lastrico solare condominiale ma dal balcone di proprietà esclusiva, ha evidenziato un interessante aspetto della questione che ha portato al rigetto della domanda. In effetti, parte attrice, una volta che il Condominio aveva dedotto che il balcone dal quale provenivano le note infiltrazioni era di pertinenza “degli eredi”, producendo in giudizio il registro dell'anagrafe condominiale nel quale erano indicati più soggetti che avevano lo stesso cognome, ne aveva scelto uno a caso ed a questo, nella generica qualità di “erede”, aveva notificato la chiamata in causa, estendendo nei suoi confronti le domande già formulate nei confronti del Condominio. Sul punto ci si chiede se il registro dell'anagrafe condominiale può costituire da solo la prova della titolarità di un bene esclusivo. Ad avviso del Tribunale la risposta è stata negativa. Il registro in questione, novità introdotta nell'art. 1130 c.c. dalla l. n. 220/2012, ha una funzione informativa e, senza alcuna violazione in tema di privacy, consente di individuare i partecipanti al Condominio, e non solo (si pensi al conduttore, all'usufruttuario, al titolare del diritto di abitazione, al comodatario), al fine di rendere più agevole sia i rapporti interni tra gli stessi soggetti e l'amministratore, sia quelli esterni che si svolgono con i terzi. Esso deve contenere dati oggettivi e soggettivi. Nel primo caso si tratta dei dati catastali di ciascun immobile (sezione urbana, foglio, mappale, subalterno, ecc.) che vengono forniti dai proprietari e dagli altri soggettiindicati nella norma e che, provenendo dalle parti, al fine di dimostrare la titolarità dell'unità immobiliare sono privi di valore probatorio costituendo, al più, un elemento sussidiario. La comunicazione non deve essere accompagnata da alcun documento, ma il proprietario si assume la responsabilità di quanto dichiarato, anche se, in caso di falsa dichiarazione, non potrà mai essere invocato l'art. 483 c.p. (falso ideologico in atto pubblico), versandosi nell'ipotesi di dichiarazione rivolta ad un privato. Tuttavia, ove fosse provato che la falsa comunicazione abbia causato un danno al Condominio sarebbe applicata la sanzione pecuniaria prevista dall'art. 4, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 7/2016. Ma ancora più importante, ai fini della questione trattata, sono i dati personali dei medesimisoggetti e che devono essere presi in considerazione per valutare se siano sufficienti a dimostrare quale sia la loro posizione nell'ambito condominiale. A questo proposito l'art. 1130, n. 6), c.c. stabilisce che il registro, affidato alla cura dell'amministratore, deve contenere le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, nonché i rispettivi codice fiscale, residenza o domicilio, con l'obbligo dell'amministratore, in caso di inerzia in ordine alla mancata o incompleta comunicazione, di acquisire direttamente le informazioni (dovere che sussiste anche per quanto concerne i dati catastali) con i relativi costi a carico dei responsabili. Da ciò si evince che tutti i dati in essere si ricavano dalla Conservatoria dei registri immobiliari, dove sono depositati gli atti relativi alle varie proprietà immobiliari. Ma a ciò si deve aggiungere che l'art. 63 disp. att. c.c., all'ultimo comma e con riferimento alla riscossione forzosa dei crediti condominiali, dispone che chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi condominiali maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto. Giova a questo proposito rilevare che non necessariamente deve essere consegnato al Condominio l'atto di provenienza (compravendita, successione, donazione, e così via), essendo sufficiente la dichiarazione di stipula rilasciata dal notaio rogante, a condizione che questa contenga tutte le informazioni utili all'amministratore ai fini della tenuta del registro in questione. Alla luce delle presenti osservazioni e con riferimento al caso specifico si può, dunque, concludere affermando che l'amministratore, il quale aveva solo certificato che più soggetti, anche se tutti con lo stesso cognome, risultavano essere iscritti nel registro dell'anagrafe condominiale non era tenuto a provare se essi fossero o meno effettivamente proprietari del balcone al centro della controversia. Per contro, era l'attore che, ai sensi dell'art. 2967 c.c., avrebbe dovuto dimostrare se il balcone al centro della controversia apparteneva effettivamente al chiamato in causa, oppure se era oggetto di comproprietà tra tutti o parte degli eredi e, in tal caso, avrebbe dovuto chiamare gli stessi, in solido, a rispondere a titolo risarcitorio. Al più, nel caso di impossibilità assoluta di soddisfare l'onere della prova, l'attore avrebbe potuto anche chiedere al giudice di ordinare all'amministratore di produrre in giudizio, ai sensi dell'art. 210 c.p.c., la documentazione comprovante la proprietà del balcone senza che ciò potesse costituire un'inversione dell'onere della prova. Il tutto considerando che la mancata acquisizione della documentazione necessaria per la redazione del registro dell'anagrafe condominiale integra un'inottemperanza all'obbligo della sua formazione ed è considerata, ai fini della revoca giudiziaria dell'amministratore, una grave irregolarità. Monegat, Tutti i condomini in causa se si tratta degli elementi decorativi dei balconi, in Immobili & proprietà, 2018, 51; Masullo, Balconi in condominio, in Amministrare immobili, 2017, fasc. 215, 34; Gallucci, Anagrafe condominiale ovvero la banca dati dei condomini e delle unità immobiliari, in Immobili & proprietà, 2013, 699; Cimatti, La natura giuridica dei balconi aggettanti, in Immobili & diritto, 2008, fasc. 1, 31. |