Accertamento bancario su conti correnti intestati al convivente more uxorio

Giovambattista Palumbo
11 Dicembre 2020

In tema di accertamenti bancari su conti correnti intestati a convivente more uxorio, è consentito all'Amministrazione finanziaria procedere alla rettifica della dichiarazione su basi presuntive, utilizzando i dati relativi ai movimenti su tutti i conti correnti bancari del contribuente, anche se cointestati ad un terzo estraneo all'impresa. Opera quindi la presunzione legale in caso di contitolarità del conto corrente con il convivente con cui sussista uno stabile legame affettivo di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.
Massima

In tema di accertamenti bancari su conti correnti intestati a convivente more uxorio, è consentito all'Amministrazione finanziaria procedere alla rettifica della dichiarazione su basi presuntive, utilizzando i dati relativi ai movimenti su tutti i conti correnti bancari del contribuente, anche se cointestati ad un terzo estraneo all'impresa. Opera quindi la presunzione legale in caso di contitolarità del conto corrente con il convivente con cui sussista uno stabile legame affettivo di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.

Il caso

L'Agenzia delle Entrate aveva notificato al contribuente, titolare di una ditta individuale, un avviso di accertamento, con il quale, sulla base di accertamenti bancari effettuati ai sensi e per gli effetti degli artt. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600/1973 e 51, secondo comma, del d.P.R. n. 633/1972, aveva rettificato quanto dallo stesso esposto nella dichiarazione relativa all'anno d'imposta 2004, contestando l'omessa dichiarazione di ricavi per Euro 73.630,00, e recuperando a tassazione le maggiori imposte IRPEF, IVA ed IRAP ritenute dovute, con conseguenti sanzioni ed interessi.

Il contribuente aveva quindi impugnato l'atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, che ne aveva accolto il ricorso.

Proposto appello, da parte dell'Ufficio, avverso la sentenza di primo grado, la Commissione Tributaria Regionale lo aveva respinto, confermando la pronuncia della CTP.

Avverso tale sentenza, infine, l'Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., degli artt. 32, 39, primo comma, lett. d), 42 e 43 del d.P.R. n. 600/1973, 3, 8 e 25 del D.Lgs. n. 446/1997, e 51 e 54 del d.P.R. n. 633/1972.

In primo luogo, con riferimento all'utilizzazione da parte del contribuente di un conto corrente cointestato con l'allora convivente more uxorio, l'Amministrazione finanziaria contestava la pronuncia per avere i giudici di merito affermato la necessità, ai fini dell'applicazione della presunzione legale relativa di cui agli artt. 32 del d.P.R. n. 600/1973 e 51 del d.P.R. n. 633/1972, di distinguere tra le movimentazioni effettuate da ciascuno dei due soggetti legittimati ad operarvi.

In secondo luogo, l'Agenzia delle Entrate censurava la sentenza nella parte in cui aveva ritenuto la prova offerta dal contribuente idonea a superare la presunzione legale relativa di riferibilità dei prelevamenti e versamenti operati sul conto ad operazioni imponibili, sebbene fossero state offerte giustificazioni solo parziali e, in ogni caso, non analitiche con riferimento a ciascuna movimentazione, in ordine alla provenienza delle somme versate ed all'indicazione dei beneficiari dei prelevamenti.

Con un secondo motivo di impugnazione, poi, l'Amministrazione finanziaria deduceva l'omessa o insufficiente motivazione, in relazione a fatto controverso e decisivo per il giudizio, sia nella parte in cui la sentenza impugnata aveva omesso di rilevare che, anche in sede giudiziale, il contribuente aveva tentato di offrire qualche giustificazione solo con riferimento ad alcune delle movimentazioni contestate, e sia per avere la stessa sentenza omesso di vagliare adeguatamente l'inadeguatezza delle giustificazioni rese, come, in primo luogo, riguardo all'impiego della somma di € 42.000,00, asseritamente prelevata per il pagamento in nero di una parte del prezzo effettivamente corrisposto per l'acquisto di un immobile, rispetto a quello dichiarato di Euro 135.000,00.

La questione

Secondo la Suprema Corte il ricorso era fondato.

Evidenziano infatti i giudici di legittimità che la sentenza impugnata, nella parte in cui assumeva la necessità di operare un distinguo, ai fini dell'applicazione della presunzione legale di cui all'art. 32 del d.P.R. n. 600/1973 e 51 del d.P.R. n. 633/1972, tra le movimentazioni operate dal contribuente e quelle riconducibili alla sua convivente sul conto bancario a loro cointestato, si poneva in contrasto con la giurisprudenza di Cassazione, la quale ha avuto modo di precisare che detta disposizione (in tema di IVA, così come analogamente in tema di imposte dirette) «consente all'Amministrazione finanziaria di procedere alla rettifica della dichiarazione su basi presuntive utilizzando i dati relativi ai movimenti su tutti i conti correnti bancari intrattenuti del contribuente, anche se cointestati ad un terzo estraneo all'impresa, sicché non è sufficiente ad escludere l'operatività della presunzione legale il mero riferimento alla contitolarità del conto con il coniuge non impiegato nell'azienda ed alla commistione tra consumi familiari ed attività imprenditoriale, essendo necessaria la prova analitica dell'estraneità ai fatti imponibili degli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria» (cfr., Cass. sez. trib., 16 ottobre 2015, n. 20981).

Tale principio, sottolinea la Cassazione, riferito ad ipotesi di contitolarità del conto con il coniuge, era dunque certamente riferibile anche alla fattispecie in esame, nella quale era incontroverso in fatto che tra il contribuente e la convivente - per la quale ultima non era stato neppure dedotto che essa fosse titolare di una propria attività costituente fonte di reddito - cointestatari del conto sul quale erano state rilevate le principali movimentazioni, esistesse, nell'anno d'imposta al quale si riferiva l'accertamento, uno stabile legame affettivo di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale (si veda, ora l'art. 1, comma 36, della L. 20 maggio 2016, n. 76), al punto, peraltro, da acquistare un'unità immobiliare per la propria convivenza di fatto.

Le soluzioni giuridiche

La Corte evidenzia anche che, quanto all'ambito della presunzione legale relativa in esame, avuto riguardo a quanto stabilito dalla sentenza della Corte cost., 6 ottobre 2014, n. 228, in base alla quale la presunzione legale relativa per cui, in difetto di prova contraria del contribuente, sono considerate operazioni imponibili sia i prelevamenti che i versamenti effettuati su conti correnti bancari presuppone che il reddito da accertare sia reddito d'impresa, valendo altrimenti detta presunzione solo per i versamenti, osserva che non era nella specie oggetto di contestazione da parte del contribuente la qualificazione del reddito riferito all'accertamento per cui era causa come reddito d'impresa, essendo pertanto incontroversa tra le parti la natura di reddito d'impresa del reddito prodotto dal contribuente per l'annualità oggetto di accertamento.

E del resto, sotto il profilo probatorio, anche la valutazione delle prove offerte dal contribuente, ritenute dalla CTR idonee a superare la presunzione legale relativa di cui alle succitate disposizioni era inficiata da errore di diritto, non avendo i giudici di merito fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui «In tema di accertamento delle imposte sui redditi e dell'IVA, tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente, siano essi accrediti che addebiti, si presumono, ai sensi dell'art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, e dell'art. 51, secondo comma, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, riferiti all'attività economica del contribuente, i primi quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l'acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione, spettando all'interessato fornire la prova contraria che i singoli movimenti non si riferiscono ad operazioni imponibili» (cfr., Cass. sez. trib., 30 dicembre 2015, n. 26111).

In tali casi, quindi, rileva la Corte, la prova a carico del contribuente, volta a dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, non deve essere generica, ma analitica per ogni versamento bancario (cfr., anche Cass. sez. 5, 29 luglio 2016, n. 15857; Cass. sez. 5, 4 agosto 2010, n. 18081).

Osservazioni

Sulla necessità di una valutazione analitica delle movimentazioni bancarie da parte del giudice di merito la Corte si è più volte già espressa, ritenendo che, se è vero che devono essere indicati e dimostrati dal contribuente la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti, con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti e dei prelievi, è allora sicuramente anche vero che, a fronte dell'analiticità nella deduzione del mezzo di prova, o comunque delle allegazioni difensive da parte del contribuente, debba corrispondere una speculare analiticità, da parte del giudice, nell'esaminare quanto dedotto e documentato (cfr., Cass., Ordinanza n. 30786 del 28/11/2018, Cass., n. 15217 del 12/09/2012; Cass., n. 1418 del 22/01/2013; Cass., n. 6595 del 15/03/2013; Cass., n. 20668 del 01/10/2014).

L'accertamento bancario ha peraltro portata generale, riguardando la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell'attività svolta e dalla quale quei redditi provengano, né alla presunzione di legge può contrapporsi una mera affermazione di carattere generale, o considerazioni latamente equitative.

In via più generale, inoltre, giova anche ricordare come, in tali casi, nella ricostruzione del reddito, non si può peraltro neppure considerare l'incidenza percentualizzata dei costi corrispondenti alla ricostruzione dei ricavi (cfr., Cass., Ordinanza n. 432 del 14/01/2020).

Venendo infatti accertati sia prelevamenti che versamenti, il contribuente deve in questi casi provare che i prelevamenti corrispondano a pagamenti di acquisti registrati e quindi sottratti alla presunzione di ricavo, laddove solo in presenza esclusiva di prelevamenti si potrebbero considerare costi in via presuntiva, da cui desumere i maggiori ricavi.

La presunzione di riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili si correla, in sostanza, soprattutto nei casi di attività di impresa (come era anche quello in esame), ad una valutazione del legislatore di rilevante probabilità che il contribuente si avvalga del conto corrente bancario per effettuare rimesse e prelevamenti inerenti all'esercizio dell'attività imprenditoriale.

Il contribuente può comunque fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici (per la tesi più rigorosa, secondo cui il contribuente, nel fornire la prova contraria, non può invece ricorrere a presunzioni, vedi però Cass., 24 luglio 2012, n. 13035; Cass. 6 ottobre 2010, n. 20735; Cass. 5 dicembre 2007, n. 25365), da sottoporre, in ogni caso, ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell'ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie, o cumulative (cfr., Cass., 30 novembre 2011, n. 25502).