Venditore e acquirente: chi paga le spese straordinarie deliberate prima della vendita dell'immobile?
15 Dicembre 2020
Massima
In tema di riparto delle spese inerenti lavori straordinari, laddove, successivamente alla deliberazione straordinaria che abbia disposto l'esecuzione dei lavori, sia stata venduta un'unità immobiliare sita nel condominio, i costi dei lavori gravano su chi era proprietario dell'immobile compravenduto al momento dell'approvazione della delibera, la quale ha valore costitutivo della relativa obbligazione, anche se al momento della compravendita, il venditore non aveva assolto a tutti gli oneri relativi. Il caso
Gli attori/venditori di un immobile in Condominio assumevano che, contestualmente alla stipula della compravendita, era stata sottoscritta tra i contraenti una scrittura privata nella quale si conveniva che parte del prezzo di cui al rogito (costituita da due assegni circolari non trasferibili emessi in favore degli stessi) sarebbe rimasta in custodia del notaio a garanzia del mancato pagamento, da parte loro, di eventuali somme dovute al Condominio per effetto di delibere assembleari già adottate. In caso contrario, la somma doveva essere restituita agli stessi attori, ovvero posta nella disponibilità delle parti firmatarie della scrittura per regolare nuovamente i rapporti tra le stesse. Maturata la data della verifica gli attori lamentavano che né il Condominio, né l'acquirente (più volte sollecitati) avevano provveduto a risolvere la questione in via bonaria, ragione per cui - ribadito di non essere inadempienti nei confronti dell'ente condominiale - avevano agito in giudizio chiedendo di accertare, per quanto qui di specifico interesse, se ed in quale misura risultassero debitori verso il Condominio in dipendenza delle delibere antecedenti alla data del rogito, con conseguente assegnazione dell'intera somma depositata in garanzia, ovvero di quella risultante nel corso del giudizio. Si costituiva in giudizio il convenuto, il quale affermava che l'onere di provare che il Condominio non avesse diritto alla somma oggetto di custodia era a carico degli attori; contestava gli assunti di controparte e svolgeva domanda riconvenzionale per la restituzione di tutti gli eventuali ulteriori importi pagati ma spettanti a parte attrice. Il Condominio restava contumace. Il Tribunale accoglieva entrambe le domande compensando integralmente tra le parti le spese processuali.
La questione
Il thema decidendum, più volte affrontato dalla giurisprudenza, concerne l'individuazione del soggetto sul quale grava l'onere di pagare le spese condominiali, non versate dal condomino alienante nell'ipotesi in cui le stesse abbiano formato oggetto di delibera assembleare approvata prima della vendita dell'immobile. A tale questione, è collegata anche quella di determinare se l'onere della prova sia a carico del venditore oppure dell'acquirente. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale ha accolto la domanda attrice motivando la sua decisione con un semplice rinvio alla giurisprudenza costante della Corte di Cassazione che, da lungo tempo, ha identificato nel condomino alienante il soggetto deputato al pagamento di oneri condominiali di natura straordinaria quando i lavori siano stati approvati prima della vendita dell'immobile di riferimento. A lato della questione principale, il giudice di merito ha esaminato il tenore della scrittura privata intervenuta tra le parti, evidenziando come le stesse, nell'ambito della loro autonomia contrattuale, abbiano il potere di apporre al contratto una condizione, sospensiva o risolutiva, concordata nell'interesse di uno solo dei contraenti il quale può avvalersene o meno senza che rilevi in questo senso la volontà dell'altra parte. Osservazioni
La decisione in commento e che - come accennato - non si discosta dal consolidato orientamento giurisprudenziale, non può che essere letta, in via preventiva, alla luce del dettato normativo di cui all'art. 63, disp.att.c.c., il quale disciplina il principio di solidarietà nei confronti del Condominio, che caratterizza i rapporti tra acquirente e venditore per il pagamento degli oneri condominiali, siano essi ordinari che straordinari. La c.d. solidarietà passiva è tipica delle obbligazioni pecuniarie che, nel caso dei debiti di natura condominiale, garantisce che gli stessi siano onorati anche se l'immobile è stato oggetto di compravendita. Essa si differenzia dal concetto di solidarietà sociale in àmbito condominiale, poiché questo persegue una finalità di carattere pubblicistico come, ad esempio, accade nel caso dell'installazione in un immobile in Condominio dell'ascensore, finalizzata all'abbattimento delle barriere architettoniche. In questo caso la solidarietà sociale tutela un interesse generale a che gli edifici siano accessibili da condomini e terzi soggetti. Tornando al punto di nostro interesse, la norma che disciplina la riscossione dei contributi, nella nuova versione introdotta dalla l.n. 220/2012, nella parte finale prevede, da un lato, che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente e, dall'altro, che chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto. Questo, tuttavia, non scardina un fondamentale principio: in caso di insolvenza verso il Condominio il venditore non è passivamente legittimato nell'azione concernente la richiesta di decreto ingiuntivo per il recupero di contributi condominiali maturati prima della cessione e dal medesimo non pagati. Infatti, nel momento in cui viene reso noto lo status di condomino il destinatario dell'azione monitoria non può che essere l'acquirente il quale, peraltro, è l'unico soggetto legittimato a partecipare alle assemblee e ad impugnare le deliberazioni (Cass. civ., sez. II, 09 novembre 2019, n. 23686). Salvo diritto di rivalsa nei confronti del suo dante causa. Considerati i precedenti giurisprudenziali, il giudice campano non ha ritenuto di dover approfondire ulteriormente la questione, ma la decisione in esame offre uno spunto per richiamare l'attenzione su una recente pronuncia della Cassazione (Cass. civ., sez. VI, 10 settembre 2020, n. 18793) che, occupandosi di analoga fattispecie, ha aggiunto un ulteriore tassello a chiarimento di un quadro già sufficientemente definito. Dalla motivazione della richiamata decisione emerge, infatti, che il debito pregresso al contratto di compravendita e concernente interventi di manutenzione straordinaria per essere imputabile al dante causa richiede, non solo che la delibera relativa ai lavori straordinari sia stata da questi approvata, ma anche che sussistano altri elementi più specifici. Questi, peraltro, erano stati già individuati dalla stessa Corte in altra precedente pronuncia (Cass. civ., sez. II, 14 ottobre 2019, n. 25839) ove si affermava che assume valore costitutivo della relativa obbligazione di contribuzione in capo a ciascun condomino solo la deliberazione assembleare chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell'intervento. Ulteriore delucidazione sull'argomento è, quindi, venuta dalla Corte Suprema con la decisione del 2020, nella quale è stato precisato che la delibera assembleare deve, in ogni caso, determinare l'oggetto del contratto di appalto da stipulare con l'impresa prescelta; le opere da compiersi ed il prezzo dei lavori, senza la necessità di specificare tutti i particolari dell'opera. Questo non toglie che debbano essere fissati gli elementi costruttivi fondamentali, non avendo rilievo per l'insorgenza del debito di contribuzione l'esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria (Cass. civ., sez.II, 16 novembre 2017, n. 27235; Cass. civ.,sez. VI, 17 agosto 2017, n. 20136) anteriore alla vendita che non può produrre alcun effetto ai nostri fini in quanto meramente interlocutoria (Cass. civ., sez. II, 2 maggio 2013, n. 10235). Quanto fino ad ora osservato non viene inficiato nel caso in cui la delibera di approvazione dei lavori sia seguita, successivamente alla vendita, da altra deliberazione con la quale siano stati definiti gli stati di ripartizione delle relative spese condominiali di natura straordinaria. In questo caso, infatti, oggetto della seconda delibera non è altro che l'effettuazione di un'operazione matematica che non estingue il debito originario del cedente nato in sede di approvazione dei lavori condominiali, là dove il debito stesso diviene liquido ed esigibile. Così come non ha rilevanza il tempo in cui i lavori straordinari siano stati eseguiti e cioè se gli stessi debbano essere ancora completati dopo il rogito notarile. A questo punto, sembra lecito domandarsi se quanto affermato per i lavori di manutenzione straordinaria possa valere anche per gli atti di ordinaria amministrazione che sono finalizzati alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell'edificio o alla prestazione di servizi nell'interesse comune, tutte attività che rientrano nell'àmbito dei poteri dell'amministratore (art. 1130, n. 3, c.c.). E' stato affermato che l'obbligazione al pagamento di questo tipo di oneri nasce ex lege e nel momento in cui l'attività di gestione viene effettivamente compiuta dall'amministratore, il quale agisce in nome di un interesse collettivo. Si tratta di spese che, di norma, sono oggetto del preventivo annuale di spesa approvato dall'assemblea che, per questo aspetto, rappresenta una sorta di convalida della congruità della spesa che il condominio prevede di dovere sostenere e non assume - come nell'ipotesi di cui ci stiamo occupando – il valore costitutivo dell'obbligo, quanto piuttosto dichiarativo. Per completezza di esposizione ed a corollario di quanto a momenti rilevato, va osservato che la decisione del Tribunale di Salerno si è occupata anche di un aspetto secondario rispetto al tema qui trattato, ovvero il contenuto della scrittura privata intercorsa tra i contraenti e sul cui valore, in linea con la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. II, 17 novembre 2017, n. 27320), ha affermato che, nell'ambito dell'autonomia privata, le parti possono inserire nel contratto una condizione sospensiva o risolutiva che resta convenuta nell'interesse esclusivo di uno solo dei contraenti il quale, discrezionalmente, se ne può avvalere come vi può rinunciare senza che l'altro contraente possa influire su tale volontà. Alla luce di quanto rilevato, è stato ritenuto che dal tenore letterale della scrittura de qua, risultava che erano gli attori/alienanti che dovevano dimostrare, in modo incontrovertibile, che il Condominio nulla aveva da pretendere dagli stessi, neppure parzialmente, a titolo di oneri condominiali con la conseguenza che la condizione apposta non poteva che essere meramente potestativa, in quanto dipendente esclusivamente dalla volontà di una sola delle parti, la quale doveva dimostrare l'avveramento o meno della condizione stessa. Cortesi, Venditore ed acquirente dell'unità immobiliare: i presupposti della responsabilità solidale, in Immobili & proprietà, 2017, 433; Del Chicca, Ripartizione degli oneri condominiali tra venditore ed acquirente, in Arch. loc. e cond., 2016, 255; Valenti, Note in tema di ripartizione delle spese tra alienante ed acquirente di un immobile condominiale, in Nuova giur. civ. comm., 2011, I, 398; Mercone, I rapporti tra venditore ed acquirente in ordine alle controversie condominiali insorte prima della vendita dell'immobile, in Arch. loc. e cond., 2004, 543 |