ICI e diritti edificatori: non è tassabile il terreno inserito in un programma di compensazione urbanistica
16 Dicembre 2020
Massima
In tema di ICI-IMU, un'area, prima edificabile e poi assoggettata a vincolo di inedificabilità assoluta, non è da considerare edificabile ai fini ICI - e, quindi, tassabile - ove inserita in un programma attributivo di un diritto edificatorio compensativo, esercitabile in altra area, dal momento che quest'ultimo non ha natura reale, non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso. (Fattispecie relativa a terreno inserito in programma di compensazione urbanistica pendente nella fase del “volo”, non essendo stata adottata dal Comune ed assegnata al proprietario la area di “atterraggio” sulla quale poter trasferire l'edificabilità già cessata sull'area di “decollo”). Il caso
Il giudizio trae origine dal ricorso alla C.T.P. di Roma proposto da una società di costruzioni - proprietaria di un terreno sito nel comprensorio di “Tor Marancia” (Comune di Roma), già edificabile e poi inserito in programma di c.d. compensazione urbanistica, con individuazione di altra area (cd. “di atterraggio” o “di arrivo”) ove poter edificare in compensazione di quella sottratta - avverso avviso di accertamento notificatole nel 2011, con il quale veniva accertata una maggiore imposta ICI relativa all'anno 2005, oltre sanzioni ed interessi. La contribuente - vittoriosa in primo grado - escludeva la debenza del tributo reale in quanto la proprietà riguardava un'area (cd. di “decollo” o di “partenza”) già utilizzabile a scopi edificatori ma poi divenuta inedificabile in quanto inclusa nel Parco Regionale dell'Appia Antica in forza dell'ampliamento perimetrale disposto con L.R. Lazio n. 14/2002; quanto all'“area di arrivo”, edificabile, assumeva che sarebbe potuta assoggettarsi ad ICI solo nell'ipotesi di acquisto della proprietà da parte di essa società.
Interposto appello dall'ente impositore, la C.T.R. del Lazio lo accoglieva: pur riconoscendo che l'area in questione era stata inserita nel perimetro dell'Appia Antica, con imposizione di vincolo di inedificabilità assoluta, per i giudici regionali doveva comunque assoggettarsi ad ICI come area fabbricabile ex artt. 1 e 2 D.Lgs n. 504/1992, perché era stata fatta oggetto di accordo di compensazione urbanistica ai sensi del PRG, in forza del quale l'edificabilità dell'area di “decollo” poteva essere esercitata su altro terreno nell'ambito delle già individuate aree di assegnazione (c.d. di “atterraggio”), con conseguente sua tassazione ICI secondo il criterio del valore venale.
Avverso detta decisione, la società interponeva ricorso per cassazione, denunciando l'assenza del presupposto oggettivo dell'ICI, per mancanza di possesso di area fabbricabile, e l'irrilevanza a fini impositivi dell'istituto della “compensazione urbanistica” introdotto nel 2003 nel PRG del Comune di Roma, trattandosi di capacità edificatorie non ancora attribuite: la mera promessa di assegnazione di un'area edificabile in compensazione di quella sottratta - assumeva - non conferisce alcun diritto al privato, sicché essa ricorrente non era titolare di alcuna area chiaramente individuata sulla quale poter esercitare il (promesso) diritto edificatorio.
Le Sezioni Unite civili della Cassazione, investite su questione di massima di particolare importanza (attesa la novità della questione), in applicazione del principio di diritto sopra massimato, ritenendo sussistenti i presupposti per la decisione nel merito, hanno accolto l'originario ricorso della contribuente ex art. 384 c.p.c. ed hanno annullato l'atto impositivo. La questione
La decisione in commento affronta per la prima volta in assoluto il tema della (non) tassabilità ai fini ICI (ora IMU) di un'area (prima edificabile e poi) inserita nell'ambito di programma di c.d. compensazione urbanistica previsto dal PRG. Tale strumento genera diritti edificatori in funzione indennitaria o corrispettiva di un'edificabilità soppressa: onde ristorare il privato delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'apposizione di un vincolo di inedificabilità assoluta (che normalmente giustifica l'indennità di esproprio), il Comune attribuisce al proprietario dell'area di origine (cd. “di decollo”) una volumetria equivalente fruibile in altra area (cd. “di atterraggio”), all'esito di un complesso procedimento che può durare anche molti anni (cd. fase del “volo”).
Per risolvere il problema delle ricadute impositive a fini ICI - nelle more di questa fase intermedia (come nella vicenda di specie) o, più in generale, in tutte le fasi di vita dei diritti edificatori (“decollo”, “volo” ed “atterraggio” secondo la metafora “aviatoria” utilizzata dagli urbanisti) - occorre approfondire l'esistenza del presupposto della potenzialità edificatoria dei fondi inseriti nell'ambito di tali programmi urbanistici, con la consapevolezza che un'interpretazione eccessivamente elastica del requisito impositivo potrebbe condurre ad un'arbitraria estensione della nozione di “area fabbricabile” di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 504/1992, non rispettosa delle nuove tecniche di pianificazione territoriale, sempre più tendenti a realizzarsi secondo schemi - variamente previsti dalla legislazione urbanistica regionale e dagli strumenti attuativi - anche molto diversi tra loro, per genesi e funzione (interventi di tipo compensativo, perequativo o premiale).
A monte della specifica questione impositiva (che, peraltro, potrebbe investire anche altri tributi: quali il registro, l'IVA od altro), si staglia il complesso problema della natura giuridica dei dirittiedificatori:sintagma che identifica un insieme indistinto di posizioni giuridiche qualificate di non facile inquadramento unitario, attesa la diversa matrice che possono avere le capacità volumetriche (di stampo compensativo, perequativo o premiale) e la mancanza di una disciplina (statale) di riferimento. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte, nella sua più autorevole composizione, esclude che un'area, prima edificabile e poi assoggettata ad un vincolo di inedificabilità assoluta (nella specie: imposto per legge regionale), possa essere considerata edificabile ai fini ICI ove inserita in un programma di compensazione urbanistica (detto anche di “perequazione compensativa”), dal momento che quest'ultimo non ha natura reale, non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso. All'esito di un ampio approfondimento motivazionale, il Collegio esteso si focalizza su questa species di intervento urbanistico, di cui tratteggia i profili discretivi rispetto ai contigui strumenti perequativo (propriamente detto) e premiale; quindi ne isola la funzione specificamente svolta corrispettivo-indennitaria in adempimento di un rapporto sinallagmatico in senso lato, avente ad oggetto un terreno urbanisticamente non edificabile, ristorato con l'assegnazione al proprietario di un quid volumetrico da spendere - come fosse “moneta” - su altra area di proprietà pubblica o privata, non necessariamente contigua e anche di successiva individuazione. Attraverso questo strumento - rammenta il plenum di legittimità - la P.A. attribuisce al privato un indice di capacità edificatoria (credito edilizio o volumetrico), a fronte della cessione gratuita dell'area oggetto di trasformazione pubblica, ovvero di imposizione su di essa di un vincolo assoluto di inedificabilità o preordinato all'esproprio. Per la Corte regolatrice, nel caso del diritto edificatorio di origine compensativa, particolarmente evidente è la progressività dell'iter perfezionativo della fattispecie, dal momento che quest'ultima - seguendo la metafora aeronautica - si articola nelle tre fasi (o aree):
Venendo allo specifico quesito impositivo, a fronte della riconosciuta realità dell'ICI (artt. 1, 2 e 3 D.Lgs. n. 504/1992), per il vertice allargato di legittimità il richiesto sostrato realefa certamente difetto nel caso dei diritti edificatori di stampo compensativo, siccome caratterizzati dal loro totale distacco dal fondo di origine e dalla conseguente perfetta ed autonoma ambulatorietà, a nulla rilevando il loro inserimento nell'art. 2643, n. 2-bis, c.c. nel regime generale di trascrivibilità degli atti: la novell li ha solamente declamati, senza averli riempiti sostanza “reale”. Per gli “Ermellini” evidente è la distanza dei diritti compensativi in esame dai diritti reali “tipici” che più potrebbero ad essi teoricamente avvicinarsi:
Né il richiesto sostrato reale può essere recuperato - concludono i Supremi giudici - ascrivendo i diritti compensativi alla figura, peraltro di incerta natura dogmatica e di inesistente descrizione normativa, dell'obbligazione propter rem: quest'ultima, infatti, costituisce pur sempre un vincolo debitorio per il proprietario il quale nel caso del diritto edificatorio è, all'esatto contrario, non debitore ma creditore verso l'amministrazione comunale che gli ha promesso l'edificazione compensativa in altra parte.
Osservazioni
La sentenza in commento è la prima edita in materia di cd. compensazione urbanistica, ovvero di diritti edificatori generati da tale specifico strumento: la rassegnata soluzione non impositiva - condivisibile, attesa anche la specifica vicenda di specie (riguardante un terreno reso inedificabile ex lege) - non si sbilancia verso una soluzione ricostruttiva unitaria, invero assai ardua, riguardante il variegato genus dei diritti edificatori. La stessa dottrina è profondamente divisa sulla natura giuridica di tali diritti (chance, interesse legittimo, diritto obbligatorio, diritto reale, bene autonomo), con posizioni assai diverse a seconda degli approcci (civilistici, notarili o amministrativisti) e talora diversificate anche all'interno di ciascuna teoria. Per ora il Collegio allargato ha escluso, rispetto ai (soli) diritti di stampo compensativo, il loro carattere di realità: un esito (ritenuto) bastevole per la specifica questione impositiva che veniva in rilievo in sede di legittimità, essendo l'ICI imposta a natura reale. Si tratta di un'indicazione parziale ma autorevole, che offre una prima risposta soprattutto al mondo notarile per il quale - non solo a fini squisitamente fiscali ma stipulatori in genere - non è indifferente sapere se un contratto ha ad oggetto un diritto reale (soluzione, oggi, esclusa dal Supremo consesso), un diritto obbligatorio, un interesse legittimo, una chance o un bene autonomo. |