Nessuna detrazione IVA all'importatore se i beni restano di proprietà di terzi
21 Dicembre 2020
Massima
L'art. 168, lettera e) della sesta Direttiva IVA (Direttiva 2006/112) deve essere interpretato nel senso di negare il diritto alla detrazione IVA ad un importatore quando questi non dispone di un diritto di proprietà sulle merci e quando il valore dei beni importati non concorre alla formazione della base imponibile dei servizi resi dall'importatore.
Il caso
La Weindel Logistik Service SR è una società residente in Slovacchia che presta servizi di ricondizionamento. Nell'anno d'imposta 2008 ha importato, nel territorio di residenza, beni provenienti da Hong Kong e dalla Svizzera ai fini del ricondizionamento. Successivamente i beni sono stati esportati e ceduti, dal territorio della Repubblica slovacca verso un paese terzo, e i servizi di ricondizionamento sono stati fatturati al committente. I beni sono rimasti per l'intero periodo nella proprietà del committente straniero, nel caso di specie una società svizzera. La Windel, in qualità di soggetto passivo che ha immesso i beni in “libera pratica”, è diventata debitrice dell'imposta; la società ha quindi corrisposto l'imposta ed esercitato il diritto di detrazione. L'Amministrazione fiscale slovacca ha negato alla Windel il diritto di detrarre l'IVA in quanto le merci importate non erano di proprietà della società né le spese di acquisto di detti beni avevano un nesso diretto con l'attività dell'importatrice, richiamando a sostegno della propria posizione le conclusioni dell'incontro 94 del «Comitato IVA» del 19 ottobre 2011. Nel corso della controversia promossa dalla Windel per ottenere il riconoscimento del diritto di detrazione dell'IVA assolta sull'importazione, è stata sollevata domanda di pronuncia pregiudiziale dell'art. 168, lettera e), della sesta Direttiva Iva, in relazione alle seguenti questioni:
La questione
Con la pronuncia in commento la Corte di Giustizia ha circoscritto in maniera puntuale i presupposti in presenza dei quali un importatore può esercitare il diritto di detrazione rispetto ai beni importati, operando una netta separazione tra l'imposta assolta con l'importazione dei beni e quella ammessa in detrazione. Secondo la costante giurisprudenza della Corte UE, il diritto di detrazione presuppone l'esistenza di un legame diretto e immediato tra una determinata operazione a monte e una o più operazioni a valle, in ragione delle quali tali diritto è esercitato. Nella vicenda esaminata i Giudici comunitari hanno condotto la verifica dell'esistenza di detto collegamento valorizzando il dato formale rappresentato dal costo del bene, che deve essere sostenuto dall'importatore o, altrimenti, ricompreso nel prezzo dei servizi forniti. La soluzione giuridica
La Corte di Giustizia ha negato alla società la possibilità di detrarre l'Iva assolta con l'importazione dei beni sottoposti a ricondizionamento, argomentando che Weindel agiva solo in qualità di prestatore di servizi, senza aver acquistato le merci importate né sopportato il costo dell'importazione, il ché porta ad escludere l'esistenza di un collegamento diretto tra il pagamento dell'imposta in ragione dell'importazione e il prezzo dei servizi forniti da Weindel. I Giudici comunitari hanno ritenuto irrilevante che le merci importate sono state utilizzate dalla società per fornire i servizi, di ricondizionamento, in cui si sostanzia la propria attività d'impresa, e che senza l'importazione dei beni la ricorrente non avrebbe fornito la prestazione di servizi imponibile ai fini Iva. A supporto di tale conclusione la Corte UE ha richiamato i propri precedenti in tema di servizi di trasporto, allorquando “il valore delle merci trasportate non fa parte dei costi che costituiscono i prezzi fatturati da un vettore la cui attività è limitata al trasporto di tali merci dietro compenso” la Corte ha escluso il diritto delle persone che importano le merci senza esserne proprietari “di beneficiare del diritto alla detrazione dell'IVA, a meno che non siano in grado di stabilire che il costo di importazione è incorporato nel prezzo di particolari operazioni a valle o nel prezzo delle merci o servizi forniti dal soggetto passivo nel corso della sua attività economica”. Osservazioni
Nel giudizio in commento la Corte UE ha fornito una interpretazione estremamente restrittiva dell'articolo 168 della sesta Direttiva che, invero, non trova riscontro nel dato normativo. La disposizione anzidetta, invero, riconosce il diritto del soggetto passivo di detrarre dall'importo dell'imposta di cui è debitore l'Iva dovuta o assolta per i beni importati in tale Stato membro “Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta”; mentre il successivo art. 201 dispone che “All'importazione l'Iva è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d'importazione”.
Rispetto agli adempimenti doganali, il “Codice doganale dell'Unione” (Regolamento UE n. 952/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013) stabilisce che “Un'obbligazione doganale all'importazione sorge in seguito al vincolo di merci non unionali soggette a dazi all'importazione a uno dei regimi doganali seguenti: a) immissione in libera pratica”; mentre il momento impositivo, i.e. l'obbligazione doganale, sorge al momento dell'accettazione della dichiarazione in dogana. Infine, sempre secondo il Codice doganale, “la dichiarazione in dogana può essere presentata da qualsiasi persona che sia in grado di fornire tutte le informazioni richieste per l'applicazione delle disposizioni che disciplinano il regime doganale per il quale sono dichiarate le merci”.
Le disposizioni nazionali, in linea con la previsioni unionali, stabiliscono “Per la determinazione dell'imposta dovuta a norma del primo comma dell'articolo 17 o dell'eccedenza di cui al secondo comma dell'articolo 30, è detraibile dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione” (art. 19, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). Alla luce dei principi Iva, come sviluppati nelle previsioni sopra richiamate, è certamente da escludere ogni sorta di automatismo tra Iva assolta all'importazione e diritto alla detrazione. Cionondimeno, nella misura in cui i beni importati sono utilizzati dall'importatore stesso per il compimento di operazioni imponibili pare irragionevole escludere il diritto alla detrazione, in ragione del fatto che i beni restano di proprietà di soggetti terzi. Sul punto appare, invece, necessaria una attenta ricognizione di come le attività di importazione, ed i relativi costi, incidono sul valore della prestazione fornita dall'importatore, anche se non sempre tali costi trovano autonoma valorizzazione. In argomento si segnala, infine, la posizione dell'Agenzia delle Entrate che nella risposta ad interpello n. 6/2019 ha riconosciuto il diritto di un importatore in proprio, che non acquistava la proprietà dei beni importati, a detrarre l'Iva assolta sulle predette importazioni, in considerazione del fatto che i beni erano indispensabili all'attività svolta dalla società e nel presupposto che, fisiologicamente, le spese relative alla predetta importazione influenzavano il prezzo delle prestazioni di servizi della società interpellante. |