Le insegne commerciali e l'imposta comunale sulla pubblicità

08 Gennaio 2021

Ai fini tributari la sede dell'impresa si identifica attraverso i criteri civilistici di natura formale e sostanziale con la conseguenza che, con riferimento all'imposta comunale sulla pubblicità, le c.d. insegne di esercizio devono essere considerate insegne pubblicitarie qualora le stesse svolgano una funzione di pubblicizzazione.
Massima

Ai fini tributari la sede dell'impresa si identifica attraverso i criteri civilistici di natura formale e sostanziale con la conseguenza che, con riferimento all'imposta comunale sulla pubblicità, le c.d. insegne di esercizio devono essere considerate insegne pubblicitarie qualora le stesse svolgano una funzione di pubblicizzazione.

Il caso

Il caso sottoposto alla Commissione Tributaria provinciale di Udine riguarda il ricorso presentato da una società, nello specifico una S.r.l., contro l'avviso di accertamento emesso dal concessionario di riscossione del Comune di San Giorgio di Nagaro per l'annualità 2019, relativo all'imposta comunale sulla pubblicità.

La società avrebbe omesso di versare tale imposta, trasgredendo le disposizioni di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507.

Quest'ultima, nel ricorso presentato, affermava la sussistenza dell'esenzione prevista dall'art. 17, c. 1-bis, D.Lgs. n. 507/93, che gli asseriti mezzi pubblicitari, di dimensione inferiore ai 5 mq, coincidono con il luogo di esercizio dell'attività d'impresa e infine che nell'avviso di accertamento non si evince la data in cui è avvenuta la rilevazione. Secondo la società quindi i mezzi pubblicitari utilizzati sono esenti da imposte ai sensi dell'art. 10 L. 28 dicembre 2001, n. 448 e dell'art. 2-bis, c. 1, L. 24 aprile 2002, n. 75.

In sede di controdeduzioni il concessionario evidenzia che l'art. 17, c. 1-bis, D.Lgs. n. 507/93 ha natura eccezionale e quindi opera solamente, in ossequio al principio di tassatività, nei casi previsti dal legislatore; secondariamente, con riferimento alle insegne di esercizio queste sarebbero dei mezzi pubblicitari in quanto reclamizzerebbero i prodotti della società.

Tale ultima tesi troverebbe avallo dalla Risoluzione n. 2/DPF del 06.03.03, secondo cui le scritte relative al marchio del prodotto tali non possono essere considerati insegne di esercizio se contenute in un diverso mezzo pubblicitario; le predette insegne devono poi essere installate presso la sede legale della società, ovvero nel luogo si svolge in via principale l'attività d'impresa secondo criteri formali e sostanziali.

Di fatto quindi le cabine costituiscono un nuovo ed autonomo canale di distribuzione, nonché - nello specifico la macchina fotografica posta all'interno della cabina - un mezzo che consente al soggetto di usufruire di un servizio.

Infine a nulla interessa il limite dei 5 mq, venendo in rilievo solamente in presenza di una sede d'impresa e della sua insegna.

La questione

Nel caso de quo la questione oggetto della pronuncia in analisi, riassunta in precedenza per sommi capi, concerne la corretta qualificazione di un'insegna - di esercizio o di pubblicità - ai fini dell'applicazione della disciplina relativa all'imposta sulla pubblicità comunale.

Sul punto, la casistica e le pronunce delle varie Commissioni tributarie sono particolarmente significative.

Per un immediato inquadramento della tematica, l'imposta comunale sulla pubblicità concerne la diffusione di messaggi pubblicitari, mediante forme di comunicazione siano esse visive o acustiche, in luoghi pubblici o aperti al pubblico. L'oggetto di tale imposta è il mezzo utilizzato per diffondere il messaggio pubblicitario.

Il legislatore, dopo aver disciplinato gli elementi essenziali dell'imposta, ha previsto che questa sia riscossa dai comuni, lasciando la più ampia discrezionalità circa le modalità di applicazione e determinazione delle tariffe imponibili.

In tale discrezionalità rientra anche la possibilità, per i comuni, di non applicare tale tassa, sottoponendo le iniziative pubblicitarie a un'autorizzazione preventiva e assoggettandole al pagamento di un canone per l'installazione di mezzi pubblicitari. Tale canone non è tuttavia dovuto per le insegne di esercizio delle attività commerciali e produttive che contraddistinguono la sede di svolgimento dell'attività cui si riferiscono, per la superficie complessiva fino a 5 metri quadrati.

Si evince quindi come il legislatore nazionale abbia, di fatto, lasciato carta bianca ai singoli comuni in tutto ciò che concerne la determinazione, riscossione di tale imposta di fatto ingenerando un sistema non omogeneo e non coerente dal punto di vista della c.d. unità fiscale.

Per quanto attiene ai destinatari, l'imposta sulla pubblicità si applica a tutti coloro che diffondono messaggi pubblicitari, mediante forme di comunicazione diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico. È quindi tenuto al pagamento dell'imposta sulla pubblicità colui che dispone a qualsiasi titolo del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso, ed è poi solidalmente obbligato al pagamento dell'imposta il soggetto che produce o vende la merce o fornisce i servizi oggetto della pubblicità (G. Natalucci, TOSAP, in Iltributario, 10.09.2015).

Si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell'esercizio di una attività economica che si prefiggono il fine di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero di migliorare l'immagine del prodotto.

Per quanto attiene ai criteri di determinazione, ferma restando l'autonomia del singolo comune circa il valore economico da attribuire, l'imposta si determina in base alla superficie della figura nella quale è circoscritto il mezzo pubblicitario, indipendentemente dal numero dei messaggi in esso contenuti. Le superfici inferiori a un metro quadrato si arrotondano per eccesso al metro quadrato e le frazioni di esso, oltre il primo, a mezzo metro quadrato; non si applica l'imposta per superfici inferiori a trecento centimetri quadrati (Cass. civ., sez. VI, 03.03.20, n.5930).

Per i mezzi pubblicitari c.d. multifunzionali l'imposta è calcolata in base alla superficie complessiva, risultante dallo sviluppo del minimo solido geometrico in cui può essere circoscritto il mezzo stesso.

Come in precedenza evidenziato la normativa di riferimento, ed in particolare dall'art. 17, c. 1-bis, D.Lgs. 507/93, prevede delle specifiche ipotesi i cui tale tassa non si applica.

Sono quindi esenti dall'imposta:

  • la pubblicità realizzata all'interno dei locali adibiti alla vendita di beni o alla prestazione di servizi quando si riferisca all'attività negli stessi esercitata, nonché i mezzi pubblicitari, ad eccezione delle insegne, esposti nelle vetrine e sulle porte di ingresso dei locali medesimi purché siano attinenti all'attività in essi esercitata e non superino, nel loro insieme, la superficie complessiva di mezzo metro quadrato per ciascuna vetrina o ingresso;
  • gli avvisi al pubblico esposti nelle vetrine o sulle porte di ingresso dei locali, o in mancanza nelle immediate adiacenze del punto di vendita, relativi all'attività svolta, nonché̀ quelli riguardanti la localizzazione e l'utilizzazione dei servizi di pubblica utilità, che non superino la superficie di mezzo metro quadrato e quelli riguardanti la locazione o la compravendita degli immobili sui quali sono affissi, di superficie non superiore ad un quarto di metro quadrato;
  • la pubblicità comunque effettuata all'interno, sulle facciate esterne o sulle recinzioni dei locali di pubblico spettacolo qualora si riferisca alle rappresentazioni in programmazione;
  • la pubblicità, escluse le insegne, relative ai giornali ed alle pubblicazioni periodiche, se esposta sulle sole facciate esterne delle edicole o nelle vetrine di ingresso dei negozi ove si effettua la vendita;
  • la pubblicità esposta all'interno delle stazioni dei servizi di trasporto pubblico di ogni genere inerente l'attività esercitata dall'impresa di trasporto, nonché le tabelle esposte all'esterno delle stazioni stesse o lungo l'itinerario di viaggio, per la parte in cui contengono informazioni relative alle modalità di effettuazione del servizio;
  • la pubblicità esposta all'interno delle vetture ferroviarie, degli aerei e delle navi, ad eccezione dei battelli di cui all'art. 13;
  • la pubblicità comunque effettuata in via esclusiva dallo Stato e dagli enti pubblici territoriali;
  • le insegne, le targhe e simili apposte per l'individuazione delle sedi di comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non persegua scopo di lucro;
  • le insegne, le targhe e simili la cui esposizione sia obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento sempre che le dimensioni del mezzo usato, qualora non espressamente stabilite, non superino il mezzo metro quadrato di superficie;
  • l'imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni e servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a cinque metri quadrati.

La soluzione giuridica

Basandosi sull'analisi del testo normativo - il D.Lgs. 507/93 -, emerge come il soggetto che esercita l'attività di impresa debba provvedere al pagamento dell'imposta comunale sulla pubblicità, qualora esponga delle insegne pubblicitarie.

Come in precedenza esposto sono tuttavia previste delle eccezioni, specificamente tassativizzate dal legislatore, in presenza delle quali tale imposta non è dovuta.

Un caso è quello previsto dall' 17, c. 1-bis per il quale l'imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati. I comuni, con regolamento adottato ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, possono tuttavia prevedere l'esenzione dal pagamento dell'imposta per le insegne di esercizio anche di superficie complessiva superiore al limite di cui al periodo precedente.

Mutuando la definizione di insegna di esercizio dall'art. 2-bis, cc.1 e 6, L. 24/02, si evince che debba intendersi come tale la scritta alfanumerica, eventualmente corredata con simboli, installata nella sede dell'attività o nella pertinenza di questa in cui fine è quello di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell'attività economica.

Ed in tal senso si evince subito la differenza con l'insegna pubblicitaria.

Mentre la prima, l'insegna di esercizio, svolge la funzione di notiziare i terzi circa il luogo in cui si svolge l'attività d'impresa di fatto quindi assolvendo dei meri fini informativi, la seconda, l'insegna pubblicitaria, ha l'obbiettivo finale di promuovere, reclamare ed - appunto - pubblicizzare i prodotti immessi sul mercato dalla società. Evidenziato il diverso fine si evince la ratio che ha spinto il legislatore a prevedere delle eccezioni, date appunto dalle insegne di esercizio non soggette a tassazione.

Al fine di individuare poi con precisione la sede dell'impresa occorre mutuare i criteri, formali e sostanziali, dal diritto civile.

Di conseguenza, nel caso de quo, pur essendo presenti all'interno delle cabine beni strumentali all'esercizio dell'attività d'impresa, non è possibile qualificare le insegne come insegne di esercizio data la loro funzione ultima e assorbente di pubblicità e l'impossibilità di effettuare una distinzione con riferimento al concorso tra funzione pubblicitaria e di esercizio.

La Commissione Tributaria, sulla base della giurisprudenza di legittimità e sulle controdeduzioni fornite dal concessionario, ha ritenuto di respingere il ricorso compensando le spese.

Osservazioni

La sentenza oggetto del presente commento mutua dei principi cardine, già trattati dalla giurisprudenza di legittimità.

Con particolare riferimento alle insegne pubblicitarie e alle ipotesi di esenzione dall'imposta, la Corte di Cassazione ha già da diversi anni ritenuto che: «Nel caso di specie, deve essere esclusa l'applicabilità della norma in esame in quanto la cabina fotografica automatica (assimilabile a distributore automatico di cibi e bevande), sulla quale erano posti i pannelli pubblicitari, non può essere identificata come sede dell'Impresa, essendo la ricorrente una Società di capitali, e pertanto per sede effettiva deve intendersi il luogo in cui hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'Ente ed ove operano i suoi organi amministrativi o i suoi dipendenti.

Evidenziato, inoltre, che il concetto civilistico di sede, nel caso in esame, deve essere coordinato con la norma fiscale della cui applicazione si controverte in questa sede, in quanto il D.Lgs. n. 507/1993, art. 17, comma 1-bis, prevede, per quanto qui rileva, che "l'imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a cinque metri quadrati", ed escluso - ciò risultando d'intuitiva evidenza che il distributore automatico di cibi o bevande o altri servizi (come le cabine fotografiche automatiche di cui si discute) possa ricondursi al concetto tanto di sede legale quanto di quella effettiva di esercizio dell'attività sociale” (Cass. civ., sez. VI, 09.12.19, n. 32086)».

La Corte ha quindi ritenuto che per individuare la sede principale dell'impresa e conseguentemente applicare l'esenzione di cui all'art. 17, c. 1-bis, D.Lgs. 507/93, è necessario utilizzare i criteri civilisti sostanziali e formali che trovano applicazione anche in ambito tributario, consentendo una certa ed univoca individuazione del luogo in cui si esplica l'attività della società.

I giudici di legittimità poi hanno avuto più volte modo di affermare che l'esenzione prevista dal D.Lgs. n. 507/93, art. 17, c.1-bis, per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni e servizi, che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attività cui si riferiscono, non trova applicazione per i pannelli apposti su distributori automatici i quali non possono considerarsi né sede legale, né sede effettiva di svolgimento dell'attività commerciale e neppure pertinenze delle stesse, in ragione della loro ampia diffusione territoriale che impedisce, a monte, la stessa configurabilità di un rapporto durevole di servizio del singolo distributore alla sede sociale. (Cass. civ., sez. trib., 20.03.19, n. 7778). In detta recentissima decisione, che si riferisce alla fattispecie in tema di cabine per fototessera o postazioni di distribuzione di cibi e bevande e in cui era parte l'odierna resistente, la Cassazione ha rilevato, con riferimento alla nozione di "insegna di esercizio", che, queste ultime, "per rilevare ai fini dell'esenzione dell'imposta pubblicitaria, devono in primo luogo essere destinate a contraddistinguere la sede ove si svolge l'attività cui si riferiscono, oltre a dover avere una superficie non superiore a cinque metri quadri." E richiamati i presupposti applicativi dell'imposta - sopra esplicitati - riteneva che le insegne ubicate in luoghi diversi dalla sede erano soggette all'imposta" (Cass. civ., sez. V, 11.05.12, n. 7348).

Rilevava ancora che "nella fattispecie in esame", in cui pacificamente si discorreva di pannelli apposti su distributori automatici (cabine per foto tessera, stampa digitale, ecc. ovvero distributori di generi di ristoro), ai fini della corretta applicazione dell'esenzione ai sensi della norma invocata dal ricorrente, occorreva in primo luogo stabilire se le postazioni di distribuzione automatica potessero essere configurate quali "sedi" di svolgimento dell'attività commerciale. In tal senso si rifaceva al precedente, che, in un analogo caso, aveva escluso la riconducibilità dei distributori automatici al concetto di "sede" (Cass. civ., sez. V, 30.12.14, n. 27497).

Da ultimo, correttamente, l'indicata decisione, evidenziava che l'ulteriore rilievo, decisivo al fine di escludere che al punto automatico di esercizio dell'attività possa attribuirsi la qualificazione di "sede", sta nel fatto che tale concetto viene a costituire nella fattispecie in esame il presupposto per l'applicazione di una norma, quale il D.Lgs. n. 507/93, menzionato art. 17, c. l-bis, che prevede un'esenzione fiscale, come tale da ritenersi di stretta interpretazione (Cass. civ., sez. V, 30.12.14, n. 27497).

In definitiva quindi oltre alla corretta individuazione della sede effettiva in cui si esplica l'attività d'impresa occorre verificare il fine, nel singolo caso concreto, delle insegne in modo da stabilire quando si possa parlare di insegne di esercizio - non soggette a tassazione - ed insegne pubblicitarie invece destinatarie della tassa comunale sulla pubblicità.

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