Rimessione in termini a seguito dell’overruling delle Sezioni Unite sui rapporti tra mediazione obbligatoria ed opposizione a decreto ingiuntivo
07 Gennaio 2021
Massima
L'intervento delle Sezioni Unite che ha portato all'individuazione dell'opposto come parte onerata del tentativo di mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo afferenti le materie di cui al dell'art. 5 comma 1-bis d.lgs. 28/2010 (Cass. civ., sez. un., n. 19596/2020) integra gli estremi dell'overruling giurisprudenziale, come tale legittimante la rimessione in termini dell'opposto che, prima dell'intervento della predetta sentenza, non abbia dato corso al tentativo di mediazione confidando nel fatto che l'onere gravasse sull'opponente.
Fonte: ilprocessocivile.it Il caso
In un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto una materia ricompresa nel campo di applicazione dell'art. 5 comma 1-bis d.lgs. 28/2010, il giudice, una volta deciso sulle richieste in tema di provvisoria esecuzione, concedeva termine per l'esperimento del tentativo di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda. Successivamente all'adozione del predetto provvedimento, intervenivano le Sezioni Unite della Corte di cassazione a chiarire, in contrasto con la giurisprudenza fino a quel momento dominante, che incombe sull'opposto l'onere di condurre il tentativo di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. L'opposto – che non si attivava per il tentativo di mediazione, confidando nel fatto che l'onere gravasse sull'opponente – chiedeva, quindi, di essere rimesso in termini ai fini del relativo incombente. La richiesta era accolta dal giudice, che riteneva di poter rinvenire in Cass. civ., sez. un., n. 19596/2020 un overruling giurisprudenziale, equiparabile, dal punto di vista degli effetti, allo ius superveniens, dunque irretroattivo (art. 11 preleggi) e destinato ad operare solo per il futuro. La questione
La mediazione, ai sensi del dell'art. 5 comma 1-bis d.lgs. 28/2010, è condizione di procedibilità della domanda per le controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Il tentativo di mediazione, anche nell'ambito delle materie predette, non va esperito ai fini della proposizione di domanda di ingiunzione ante causam ex artt. 633 e ss. c.p.c.. Il tentativo di mediazione, tuttavia, torna ad essere condizione di procedibilità nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, una volta assunte le decisioni sulla concessione/sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, ai sensi degli artt. 648-649 c.p.c. (art. 5 comma 4 lettera a) d.lgs. 28/2010). Su chi incombe, a quel punto, l'onere di attivarsi per portare avanti il tentativo di mediazione? Le soluzioni giuridiche
Sul punto, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, risolvendo la questione di massima di particolare importanza a esse sottoposta, hanno enunciato, con la sentenza n. 19596 del 18 settembre 2020, il seguente principio di diritto: «Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5 comma 1-bis del d.lgs n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo». A favore della predetta tesi i giudici di legittimità hanno posto diversi argomenti, vale a dire: un argomento di carattere letterale, posto che il dettato dell'art. 5 comma 1-bis del d.lgs n. 28 del 2010 dispone che chi «intende esercitare in giudizio un'azione» relativa a una controversia nelle materie ivi indicate «è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto», facendo, quindi, riferimento alla figura dell'attore sostanziale, quale posizione processuale che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, malgrado la veste formale di convenuto, compete all'opposto (così come anche altre norme del medesimo d.lgs. 28/2010 sono considerate indicative della necessità di porre a carico dell'attore l'onere della mediazione, ad esempio l'art. 4 comma 2, secondo cui l'istanza di mediazione deve recare l'indicazione, tra l'altro, dell'oggetto e delle ragioni della pretesa e l'art. 5 comma 6, il quale dispone che «dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale», configurando un effetto favorevole al creditore che difficilmente si spiegherebbe in caso di iniziativa rimessa al debitore); un argomento di carattere logico e sistematico, posto che il legislatore nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ha differito l'operatività della condizione di procedibilità a seguito della decisione sui provvedimenti di cui agli artt. 648/649 c.p.c., in un momento, quindi, in cui l'opposizione diventa a tutti gli effetti un ordinario giudizio a cognizione piena, nell'ambito del quale è l'opposto, attore in senso sostanziale, ad essere onerato della prova della propria pretesa secondo la regola generale di cui all'art. 2697 c.c.; un altro argomento di carattere logico e sistematico, afferente il confronto tra le diverse conseguenze derivanti dall'inerzia delle parti a seconda che si propenda per l'una o per l'altra soluzione, posto che se si pone l'onere in questione a carico dell'opponente e questi rimane inerte, la conseguenza è che alla pronuncia di improcedibilità farà seguito l'irrevocabilità del decreto ingiuntivo, con conseguente irrimediabilità dell'errore commesso e definitiva incidenza sul diritto di difesa della parte, mentre se l'onere, invece, è a carico dell'opposto, la sua inerzia comporterà l'improcedibilità e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo, il quale ben potrà essere riproposto, senza quell'effetto preclusivo che consegue alla irrevocabilità del decreto; un argomento di carattere costituzionale, posto che più volte la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della c.d. giurisdizione condizionata, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di numerose disposizioni che prevedevano simili forme di giurisdizione, specie quando le stesse collegavano al mancato previo esperimento di rimedi amministrativi la conseguenza della decadenza dall'azione giudiziaria, sul presupposto che nel conflitto tra il principio di efficienza (e ragionevole durata) e la garanzia del diritto di difesa, quest'ultimo deve necessariamente prevalere: dovendo, pertanto, scegliersi tra due contrapposte interpretazioni, anche in chiave costituzionale viene preferita quella che non associa conseguenze irreversibili al mancato esperimento di un procedimento che non è giurisdizionale (data la possibilità per il creditore, in caso di revoca del decreto ingiuntivo opposto per motivi di procedibilità, di ripresentare, come detto, la domanda). L'arresto delle Sezioni Unite ha segnato certamente un importante revirement nell'ambito trattato, posto che antecedentemente l'orientamento dominante della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., n. 24629/2015) e di quella di merito era nel senso di porre a carico dell'opponente l'onere di promuovere il tentativo di mediazione, principalmente sul presupposto che l'opponente, attore in senso formale, era la parte che aveva l'effettivo interesse a far proseguire il giudizio di opposizione al fine di ottenere, all'esito di cognizione piena, la revoca del provvedimento monitorio opposto. Il Tribunale di Salerno, nella pronuncia in commento, si occupa delle ricadute di simile revirement sui processi pendenti, interrogandosi sulla possibilità di considerarlo prospective overruling, agli effetti della rimessione in termini dell'opposto che abbia ritenuto di non avviare il procedimento di mediazione sul presupposto che l'onere gravasse sull'opponente. La stessa giurisprudenza di legittimità, infatti, (a partire da Cass. civ., sez. un., 11 luglio 2011, n. 15144, seguita poi da numerose pronunce conformi, tra cui Cass. civ., sez. VI, 4 giugno 2014, n. 12521; Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2017, n. 929 e la recentissima Cass. civ., sez. VI, 29 ottobre 2020, n. 23834) ha sancito il principio per cui se è vero, in generale, che l'interpretazione di una norma processuale, successivamente affermatasi, non integra uno ius superveniens, di cui si debba predicare la necessaria irretroattività, in quanto essa semplicemente rilegge l'enunciato ed è come tale destinata ad applicarsi sin dall'inizio, vi sono alcune ipotesi in cui occorre tutelare l'affidamento della parte che, confidando nella consolidata interpretazione di una norma di carattere processuale, sia incorsa in decadenze/preclusioni incidenti sul diritto di azione o di difesa. Si è, quindi, ritenuto, come ricostruisce il Tribunale di Salerno nell'arresto in commento, che il mutamento dell'indirizzo esegetico deve considerarsi valido solo per il futuro tutte le volte in cui il revirement riguardi una regola del processo; abbia carattere imprevedibile, in ragione del carattere consolidato e non controverso della precedente interpretazione giurisprudenziale da un lato e, dall'altro, del repentino ed improvviso mutamento della giurisprudenza successiva o, quanto meno, privo di preventivi segnali anticipatori del suo manifestarsi; la sua operatività determini una preclusione o decadenza che incida sul diritto di azione o di difesa della parte che abbia confidato incolpevolmente (ossia non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell'arresto nomofilattico correttivo) nell'interpretazione precedente. Tutte le predette caratteristiche vengono ritenute sussistenti nel revirement delle Sezioni Unite, avente ad oggetto norma processuale (l'art. 5 comma 1-bis del d.lgs n. 28 del 2010) e tale da determinare un mutamento «imprevedibile» della giurisprudenza di legittimità, prospettando un'interpretazione di fatto prima assente nella giurisprudenza della Suprema Corte. Su tale presupposto, il giudice di merito accoglieva l'istanza di parte opposta di essere rimessa in termini, concedendo un nuovo termine ai sensi dell'art. 5 comma 1-bis del d.lgs n. 28 del 2010) per l'instaurazione del tentativo di mediazione obbligatoria, cui la parte doveva ritenersi onerata in virtù del pronunciamento delle Sezioni Unite civili n. 19596/2020. Osservazioni
La questione delle ricadute applicative di Cass. civ., sez. un., n. 19596/2020 sui processi pendenti è destinata ad alimentare un vivace dibattito in seno alla giurisprudenza di merito, potendosi prospettare anche una lettura differente da quella fatta propria dal Tribunale di Salerno nella pronuncia in commento. Ferme, infatti, le condizioni necessarie per potersi parlare di prospective overruling, correttamente ricostruite dall'estensore, deve osservarsi, anzitutto, che per come ricostruito dalle stesse Sezioni Unite nella pronuncia in commento, antecedentemente alla pronuncia del 2020 solo due pronunce della Suprema Corte si erano occupate espressamente della problematica ritenendo l'opponente onerato del tentativo di mediazione (Cass. civ., n. 24629/2015 e Cass. civ., n. 22003/2019), non apparendo decisiva in tal senso Cass. civ., n. 22017/2017, che si limitava a dichiarare inammissibile il ricorso perché non confrontatosi adeguatamente con la motivazione del giudice di merito (che pure aveva sostenuto la medesima tesi fatta propria da Cass. civ., n. 24629/2015). Variegata appariva, invece, la posizione dei giudici di merito, perché mentre una parte di essi si era allineata alle indicazioni offerte da Cass. civ., n. 24629/2015, un'altra parte aveva dichiarato di non condividere tale impostazione, adottando perciò la soluzione contraria e ponendo l'onere di promuovere il procedimento di mediazione a carico del creditore opposto (cfr. App. Palermo 17 maggio 2019; Trib. Firenze, 16.02.2016; Trib. Ferrara, 07.01.2015; Trib. Firenze 24 settembre .2014; Trib. Firenze, sez. spec. impr., 16 febbraio 2016; Trib. Busto Arsizio, sez. III, 3 febbraio 2016, n. 199). Non erano mancate, inoltre, soluzioni intermedie, come quella di chi aveva proposto che l'onere di instaurazione del procedimento di mediazione dovesse gravare sulla parte opponente o su quella opposta a seconda che il decreto ingiuntivo avesse ottenuto, o meno, la provvisoria esecutività; oppure quella di altri uffici che avevano ritenuto che l'onere possa essere posto a carico dell'opponente solo se questi abbia proposto domanda riconvenzionale (cfr. ricostruzione contenuta in Cass. civ., sez. un., n. 19596/2020). Potrebbe, quindi, ritenersi non sussistente un mutamento di giurisprudenza «imprevedibile», difettando un orientamento assolutamente consolidato e non controverso sul punto, come necessario ai fini dell'applicazione dei principi dettati in materia di overruling. A ciò si aggiunga il tempo intercorso tra la data della rimessione alle Sezioni Unite della relativa questione (quale questione di massima di particolare importanza, tale considerata con il provvedimento del 12 luglio 2019, n. 18741 della terza sezione civile) e la pubblicazione della decisione delle Sezioni Unite (18 settembre 2020), che poteva cautelativamente imporre all'opposto, quantomeno successivamente alla rimessone della questione alle Sezioni Unite, di attivarsi per la mediazione anche in attesa della decisione del Supremo Consesso, onde non incorrere in decadenze qualora fosse stata accolta la tesi dell'imposizione a suo carico dell'onere di mediazione (come poi avvenuto). Va, invero, evidenziato che dalla pronuncia in commento non si evince in che termini e in che data fosse stata adottata l'ordinanza impositiva del tentativo di mediazione e, in particolare, se essa avesse o meno indicato la parte onerata dell'incombente (indicandola, ad esempio, in modo espresso nell'opponente). E' chiaro, infatti, che un provvedimento di tal fatta, indipendentemente dai principi in materia di overruling, potrebbe giustificare un provvedimento di rimessione in termini dell'opposto a seguito dell'intervento delle Sezioni Unite, stante la generale necessità di tutelare l'affidamento della parte nel provvedimento giurisdizionale che chiaramente l'abbia dispensata da un onere di natura procedurale. Riferimenti
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