È nulla, non inesistente, la notifica del ricorso tributario tramite posta privata

11 Gennaio 2021

Nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata con il D.Lgs. n. 58/2011 e quella portata a compimento dalla Legge n. 124/2017 la notifica del ricorso tributario tramite licenziatario privato è nulla, non inesistente, ed è, perciò, sanabile per raggiungimento dello scopo in virtù della costituzione della parte resistente.
Massima

Nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata con il D.Lgs. n. 58/2011 e quella portata a compimento dalla Legge n. 124/2017 la notifica del ricorso tributario tramite licenziatario privato è nulla, non inesistente, ed è, perciò, sanabile per raggiungimento dello scopo in virtù della costituzione della parte resistente.

Il caso

M.P. impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli una cartella di pagamento per maggiore IRPEF, per un ammontare di euro 3.481,69, relativa all'anno d'imposta 2005.

La CTP di Napoli dichiarò inammissibile il ricorso con sentenza confermata dalla Commissione tributaria regionale della Campania, la quale, con la sentenza in epigrafe, nel contraddittorio dell'ufficio e di Equitalia, ha rigettato l'appello del contribuente, sul rilievo dell'inammissibilità del ricorso introduttivo in quanto tardivo.

In particolare, la CTR ha premesso che la cartella è stata notificata al contribuente in data 19/06/2012, mentre il ricorso introduttivo del giudizio è stato spedito a mezzo agente di posta privata in data 03/10/2012, ed è stato consegnato all'Agenzia delle entrate in data 05 ottobre 2012, e cioè tardivamente, oltre il termine di 60 giorni previsto per l'impugnazione della cartella che, considerando la sospensione feriale, scadeva il 3 ottobre 2012.

Testualmente la Commissione regionale afferma che: «In disparte i rilievi in ordine all'ammissibilità della notifica a mezzo posta privata, la riserva degli atti giudiziari in capo all'operatore postale universale (Poste italiane s.p.a.) comporta che l'agente di posta privata non abbia alcun potere di attestazione del ricevimento del plico da consegnare, con la conseguenza che non è possibile predicare nella fattispecie il principio di scissione degli effetti della notifica. Ed invero il ricorso notificato per mezzo di operatore postale privato è invalido (secondo una tesi addirittura inesistente) e, dunque, l'eventuale sanatoria per raggiungimento dello scopo non può che riferirsi al momento in cui l'Agenzia ha ricevuto il plico postale».

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione.

In particolare, con il primo ed il secondo motivo di ricorso, il ricorrente si duole, in sostanza, che la CTR non abbia riconosciuto in capo all'agente postale privato il potere di attestare la data di ricevimento del plico da spedire.

La questione

La questione sottoposta all'esame della Corte attiene alla validità della notificazione effettuata mediante il servizio di posta privata.

La soluzione giuridica

La Suprema Corte ha premesso che, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 31.3.2011, n. 58, i servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla Legge n. 890/1982 nonché i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta di cui all'art. 201 del decreto legislativo n. 285/1992 (violazioni in materia di Codice della Strada) sono stati affidati in regime di esclusiva al fornitore designato del servizio universale, Poste Italiane, per finalità di ordine pubblico (cfr. art.4 D.Lgs. 22 luglio 1999, nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate dall'art. 1 D.Lgs. n. 58/2011).

Questo regime di monopolio è stato abrogato, con decorrenza dal 10.9.2017, per effetto della L. 4 agosto 2017, n. 124 (art. 1, comma 57).

Successivamente, con delibera n. 77/18/Cons., l'Autorità Garante per le Comunicazioni ha concluso il procedimento finalizzato all'emanazione del regolamento per il rilascio delle licenze per svolgere il servizio di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari e comunicazioni connesse e di violazioni del Codice della Strada.

Ricostruito il quadro normativo di riferimento, la Suprema Corte ha richiamato la giurisprudenza delle Sezioni Unite formatasi con riguardo alla sorte della notificazione degli atti processuali eseguita a mezzo di posta privata (Cass. Civ. SS.UU. 10.1.2020, nn. 299 e 300).

In quella sede le Sezioni Unite sono state chiamate a risolvere il contrasto giurisprudenziale tra l'orientamento che riteneva “inesistente” la notificazione di atti processuali eseguita da un operatore di posta privata nel regime ante novella 2017 (Cass. 31/12/2013, n. 2262; 19/12/2014, n. 29021; 30/09/2016, n. 19467; 10/05/2017, n. 11473; 5/07/2017, n. 16628) e l'orientamento, fatto proprio dalla sezione tributaria, nell'ordinanza interlocutoria (Cass. Civ., 12 aprile 2019, n. 10276), che dubitava della compatibilità dell'opposto indirizzo con il radicale ridimensionamento della categoria dell'inesistenza, ridotta ai soli casi in cui l'attività svolta sia priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto come notificazione.

Le Sezioni Unite hanno rilevato che la Direttiva n. 2008/6/CE imponeva al legislatore italiano l'abolizione di qualsiasi riconoscimento - salvo il ricorrere di determinate, restrittive e rigorose condizioni – di diritti speciali o esclusivi a taluni operatori del servizio postale. L'obbligo di adeguamento al diritto unionale così imposto era già incluso, di conseguenza, tra i principi del diritto nazionale. E tuttavia, la mancata adozione della disciplina inerente al necessario titolo abilitativo comportava la violazione da parte dell'operatore privato di specifici vincoli normativi che si risolveva in una mera nullità dell'attività edificatoria.

Da tale complesso argomentativo le Sezioni Unite hanno tratto due importanti principi di diritto:

  • è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall'operatore di posta privata, senza il relativo titolo abilitativo, nel periodo intercorrente fra l'entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla legge n. 124 del 2017;
  • la sanatoria della nullità della notificazione di un atto giudiziario, eseguita dall'operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all'operatore, dovuta all'assenza di poteri certificativi dell'operatore, perché sprovvisto di titolo abilitativo.

Ciò premesso, la Suprema Corte, pur confermando la decisione impugnata, ne ha corretto la motivazione, espungendone i riferimenti al principio della “scissione degli effetti della notificazione” e all' “inammissibilità” della stessa.

In particolare, i Giudici di legittimità hanno evidenziato che, nel caso di specie, la sanatoria della notificazione della nullità della notificazione era avvenuta grazie alla costituzione in giudizio dell'Agenzia, sin dal primo grado.

Ciò, tuttavia, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all'operatore privato, dovuta all'assenza di poteri certificativi in capo a costui (si distingue, a tal proposito, tra “fidefacienza maggiore” o “fidefacienza forte” per gli operatori del servizio postale universale e per i titolari di licenza individuale speciale ex l. n. 124/2017 e “fidefacienza debole” per i titolari di licenza individuale semplice).

Nel caso di specie, l'operatore di posta privata, titolare di licenza individuale semplice, non era in possesso del titolo abilitativo idoneo a conferire la necessaria certezza legale alla data di ricezione del plico raccomandato, entro il termine decadenziale di 60 giorni, ai fini della prova della tempestività del ricorso introduttivo.

Donde l'inammissibilità del ricorso, perché tardivamente proposto.

Osservazioni

La sentenza in rassegna sollecita tre spunti di riflessione.

Il primo è relativo ai rapporti tra normativa interna e normativa unionale in tema di servizi di posta privata.

Il secondo attiene alle categorie processualcivilistiche della “nullità” e dell' “inesistenza” degli atti.

Il terzo, infine, riguarda i poteri certificativi dell'operatore postale privato.

Cominciando dal primo punto, la sentenza richiama ampiamente l'insegnamento delle S.U. nn. 299-300/2020 che, come si è già detto, hanno dato conto del quadro normativo di riferimento interno e unionale, evidenziando come i temi della libertà di concorrenza e della graduale eliminazione degli ostacoli frapposti al mercato unico hanno trovato un complesso articolato di principi nella direttiva n. 97/67/CE, poi modificata dalla Direttiva n. 2008/6/CE, entrambe progressivamente attuate dal diritto nazionale.

Solo a partire dal 10 settembre 2017, per effetto dell'art. 1, comma 57, L. n. 124/2017, è caduto il “monopolio” di Poste Italiane.

Prima di tale momento si è assistito ad una discrasia tra la normativa unionale – che, con la Direttiva n. 2008/6/CE, imponeva che, a far tempo dal 31 dicembre 2010, non fossero concessi né mantenuti diritti esclusivi o speciali per l'esercizio e la fornitura di servizi postali – e la normativa interna che, invece, riservava per 15 anni a decorrere dal 30 aprile 2011, a Poste Italiane in via esclusiva i servizi concernenti le notificazioni a mezzo posta degli atti giudiziari.

Questa discrasia è stata risolta dalla giurisprudenza delle S.U. – rispetto alla quale la sentenza in rassegna si pone in linea di continuità – nel senso di assicurare prevalenza al diritto unionale e di ritenere, perciò, che la notificazione di atti giudiziari eseguita tramite l'operatore di poste private, pur non consentita a livello nazionale sino al 10 settembre 2017, sia comunque astrattamente conforme al modello disegnato dal legislatore europeo.

Ciò si traduce – e si passa, quindi, al secondo spunto di riflessione – sul piano della qualificazione giuridica dell'atto in termini di “nullità” e non già di “inesistenza” della notificazione.

La dicotomia tra la categoria della nullità e quella dell'inesistenza degli atti processuali è stata elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza alla luce dell'unica fattispecie normativa facente parte del secondo blocco sancita dall'art. 161, comma 2, c.p.c. con riguardo al solo atto conclusivo del giudizio, la sentenza (C. Mandrioli-A. Carratta, Diritto processuale civile, I, Nozioni introduttive e disposizioni generali, Torino, 2016, 575).

Da tale norma si è desunto in via interpretativa il principio generale secondo cui, ove l'atto processuale sia del tutto incomparabile con il modello sancito dalla legge, deve dirsi affetto dal più grave vizio di inesistenza piuttosto che da quello più lieve di nullità (Cass. civ., sez. V, sent., 18.12.2015, n. 28285).

Le conseguenze appaiono, infatti, più gravose se si considera che nel primo caso si rinviene l'irretroattività della sanatoria a fronte della retroattività che caratterizza la seconda fattispecie.

A proposito della inapplicabilità della sanatoria retroattiva per raggiungimento dello scopo all'atto affetto da inesistenza, infatti, la Suprema Corte aveva già rilevato come neppure la costituzione spontanea della parte convenuta potrebbe essere idonea a sanare l'invalidità dell'instaurazione del contraddittorio tra le parti (Cass. civ., sez. II, sent., 13.9.2013, n. 21001).

L'unica ipotesi di inesistenza di atti diversi dalla sentenza che la prassi ha manifestato è stata proprio quella della notificazione.

Per lungo tempo la giurisprudenza (confermata dalla Cass. civ., Sez. Un., ord., 29.10.2007, n. 22642) ha rinvenuto la sussistenza di tale vizio esclusivamente ove presenti due estreme condizioni, talvolta richieste in via alternativa talaltre contestualmente, ovverosia che la notificazione sia avvenuta in luogo e/o a persona che non abbiano nulla a che vedere con il destinatario (da ultimo Cass. civ., sez. I, sent., 15.5.2015, n. 10021).

Sulla materia in commento erano già intervenute le Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza n. 14916/2016, sancendo, infatti, che l'inesistenza della notificazione è configurabile in soli casi estremi e residuali alla luce del fondamentale principio di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo.

Il più grave dei vizi menzionati si può dire integrato, pertanto, ove risulti una totale mancanza materiale dell'atto o laddove l'attività compiuta nel caso concreto sia priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere l'atto riconoscibile come notificazione, in particolare qualora il vizio ricada sull'attività di trasmissione o nella fase di consegna.

Quest'ultima, nondimeno, risulta perfettamente valida ove vengano rispettati i requisiti richiesti dal legislatore affinché la notificazione possa dirsi eseguita.

Ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale deve, al contrario, ricadere nella categoria della nullità.

Infine, quanto ai poteri certificativi dell'operatore privato, la Suprema Corte riconosce che, a seguito della “miniriforma” del 2011 e sino al 10 settembre 2017, l'attività di quest'ultimo è caratterizzata da una “fidefacienza debole”, essendo assistita da un minor grado di veridicità e di certezza. L'operatore posta privato, nel regime ante 2017, non è, infatti, abilitato – come si è visto – alla notificazione degli atti giudiziari.

A questo riguardo la Suprema Corte svolge un parallelo tra i poteri certificativi nell'attività di notifica e quelli esplicati nell'attività di autenticazione.

Anche in questi ultimi è, infatti, possibile distinguere tra poteri “forti”, come quelli del notaio, e poteri “deboli” come quelli del segretario comunale o provinciale (art. 97, comma 4, lett. c, D.Lgs. 18.8.2000, n. 267).

La “fidefacienza debole” dell'operatore postale privato porta, quindi, la Suprema Corte ad escludere che, con riguardo all'attività di notificazione degli atti giudiziari - non consentita dalla normativa interna prima del 10 Settembre 2017 – egli possa conferire conferire certezza legale alla data di ricezione del plico raccomandato (che determina il momento della “spedizione”, rilevante ai sensi dell'art. 20, comma 2 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ai fini della proposizione del ricorso).

È certo, però, che dal 10 Settembre 2017 una siffatta distinzione tra “fidefacienza forte” e “fidefacienza debole” non avrà più ragion d'essere, essendo venuta meno la riserva a favore del fornitore del servizio universale.

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