Gli effetti della transazione fiscale
18 Gennaio 2021
Massima
L'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti contenente la transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall. non determina alcun effetto di “cristallizzazione” dei rapporti giuridici d'imposta, non producendosi né il consolidamento del debito fiscale, né la cessazione delle liti fiscali pendenti. Una volta che l'accordo di ristrutturazione sia stato omologato ai sensi dell'art. 182-bis l. fall. deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento a tutti i contenziosi fiscali pendenti al momento della presentazione della domanda. L'iscrizione a ruolo del carico tributario rientrante in una proposta di transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall. e la conseguente notificazione della cartella di pagamento sono possibili solo laddove gli effetti dell'accordo vengano meno in conseguenza dell'inadempimento del contribuente. Il caso
L'Agenzia delle Entrate di Varese notificava ad una società due avvisi d'accertamento in relazione agli anni 2002 e 2004, venendo ripresi a tassazione una serie di costi ritenuti non deducibili dal reddito d'impresa per mancanza dei requisiti d'inerenza e competenza. La società impugnava avanti al foro tributario gli atti impositivi, vedendosi accogliere, integralmente, il ricorso avverso l'accertamento per il 2002, parzialmente, quello relativo al 2004. L'Amministrazione finanziaria proponeva appello avanti alla Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia contro le sentenze di primo grado; la società presentava appello incidentale per il periodo d'imposta 2004. I giudici di secondo cure respingevano il gravame erariale relativo all'anno 2002, mentre accoglievano l'appello proposto dall'Ufficio per l'anno 2004, respingendo al contempo l'appello incidentale proposto dalla società. La contribuente proponeva ricorso per cassazione in relazione al 2004; l'ente impositore ricorreva per cassazione in relazione al 2002. Nelle more, la società debitrice e l'Erario perfezionavano una transazione fiscale ex art. 182-ter, comma 6,l. fall. (nella formulazione ante L. n. 232/2016), nell'ambito di un accordo di ristrutturazione omologato dal Tribunale di Varese: la transazione definiva i rapporti per entrambe le annualità, prevedendo un pagamento dilazionato del relativo carico tributario. Senonché, perfezionata la transazione fiscale, l'agente della riscossione emetteva nei confronti del contribuente una cartella di pagamento recante l'iscrizione a ruolo delle somme previste nell'accordo transattivo. La società impugnava la cartella; la commissione provinciale annullava l'atto, ritenendolo nullo siccome emesso “per una causa non tipica”, a fronte di una transazione fiscale omologata per la quale non si era verificato alcun inadempimento da parte del soggetto passivo d'imposta. I giudici regionali confermavano la sentenza di primo grado: la transazione fiscale perfezionata ai sensi dell'art. 182-ter, comma 6, l. fall. determina effetti preclusivi rispetto all'azione erariale, con conseguente “sospensione” dei termini decadenziali ex art. 25, D.P.R. n. 602/1973. L'Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione, deducendo la legittimità della cartella sul presupposto che in mancanza di norme “esentative” il concessionario deve iscrivere a ruolo il carico definito in sede di transazione fiscale entro i termini decadenziali di legge. La Cassazione, riuniti i ricorsi, respingeva la prospettazione erariale: la transazione fiscale omologata impone di definire il contenzioso attraverso la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con conseguente venir meno dell'efficacia delle sentenze impugnate. La questione
La Corte ha ricordato che, se in base alla formulazione dell'art. 182-ter, commi 2-5, allora vigente, in sede di concordato la transazione fiscale produceva il consolidamento del debito tributario e la cessazione delle liti pendenti, tali effetti non si estendevano alla transazione fiscale conclusa in ambito di accordi ex art. 182-bis l. fall. Ciò in quanto il sesto comma dell'art. 182-ter l. fall. non richiamava i menzionati commi 2 e 5 della stessa norma. Gli effetti della transazione fiscale sui giudizi tributari pendenti in ambito di accordi di ristrutturazione dovevano quindi essere regolati in base ai principi generali in materia processuale: se nel corso del giudizio di legittimità le parti danno atto dell'intervenuta definizione della controversia, la Corte dichiara la cessazione della materia del contendere. D'altra parte, l'accordo raggiunto dalle parti precludeva all'agente della riscossione di emettere la cartella di pagamento ai fini del recupero delle somme oggetto di transazione fiscale. Per quanto l'atto fosse stato emesso prima delle modifiche apportate all'art. 25, D.P.R. n. 602/1973 dal D.Lgs. n. 159/2015 (non era ancora regolato il tema della decadenza dei termini in ipotesi di accordo di ristrutturazione), il perfezionamento della transazione escludeva ogni pregiudizio erariale. Qualora la società non avesse adempiuto i versamenti previsti in transazione, la risoluzione dell'accordo avrebbe infatti determinato la “reviviscenza” delle obbligazioni tributarie in relazione alle quali fosse stata dichiarata la cessazione della materia del contendere.
La soluzione giuridica
Gli effetti della transazione fiscale nel concordato Prima delle modifiche apportate all'art. 182-ter l. fall. ad opera dell'art. 1, comma 81, L. n. 232/2016 (Legge di Bilancio 2017), l'adesione da parte dell'Amministrazione finanziaria alla transazione fiscale in ambito di concordato preventivo produceva:
Sotto il primo profilo, il debitore era tenuto a presentare copia delle domanda contenente la proposta all'ente impositore ed all'agente della riscossione, assieme alle dichiarazioni fiscali non ancora sottoposte a controlli formali ed alle dichiarazioni integrative relative ai precedenti periodi d'imposta. Il concessionario trasmetteva al debitore una certificazione attestante l'entità del debito iscritto a ruolo entro il termine (non perentorio) di trenta giorni dal ricevimento della domanda; l'ente impositore, entro lo stesso termine, liquidava i tributi, notificando eventuali avvisi d'irregolarità e quantificando il debito relativo ad accertamenti non ancora iscritti a ruolo o non ancora consegnati per la riscossione. Quanto sopra, al fine di consentire – disponeva la norma – il “consolidamento” del debito fiscale. Tale meccanismo determinava il cd. effetto di “cristallizzazione”: al Fisco, accettata la transazione fiscale, era preclusa ogni ulteriore attività liquidatoria e/o accertativa con riferimento ai profili tributari che potevano essere conosciuti al momento dell'adesione alla proposta. Contrario, sul punto, l'orientamento erariale: al ricorrere delle fattispecie di legge non sarebbe stato precluso all'Amministrazione finanziario l'esercizio dei poteri di controllo, con “la conseguente determinazione di un debito tributario superiore rispetto a quello attestato nella certificazione rilasciata al debitore o altrimenti individuato al termine della procedura di transazione fiscale” (Agenzia delle Entrate, circ. n. 40/E del 18 aprile 2008). Per l'Amministrazione finanziaria, pertanto, il consolidamento conseguente alla presentazione della proposta transattiva ex art. 182-ter l. fall. era da intendersi strettamente funzionale ai fini della rappresentazione “fotografica” della situazione debitoria del contribuente. In relazione alla cessazione delle liti pendenti, l'art. 182-ter, comma 5, l. fall. prevedeva che l'omologazione del concordato avrebbe determinato la cessazione della materia del contendere in relazione alle controversie aventi ad oggetto i tributi rientranti nel perimetro della transazione fiscale. Ancorché la norma parlasse di “liti” pendenti, gli effetti della transazione si estendevano anche alle controversie non ancora sfociate avanti al giudice tributario; per le controversie sub iudice al momento della presentazione della proposta, la commissione tributaria, preso atto dell'omologazione del concordato, avrebbe dichiarato la cessazione della materia del contendere. La cessazione della materia del contendere circa le liti fiscali pendenti rappresentava una deroga al principio generale secondo il quale l'apertura del concorso non impedisce l'ordinaria prosecuzione dei giudizi di cognizione (art. 176 l. fall.). Nel caso in cui il concordato fosse stato risolto ovvero annullato ex art. 186 l. fall., gli effetti previsti dalla transazione fiscale sarebbero venuti meno, comportando la “reviviscenza” delle obbligazioni tributarie nella misura indicata negli originari atti impositivi. Il legislatore, nel modificare – con L. n. 232/2016 – l'art. 182–ter l. fall., ha ritenuto di eliminare ogni riferimento al consolidamento del debito fiscale ed alla cessazione delle liti pendenti. Dal 1° gennaio 2017, pertanto, l'Amministrazione finanziaria può esercitare ogni potere di verifica e controllo in relazione ai rapporti tributari ricompresi nella proposta di transazione ex art. 182-ter l. fall. Per effetto della nuova formulazione dell'art. 182-ter, le liti fiscali pendenti proseguono in corso di concordato, salvo che il debitore, nel formulare la proposta ex art. 182-ter, non opti per l'acquiescenza, in tutto o in parte, alle pretese erariali ovvero per la soluzione conciliativa dei procedimenti. Nell'ipotesi di prosecuzione dei contenziosi, all'esito dei relativi giudizi i crediti tributari saranno soddisfatti secondo le percentuali previste nella proposta concordataria, come applicate sull'entità dell'obbligazione accertata in sede di sentenza definitiva.
Gli effetti della transazione fiscale negli accordi di ristrutturazione L'art. 182-ter, comma 5, l. fall., come modificato dalla L. n. 232/2016, prevede che il debitore possa proporre il pagamento parziale ovvero dilazionato dei debiti tributari – compresi IVA e ritenute – nelle more del perfezionamento di un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis l. fall.. In relazione agli effetti della transazione fiscale, l'attuale formulazione dell'art. 182-ter, comma 5, non fa alcun riferimento né al consolidamento della situazione debitoria del contribuente, né alla cessazione delle liti fiscali pendenti. Per il vero, a tali effetti non faceva riferimento neanche l'art. 182-ter, comma 6, nel testo vigente prima della riscrittura ad opera della L. n. 232/2016, di talché la transazione fiscale negli accordi di ristrutturazione non ha mai prodotto né la “cristallizzazione” del debito fiscale, né la chiusura “automatica” delle controversie pendenti. Con riferimento a tale ultimo aspetto, rilevano i criteri generali previsti dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546: è così onere delle parti attivarsi per la cessazione della materia del contendere una volta che l'accordo di ristrutturazione contenente la proposta di transazione fiscale sia stato omologato, venendo meno l'interesse delle parti alla prosecuzione del contenzioso. Il deposito di un'istanza congiunta con la quale le parti informino dell'intervenuto accordo che abbia regolamentato la materia contesa fa sì che non vi sia necessità di alcuna decisione circa il contenuto della controversia (Cass. civ., sez. un., 11 aprile 2018, n. 8980). In questo caso, l'organo giudicante prende atto dell'intervenuta composizione della lite, quale evento sopravvenuto alle pronunzie oggetto d'impugnazione, da ciò conseguendo la necessità che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere senza alcuna ulteriore attività giudiziale. D'altra parte, quanto rappresentato dalle parti dà conto non già del loro disinteresse alla controversia (ciò che porterebbe all'inammissibilità sopravvenuta del ricorso), bensì del loro interesse a che il rapporto sia deciso con una declaratoria che recepisca l'intervenuto accordo negoziale sulla lite. Sotto altro profilo, la pronunzia di cessazione della materia del contendere non determina alcun giudicato in ordine alla pretesa oggetto di controversia, producendo efficacia solo in funzione della ricordata carenza d'interesse delle parti alla prosecuzione del giudizio (Cass. civ., sez. V, 31 maggio 2016, nn. 11316-11317-11318-11319). Dal momento che l'art. 182-ter, comma 6, prevede che la transazione si risolva di diritto ove il contribuente non esegua i versamenti dovuti entro novanta giorni dalle scadenze pattuite, la risoluzione dell'accordo farebbe rivivere l'obbligazione secondo gli originari atti impositivi. E ciò anche con riferimento alle liti per le quali sia stata dichiarata la cessazione della materia del contendere: in effetti, salvo patto contrario indicato nella proposta di transazione fiscale, l'accordo fra le parti non produce effetti novativi in ordine ai rapporti tributari ivi dedotti.
La cartella di pagamento in pendenza di transazione fiscale Prima delle modifiche apportate all'art. 25,D.P.R. n. 602/1973 ad opera dell'art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 159/2015, la norma tributaria non regolava il tema della decadenza dell'azione esattiva in pendenza di una procedura di concordato ovvero di omologazione degli accordi di ristrutturazione. L'art. 25, comma 1-bis, D.P.R. n. 602/1973, come sopra modificato, prevede che il concessionario notifichi al soggetto passivo d'imposta la cartella di pagamento, a pena di decadenza, entro i seguenti termini:
Le ricordate modifiche prevedono che l'iscrizione a ruolo del carico rientrante in una proposta di transazione ex art. 182-ter l. fall., nonché la notifica della relativa cartella, sono possibili solo laddove gli effetti dell'accordo vengano meno in conseguenza dell'inadempimento del contribuente. Fino a quando il soggetto passivo d'imposta esegua regolarmente i versamenti previsti dalla transazione fiscale, non v'è ragione perché il Fisco intimi – con un atto dalla valenza esecutiva (cartella esattoriale) – l'adempimento di obbligazioni non ancora scadute. Se dunque secondo il novellato art. 25, D.P.R. n. 602/1973 il Fisco non subisce alcun pregiudizio sino a quando il contribuente onori i versamenti previsti in transazione, ad identiche conclusioni deve pervenirsi con riferimento alla precedente formulazione della norma, attesa l'identità di ratio.
Osservazioni
Dal momento che in ambito di accordi di ristrutturazione la transazione fiscale non determina (né ha mai determinato, neanche in vigenza dell'art. 182-ter l. fall. ante L. n. 232/2016) alcun effetto di “cristallizzazione”, una volta che l'accordo sia omologato ai sensi di legge, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alle liti fiscali pendenti. Nelle more dell'esecuzione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, non può essere iscritto a ruolo il carico tributario rientrante nel perimetro della transazione fiscale, né può essere notificata al contribuente la relativa cartella di pagamento: ciò potrà avvenire solo dopo che gli effetti dell'accordo vengano meno in conseguenza dell'inadempimento del contribuente.
|