Deposito cauzionale illegittimo e ripetizione dell’indebito
18 Gennaio 2021
Massima
In ambito locatizio, va qualificata come ripetizione di indebito, ai sensi dell'art. 2033 c.c., la domanda avente ad oggetto la restituzione di somme versate a titolo di deposito cauzionale. Si tratta di una disciplina che ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa. Il caso
Secondo la subconduttrice, la pattuizione relativa al deposito cauzionale contenuta nel contratto era nulla in forza del combinato disposto dell'art. 11 della l. n. 392/1978, applicabile anche alle locazioni non abitative per effetto del richiamo operato dall'art. 41, dato che il deposito cauzionale non può superare il limite massimo di tre mensilità del canone. Pertanto, chiedeva al giudice di condannare le società Alfa (proprietaria) e Beta (sublocatrice), in solido tra loro, a ripetere l'indebito pagamento ricevuto ai sensi degli artt. 1421 e 2033 c.c. pari a circa 8 mila. In particolare, secondo l'attrice, non essendo stati contestati danni all'immobile, la società Alfa si era indebitamente arricchita con l'incasso delle somme versate quale cauzione; sicché, veniva chiesta la condanna alla ripetizione delle somme versate. Costituendosi in giudizio, le società convenute eccepivano che l'attrice erano decaduta da tale diritto stante l'inosservanza del termine di cui all'art. 79, comma 2, della l. n. 392/1978. La questione
La questione in esame è la seguente: la subconduttrice può agire, oltre il termine dei sei mesi previsti dall'art. 79, comma 2, della l. n. 392/1978, ai sensi dell'art. 2033 c.c. nei confronti della sublocatrice e della proprietaria del locale ai fini della restituzione delle somme versate a titolo di deposito cauzionale? Le soluzioni giuridiche
Secondo il giudice adito, l'attrice non aveva agito a mente dell'art. 79 della l. n. 392/1978, che per costante giurisprudenza prevede una fattispecie tipica di ripetizione dell'indebito riservata al conduttore; inoltre, anche ove le somme fossero state materialmente versate da terzi, la conduttrice ha agito secondo lo schema astratto delineato dall'art. 2033 c.c., richiamando, a supporto dell'indebito, la nullità del patto che l'aveva indotta a versare dette somme. Per meglio dire, in tal giudizio, la società Alfa (proprietaria del bene) non aveva contestato espressamente di aver incamerato tali somme, né che tale versamento fosse avvenuto in stretta correlazione funzionale con il contratto di locazione che aveva riguardato la società Beta (quale sublocatore). Del resto, le convenute non avevano neanche fornito alcuna altra causa giustificatrice della prestazione - neanche sotto il profilo di eventuale bilanciamento di latri interessi del conduttore - che, allo stato, rimaneva del tutto priva di causa e doveva essere ricondotta alla fattispecie di cui all'art. 2033 c.c. A tal proposito, conformemente all'orientamento giurisprudenziale, il giudicante ha evidenziato che va qualificata come ripetizione di indebito, ai sensi dell'art. 2033 c.c., qualunque domanda avente ad oggetto la restituzione di somme pagate sulla base di un titolo inesistente, sia nel caso di inesistenza originaria, che di inesistenza sopravvenuta o di inesistenza parziale (Cass. civ., sez. III, 4 aprile 2014, n. 7897). Si tratta, dunque, di una disciplina che ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa (Cass. civ., sez. lav., 11 luglio 2018, n. 18266). Ed ancora, a tal proposito, rileva anche che in tema di ripetizione di indebito, il regime di prescrizione è quello ordinario decennale (Cass. n. 18266/2018, cit.; Trib. Massa 8 agosto 2019, n. 519); ciò consentiva di ritenere pienamente sussistente una fattispecie di indebito “ordinario” ex art 2033 c.c. e, in via primaria, la circostanza che la conduttrice aveva versato le somme oggetto di causa alla proprietaria del bene (Alfa), soggetto del tutto estraneo al rapporto di locazione de quo. Difatti, la circostanza di essere proprietaria del bene sublocato dalla Beta non valeva a renderla parte del rapporto locativo intercorso fra quest'ultima e la conduttrice, né legittimata a ricevere somme per conto del sublocatore, ponendosi il versamento della cauzione - seppur in misura illecita - unicamente in collegamento funzionale con la pattuizione intercorsa fra la Beta e la conduttrice). Del resto, secondo tale ragionamento, ove il terzo che ha ricevuto le somme intendesse supportare causalmente tale versamento con quanto contenuto nel contratto di locazione, che prevedeva l'illecito versamento di un deposito cauzionale oltre i limiti di legge, non può negarsi l'interesse della conduttrice a rilevare la nullità di quella pattuizione, non già in via diretta quali parti del contratto di locazione ai fini dell'azione ex art. 79 della l. n. 392/1978, ma unicamente con lo scopo di rilevarne l'invalidità in sede di azione ordinaria ex art. 2033 c.c. Infine, quanto alla legittimazione passiva della reale debitrice delle somme, il Tribunale di Massa ha osservato che l'unica legittimata passivamente era la società Alfa, non convincendo la tesi avanzata dell'attrice secondo cui doveva risponderne in via solidale anche la società Beta, quale soggetto che avrebbe dato luogo alla pattuizione invalida. Difatti, rispetto all'azione di ripetizione di indebito oggettivo, è passivamente legittimato solo il soggetto che ha ricevuto la somma che si assume essere non dovuta, come si evince dalla formulazione letterale dell'art. 2033 c.c. (Cass. civ., sez. I, 7 dicembre 2016, n. 25170). In conclusione, per i motivi esposti, la domanda è stata accolta e, per l'effetto, la società Alfa è stata condannata alla restituzione delle somme. Osservazioni
La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito alla norma di garanzia prevista dall'art. 79 della l. n. 392/1978. In generale, il codice civile non detta alcuna definizione della invalidità ma disciplina le due ipotesi più rilevanti ossia la nullità e l'annullabilità. Talvolta, ed erroneamente, le due fattispecie vengono distinte attraverso l'adozione di un criterio quantitativo. Purtuttavia da un'attenta analisi della disciplina codicistica, relativa alle medesime, si evince che la differenza tra le due concerne la tutela di interessi diseguali. Si tratta, quindi, di una difformità qualitativa che si riverbera sul differente regime sostanziale. Difatti, il contratto è nullo quando viola norme poste alla tutela di interessi generali; viceversa, la disciplina della annullabilità rinviene la sua ratio nella tutela dell'interesse di una delle parti contrattuali o perché legalmente incapace, o perché la volontà si sia formata affetta da un vizio riconducibile ad errore, dolo o violenza. Affianco a queste due figure nel corso degli anni ne è stata inserita una terza che prende il nome di nullità di protezione. Per tale motivo, tra i vari giuristi, si è diffusa l'idea che non è più corretto parlare di nullità, considerata nella sua singolarità, ma di nullità in una accezione pluralistica. E' una ipotesi di nullità peculiare perché, nonostante ne abbia il nomen, il fatto di essere posta a tutela della parte debole del rapporto fa sì che presenti diversi tratti comuni anche alla disciplina dell'annullabilità. Premesso quanto esposto, in ambito locatizio, secondo l'interpretazione fornita dal Tribunale di Massa, la portata della norma di garanzia contenuta nell'art. 79 della l. n. 392/1978 detta una sorta di nullità di protezione ante litteram in favore della parte debole del rapporto, ovvero di colui che potrebbe essere indotto ad accettare condizioni penalizzanti e vessatorie pur di non rinunciare ad un bene primario per l'esercizio della propria attività produttiva o commerciale. In particolare, secondo tale ragionamento, la norma di cui all'art. 79 della l. n. 392/1978 rappresenta una sorta di norma cardine nel sistema destinata a garantire il locatario da ogni forma di elusione preventiva ad opera del locatore dei divieti posti a tutela della parte debole del rapporto, volta pertanto a fornire una tutela onnicomprensiva e ad ampio raggio, acutamente definita “una prospettiva di protezione grandangolare del conduttore”, mediante la quale si garantisce l'ammontare massimo della prestazione di quest'ultimo, colpendo con la sanzione della nullità tutte le pattuizioni che si pongano in contrasto con tale ratio e non vedano già una nullità testuale stabilita da apposito precetto normativo. Si è dunque osservato che il legislatore, con il sistema delle nullità previsto dall'art. 79 della l. n. 392/1978, avrebbe inteso allestire uno strumento di controllo che va oltre l'interesse particolare del conduttore e finisce per investire interessi generali attinenti all'intera organizzazione produttiva, in un'ottica di interpretazione costituzionalmente orientata a mente dell'art. 41 Cost. Quanto all'azione prevista a tutela del locatore dall'art. 79, comma 2, della l. n. 392/1978, in riferimento alla fattispecie oggetto di commento, in giurisprudenza si è osservato che l'inosservanza del termine semestrale, previsto dalla norma per l'azione del conduttore, costituisce unicamente dato che impedisce totalmente la prescrittibilità delle somme versate in costanza di rapporto, mentre ove l'azione sia esercitata oltre tale termine l'azione non diviene inammissibile ma il conduttore è esposto alla eccezione di prescrizione per i crediti relativamente ai quali la stessa è già maturata (Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2014, n. 2829). Per meglio dire, secondo l'interpretazione fornita dalla citata pronuncia di legittimità ove si ammettesse che, trascorsi i sei mesi dall'avvenuto rilascio, si verifica per il conduttore la decadenza di ogni suo diritto di ripetere gli indebiti suoi pagamenti, detto limite all'evidenza dovrebbe essere ritenuto irragionevole, visto che esso sarebbe posto a carico del solo conduttore e, senza la previsione di analoga decadenza in danno del locatore in relazione alle sue pretese di corrispettivi non versatigli, creerebbe una ingiustificata situazione tra le parti. Quindi, a parere della citata Cassazione, deve escludersi che la norma del citato art. 79, comma 2, esprima l'oggettiva esigenza di circoscrivere in un lasso di tempo determinato la potenziale conflittualità dei contraenti e di realizzare la condizione della certezza delle situazioni giuridiche delle parti una volta cessato il rapporto di locazione: tale interpretazione resta (secondo tale pronuncia) l'unica costituzionalmente orientata, atteso che anche il giudice delle leggi (Corte Cost., 2 gennaio 1990, n. 3) ha evidenziato la situazione del conduttore di esposizione a ritorsioni ricollegabili all'accertamento, da lui postulato, di una minor misura del canone dovuto che giustifica, per le conseguenti remore all'esercizio del diritto, il trattamento previsto dalla norma. In definitiva, secondo il giudice di Massa, la nullità di cui all'art. 79 della l. n. 392/1978 può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e dunque anche dai terzi che da tale eccezione traggano un vantaggio patrimoniale azionabile in giudizio (quale certamente è la domanda ex art. 2033 c.c.), così come l'azione prevista dalla stessa norma sarebbe “astrattamente” configurabile nel caso in esame, pur essendo decorsi i sei mesi dalla riconsegna dell'immobile. Riferimenti
Greca, La nullità di protezione: regime sostanziale e precipitati processuali, in Diritto.it, 25 giugno 2018; Basso, Patti e/o comportamenti contrari alla legge: invocabile l'azione di ripetizione dell'indebito, in Dirittoegiustizia.it, 10 febbraio 2014. |