Gli obblighi economici degli ascendenti nei confronti dei nipoti

Valeria Mazzotta
12 Febbraio 2021

Il nuovo art. 316-bis c.c., aggiunto dall'art. 40 comma 1 d. lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, ripropone il contenuto dell'art. 148 c.c. e conferma l'obbligo di natura sussidiaria che incombe sugli ascendenti nel caso in cui i genitori non dispongano di mezzi sufficienti a provvedere al mantenimento dei figli. La ratio della disposizione normativa è fondamentalmente quella di assicurare alla prole con la dovuta celerità i mezzi necessari al suo mantenimento. La norma ha natura duplice, poiché contiene disposizioni sia di carattere sostanziale che processuale, tutte finalizzate all'attuazione dei principi enunciati dall'art. 30 Cost...
Il quadro normativo

Norma di riferimento principale è l'art. 30 Cost., che enuncia il principio secondo cui “è diritto dovere dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio” (comma 1), mentre al secondo comma sancisce che “nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

Alla luce della riforma attuata con la legge 219/2012, le regole cardine in materia di mantenimento dei figli sono contenute nel primo comma dell'art. 315-bis c.c. e nell'articolo 316-bis c.c.

La norma fondamentale in materia di doveri dei genitori nei confronti dei figli non è più rappresentata dall'art. 147 c.c., ma dall'art. 315-bis c.c., richiamato dal primo che disciplina gli obblighi derivanti dal matrimonio, ciò proprio al fine di sancire l'unità del dettato normativo in materia di filiazione, superando ogni residua discriminazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio.

L'art. 315-bis, riproducendo sostanzialmente l'art. 147 c.c., si occupa quindi espressamente dei diritti e doveri dei figli e al primo comma prevede che il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito ed assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

L'art. 316-bis regola invece le modalità di adempimento del dovere di mantenimento, riproducendo sostanzialmente l'art. 148 c.c., che oggi ha funzione di raccordo tra la disciplina dei doveri gravanti sui genitori coniugati (art. 147 c.c.) e le norme in tema di filiazione, che regolano il loro adempimento.

Dopo la premessa per cui i genitori devono adempiere al loro obbligo nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la capacità di lavoro professionale o casalingo, l'art. 316-bis c.c. prevede che in caso di insufficienza dei mezzi da parte dei genitori, siano gli ascendenti a dover fornire loro quelli necessari affinchè possano adempiere ai loro doveri nei confronti della prole.

La disciplina originaria del codice civile antecedente alla riforma del 1975, dopo aver sancito che l'obbligo di mantenimento grava in via primaria sui genitori, prevedeva che, ove costoro non fossero stati in grado di farvi fronte, l'obbligo si sarebbe automaticamente trasferito in capo agli ascendenti. L'attuale formulazione della norma non prevede più l'automatico trasferimento dell'obbligo di mantenimento dai genitori agli ascendenti, ma dispone solo che questi ultimi provvedano a fornire ai propri figli i mezzi necessari per adempiere ai loro doveri nei confronti della prole. In definitiva quindi l'obbligo degli ascendenti non costituisce più un vero e proprio obbligo di mantenere i nipoti e non ha quindi i nipoti come beneficiari diretti. La norma cioè attribuisce il diritto di credito non alla prole i cui bisogni devono essere soddisfatti, bensì ai genitori, ai quali spetta de iure proprio il diritto di pretendere l'adempimento di questa obbligazione.

Mantenimento della prole quale dovere primario

Il mantenimento è un obbligo primario ed inderogabile dei genitori, a partire dalla nascita della prole, e un diritto riconosciuto a ciascun figlio indipendentemente dallo status filiationis e che resiste alla crisi della famiglia, perdurando in capo ai genitori anche in caso di cessazione della loro relazione.

Si tratta di un'obbligazione solidale indivisibile, ossia il criterio di proporzionalità del contributo di ciascun coniuge nell'adempimento ha rilievo esclusivamente nei rapporti interni tra i medesimi. Di conseguenza, qualora un genitore sia impossibilitato a fare fronte all'adempimento dei propri doveri, l'altro coniuge è tenuto a farsi carico dell'intero sforzo anche economico, fermo rimanendo il diritto al rimborso in via di regresso.

Presupposti del concorso al mantenimento da parte degli ascendenti

L'ordinamento, in attuazione del dettato costituzionale, si preoccupa di garantire tutela ai figli nel caso in cui i genitori non abbiano i mezzi sufficienti per adempiere all'obbligo di mantenimento, ed individua negli ascendenti i soggetti tenuti a sopperire alla mancanza dei mezzi della famiglia nucleare.

Per ascendenti si intendono i nonni, ma anche i bisnonni, mentre nessun obbligo grava sui parenti in linea collaterale (cioè gli zii) atteso che la norma fa riferimento esclusivo agli ascendenti, ossia i parenti in linea retta (Cass. civ. 24 novembre 2015 n. 23978)

Quella dell'obbligo degli ascendenti è una regola fondamentale della quale vanno evidenziati alcuni aspetti particolari.

Presupposto perché l'obbligazione sorga è l'insufficienza dei mezzi, che deve riguardare entrambi i genitori. Sicchè se uno dei due non può o non vuole adempiere ai propri doveri, l'altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando integralmente la capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l'inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economico patrimoniali di questi.

Pertanto, l'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinchè possano adempiere ai loro doveri nei confronti dei figli va inteso non solo nel senso che l'obbligazione degli ascendenti è subordinata, e quindi sussidiaria, a quella primaria dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per il solo fatto che uno dei due genitori non fornisca il proprio contributo al mantenimento della prole, se l'altro, da solo, è in grado di provvedere.

Questa è l'interpretazione unanime offerta in dottrina e in giurisprudenza. La Cassazione ha avuto modo di esprimere il citato principio già con la sentenza Cass. 23 marzo 1995 n.3402 che resta un caposaldo della materia. Successivamente la natura meramente sussidiaria dell'obbligo degli ascendenti è stata sancita dalla giurisprudenza di merito (ad es. Trib. Milano 30 giugno 2000, Trib. Monza 14 febbraio 2012, Trib. Bari 9 aprile 2019 n. 1556) ma anche dalla Suprema Corte che è tornata in argomento con alcune importanti pronunce, tra le quali Cass. civ. 30 settembre 2010 n. 20509 e più di recente Cass. civ. ord. 2 maggio 2018 n. 10419 e Cass. civ. ord. 14 luglio 2020 n. 14951.

Ulteriore presupposto applicativo dell'obbligo degli ascendenti è l'inadempienza dei genitori, con una precisazione: deve trattarsi di impossibilità oggettiva ad adempiere al mantenimento dei figli da parte di entrambi, ma rileva anche l'omissione volontaria di uno solo di essi laddove l'altro non sia in grado di provvedervi da solo, posto che scopo della norma è quello di salvaguardare con celerità e in modo assoluto i minori (Trib. Parma decr. 13 maggio 2014, Trib. Milano ord. n. 22931/2015)

Si è posta la questione se l'obbligo sorga qualora il genitore sia colpevolmente inadempiente ovvero non abbia mezzi sufficienti a causa di un comportamento colposo (ad esempio non si adoperi per sfruttare appieno la capacità lavorativa).

Secondo un primo orientamento più restrittivo, posto che i criteri di ripartizione degli oneri di cui all'art. 148 poi richiamati dall'art. 316-bis c.c. fanno riferimento all'astratta capacità di provvedere al mantenimento e non ai redditi effettivi, va escluso l'intervento degli ascendenti in tutti i casi in cui il genitore sia colpevolmente inadempiente ovvero non abbia i mezzi sufficienti a causa di un comportamento colposo (A. Trabucchi, Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio, in Comm. Dir. It. Fam. Diretto da Cian, Oppo, Trabucchi II 1992, M. Dogliotti, Doveri familiari e obbligazioni alimentari, cit.).

Secondo un diverso orientamento, che ha trovato applicazione diffusa da parte della giurisprudenza di merito, occorre aver riguardo esclusivamente alla mancanza, da parte dei genitori, di redditi adeguati suscettibili di esecuzione: diversamente verrebbe meno l'effettiva tutela della prole perché significherebbe accettare l'omesso mantenimento dei figli quando i genitori non vi provvedano per cause a loro imputabili, come il colpevole mancato sfruttamento della capacità lavorativa. Di talchè si reputa che il non avere mezzi sufficienti equivalga fattualmente a un inadempimento che sia anche volontario, se l'altro genitore, obiettivamente incapace di adempiere ai doveri nei confronti dei figli, si trova nella situazione di non poter in alcun modo realizzare, nonostante tutti gli accorgimenti, il suo diritto ad ottenere il necessario contributo al mantenimento da parte dell'altro (Trib. Trani decr. 13 aprile 2010; ma anche Trib. Genova 28 ottobre 2009, Trib. Vicenza 4 settembre 2009, Trib. Parma decr. 26 maggio 2016). Quindi si è ritenuto esigibile l'intervento degli ascendenti se l'inadempimento del genitore che non ottempera risulta da un'effettiva insufficienza dei mezzi e delle sostanze patrimoniali seppure dovuta a comportamento doloso o colposo dello stesso, il quale non impieghi l'astratta capacità lavorativa ovvero abbia attuato un disegno finalizzato a rendersi nullatenente mediante, ad esempio, successivi atti di disposizione patrimoniali, così frustrando le iniziative di recupero dell'altro genitore (Trib. Milano 30 giugno 2006). Quindi il concorso degli ascendenti non sarà esigibile in caso di semplice inadempimento da parte del genitore che, pur disponendo di risorse adeguate, non le destina allo scopo.

La prestazione degli ascendenti e il quantum debeatur

Non rileva che il genitore inadempiente sia il figlio (o il discendente) degli ascendenti escussi poiché questi ultimi non sono fideiussori delle obbligazioni che i genitori assumono con la procreazione: la solidarietà familiare implica solo l'obbligo di mantenimento o di prestare gli alimenti, ma non anche una responsabilità patrimoniale sussidiaria per i debiti dei propri discendenti (Cass. civ. 23 marzo 1995 n. 3402, Trib. Messina 14 luglio 2007).

La solidarietà grava in egual misura su tutti gli ascendenti in ordine di prossimità, senza distinzione tra linea materna e paterna; inoltre il contributo degli ascendenti prossimi esclude quello di grado ulteriore. L'ordine di prossimità” degli obbligati postula che, qualora vi siano più ascendenti di pari grado, tra di essi sorga un'obbligazione solidale, e vale esclusivamente nei rapporti interni il medesimo criterio di proporzionalità stabilito dalla legge per i coniugi.

Nella ripartizione dell'obbligo tra tutti gli ascendenti di pari grado si applica per analogia il criterio proporzionale utilizzato per i genitori, effettuando una valutazione comparativa della situazione patrimoniale e reddituale di tutti gli obbligati (App. Ancona 27 marzo 2010). Sarà esonerato dalla prestazione solo l'ascendente che non dispone di risorse sufficienti a far fronte ai propri bisogni e contemporaneamente al mantenimento dei nipoti (Cass. civ. 23 marzo 1995 n. 3402, Trib. Reggio Calabria 18 maggio 2007).

Inoltre, è corretto tener conto anche di eventuali elargizioni fatte in precedenza ai figli.

Altra caratteristica dell'obbligo degli ascendenti è quella di ammettere il loro intervento a parziale integrazione di quanto già adempiuto dai genitori: il rimedio di cui all'articolo 148 c.c. (316-bis c.c.) può essere quindi legittimamente esperito anche laddove si lamenti la mera insufficienza delle somme corrisposte, posto che la disposizione normativa non contempla la necessità della ricorrenza di un inadempimento integrale (Trib. Trieste 21 marzo 2005, Trib. Teramo 4 giugno 2017).

L'obbligazione, inoltre, può essere adempiuta in concorso con quella dei genitori ed essere con loro ripartita in base alle rispettive sostanze. Inoltre può essere richiesta negli stretti limiti di quanto necessario al raggiungimento del risultato e solo finchè perdura lo stato di incapacità dei genitori a provvedere per l'intero.

Si reputa che non rilevino direttamente le condizioni economiche dei nonni, così da pretendere che i nipoti godano del loro stesso tenore di vita; ciò in quanto al di fuori della famiglia cd. Nucleare, la solidarietà familiare si attenua per cui ciascun congiunto al di fuori della stretta cerchia, ha il diritto di riservare per sé le proprie risorse, soccorrendo gli altri solo in caso di bisogno (Cass. 23 marzo 1995 n. 3402, Trib. Vicenza 4 settembre 2009).

Obbligo di mantenimento e obbligazione alimentare a carico degli ascendenti

L'obbligo degli ascendenti differisce da quello primario di mantenimento che grava sui genitori e rispetto al quale è sussidiario. Nella relazione tra genitori e figli l'obbligo include l'assistenza morale e il mantenimento inteso come obbligazione pecuniaria che deve tendere a garantire un tenore di vita dell'obbligato e del beneficiario omogeneo.

Al di fuori della stretta cerchia familiare, l'obbligo si attenua e il dovere di assistenza, che ha carattere prevalentemente patrimoniale, sorge solo se il beneficiario (genitore) non ha i mezzi adeguati per mantenere i figli e non può procurarseli mettendo a frutto la capacità lavorativa.

Il contributo degli ascendenti viene solitamente accostato all'obbligazione alimentare di cui agli artt. 433 ss. c.c (Trib. Vicenza decr. Pres. 4 settembre 2009). L'obbligazione di cui agli artt.148-316-bis c.c. e quella alimentare sono espressione della medesima funzione assistenziale che il legislatore attribuisce alla famiglia “allargata” quale ambito assistenziale privilegiato per far fronte ai bisogni della famiglia.

Entrambe sorgono in uno stato di bisogno determinato dall'insufficienza dei mezzi dei genitori, entrambe gravano su tutti gli ascendenti in ordine di prossimità senza distinzione tra linea paterna e materna e il contributo degli ascendenti prossimi esclude i chiamati di grado ulteriore.

Di conseguenza, in giurisprudenza si applica la disciplina alimentare anche al contributo dei nonni, che non sono quindi chiamati a mantenere i nipoti nella stessa misura in cui i genitori devono farlo (in giurisprudenza, App. Bologna 27 febbraio 1985, secondo cui non incombe sui nonni l'obbligo di istruire e mantenere i nipoti ma solo un obbligo alimentare e di fornire ai figli i mezzi necessari perché possano provvedere ai loro compiti di genitori)

E ciò dunque anche sotto il profilo del quantum: il contributo a carico degli ascendenti non deve superare quanto sia necessario per la vita dell'alimentando, avuto però riguardo alla sua posizione sociale, e deve essere assegnato sia in proporzione del bisogno di chi lo domanda sia delle condizioni economiche di chi deve somministrarlo.

Esistano tuttavia anche delle differenze tra i due istituti che inducono ad escludere un'equiparazione totale. Intanto creditore dell'obbligazione degli ascendenti sono i figli e non i nipoti, mentre le disposizioni del codice civile in materia di alimenti prevedono che gli ascendenti sono tenuti in via diretta nei confronti dei nipoti. La riforma del 2012 avrebbe potuto eliminare questa distinzione, così attribuendo ai nipoti la possibilità di agire direttamente nei confronti degli ascendenti, e non averlo fatto è presumibilmente giustificato dalla volontà di evitare ogni forma di intromissione dei nonni nell'esercizio della responsabilità genitoriale.

Ne deriva, ad esempio, che i nonni non possono adempiere al loro obbligo ospitando i nipiti presso la loro abitazione.

Sotto il profilo della tutela, il contenuto dell'art. 316 bis serve a includere gli ascendenti tra gli obbligati per il quali è possibile la distrazione coattiva dei redditi in caso di inadempimento, così rafforzando la tutela della prole.

Il procedimento

Lo speciale procedimento monitorio ex art. 148 c.c. (oggi trasfuso nellart. 316-bis c.c.) è stato oggetto di un'evoluzione giurisprudenziale significativa e che ne ha ampliato notevolmente le potenzialità applicative. Si tratta di un rimedio efficace nel caso di inadempimento dell'obbligo di mantenimento anche per la particolare celerità e snellezza che lo caratterizza, consentendo che attraverso il decreto presidenziale, adottato previa audizione dell'inadempiente e sulla base di sommarie informazioni, si ottenga il risultato del versamento diretto di una quota dei redditi dell'obbligato al coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.

La formulazione normativa è generica anche laddove non è specificato se il soggetto che viene meno ai propri obblighi sia il genitore o l'ascendente, essendo menzionato solo l'inadempiente e l'obbligato: il che ha reso possibile un'applicazione estensiva della norma, confermata anche in sede legittimità (v. Corte cost., 14 giugno 2002, n. 236), che può, secondo la più recente interpretazione, essere utilizzata sia come mero strumento di distrazione dei redditi, mediante il trasferimento del credito attuato con l'ordine al terzo debitore dell'obbligato di versare quanto dovuto direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese di mantenimento, sia per ottenere la condanna del genitore o degli ascendenti al pagamento delle somme necessarie al mantenimento dei minori, indipendentemente dalla sussistenza di crediti verso terzi, essendo la ratio normativa quella di garantire alla prole in modo celere i mezzi necessari al suo mantenimento.

Il procedimento può essere attivato quindi anche quando la famiglia vive unita, ed anzi è a queste ipotesi che il procedimento si riferisce. L'evoluzione giurisprudenziale poi ne ha consentito l'applicazione anche dopo la disgregazione del nucleo, escludendosi tuttavia il ricorso al rimedio di cui all'art. 316-bis nel caso di procedimento di separazione in corso (mente sicuramente il rimedio è esperibile dopo la separazione, Trib. Lecce 3 marzo 2017 n. 941): in particolare è stato ritenuto che sussista continenza del procedimento ex art. 148-316-bis c.c. rispetto al giudizio di separazione coniugale successivamente introdotto dall'altro coniuge, in quanto quest'ultimo comprende anche la domanda relativa al mantenimento della prole (Trib. Napoli 17 luglio 2003, Trib. Asti 22 maggio 2017).

Chiunque ne abbia interesse può promuovere il procedimento: vale a dire il coniuge o comunque il genitore naturale (Cass. 3402/1995, Trib. Trieste 21 marzo 2005, Trib. Roma 13 dicembre 1993), ovvero gli ascendenti adempienti (sono legittimati anche i nonni affidatari nei confronti della prole minorenne: Trib. min. Bari 9 giugno 2010), i figli maggiorenni che pur convivendo con la famiglia contribuiscano ex art. 315-bis c.c. al mantenimento, e infine coloro che pur non essendo obbligati al mantenimento, sono tenuti a prestare gli alimenti, oltre agli istituti di assistenza presso cui la prole sia ricoverata.

Il Presidente del Tribunale ordinario del luogo in cui l'inadempiente ha la residenza, la dimora o il domicilio (non sussiste, invece, alcuna competenza del tribunale per i minorenni) può emettere il decreto nei confronti del genitore ovvero può porre l'obbligo a carico di terzi, quali appunto gli ascendenti (quando i genitori non abbiano i mezzi sufficienti), che dovranno corrispondere l'importo direttamente al genitore che si prende cura del figlio o comunque di chi sopporta le spese per il mantenimento ed educazione della prole (v. Trib. Messina, 10 maggio 1991), ovvero il datore di lavoro (ipotesi più frequente ma può trattarsi anche di redditi da capitale, o derivanti da trattamenti di quiescenza, rendite di vario tipo, canoni periodici-quali, ad esempio, il corrispettivo di locazioni) cd “terzo debitore in senso stretto” del genitore inadempiente, il quale quindi verserà all'altro periodicamente una quota dei redditi dell'obbligato inadempiente.

Non è necessario che l'inadempimento risulti accertato precedentemente: essendo l'inadempimento mero presupposto di fatto esso è oggetto di valutazione della ricorrenza del periculum in mora.

In relazione al regime delle eccezioni, potranno essere opposte tutte le eccezioni fondate sul rapporto di provvista, fra obbligato principale e terzo debitore, e quelle connesse al rapporto di valuta, tra beneficiario e obbligato principale, relativamente all'esistenza e all'ammontare del credito. Risultano inoltre inefficaci nei confronti del ricorrente vittorioso gli atti posti in essere dall'obbligato principale e dal terzo debitore sul credito oggetto della distrazione (ad es. remissione di debito, cessione del credito, e così via), mentre non rilevano le vicende intervenute prima della domanda.

Il decreto che conclude il procedimento è titolo esecutivo e deve essere notificato agli interessati e al terzo debitore: solo a notifica avvenuta al debitor debitoris si realizza l'indisponibilità del credito, sicchè il terzo non si libera dall'obbligo pagando il creditore originario

Il decreto presidenziale diviene definitivo se non opposto nelle forme previste dall'art. 645 c.p.c. per il decreto ingiuntivo ed è impugnabile nelle forme dell'opposizione a decreto ingiuntivo davanti al Tribunale che lo ha emesso, e non nelle forme del reclamo alla Corte d'appello (Cass. civile 17 aprile 2007 n. 9132). La Corte di legittimità ha stabilito che il decreto suddetto non è titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale sui beni del terzo poiché l'art. 148 c.c. richiama solo le norme relative all'opposizione a decreto ingiuntivo e non anche l'art. 655 c.p.c: quindi il decreto pronunciato nei confronti dell'obbligato e del terzo estraneo al giudizio, costituisce solo titolo esecutivo. Costituisce invece titolo per iscrizione di ipoteca il decreto emesso nei confronti del solo obbligato (genitore o ascendente) poiché si tratta di decreto ingiuntivo esecutivo ex lege (Corte Cost. 14 giugno 2002 n. 236)

L'opposizione va promossa nel termine di 20 giorni dalla notificazione del decreto; può essere concessa sia la provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. che la sospensione a norma dell'art. 649 c.p.c. se sussistono gravi motivi.

Il decreto reso all'esito del procedimento ha efficacia rebus sic stantibus (Trib. Messina 26 aprile 2017 n. 1179, Trib. Lecce 3 marzo 2017 n. 941), il che implica che al mutamento delle circostanze sussistenti al momento in cui viene emesso, sia le parti che il terzo debitore di uno dei coniugi possono chiederne la modificazione e la revoca nelle forme dell'ordinario procedimento di cognizione. Se il quantum dovuto viene modificato, si è ritenuto che la sentenza debba essere munita di clausola di provvisoria esecuzione ai sensi dell'art. 282, comma 2 c.p.c. onde evitare il pregiudizio derivante da un eventuale ritardo nell'esecuzione della pronuncia (in dottrina Finocchiaro F., Matrimonio, 2 ed., in Comm. Scialoja, Branca sub artt. 84-158 c.c., Bologna-Roma, 335)

La revoca può essere chiesta anche nell'ambito del giudizio d'opposizione al decreto di condanna quando alla luce di una cognizione piena della controversia si ritenga non sussistano i presupposti per l'obbligo di contribuzione a carico degli ascendenti (Cass. civile 22 luglio 2013 n. 17831)

Nell'ambito di detto giudizio, nel quale l'accertamento della fondatezza della pretesa creditoria viene condotto con tutte le garanzie del contraddittorio e alla stregua anche degli ulteriori elementi di prova addotti in quella sede, si esclude che l'opposto possa svolgere domanda riconvenzionale nei confronti dell'opponente, salvo che ne sorga l'esigenza a seguito di domanda riconvenzionale proposta da quest'ultimo (Trib. Prato 22 novembre 2011).

Conclusioni

Il concorso degli ascendenti nell'obbligo dei genitori di mantenere la prole rappresenta la prova del ruolo riconosciuto alla famiglia allargata nell'assistenza morale e materiale dei minorenni.

La funzione di mantenimento e quella educativa permangono tuttavia in capo ai genitori, e l'ordinamento deve premunirsi di evitare situazioni in cui gli ascendenti fungano da meri elargitori di denaro (oppure che quello fornito non venga poi effettivamente impiegato per il mantenimento della prole) tanto più oggi che è riconosciuto il diritto dei minori a conservare un rapporto con gli ascendenti e il correlato diritto degli ascendenti di coltivare il rapporto con i nipoti anche in caso di “separazione” della coppia genitoriale: è sempre possibile quindi sollecitare il controllo sull'esercizio della responsabilità genitoriale mediante gli strumenti ordinari, quali la richiesta di provvedimenti limitativi o ablativi nel caso in cui i genitori conviventi pregiudichino l'interesse dei figli impedendo loro la costituzione e il mantenimento di un valido rapporto con i nonni.

Riferimenti

M. Bessone, Rapporti etico sociali artt. 29-31 Cost., in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, Bologna-Roma 1976, 86 ss.;

A.M. Finocchiaro, Diritto di Famiglia, I, Milano, 1984, sub art. 147 c.c.;

M. Paradiso, I rapporti personali tra coniugi, in Il codice civile, commentario, diretto da Schlesinger, Milano, 1990, 306 ss;

A. Trabucchi, Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio, in Comm. Dir. It. Fam., diretto da Cian, Oppo, Trabucchi, II, Padova, 1992;

M. Dogliotti, Doveri familiari e obbligazione alimentare, in Tratt. Dir. Civ. Comm. già diretto da Cicu Messineo e continuato da Mengoni, Milano, 1994;

M. Sesta, Genitori e figli naturali: il rapporto, in Sesta Lena Valignani, Filiazione naturale: statuto e accertamento, Milano 2001, 21 ss sull'art. 148-316 bis c.c.:

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