In caso di rimborso IVA l'Amministrazione deve restituire anche il costo della fideiussione

Francesco Brandi
15 Febbraio 2021

L'Amministrazione finanziaria è tenuta a restituire al contribuente anche la fideiussione in caso di rimborso IVA. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 22720 del 20 ottobre 2020, ha accolto il ricorso di una società che aveva chiesto e incassato il rimborso dell'IVA ma chiedeva anche le spese sostenute per la fideiussione.
Massima

L'Amministrazione finanziaria è tenuta a restituire al contribuente anche la fideiussione in caso di rimborso IVA. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 22720 del 20 ottobre 2020, ha accolto il ricorso di una società che aveva chiesto e incassato il rimborso dell'IVA ma chiedeva anche le spese sostenute per la fideiussione.

Il caso

Ribaltato dunque l'esito dei gradi di merito.

In particolare, secondo la CTR Umbria, il rimborso di tali oneri non spetta quando sia mancata un'attività di accertamento in ordine alla debenza dell'imposta e la garanzia sia richiesta per l'eventuale restituzione del credito di imposta rimborsato dall'amministrazione finanziaria.

Nell'accogliere il ricorso la Cassazione richiama un suo precedente (n. 16409/2015) secondo cui l'art. 8 della Legge n. 212/2000, concernente il diritto al rimborso del costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi, ha natura immediatamente precettiva, imponendo all'A.F. l'obbligo di provvedere quando sia definitivamente accertato che l'imposta non era dovuta o era dovuta in misura inferiore rispetto a quella accertata. La norma comprende i costi di tutte le fideiussioni che il contribuente ha richiesto, dovendosi chiaramente intendere l'espressione "ha dovuto richiedere" non nel senso dell'esistenza di un ipotetico obbligo normativo in tal senso, bensì con riferimento alla necessità (onere) della richiesta della fideiussione in rapporto allo scopo perseguito (ottenere la sospensione del pagamento di tributi o la rateizzazione o il rimborso).

Infatti, secondo Cass. 19751/2013, va attribuita portata generale al diritto al rimborso dei costi per le polizza fideiussorie indipendentemente dalla fisionomia della controversia tributaria "(sia che la stessa debba individuarsi con riferimento al credito d'imposta vantato dal contribuente, sia che debba invece individuarsi, come nella specie, con riferimento alla imposta o maggiore imposta pretesa dall'Amministrazione finanziaria in seguito all'avvenuto rimborso del credito IVA)".

Una diversa opzione in effetti frustrerebbe l'esigenza presidiata dalla disposizione di preservare l'integrità patrimoniale dei contribuenti, a fronte di una pretesa impositiva infondata o di una legittima pretesa al rimborso di somme dovute, e, per conseguenza, rischierebbe di entrare in frizione col diritto unionale (cfr. in senso conforme Cass. 16409/2015).

La questione

La questione fondamentale trattata dalla possibilità da parte contribuente di richiedere il rimborso dei costi che ha dovuto sopportare per fornire all'Erario le garanzie richieste quando queste si sono rivelate inutili per essere stato il rimborso Iva considerato legittimo e quindi riconosciuto.

La soluzione giuridica

Secondo la tesi della Cassazione quella dello Statuto del contribuente è una disciplina sufficientemente compiuta, essendo stabiliti i presupposti dell'insorgenza del diritto al rimborso, il suo oggetto, il soggetto tenuto a provvedere ed il soggetto avente diritto, e dunque tale da attribuire al contribuente un diritto soggettivo perfetto, posto a tutela della sua integrità patrimoniale. Non è necessaria quindi, per la sua operatività, l'emanazione del decreto ministeriale richiamato dal comma 6 (cfr. Cass. 5508/2020).

Questo principio, spiegano gli Ermellini, è coerente con la giurisprudenza unionale secondo la quale l'autonomia di cui godono gli Stati membri nello stabilire le modalità di rimborso dell'eccedenza di Iva non può spingersi sino a ledere il principio di neutralità fiscale gravando il soggetto passivo, in tutto o in parte, del peso di tale imposta, dovendo a questi essere consentito di recuperare, in condizioni adeguate, la totalità del credito, con la conseguenza che il rimborso deve essere effettuato entro un termine ragionevole e che, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non faccia correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo (Corte Giust. 28 febbraio 2018, causa C-387/16, punto 24; 6 luglio 2017, causa C-254/16, Glencore Agriculture Hungary, punto 20; 12 maggio 2011, causa C-107/10, Enel Maritsa Iztok 3, punto 33).

Osservazioni

Il sistema italiano dei rimborsi IVA, d'altronde, ha indotto la Commissione europea a promuovere nei confronti dell'Italia una procedura d'infrazione (la n. 2013/4080), giunta allo stadio della messa in mora ex art. 258 del TFUE.

Il legislatore italiano, per evitare sanzioni, ha dovuto modificare la disciplina dei rimborsi: ha dapprima novellato il primo comma dell'art. 38-bis escludendo la necessità della prestazione di garanzia, salvo casi specifici (art. 13 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175); poi ha elevato da 15.000 a 30.000 euro la soglia dei rimborsi eseguibili senza alcun adempimento (art. 7-quater, comma 32, del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, conv., con mod., dalla I. 1 dicembre 2016, n. 225); infine, per le ipotesi residue in cui il soggetto che chiede il rimborso presenti profili di rischio e continui a essere tenuto alla prestazione di una garanzia, ha previsto il versamento di una somma forfetaria a titolo di ristoro delle spese sostenute per il rilascio della garanzia, per ogni anno di durata di questa, da corrispondere quando sia stata definitivamente accertata la spettanza del rimborso (art. 7 L. 20 novembre 2017, n. 167).

Sul punto si segnala, in senso conforme, anche la sentenza n. 1184/19/2019 con cui la CTP di Milano ha stabilito che l'art. 8 comma 4 dello Statuto dei diritti del contribuente, in base al quale l'Amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere il rimborso dei tributi, ha carattere immediatamente precettivo, a dispetto della mancata emanazione del Dm attuativo. Ciò in quanto la norma definisce in modo completo gli elementi costitutivi del diritto di credito, a fronte del quale corrisponde non già l'esercizio di una potestà discrezionale dell'amministrazione finanziaria, bensì una condotta vincolata.

Del resto la norma comprende i costi di tutte le fideiussioni che il contribuente ha richiesto, dovendosi chiaramente intendere l'espressione "ha dovuto richiedere" non nel senso dell'esistenza di un ipotetico obbligo normativo in tal senso, bensì con riferimento alla necessità (onere) della richiesta della fideiussione in rapporto allo scopo perseguito (ottenere la sospensione del pagamento di tributi o la rateizzazione o il rimborso).

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