La Corte di Cassazione ribadisce la condanna alle spese per il soccombente anche se l'Ufficio si difende con propri funzionari

05 Marzo 2021

In tema di contenzioso tributario, nell'ipotesi in cui l'Ufficio (nella specie ente comunale) si difenda in giudizio a mezzo di propri funzionari, e risulti vittorioso, ai sensi dell'art. 15, comma 2 bis, del d.lgs. n. 546 del 1992 (applicabile ratione temporis a seguito delle modifiche introdotte con d.l. 24.1. 2012 n.1, convertito con modificazioni dalla l. n. 27 del 2012), il contribuente soccombente è tenuto al pagamento delle spese di lite, commisurate al compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo, ivi previsto.
Massima

In tema di contenzioso tributario, nell'ipotesi in cui l'Ufficio (nella specie ente comunale) si difenda in giudizio a mezzo di propri funzionari, e risulti vittorioso, ai sensi dell'art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. n. 546/1992 (applicabile ratione temporis a seguito delle modifiche introdotte con d.l. 24 gennaio 2012 n.1, convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2012), il contribuente soccombente è tenuto al pagamento delle spese di lite, commisurate al compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo, ivi previsto.

Il caso

Il Comune X aveva notificato alla società Y una cartella esattoriale, relativa ad omesso pagamento dell'ICI per un immobile di proprietà della contribuente.

La cartella veniva impugnata dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma in ragione della irregolarità della notifica, della inesistenza giuridica del titolo esecutivo e della prescrizione e decadenza dell'avviso di accertamento che si assumeva mai notificato. L'adita Commissione respingeva il ricorso e la contribuente spiegava appello, riproponendo le questioni introdotte con il giudizio di primo grado. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio riteneva infondato il gravame, condannando la società al pagamento delle spese di lite a favore dell'Ufficio.

Avverso alla pronuncia, la società Y ricorre per cassazione, lamentando inter alia la statuizione relativa alla condanna alle spese disposta dal giudice di appello, deducendo, in particolare, il vizio di violazione di legge ex art. 360, comma 3, c.p.c. con riferimento agli artt. 91 e 92 c.p.c., atteso che quando l'Amministrazione fiscale, vittoriosa, venga assistita e difesa da propri funzionari, non spetterebbe la liquidazione dei diritti ed onorari di avvocato, difettando tale qualifica in capo ai funzionari, ma solo le spese vive sostenute, da indicarsi in apposita nota.

I giudici di legittimità statuiscono l'infondatezza delle critiche dalla contribuente, assumendo che dalla piana lettura delle norme che regolamentano la disciplina delle spese nel giudizio tributario, è agevole desumere che la parte soccombente è tenuta al rimborso delle spese di lite a favore dell'Ufficio (nella fattispecie un ente comunale) il quale si sia costituito con propri funzionari. Il ragionamento logico-giuridico seguito dalla Corte si fonda proprio sul quadro normativo di riferimento e, in particolare, sull'art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. n. 546/1992, applicabile ratione temporis a seguito delle modifiche apportate dal d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2012, il quale dispone che, nel caso in cui la parte pubblica, risultata vittoriosa, sia stata assistita da un proprio funzionario o da un proprio dipendente, si applica per la liquidazione il compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo, ivi previsto. La disposizione, pertanto, prevede espressamente la liquidazione dei compensi per l'attività difensiva svolta in giudizio dai funzionari dell'Amministrazione fiscale.

La decisione si trova in linea con l'indirizzo espresso dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, la quale ha, in più occasioni, ribadito: “Nel processo tributario, all'ente comunale (nella specie, un Comune) assistito in giudizio da propri dipendenti spetta, in caso di vittoria nella lite, la liquidazione delle spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, in quanto l'espresso riferimento a tali voci (spese e riduzione onorari), contenuto nell'art. 15, comma 2 bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, conferma il diritto dell'ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l'assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti, che sono legittimati a svolgere attività difensiva nel processo” (Cass. n. 23055/2019). Indirizzo che viene condiviso dal Collegio giudicante, che afferma: “...A tale citato orientamento questa Corte intende dare continuità, non tralasciando che, di recente, è intervenuto un diverso orientamento giurisprudenziale sul punto...”.

Infatti, una recente pronuncia, l'ordinanza n. 27444/2020, ha sostenuto una tesi contraria all'indirizzo prevalente della giurisprudenza di legittimità (e di merito) sulla questione, assumendo l'esclusione dei compensi, e facendo riferimento a principi che analogicamente non possono essere riferiti alla specificità del contenzioso fiscale.

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in commento, si fa carico di esaminare le ragioni che portano a ribadire l'obbligo di rimborso delle spese di lite a favore dell'Ufficio che non si avvale del ministero del difensore, evidenziando come la normativa tributaria si fonda su una diversa e specifica disciplina, dalla quale si desume che: “ il processo ha una sua autonomia, non solo per specifiche disposizioni normative, ma anche, evidentemente, per la gestione del processo stesso, che, al di là di quello che avviene nel contesto di altri procedimenti, richiede una particolare competenza nella trattazione, sia che si trovi in presenza di difesa tecnica, sia che questa difesa, sulla base delle stesse norme procedurali, sia svolta da un funzionario o dipendente all'uopo delegato”.

La questione

La questione esaminata dalla Corte di Cassazione riguarda la legittimità o meno, nell'ambito di un giudizio dinanzi alle Commissioni Tributarie, della condanna di un contribuente, rimasto soccombente, al pagamento delle spese processuali in favore dell'Ufficio (nella specie un ente comunale), nel caso cui quest'ultimo si difenda in giudizio avvalendosi di propri funzionari appartenenti all'ufficio legale dell'ente e non dell'Avvocatura dello Stato o di un avvocato del libero foro.

Le soluzioni giuridiche

L'ordinanza n. 4773 del 2021 ha il pregio di chiarire ed eliminare qualsiasi dubbio sulla questione della liquidazione delle spese di lite a favore dei funzionari che assumono la difesa tecnica dell'Ufficio, facendosi carico di eliminare l'equivoco generato dalla pronuncia n. 27444 del 1.12.2020 (si veda su questo portale: Giurispurndeza commentata a cura di Francesco Spina, Niente spese processuali per il contribuente soccombente nel merito se l'AdE è stata in giudizio senza difensore, IlTributario.it, 25 febbraio 2021), ed illustrando le ragioni per le quali si prendono le distanze dalla suddetta decisione, che, in contrasto con l'indirizzo consolidato, ha escluso che la parte privata possa essere condannata al pagamento delle spese processuali sostenute dall'Ufficio che non si sia avvalso del ministero di un difensore.

I giudici di legittimità, riportando in motivazione le argomentazioni sostenute nell'ordinanza n. 27444 cit., evidenziano come i riferimenti giurisprudenziali, utilizzati dal collegio giudicante a sostegno delle proprie conclusioni, non possono essere correttamente richiamati, proprio in ragione della peculiarità e specificità del processo tributario. Le decisioni n. 11389 del 2011 e n. 18066 del 2007, infatti, sono riferite a giudizi diversi da quello tributario: la prima pronuncia riguarda un giudizio promosso innanzi al giudice di pace, in materia di opposizione a sanzione amministrativa, mentre la seconda esamina un ricorso proposto dinanzi al tribunale ordinario.

La Corte chiarisce che: “la normativa tributaria si fonda, tuttavia, su una diversa e più specifica disciplina”, sicchè il legislatore ha espressamente stabilito, ai sensi dell'art. 9, comma 1, lett. f) n. 2 sexies del d.lgs. n. 156 del 2015, applicabile dal 1.1.2016, che : “Nella liquidazione delle spese a favore dell'ente impositore, dell'agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto. La riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza”.

Dall'esame delle disposizioni che riguardano la regolamentazione delle spese di lite nei giudizi in cui l'Amministrazione finanziaria si avvale per la difesa tecnica di propri funzionari, la Corte rileva le caratteristiche del processo tributario, da cui discende l'autonomia rispetto ad altri giudizi, e ciò giustificherebbe la più ampia discrezionalità del legislatore nel dettare la norme processuali, con il solo limite della non irrazionale predisposizione degli strumenti di tutela (v. Corte Costituzionale ord. n. 292/2010, ord. n. 117 del 1999 citate in motivazione).

I giudici di legittimità richiamano quanto affermato dalla Consulta nell'ordinanza n. 117 del 1999, investita del tema della disparità di trattamento tra la normativa di cui all'art. 23 legge n. 689/81 (modifiche al sistema penale) e dell'art. 91 c.p.c., ed in particolare: “un modello processuale non necessariamente deve costituire un parametro per un rito diverso, essendo giustificata la non simmetrica costruzione delle norme processuali in tema di spese di lite, allorquando esse si sostanzino in strumenti processuali ricollegati a differenti sistemi, in sé compiuti ed affatto autonomi, diretti a regolare materie non omogenee. In tal senso, la Corte ha fatto esplicito riferimento al processo tributario (art. 15 d.lgs. n. 546/1992), indicandolo come riferimento idoneo per ritenere sussistente la violazione del principio di uguaglianza tra le norme citate”.

In evidenza

In tema di spese processuali nel giudizio tributario, la Corte si è recentemente espressa con l'ordinanza n. 27444 del 1 dicembre 2020, affermando che nell'ambito di un giudizio promosso dinanzi alle Commissioni Tributarie, non è legittima la condanna del contribuente, rimasto soccombente, al pagamento delle spese processuali in favore dell'Agenzia delle Entrate nel caso in cui quest'ultima si difenda avvalendosi di propri funzionari appartenenti all'ufficio legale dell'ente e non con l'Avvocatura dello Stato o di un legale del libero foro.

Questo indirizzo si contrappone a quello da sempre sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui”: In tema di contenzioso tributario, l'art. 15, comma secondo-bis, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce che, nella liquidazione delle spese a favore dell'ente locale, se assistito da propri dipendenti, si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti. Lo specifico riferimento alle spese processuali ed alla riduzione percentuale dei soli onorari di avvocato chiarisce il diritto dell'ente alla rifusione dei costi affrontati, sia dei compensi spettanti per l'assistenza tecnica fornita in giudizio dai dipendenti, tra i quali la tariffa forense – approvata con D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 – comprende, oltre agli onorari, anche i diritti di procuratore (che rappresentano il compenso analitico per l'attività eminentemente formale che il professionista è legittimato a svolgere nel processo), e, ai sensi dell'art. 15 della tariffa medesima, un rimborso forfettario delle spese generali in ragione del dieci per cento sull'importo degli onorari e dei diritti” (Cass. n. 15858/2001, conf. Cass. n. 15546/2004, Cass. n. 5957/2007, Cass. n. 8622/2007)

Le conclusioni della Corte di Cassazione

A conclusione del proprio percorso argomentativo, i Giudici della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione affermano, quindi, che ai sensi dell'art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. n. 546/1992, nel caso in cui la parte pubblica, risultata vittoriosa, sia stata assistita da un proprio funzionario o da un proprio dipendente, si applica per la liquidazione il compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto.

Osservazioni

Il legislatore ha previsto anche in altre occasioni l'estensione dello ius postulandi ai funzionari che difendono in giudizio la propria amministrazione, stabilendo espressamente (in alcuni casi) che hanno diritto al compenso professionale secondo le tariffe forensi, pur non rivestendo il funzionario pubblico la qualifica di avvocato.

A titolo esemplificativo, l'art. 23, comma 4, della l. n. 689/81, ora abrogato, prevede che, nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, l'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato possa avvalersi di funzionari appositamente delegati; l'art. 10, comma 6, d.l. n. 203 del 2005, conv. in l. n. 248/2005, oggetto di successive modifiche, statuisce che nei procedimenti giurisdizionali in materia di accertamento tecnico preventivo, l'Inps, con esclusione del giudizio di cassazione, è rappresentato e difeso direttamente da propri dipendenti; l'art. 417-bis c.p.c. statuisce che, nelle controversie relativi ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, limitatamente al giudizio di primo grado, le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti. In questi casi, la scelta del legislatore, come per il processo tributario, è stata indotta dal fatto che, in alcuni casi, la difesa del funzionario garantisce una professionale e competente tutela dell'Ufficio, tenuto conto della specialità del contenzioso, caratterizzato anche da una disciplina molto tecnica, che necessita di una preparazione adeguata tale da consentire un'efficace difesa.

In ragione di siffatta difesa, in ipotesi di esito vittorioso della lite, l'Amministrazione ha diritto alla liquidazione dei compensi.

Nel giudizio tributario, la liquidazione delle spese di lite a favore dell'Ufficio vittorioso, in fattispecie in cui quest'ultimo si avvalga della difesa tecnica di propri funzionari (facoltà concessa ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 546/1992), è espressamente prevista e determinata secondo i criteri individuati dall'art. 15 del d.lgs. n. 546/1992. La peculiarità della previsione normativa viene correttamente giustificata dalla Corte di Cassazione sulla base della stessa particolarità del processo tributario.

La disciplina delle spese contenuta nell'art. 15 del d.lgs. cit., (di recente modificato dall'art. 9, comma 1, lettera f) d.lgs. n. 156/2015), è stato certamente un elemento innovativo rispetto all'assetto normativo precedente, considerato che l'art. 39 del d.P.R. n. 636/1972, nel richiamare le norme del codice di procedura civile, escludeva ogni ingresso, nel giudizio davanti alle Commissioni, degli articoli da 90 a 97 c.p.c., rivolti appunto alla responsabilità delle parti per le spese e per i danni processuali (nonostante tali norme fossero indubbiamente applicabili nei gradi che si svolgono avanti la Corte d'Appello e la Corte di Cassazione). La disposizione ha, quasi subito, generato dubbi di legittimità costituzionale.

Tali dubbi sono stati ampiamente superati proprio sulla base del rilievo che il contenzioso tributario si configura come un processo strutturalmente diverso e più snello rispetto all'ordinario procedimento civile (v. Corte cost. 24 novembre 1982, n. 196; Corte cost., 28 aprile 1989, n. 244; Corte cost. 22 febbraio 1990, n. 79; Corte cost. 24 gennaio 1991, n. 29), sicchè non è irragionevole prevedere disposizioni peculiari anche con riferimento alla liquidazione delle spese di lite. Il legislatore, con l'art.15 d.lgs. cit., ha affermato il diritto dell'Ufficio alla rifusione dei costi affrontati, nonchè dei compensi spettanti per l'assistenza tecnica fornita in giudizio dai dipendenti. Né può assumere rilievo, ai fini dell'esclusione del diritto al compenso, l'assunto che il funzionario dipendente si trovi in rapporto di immedesimazione organica con l'ente rappresentato (v. Cass. n. 8622/2007).

La previsione del comma 2 sexies dell'art. 15 cit. stabilisce espressamente che: “nella liquidazione delle spese a favore dell'ente impositore, dell'agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto”. Con riguardo alla quantificazione dei compensi spettanti ai funzionari delegati alla difesa tecnica dell'Amministrazione, i giudici di legittimità hanno chiarito che: “ Il D.P.R. n. 546 del 1992, art. 15, comma 3, stabilisce che nella liquidazione delle spese a favore dell'ente locale, se assistito da propri dipendenti, si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti. Lo specifico riferimento alle spese processuali ed alla riduzione percentuale dei soli onorari di avvocato chiarisce il diritto dell'ente alla rifusione sia dei costi affrontati e sia dei compensi spettanti per l'assistenza tecnica fornita in giudizio dai propri dipendenti, tra i quali la tariffa forense comprende oltre che gli onorari anche i diritti di procuratore, che rappresentano il compenso analitico per l'attività eminentemente formale che il professionista è legittimato a svolgere nel processo, e, ai sensi dell'art. 15, un rimborso forfetario delle spese generali in ragione del dieci per cento sull'importo degli onorari e dei diritti (Cass. n. 8622/2007; conf. n. 15858/2001; n. 15546/04)”.

La completa ricostruzione dell'istituto rinvenibile nella decisione n. 4473 del 2021 della Corte, anche alla luce dei principi espressi dalla giurisprudenza costituzionale, si è resa necessaria per chiarire i dubbi interpretativi sorti immediatamente dopo la pronuncia n. 27444 del 2020, che avrebbero potuto dare seguito a inutili contenziosi, tenuto conto che il regime delle spese del processo tributario è regolamentato specificamente da disposizioni normative, più volte oggetto di interpretazione da parte della giurisprudenza di legittimità con indirizzo ampiamente condiviso.

Bibliografia

Dottrina

L. Sgarbi, Ius postulandi, uffici per la gestione del contenzioso e notificazioni, in Caringi – D'Antona, (a cura di), Il lavoro del dipendente nelle amministrazioni pubbliche, II, ed. Milano, 2000, tomo III.

Batistoni-Ferrara, La giurisdizione speciale tributaria nell'ultima giurisprudenza della Corte costituzionale, in Rass.Trib, 4/2008, 1055.

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