“Sede effettiva”: ha rilievo il luogo in cui vengono adottate le decisioni strategiche

Ignazio Gennaro
08 Marzo 2021

In tema di “esterovestizione”, ai fini delle Imposte sul reddito, si considerano “residenti” le società che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la “sede legale” o dell'amministrazione nel territorio dello stato. Per “sede legale” deve intendersi quella “effettiva”: ovvero il luogo dove hanno concreto svolgimento le attività amministrative, decisionali e di direzione della società. L'onere della prova della sussistenza dei presupposti impositivi previsti dall' art. 73 del Tuir e dell'eventuale “controllo di fatto” spetta all'Agenzia delle entrate.
Massima

In tema di “esterovestizione”, ai fini delle Imposte sul reddito, si considerano “residenti” le società che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la “sede legale” o dell'amministrazione nel territorio dello stato. Per “sede legale” deve intendersi quella “effettiva”: ovvero il luogo dove hanno concreto svolgimento le attività amministrative, decisionali e di direzione della società. L'onere della prova della sussistenza dei presupposti impositivi previsti dall' art. 73 del Tuir e dell'eventuale “controllo di fatto” spetta all'Agenzia delle entrate.

Il caso

L'Agenzia delle Entrate di Trapani, a seguito di pvc della Guardia di Finanza, emetteva nei confronti di due Contribuenti di Mazzara del Vallo – contrattualmente incaricati da un armatore libico della gestione dei servizi portuali di assistenza “a terra” ai propri pescherecci - altrettanti Avvisi di accertamento con i quali contestava loro violazioni in tema di Ires ed Iva ed irrogava le relative sanzioni per gli anni di imposta 2013 e 2014.

L'Amministrazione riteneva che i due cittadini mazzaresi fossero “di fatto” rappresentanti legali di una società operante nel settore della pesca marittima, formalmente con sede legale a Misurata in Libia ma con sede “effettiva” nella cittadina portuale siciliana e che il rapporto contrattuale di collaborazione fosse soltanto una sorta di “paravento fiscale”.

L'Amministrazione aveva quindi proceduto a ricostruire induttivamente il reddito di impresa ed il volume della società asseritamente riferibile ai due mazzaresi ai sensi dell'art. 41 del d.P.R. n. 600/1973 e dell'art. 55 del d.P.R. n. 633/1972 sulla base di elementi raccolti per imprese similari.

I due contribuenti siciliani impugnavano i provvedimenti dinnanzi alla competente Commissione tributaria provinciale “...perchè non emessi né notificati agli stessi ‘in proprio', ...in quanto non produttivi di effetti nei loro confronti...”, ritenendo inoltre “…inefficaci gli avvisi di accertamento impugnati nei confronti della Società libica… in quanto non emessi né notificati alla stessa in persona del suo rappresentante di diritto...” atteso che nessuno dei due era “…in alcun modo titolato a rappresentare la società, né di diritto né di fatto non essendo quest'ultima società esterovestita, né in alcun modo amministrata...” dagli stessi.

L'Agenzia delle entrate si costituiva in giudizio, resisteva, insisteva nelle proprie pretese e concludeva per il rigetto.

La Commissione tributaria provinciale di Trapani, con la sentenza in commento, ha accolto il ricorso dei due cittadini mazzaresi ritenendo non sussistenti i presupposti per affermare “…che nel caso di specie potesse ravvisarsi provata un'ipotesi di esterovestizione...” e che comunque l'Agenzia non aveva “….dimostrato la ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 73 c. 5-bis o quater del Tuir, ossia l'esistenza di un certo tipo di controllo qualificato tra gli amministratori di fatto e la società libica...”.

La questione

Ai fini delle Imposte sul reddito, con riferimento alla individuazione della “sede effettiva” dell'amministrazione societaria - nell' accezione di “luogo in cui vengono adottate dal gruppo dirigente le decisioni di maggiore rilevanza strategica” - si considerano “residenti” quelle società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno sede legale o dell'Amministrazione nel territorio italiano.

Nel concreto, quindi, la questione era stabilire se la “sede legale” (ufficialmente ubicata nella città libica di Misurata), coincidesse con la “sede effettiva”, ovvero il luogo in cui hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione della società e quindi se i due contribuenti mazzaresi ai quali era stato notificato l'Avviso di accertamento, potessero essere considerati “amministratori di fatto” della predetta società o comunque esercitassero sulla stessa una qualsivoglia forma di “controllo qualificato”.

La Commissione territoriale ha ritenuto che tale fattispecie non poteva identificarsi con quella riguardante i Contribuenti raggiunti dall'Avviso di accertamento “atteso che l'oggetto dell'attività della società libica consisteva nella pesca in acque marine e servizi connessi, che in Libia operava un reale amministratore...che le mansioni dei due cittadini mazzaresi erano stabilite nel contratto di collaborazione per lo svolgimento di attività di manutenzione dei motopesca di proprietà della stessa Società e per il disbrigo di pratiche amministrative e finanziarie nell'ambito del porto di Mazzara del Vallo, attività ufficializzate con procura notarile, in favore di uno dei Contribuenti mazzaresi” con la quale quest'ultimo “si impegna a dare assistenza tecnica ed amministrativa durante la permanenza dei motopesca della Società Libica nel porto di Mazzara”.

Il Collegio territoriale ha osservato, infine, che “l'Agenzia non ha dimostrato la ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 73 c. 5 bis o 5-quater del Tuir, ossia l'esistenza di un certo tipo di controllo qualificato fra gli amministratori di fatto e la società libica”.

Le soluzioni giuridiche

L'Agenzia delle entrate aveva ritenuto che la Società libica avesse sede “formalmente dichiarata” in Libia ma “sede amministrativa di fatto” a Mazzara del Vallo, presso i due Contribuenti raggiunti dall'Avviso di accertamento.

Pertanto, aveva proceduto con l'attribuzione d'ufficio del relativo codice fiscale e contestato la fittizia indicazione della sede societaria nella città nordafricana di Misurata.

Secondo i Giudici trapanesi però “l'art. 73 del Tuir ha dettato una compiuta e dettagliata disciplina dei casi in cui si realizza per legge il presupposto territoriale dell'imposizione in Italia, stabilendo una casistica che non lascia spazio all'interprete per una dilatazione estensiva di tali modelli archetipici, l'Agenzia avrebbe dovuto dimostrare che la società verificata aveva sede legale o la sede (effettiva) dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello stato”.

Passando alla disamina del fenomeno della localizzazione all'estero della residenza fiscale della compagine societaria, hanno richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (Sentenza del 12 settembre 2006 C – 1996/4) secondo la quale “la circostanza che una società sia stata creata in uno stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce, per se stessa, una abuso di tale libertà. L'obiettivo della libertà di stabilimento è quello di permettere ad un cittadino di uno stato membro di creare uno stabilimento secondario in un altro stato per esercitarvi le sue attività e di partecipare così, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato e di trarne vantaggio...”.

Osservazioni

Il Collegio di prima istanza, pertanto, ha ritenuto che nella fattispecie sottoposta non potesse essere provata un'ipotesi di esterovestizione in quanto “quel che rileva, ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, non è accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma accertare se il trasferimento in realtà vi è stato o meno, se, cioè l'operazione sia meramente artificiosa, consistendo nella creazione di una forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica”.

Ha evidenziato, inoltre, che “da parte dell'Agenzia delle entrate, nulla è dato sapere, circa la realtà economica della Società ricorrente in Libia, dove peraltro risulta (dall'analisi degli allegati) avere la sede, l'Amministrazione, tenere le scritture contabili e pagare le imposte...nè risulta, perché l'Ufficio nulla ha precisato al riguardo, se nel detto Stato la Società godesse effettivamente di un trattamento fiscale più favorevole rispetto a quello previsto dalla legge italiana, nè che vi siano state altre e diverse ragioni per la sua costituzione, non il suo trasferimento, all'estero”.

Riferimenti giurisprudenziali

L'art. 73 del Tuir, rubricato “Soggetti passivi” nel disciplinare puntualmente le ipotesi in cui deve intendersi realizzato il presupposto impositivo sul territorio nazionale, dispone (in sintesi) che “Sono soggetti all'imposta sul reddito, le società residenti nel territorio dello Stato...”.

Il comma 3 chiarisce che “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le societa' e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato…”.

ll successivo comma 5–bis, “salvo prova contraria”, considera “esistente nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione di societa' ed enti, che detengono partecipazioni di controllo se sono controllati, anche indirettamente da soggetti residenti nel territorio dello Stato sono amministrati da un consiglio di amministrazione o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato”.

Il comma 5-quater,salvo prova contraria”, disponeche “si considerano residenti nel territorio dello Stato le società che siano controllate direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia...”.

La Giurisprudenza di legittimità con costanti arresti ha statuito che ai fini delle Imposte sui redditi con l'espressione “esterovestizione” deve intendersi la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all'estero in particolare di un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale.

La Suprema Corte con recenti pronunce sul tema ha chiarito che “In tema di imposte sui redditi, ricorre l'ipotesi di esterovestizione allorché una società, la quale ha nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione, da intendersi come luogo in cui si svolge in concreto la direzione e gestione dell'attività di impresa e dal quale promanano le relative decisioni, localizzi la propria residenza fiscale all'estero al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa.” (Cassazione civile, sez. trib., 21/06/2019, n. 16697).

Ed ancora, “Ai fini della configurazione di un abuso del diritto di stabilimento, nell'ipotesi di esterovestizione, ossia di localizzazione fittizia della residenza fiscale di una società all'estero al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa, non è necessario accertare la sussistenza o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma occorre verificare l'effettività del trasferimento, cioè se la singola operazione sia meramente artificiosa, risolvendosi nella creazione di una forma giuridica che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica, fermo restando che la società esterovestita non è, per ciò solo, priva di autonomia giuridico-patrimoniale e, quindi, automaticamente qualificabile come "schermo" creato con l'unico obiettivo di farvi confluire i profitti degli illeciti fiscali”(Cassazione civile, sez. trib., 21/12/2018, n. 33234).

Alla luce di tali principi assume, quindi, specifico rilievo “la nozione di ‘sede dell'Amministrazione' in quanto contrapposta alla ‘sede legale' coincide con quella di ‘sede effettiva' (di matrice civilistica) intesa come il luogo ove hanno corretto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato o stabilmente utilizzato per l'accertamento, nei apporti interni con i terzi, degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell'impulso dell'attività dell'ente...”. (Cassazione Civile, Sez. V, n. 2869 del 7 febbraio 2013).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.