Valido l'avviso di accertamento firmato digitalmente e notificato in formato cartaceo

Matteo Pillon Storti
18 Marzo 2021

La Corte di Cassazione è stata chiamata ad esprimersi riguardo la legittimità degli atti impositivi in formato elettronico firmati digitalmente e sottoscritti in copia cartacea conforme all'originale. La Corte ha chiarito che, le norme del cd. Codice dell'Amministrazione Digitale, sono applicabili anche alle funzioni istituzionali di accertamento svolte dall'Agenzia delle Entrate, mentre non possono essere applicate alle attività e funzioni “ispettive e di controllo fiscale”. Tale decisione è stata motivata da un'approfondita valutazione riguardante la differenza fra attività accertativa e attività preliminare di verifica e controllo. In secondo luogo, i Giudici di legittimità hanno confermato l'inesistenza di alcun necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC. Da ciò ne deriva che nulla impedisce la notifica secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta di una copia analogica di un documento informatico conforme all'originale.
Massima

La Corte di Cassazione è stata chiamata ad esprimersi riguardo la legittimità degli atti impositivi in formato elettronico firmati digitalmente e sottoscritti in copia cartacea conforme all'originale. La Corte ha chiarito che, le norme del cd. Codice dell'Amministrazione Digitale, sono applicabili anche alle funzioni istituzionali di accertamento svolte dall'Agenzia delle Entrate, mentre non possono essere applicate alle attività e funzioni “ispettive e di controllo fiscale”. Tale decisione è stata motivata da un'approfondita valutazione riguardante la differenza fra attività accertativa e attività preliminare di verifica e controllo.

In secondo luogo, i Giudici di legittimità hanno confermato l'inesistenza di alcun necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC. Da ciò ne deriva che nulla impedisce la notifica secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta di una copia analogica di un documento informatico conforme all'originale.

Il caso

I fatti alla base della sentenza oggetto del presente approfondimento riguardano un avviso d'accertamento ricevuto da un contribuente italiano, al quale veniva contestato un maggior reddito di capitale, proporzionale agli utili derivanti dalla quota di partecipazione che egli deteneva in una società – soggetta anch'essa ad accertamento fiscale – caratterizzata da una ristretta base societaria.

L'avviso d'accertamento veniva firmato digitalmente dall'Agenzia delle Entrate e notificato – in data 15 novembre 2016 – in copia cartacea conforme all'originale (non tramite PEC).

Il fatto diveniva oggetto di ricorso presso il giudice di merito il quale, sia in primo grado che in secondo, accoglieva le tesi presentate dal contribuente, disconoscendo quanto sostenuto dall'Agenzia delle Entrate.

In particolare, la Commissione tributaria regionale conveniva con quanto statuito dal giudice di primo grado, secondo il quale vi era carenza di valida sottoscrizione dell'avviso d'accertamento oggetto del ricorso. L'apposizione di una firma digitale ad un avviso d'accertamento notificato prima del 27/1/2018 era causa di nullità dell'atto per difetto di sottoscrizione.

L'Agenzia delle Entrate, non soddisfatta della sentenza, proponeva ricorso in Cassazione, la quale ha deciso con sentenza n. 1150 depositata il 21 gennaio 2021.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'Amministrazione finanziaria, cassando la sentenza impugnata e rinviandola alla CTR competente.

La questione

Codice dell'amministrazione digitale (D.Lgs. n. 82/2005 art. 2): finalità e ambito di applicazione

L'art. 2, comma 6 D. Lgs. 82/2005, cd. Codice dell'amministrazione digitale (CAD), disciplinando le finalità e l'ambito di applicazione dello stesso, recita: Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all'esercizio delle attività e funzioni di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali, ….”

Inoltre, grazie alla modifica contenuta nel D.Lgs. n. 217/2017, è stato introdotto il comma 6 bis, il quale stabilisce: “Ferma restando l'applicabilità delle disposizioni del presente decreto agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti le modalità e i termini di applicazione delle disposizioni del presente Codice alle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale.”

Il punto cruciale su cui verte questa sentenza è la legittimità degli atti impositivi emessi dall'Agenzia delle Entrate in formato elettronico e sottoscritti in forma digitale nel periodo di vigenza del D.Lgs. 82/2005, come modificato dal D.Lgs. 179/2016 art. 2 c. 1 l. c), sino alle ulteriori modifiche apportate con l'aggiunta del comma 6-bis.

Il nodo centrale sta nella diversità fra l'attività accertativa dell'amministrazione finanziaria e l'attività preliminare di verifica e controllo, svolta dalla stessa.

In secondo luogo, altro tema oggetto della presente sentenza riguarda la notifica di un atto impositivo tramite PEC.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte si è trovata ad esprimersi, innanzitutto, riguardo la legittimità degli atti impositivi emessi dall'Agenzia delle Entrate in formato elettronico e sottoscritti con firma digitale, nel periodo di vigenza del Codice dell'amministrazione digitale (D.Lgs. 85/2005), in particolare l'art. 2 comma 6, nel testo in vigore nel periodo compreso tra il 14 settembre 2016 – data di entrata in vigore delle modifiche previste dal D.Lgs. 179/2016 – e il 26 gennaio 2018, data di entrata in vigore del D.Lgs. 217/2017.

Il testo dell'art. 2 comma 6 CAD, nel periodo temporale suddetto, recitava: “Le disposizioni del presente codice non si applicano limitatamente all'esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, di ordine e sicurezza pubblica, difesa, sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali.”

La Cassazione, per rispondere al quesito, si è soffermata su una valutazione ermeneutica – di tipo letterale e sistematico – del concetto di atto impositivo, differente rispetto agli atti di controllo.

Sul piano terminologico, gli atti impositivi non rientrano fra gli atti emessi nell'esercizio dell'attività ispettiva e di controllo fiscale, a cui, invece, sono riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive di natura fiscale. Gli atti impositivi, infatti, semmai, sono emessi all'esito delle attività suddette, le quali potrebbero anche concludersi con esito positivo per il contribuente e, quindi, senza l'emissione di nessun atto impositivo.

Sul piano sistematico, invece, il giudice di legittimità ha rimarcato la differenza esistente fra attività accertativa e attività preliminare di verifica e controllo.

Tale differenza è “immanente nella normativa fiscale vigente”. È stato, innanzitutto, ricordato come, sia in tema di imposte dirette (d.P.R. n. 600/73), sia in tema di IVA (d.P.R. n.633/72), vengano regolamentati separatamente gli accertamenti dagli accessi, ispezioni e verifiche. Ad esempio, gli art. 32 e 33 d.P.R. n. 600/73 disciplinano le attività di controllo, quali: accessi, ispezioni e verifiche. Gli art. 36-bis, 36-ter, 38 e 39 d.P.R. n. 600/73, invece, normano l'adozione degli atti impositivi, prerogativa esclusiva dell'Agenzia delle Entrate.

In secondo luogo, anche lo Statuto del Contribuente, distingue le due attività suddette.

Oltre a ciò, la suprema corte, fa notare che la ratio normativa dell'esclusione dalla normativa CAD degli atti propedeutici all'esercizio del potere d'accertamento si collega al fatto che durante queste attività viene richiesta la partecipazione del contribuente, il quale potrebbe non essere dotato di firma digitale, e, quindi, l'applicazione della norme contenute nel CAD, determinerebbero un aggravio dei diritti di difesa del contribuente stesso, nonché rappresenterebbe un ostacolo al rapporto di collaborazione amministrazione – contribuente.

Inoltre, viene evidenziato dalla corte che il D.Lgs. 217/2017 – entrato in vigore il 27 gennaio 2018 - ha aggiunto, all'art 2 CAD, il comma 6-bis (testo riportato nel paragrafo precedente).Alla luce delle “precisazioni” espresse dal comma 6-bis art. 2 CAD, nonostante la Cassazione non voglia attribuire allo stesso natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, è indubbio che esso dia conferma dell'impostazione esegetica che discrimina l'attività d'accertamento rispetto all'attività di controllo fiscale.

La Cassazione, valutando questo caso, si è inoltre espressa riguardo la legittimità della notifica di una copia analogica conforme ad un documento informatico.

Innanzitutto il giudice di legittimità ha chiarito che non esiste “alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica mezzo PEC”, perciò nulla impedisce che una copia analogica conforme all'originale di un documento informatico venga notificata secondo le ordinarie regole della notifica a mezzo posta.

In secondo luogo, nel caso di specie, la possibilità di notifica tramite PEC degli atti impositivi è stata introdotta solo a decorrere dal 1° luglio 2017. Pertanto l'Agenzia delle Entrate ricorrete non avrebbe potuto utilizzare la PEC al fine di notificare l'atto d'accertamento in questione, visto che la data in cui è stato notificato l'atto stesso risulta essere il 15 novembre 2016.

Osservazioni

La sentenza della Cassazione del 21 gennaio 2021, n. 1150, si focalizza sui seguenti aspetti:

  • la diversa natura dell'attività accertativa e dell'attività di verifica e controllo fiscale, svolte dall'Amministrazione finanziaria. Da tale differenza ne consegue l'assoggettamento al CAD delle prime e l'esclusione dallo stesso delle seconde. Infatti anche la suprema corte ha chiarito, con la sentenza in oggetto, che è legittima l'emissione di atti accertativi (es. avvisi d'accertamento) in formato elettronico, firmati digitalmente. Tale legittimità, invece, non sussiste per tutti gli atti oggetto di attività di verifica e controllo fiscale, quali, ad esempio: accessi, ispezioni e verifiche. Tale interpretazioni vale anche per tutti gli atti emessi nel periodo di vigenza del D.Lgs. n. 82/2005, come modificato dal D.Lgs. n. 179/2016 (in vigore dal 14/9/2016) sino alle ulteriori modifiche apportate allo stesso dal D.Lgs. 217/2017 (in vigore 27/1/2018), ossia il periodo ricompreso tra il 14 settembre 2016 e il 26 gennaio 2018.
  • la validità della notifica di una copia analogica conforme all'originale di un documento informatico. Non esiste, secondo la Suprema Corte, alcun indispensabile o necessario collegamento tra il documento informatico e la notifica tramite PEC, dato che nulla vieta di procedere ad una notifica di un atto informatico tramite una notifica via posta di una copia analogica conforme all'originale. Non solo: la possibilità di notifica degli atti impositivi tramite PEC è stata introdotta solo a partire dal 1° luglio 2017. Da ciò ne consegue che gli atti informatici emessi dall'Amministrazione finanziaria prima di tale data dovevano essere notificati in maniera “ordinaria”, tramite copia analogica dell'atto informatico con attestazione di conformità.

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