Registro in misura fissa per la sentenza di condanna di somme soggette ad Iva, anche se esenti

Francesco Brandi
13 Aprile 2021

La sentenza di condanna contro debitore e fideiussore per la restituzione di prestiti soggetti a Iva, ancorché esenti, è soggetta a imposta di registro in misura fissa. Il conseguimento da parte del creditore di un unico titolo esecutivo giustifica, infatti, l'identità del prelievo fiscale per entrambe le categorie. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con l'ordinanza n. 242 del 12 gennaio 2021, ha accolto il ricorso di una banca.
Massima

La sentenza di condanna contro debitore e fideiussore per la restituzione di prestiti soggetti a Iva, ancorché esenti, è soggetta a imposta di registro in misura fissa. Il conseguimento da parte del creditore di un unico titolo esecutivo giustifica, infatti, l'identità del prelievo fiscale per entrambe le categorie. Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con l'ordinanza n. 242 del 12 gennaio 2021, ha accolto il ricorso di una banca.

Il caso

Le Commissioni tributarie avevano respinto, in primo e secondo grado, l'impugnazione dell'istituto di credito contro l'avviso di liquidazione con cui era stato richiesto il pagamento in misura proporzionale dell'imposta di registro dovuta in relazione a una sentenza di condanna in solido, di un correntista e dei suoi fideiussori, alla restituzione di un finanziamento e relativi interessi.

Col ricorso in Cassazione la banca denunciava violazione dell'art. 10 del d.P.R. n. 633/1972, art. 40 del d.P.R. n. 131/1986 nonché dell'art. 8, nota II della Tariffa allegata al medesimo Dpr ritenendo che la sentenza di condanna del debitore principale in solido con i fideiussori al pagamento di somme soggette ad Iva (restituzione di finanziamenti), ancorchè esenti, sia soggetta ad imposta di registro in misura fissa.

La questione

La questione fondamentale trattata dalla pronuncia in commento riguarda la tassazione ai fini dell'imposta di registro della sentenza di condanna al pagamento di somme soggette ad Iva, seppur esenti.

Le soluzioni giuridiche

Dopo aver esaminato le norme in vigore i giudici di legittimità hanno tirato le fila affermando che le operazioni relative ad atti soggetti all'imposta sul valore aggiunto scontano l'imposta di registro in misura fissa e vanno registrati solo in caso d'uso o volontariamente.

Infatti, il principio di alternatività tra le due imposte non è condizionato, né subordinato all'effettiva applicazione dell'Iva sull'operazione considerata, ma è sufficiente che essa rientri tra le operazioni rilevanti ai fini Iva. Restano quindi assoggettate all'imposta di registro (in misura proporzionale) solo le operazioni non soggette a Iva (c.d. escluse) per carenza del requisito oggettivo (artt. 2 e 3) e di quello soggettivo (artt. 4 e 5) previsti dal d.P.R. n. 633/1972.

Tale principio costituisce espressione e attuazione del divieto della doppia imposizione che ricorre allorché uno stesso soggetto è destinatario di più imposte relative al medesimo presupposto e per lo stesso periodo di imposta, divieto che, a sua volta, costituisce esplicazione del principio costituzionale della capacità contributiva.

Inoltre, aggiunge il Collegio, l'alternatività tra le due imposte non è connessa solo alla circostanza che un atto sottoposto a registrazione sia effettivamente soggetto ad Iva, ma opera anche quando l'operazione rientri comunque nel campo di applicazione di tale imposta, anche se in concreto non dovuta perché si tratta di operazioni non imponibili o esenti, sicché lo scopo del principio in questione è non solo quello di carattere economico di impedire la doppia imposizione, ma anche quello di soddisfare l'esigenza di evitare interferenze applicative tra le due imposte in relazione alla medesima operazione.

Nel caso di specie rilevano, contemporaneamente, il rapporto creditore-debitore principale, che trova il suo titolo nel finanziamento soggetto a Iva, e il rapporto creditore-fideiussore, che trova il suo titolo nella fideiussione, dalla quale è derivata la prestazione di garanzia stipulata tra debitore principale e fideiussore in favore del terzo creditore.

Ebbene, ha proseguito la Corte, la registrazione del decreto ingiuntivo esecutivo ottenuto dal creditore per il pagamento di somme assoggettate a Iva gode, giusta il principio dell'alternatività dell'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa. Il dato secondo cui l'ingiunzione sia emessa contro il solo debitore principale, il fideiussore o entrambi, non soggetti Iva non assume quindi rilievo. Ne consegue che il ricorso della banca deve essere accolto in forza del principio di diritto secondo cui in tema di imposta di registro sugli atti giudiziari, alla sentenza di condanna ottenuta dal creditore sia nei confronti del debitore inadempiente che del fideiussore per il recupero di somme soggette a Iva, non è applicabile l'imposta di registro in misura proporzionale bensì, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett. b), nota II della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, l'imposta in misura fissa, senza che assuma rilievo se la stessa sia emessa contro il solo debitore principale, il solo fideiussore o entrambi, non soggetti Iva (cfr. Cass. nn. 21702/2020, 12013/2020 e 9390/2007).

Osservazioni

In tema d'imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto dal garante nei confronti del debitore che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all'imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto, ma esercita un'azione di rimborso di quanto versato.

A risolvere il contrasto di giurisprudenza sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione che, con la sentenza n. 18520 del 10 luglio 2019, hanno accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate.

La vicenda scaturiva dalla domanda di rimborso dell'imposta di registro versata in misura proporzionale da parte della contribuente che, in qualità di garante aveva ottenuto e registrato un decreto ingiuntivo nei confronti del debitore principale per chiedere la restituzione delle somme versate all'amministrazione finanziaria. Secondo la contribuente il decreto avrebbe dovuto andare esente da imposta o scontarla in misura fissa avendo ad oggetto somme riferibili ad un rapporto (nascente dalla polizza fideiussoria) soggetto ad Iva.

Sia la CTP che la CTR accoglievano le doglianze della contribuente sicché il giudizio veniva incardinato in Cassazione da parte dell'Agenzia delle entrate.

La rimessione della questione alle Sezioni Unite si deve all'esistenza di due diversi orientamenti: per un verso, si è ravvisata, talora evocando il collegamento dei negozi intercorrenti tra debitore e creditore da un lato e garante e debitore dall'altro, un'operazione complessiva inscindibile, la quale sarebbe assoggettata a trattamento fiscale unitario, indipendentemente, dunque, dal fatto che l'obbligazione sia adempiuta dal debitore in esecuzione del contratto principale o dal garante, qualificato come fideiussore. Di qui è scaturita la tesi che propugna la registrazione a tassa fissa del decreto ingiuntivo ottenuto dal garante, quando l'obbligazione principale è relativa a operazione soggetta a imposta sul valore aggiunto (cfr. Cass. 14000/2014 e, da ultimo, 19365/2018).

Ad avviso di un secondo orientamento, una volta scissa l'operazione nei tre rapporti rispettivamente intercorrenti tra debitore principale e creditore (rapporto di valuta), tra creditore e garante, e tra garante e debitore principale (rapporto di provvista), si è sottolineato che il garante, a seguito del pagamento, non fa valere nei confronti del debitore corrispettivi di prestazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto. Sicché il decreto ingiuntivo ottenuto dal primo nei confronti del secondo, al quale non sarebbe applicabile il principio di alternatività, sconterebbe l'imposta di registro con aliquota proporzionale al valore della condanna (cfr. Cass. 20260/2015 e, da ultimo, 2551/2018).

Le Sezioni Unite hanno aderito a questo secondo orientamento.

Secondo tale orientamento, poiché il pagamento da parte del garante escusso “segna l'esecuzione della polizza fideiussoria e, quindi, l'esaurimento della prestazione di garanzia rilevante”, nel caso di specie non viene a essere coinvolto il principio di alternatività tra l'Iva, cui è assoggettata la prestazione di garanzia (tale rapporto, infatti, è soggetto a Iva, seppure in regime di esenzione, ai sensi dell'articolo 10 del d.P.R. n. 633/1972), e l'imposta di registro.

In particolare, secondo i giudici di legittimità, allorquando il fideiussore chiede l'emissione del decreto ingiuntivo per ottenere dal debitore garantito quanto ha versato al creditore, non fa valere il credito da corrispettivo per la prestazione di servizi resa al debitore medesimo (ossia la prestazione di garanzia), ma si limita a esercitare i diritti già “spettanti” al creditore, a seguito del pagamento da lui eseguito: “Per conseguenza, il titolo giudiziario ottenuto dal garante, concernendo la somma da lui versata, non ha ad oggetto il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto”.

Sul punto si ricorda un recentissimo intervento di prassi con cui l'Agenzia delle entrate si è adeguata alla recente posizione (ad essa favorevole) della giurisprudenza di legittimità.

Con la risoluzione 22/E del 22 febbraio 2017, l'Agenzia delle Entrate, ha chiarito che il decreto ingiuntivo ottenuto dal garante escusso dal creditore garantito è soggetto a registrazione con aliquota proporzionale al valore della condanna: ciò in quanto il garante medesimo, a seguito del pagamento, non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto ma si limita a esercitare i diritti già spettanti al creditore, a seguito del pagamento da lui eseguito.

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