Il rapporto di custodia ed accessorietà dell'impianto fognario nel supercondominio

26 Aprile 2021

La fattispecie decisa dalla Cassazione risolve una controversia in cui la vasca di raccolta delle acque nere, la cui mancata realizzazione aveva cagionato la tracimazione dei liquami all'interno di un'unità immobiliare, e che doveva essere collocata nella parte dell'impianto fognario posta ad esclusivo servizio di un singolo edificio condominiale, ne comporta l'esclusiva responsabilità, attribuibile ad esso soltanto, non potendosi estendere agli altri condomìni del complesso costituente un supercondominio gli obblighi di custodia e manutenzione gravanti sull'amministratore e sull'assemblea del singolo edificio.
Massima

Le obbligazioni legali e contrattuali di provvedere alla manutenzione ed all'esercizio del collettore fognario posto nel sottosuolo dell'edificio condominiale comportano - a suo esclusivo carico - il dovere di controllare che la res in custodia non arrechi danno ai terzi, per tali dovendo intendersi anche gli stessi proprietari delle unità abitative danneggiate, e, di conseguenza, l'esclusione del rapporto materiale degli altri condominii con lo stesso tratto dell'impianto fognario, circostanza quest'ultima escludente il rapporto di custodia e la connessa responsabilità risarcitoria per gli eventuali danni arrecati alla proprietà individuale.

Il caso

La quaestio esaminata dai giudici di legittimità trae origine dal ricorso proposto in via d'urgenza dalla proprietaria di un'unità immobiliare al piano interrato del fabbricato facente parte di un complesso costituito da più condomìni dei quali viene chiesta la condanna a riparare l'impianto fognario comune ai singoli edifici, eseguendo le necessarie opere di manutenzione ed a risarcire i danni subiti dall'attrice per effetto della tracimazione di liquami.

Ciò premesso, mentre il giudice adìto in sede cautelare aveva ordinato le opere di urgente manutenzione nei confronti di tutti i condomìni convenuti, la sentenza di primo grado - confermata in appello - aveva invece condannato soltanto uno di essi a realizzare una vasca nell'area sottostante ai locali danneggiati ed a risarcire all'attrice i danni occorsi, in quanto, come successivamente rilevato anche dal giudice del gravame a motivazione del rigetto dell'appello, la costruzione della suddetta vasca non costituisce un'opera di manutenzione straordinaria gravante su tutti i condomìni che si servono della comune rete fognaria ai sensi dell'art. 4 della Convenzione posta in essere dalle originarie società costruttrici dei diversi fabbricati, in quanto trattasi di un dispositivo ulteriore rispetto all'impianto fognario comune esistente e destinato all'utilità del solo scantinato del Condominio in cui è compresa l'unità danneggiata, per evitare rigurgiti dal collettore comune, tant'è che la causa della fuoriuscita dei liquami era stata ravvisata proprio nella parte di rete fognaria ubicata nel sottosuolo dell'edificio del suddetto stabile condominiale.

La questione

L'accertamento dei danni occorsi alla proprietà di un condomino causati dalla tracimazione dei liquami verificatasi nella parte della rete fognaria ubicata nel sottosuolo dello stabile condominiale in cui si trova la stessa proprietà danneggiata, comportano l'esclusiva responsabilità del suddetto condominio ex art. 2051 c.c. al risarcimento dei danni?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione osserva, preliminarmente, che l'azione del condomino volta a conseguire l'esecuzione delle opere necessarie ad eliminare le cause della tracimazione di liquami provenienti dalla rete fognaria del complesso immobiliare ed il risarcimento dei danni subiti, trova la propria fonte immediata non nei doveri legali o convenzionali di provvedere alla manutenzione dell'impianto, bensì nel disposto dell'art. 2051 c.c., con la conseguenza che, ai fini dell'accertamento della relativa responsabilità, occorre rinvenire la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, nonchè dell'esistenza di un effettivo potere fisico sulla res da parte del custode, sul quale incombe il dovere di vigilare onde evitare che la res produca danni a terzi.

Ciò premesso, i giudici di legittimità pervengono al rigetto del ricorso rilevando che nella specie, trattasi di impianto fognario posto in rapporto di accessorietà con una pluralità di edifici costituiti in distinti condomìni, oggettivamente e stabilmente destinato all'uso od al godimento di tutti i fabbricati, trovando applicazione la presunzione legale di condominialità sino al punto in cui è possibile stabilire a quale degli edifici la conduttura in parola si riferisca, per poi considerarla cessata dal punto in cui le diramazioni siano inequivocabilmente destinate al servizio di ciascun edificio.

In particolare, nella fattispecie scrutinata, la vasca di raccolta delle acque, la cui mancata realizzazione aveva cagionato la tracimazione dei liquami nella proprietà danneggiata doveva essere collocata nella parte dell'impianto fognario posta ad esclusivo servizio del di lei condominio, sulla cui scorta, la conseguente responsabilità è attribuibile ad esso soltanto e non all'intero supercondominio, non potendosi estendere agli altri condomìni del complesso gli obblighi di custodia e di manutenzione gravanti sull'amministratore e sull'assemblea del singolo edificio. La sentenza impugnata ha così coerentemente concluso che unicamente al suddetto condominio incombesse la responsabilità extracontrattuale quale custode e proprietario del tratto di impianto fognario di cui è stata accertata la difettosità.

Osservazioni

I singoli edifici costituiti in altrettanti condominii formano un supercondominio quando taluni beni, impianti e servizi comuni - viale d'ingresso, impianto centrale per il riscaldamento, parcheggio, locali per la portineria o per l'alloggio del portiere, ecc. - sono contestualmente legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con più edifici, appartengono ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati e sono regolati, se il titolo non dispone altrimenti, in virtù di interpretazione estensiva od analogica, dalle norme dettate per il condominio negli edifici.

La giurisprudenza di legittimità ha già avuto occasione di affermare nell'ipotesi di un bene comune che sia a servizio di più edifici condominiali costituiti in supercondominio, che vanno tenuti distinti i rapporti di proprietà comune ed indivisa tra i partecipanti ai singoli edifici, dal rapporto di comunione sul bene in comproprietà a tutti i partecipanti ai singoli condominii (Cass. civ., sez. II, 26 agosto 2013, n.19558).

Il discrimine tra i due istituti è nella funzione strumentale che caratterizza i beni condominiali, rispetto alla piena autonomia dei beni oggetto di semplice comunione.

Le cose, gli impianti ed i servizi di uso comune, contemplati dalle norme sul condominio negli edifici, non sono suscettibili di autonoma utilità, perché sono o strutturalmente necessari alla stessa esistenza del bene individuale, ovvero funzionalmente destinati a servizio di questo, di guisa che il godimento dei beni comuni è strumentale al godimento del bene individuale. Per contro, ai beni in comunione difetta il carattere della strumentalità, perché il rapporto di comunione si esaurisce nella mera contitolarità dei diritti, e ciascuno dei contitolari è in grado di godere direttamente del bene soddisfacendo in maniera immediata il proprio interesse, sia pure con il limite giuridico della concorrenza delle altre quote.

La distinzione è importante perché, al supercondominio, si applicano le norme sul condominio negli edifici con i necessari adattamenti e non quelle sulla comunione in generale (Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2000, n. 9096), ragione per cui la presunzione legale di comunione di talune parti degli edifici condominiali può ritenersi estensivamente applicabile anche ove non si tratti di parti comuni di uno stesso edificio, bensì di parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi, purchè si tratti di beni stabilmente ed oggettivamente destinati all'uso o al godimento degli stessi (Cass. civ., sez. II, 30 luglio 2004, n. 14559).

Sulla base di tali principi, trova allora applicazione l'art. 1117, n.3), c.c., secondo cui gli impianti fognari devono presumersi di proprietà comune fino al punto di loro diramazione ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condominii, dovendo correlativamente ritenersi comune a tutti gli edifici l'impianto fino al punto in cui è possibile stabilire a quale degli edifici stessi la conduttura della fogna si riferisca per poi considerare cessata la comunione dal punto in cui le diramazioni siano inequivocabilmente destinate al servizio di ciascun edificio (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2010, n.13883).

In dottrina, si è infatti precisato che il testo della norma contempla una distinzione tra le opere ed i manufatti, da una parte, e gli impianti, dall'altra, e che relativamente a questi ultimi, inoltre, viene previsto che a partire dalla diramazione dalla parte centrale dell'impianto, la restante porzione dell'impianto medesimo, che si dirama verso la proprietà esclusiva, non sia ricompresa nell'insieme dei beni condominiali (Celeste), ragione per cui, si è quindi affermato che una siffatta impostazione porta con sé la giuridica conseguenza che è possibile individuare esattamente l'estensione della proprietà degli impianti comuni senza dovere condurre un'indagine tecnica caso per caso (Celeste - Salciarini).

La Corte di legittimità, con la pronuncia che si annota, ha quindi esaustivamente motivato la propria decisione, muovendo dall'attenta considerazione del rapporto di custodia - che è l'elemento dirimente nella scrutinata controversia - il quale può presumersi nella titolarità dominicale della res che può venire meno in ragione della escludente relazione materiale da parte di un altro soggetto che con lo stesso bene abbia ugualmente un rapporto giuridicamente qualificato (Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2020, n. 8888).

Coerentemente con tale principio, si è quindi ritenuto che le obbligazioni legali e quelle contrattuali di cui alla convenzione stipulata dai singoli costruttori degli edifici facenti parte del supercondominio, e gravanti sul Condominio nel cui stabile si trova la singola proprietà danneggiata, di provvedere alla manutenzione ed all'esercizio del collettore fognario nel sottosuolo del rispettivo edificio condominiale comportano - a suo esclusivo carico ex art. 2051 c.c. - il dovere di controllare che la res in custodia non arrechi danno a terzi (la proprietà del condòmino allocata nello stesso edificio, atteso che la domanda di risarcimento proposta dal proprietario esclusivo dell'unità immobiliare danneggiata dall'omessa manutenzione del bene condominiale gli fa assumere la posizione di terzo rispetto a quella degli altri condòmini inadempienti, v. Cass. civ., sez. VI/II, 12 marzo 2020, n. 7044) e, di conseguenza, l'esclusione del rapporto materiale degli altri condominii con il suddetto bene.

Conseguentemente, la pronuncia in commento riprende lo stesso file rouge di altra pronuncia (Cass. civ., sez. II, 20 ottobre 2014, n.22179) riferita ad analoga fattispecie quanto alla natura condominiale del bene in questione, riguardante una vasca o fossa settica completamente chiusa e separata dal piano terra, divenuta nel tempo “fossa a perdere”, cioè raccolta delle acque nere e bianche, poste a contatto con il terreno nel quale via via si erano disperse e nella quale confluivano i liquami provenienti dai sovrastanti appartamenti, posta nel sottosuolo del locale interessato eccezionalmente dalla loro fuoriuscita, sulla cui scorta si era, quindi, affermato che i singoli condomìni che utilizzano la fogna, ai sensi dell'art. 2051 c.c., devono contribuire alle spese di utilizzazione e manutenzione dell'impianto e sono, inoltre, tenuti al risarcimento dei danni eventualmente causati dall'impianto fognante in esame sia agli altri condomìni che ai terzi (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 2013, n. 15096).

Ebbene, nella pronuncia che si annota, la vasca di raccolta delle acque, la cui mancata realizzazione aveva cagionato la tracimazione dei liquami nella proprietà del singolo condòmino doveva essere collocata proprio nella parte dell'impianto fognario posta ad esclusivo servizio del condominio e non dell'intero supercondominio, che per tale ragione, risulta quindi del tutto estraneo all'osservanza dell'obbligo risarcitorio e delle conseguenze derivanti dal danno causato dalla tracimazione dei liquami.

In tale ottica, si precisa che la compressione o limitazione del diritto di proprietà, che siano causate dall'altrui fatto dannoso - nella specie, tracimazione di liquami proveniente dall'impianto fognario condominiale - sono suscettibili di valutazione economica non soltanto se ne derivi la necessità di una spesa ripristinatoria o di perdite dei frutti della cosa, ma anche se la compressione e la limitazione del godimento siano sopportate dal titolare con suo personale disagio o sacrificio.

In ordine alla sussistenza e quantificazione di tale danno, mentre resta a carico del proprietario il relativo onere probatorio, che può essere assolto anche mediante il ricorso a presunzioni semplici, il giudice può fare ricorso anche ai parametri del danno figurativo, come quello del valore locatizio della parte dell'immobile del cui godimento il medesimo proprietario (o locatore) è stato privato (Cass. civ., sez. II, 17 dicembre 2019, n. 33439; Cass. civ., sez. II, 27 luglio 1988, n. 4779).

Riferimenti

Chiesi, Condutture passanti e presunzione di condominialità: le colonne d'ercole del “punto di diramazione” e del “punto di utenza”, in Condominioelocazione.it;

Scalettaris, Ancora a proposito dell'ambito di applicazione della disciplina del condominio, in Riv. giur. edil., 2015, 373;

Scarpa, La nuova disciplina degli “impianti” condominiali, in Immob. & proprietà, 2014, 227;

Celeste, I servizi in uso al condominio: le problematiche pratiche più controverse, in Giur. merito, 2011, 870;

Celeste - Salciarini, I beni comuni. L'individuazione e l'utilizzo, Milano, 2009;

Celeste - Nicoletti, Impianti e servizi negli immobili in condominio, Milano, 2007;

Celeste, La disciplina giuridica applicabile al sistema fognario destinato al servizio comune di più edifici: la Cassazione sposa la tesi del c.d. doppio regime per risolvere le problematiche connesse al supercondominio, in Foro it., 2004, I, 487.

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