All'amministratore revocato dall'assemblea prima del termine annuale spetta il risarcimento del danno: la Cassazione definisce la “giusta causa”

Adriana Nicoletti
28 Aprile 2021

È pacifico che, con la riforma della normativa condominiale, l'amministratore è stato definitivamente paragonato al mandatario, con l'applicazione, in àmbito condominiale, di tutte le norme che disciplinano l'istituto del mandato. Resta, tuttavia, sempre aperta la questione se l'amministratore, il cui incarico per legge è annuale e prorogabile di un ulteriore anno, revocato dall'assemblea prima della scadenza contrattuale, abbia diritto, oltre al saldo del proprio compenso ed al recupero di eventuali crediti vantati nei confronti del condominio - sempre se accertati - anche al risarcimento dei danni subiti per la perdita dell'incarico. La Corte di Cassazione, con un provvedimento innovativo, ci spiega come individuare la “giusta causa” che legittima l'assemblea a revocare anticipatamente l'amministratore evitando di dover risarcire il proprio rappresentante.
Massima

L'amministratore di condominio, in ipotesi di revoca deliberata dall'assemblea prima della scadenza del termine previsto nell'atto di nomina, ha diritto, oltre che al soddisfacimento dei propri eventuali crediti, altresì al risarcimento dei danni, in applicazione dell'art. 1725, comma 1, c.c., salvo che sussista una giusta causa, indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico.

Il caso

Il Tribunale di Palermo, in sede di giudizio di appello, riformava parzialmente la sentenza di primo grado affermando che l'ex amministratrice del condominio, revocata dall'incarico con delibera assembleare pochi mesi dopo la nomina, aveva diritto al saldo del suo compenso fino all'esaurimento del rapporto, ma non al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 1725 c.c. La norma, infatti, non era stata ritenuta applicabile al recesso in materia di professioni intellettuali, disciplinato dall'art. 2237 c.c.

Con ricorso fondato su di un unico motivo, la soccombente lamentava violazione e falsa applicazione di entrambe le norme richiamate in relazione all'art. 1129 c.c., evidenziando che l'unica disposizione applicabile alla fattispecie era l'art. 1725 c.c. essendo l'amministratore un mandatario del condominio.

La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, rinviando la causa allo stesso Tribunale, in persona di diverso magistrato.

La questione

Il thema decidendum è incentrato su di una questione non nuova, rappresentata dall'individuazione deidiritti spettanti all'amministratore che sia stato sollevato dal proprio incarico prima della scadenza annuale e, in particolare, se questi abbia diritto anche al risarcimento del danno. Ma la decisione in esame si caratterizza per una peculiarità che concerne l'individuazione, anche in àmbito condominiale, degli elementi costitutivi della giusta causa al fine di una legittima rimozione dell'amministratore da parte dell'assemblea.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, in aperto dissenso con la decisione impugnata, ha evidenziato che gli effetti della revoca dell'incarico e concernenti il rapporto cliente/prestatore di opera intellettuale non possono essere applicati in materia condominiale. L'amministratore di condominio, infatti, che per esercitare la propria attività non deve essere iscritto ad alcun albo professionale (peraltro, al momento, ancora non esistente), solo a far data dall'entrata in vigore della l. n. 220/2012 (art. 71-bis disp.att.c.c.) deve essere in possesso di determinati requisiti di professionalità ed onorabilità. Egli, piuttosto, può essere ritenuto come appartenente alle professioni non organizzate, disciplinate dalla l. 14 gennaio 2013, n. 4.

Ciò premesso la Corte, richiamando il precedente e prevalente orientamento giurisprudenziale (Cass. civ., sez. II, 20 agosto 2014, n. 18084; Cass. civ., sez. II, 27 giugno 2011, n. 14197), ma con uno sguardo anche alla novella del 2012 - la fattispecie oggetto della decisione in esame, infatti, è da collocarsi in tempo antecedente alla riforma della normativa condominiale - ha ribadito che il contratto di amministrazione è assimilabile, in via residuale, al mandato per essere revocabile ad nutum in qualunque momento da parte dell'assemblea; per avere carattere fiduciario e per essere presuntivamente oneroso.

Quanto all'assemblea, i giudici di legittimità hanno ancora osservato che l'art. 1129 c.c., pur avendo sancito il potere di revoca dell'amministratore in capo alla stessa, non ne ha regolato gli effetti e, quindi, non ha esonerato l'interprete dall'accertare se la detta revoca sia stata determinata o meno dalla giusta causa al fine di valutare le diverse conseguenze su quali diritti l'amministratore abbia maturato.

Osservazioni

La decisione in commento, che ad una superficiale prima lettura potrebbe apparire non tanto innovativa rispetto al pregresso orientamento, è, invece, di notevole interesse per il principio di diritto ivi affermato poiché, con un diretto richiamo all'art. 1129 c.c. - come espresso nella sua ultima versione - apre le porte ad un'interpretazione concreta del concetto di “giusta causa”, che è stata direttamente mutuata dalla stessa norma citata. Ma non è solo questo il punto sul quale fermare l'attenzione.

In primo luogo, infatti, troviamo una precisazione quanto all'attività svolta dall'amministratore, ritenuta estranea dall'ambito delle professioni intellettuali disciplinate, in generale, dagli artt. 2229 ss. c.c. e, per quanto concerne il recesso, dall'art. 2237 c.c. Secondo la disciplina vigente, infatti, le c.d. professioni intellettuali sono determinate dalla legge e, per il loro esercizio, è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi, mentre l'accertamento della presenza dei requisiti per l'iscrizione agli stessi è demandato alle associazioni professionali sotto la vigilanza dello Stato. Gli amministratori di condominio, pertanto, non possono rientrare in questo àmbito.

Va, a questo proposito, osservato che le richieste avanzate negli anni alle varie forze governative dalle varie associazioni degli amministratori per ottenere un riconoscimento ed una regolamentazione legislativa non hanno avuto riscontro. È stato, infatti, del tutto ignorato che la costituzione di un vero e proprio albo, con la previsione di un esame di stato per accedere alla professione, non è più procrastinabile, proprio in considerazione della complessità delle attività che l'amministratore deve svolgere per espletare professionalmente il mandato affidatogli. Attività che richiedono un'approfondita conoscenza di tutto il panorama legislativo, sempre in divenire. Ad oggi, invece, gli amministratori di condominio rientrano nell'àmbito delle professioni non organizzate in ordini o collegi per effetto della l. 14 gennaio 2013, n. 4 che, all'art. 1, sono definite come le professioni finalizzate “alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'art. 2229 del codice civile”. Per effetto di tale normativa, anche se un rilevante numero di organizzazioni di amministratori immobiliari e condominiali sono iscritti nell'elenco MISE previsto dalla stessa normativa del 2013, comunque, non cambiano i termini della questione che richiede una rapida soluzione, poiché l'elenco pubblico degli amministratori non corrisponde ad un albo professionale.

Ed ancora corre l'obbligo di segnalare che, da più parti, sono stati espressi forti dubbi in merito all'effettiva efficacia dell'art. 71-bis disp.att.c.c., che concerne il possesso dei requisiti di professionalità ed onorabilità per l'esercizio dell'attività di amministratore, rispetto ai quali e con espresso riferimento ai primi, la formazione e l'aggiornamento annuale - per come previsti ed in concreto attuati - sono stati considerati non propriamente soddisfacenti per garantire un adeguato livello di preparazione del rappresentante condominiale. Tornano al punto innovativo della decisione in commento, la stessa ha ribadito che l'ufficio svolto dall'amministratore è stato definito pari a quello del mandatario, mentre, in passato, veniva solo assimilato al soggetto sottoposto alle norme di cui agli artt. 1703 ss. c.c. Se andiamo a comparare le regole che governano le cause di estinzione del mandato (art. 1722 c.c.) con quelle, non codificate, relative alla revoca assembleare dell'amministratore, si può notare che le due fattispecie sono molto simili, se non sovrapponibili, e l'elemento che le potrebbe differenziare è il limite della “giusta causa”. In àmbito condominiale, in effetti, l'art. 1129, comma 11, c.c. (nella precedente versione: comma 2), pur confermando che l'assemblea può revocare in qualsiasi momento il mandato all'amministratore, ancora oggi, è privo di ogni riferimento al giusto motivo. Malgrado tale omissione, la dottrina ha individuato alcune ipotesi che possono costituire un motivo per non concedere al rappresentante un risarcimento collegato alla revoca anticipata dall'incarico. Si è parlato, infatti, di abuso di rappresentanza; mancata presentazione del rendiconto annuale; incuria e ritardi nel fornire i dati personali; omessa convocazione di assemblea straordinaria in ipotesi di urgenza e così via. Altri autori, invece, si sono espressi diversamente, avendo evidenziato che l'amministratore sollevato anzi tempo dall'assemblea, anche senza giustificazione, non avrebbe diritto ad alcun risarcimento aggiuntivo perché, in caso contrario, il legislatore avrebbe introdotto nella vecchia e nella nuova normativa il concetto di revoca per giusta causa. Nella giurisprudenza, non si trovano precedenti specifici che abbiano individuato ipotesi concrete riferibili alla giusta causa e tali da escludere il risarcimento dei danni al rappresentante condominiale, mentre è stato ribadito che la sussistenza dell'esimente non è necessaria ai fini della revoca anticipata (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2014, n. 9082; Cass. civ., sez. I, 28 ottobre 1991, n. 11472). Tuttavia, nei primi anni duemila, un chiarimento, ma riferito solo alla risarcibilità di eventuali danni in favore dell'amministratore revocato in sede assembleare, era pervenuto dalla stessa Corte Suprema, la quale aveva affermato che essendo il rapporto condominio/amministratore assimilabile al mandato conferito a tempo determinato e fondandosi sul carattere fiduciario dell'incarico oneroso, dava diritto al risarcimento dei danni in applicazione dell'art. 1725, comma 1, c.c. (Cass. civ., sez. un., 29 ottobre 2004, n. 20957). Oggi, quindi, la Corte, con l'ordinanza in parola, considerando la modifica dell'art. 1129 c.c., ha fissato un importante tassello per definire la questione della risarcibilità dell'amministratore in caso di revoca anticipata da parte dell'assemblea. Infatti, i giudici di legittimità hanno ritenuto che l'art. 1129 c.c. offre un'elencazione indicativa, ma non esaustiva, che definisce la c.d. giusta causa, riconducibile a tutte le ipotesi che sono state previste dal legislatore come “gravi motivi” che determinano la revoca giudiziale dell'amministratore ed ai quali si dovrà fare riferimento per stabilire se l'amministratore abbia o meno diritto ad essere ristorato dei danni patiti (oggetto di prova ai sensi dell'art. 2697 c.c.) per il suo licenziamento prematuro.

Riferimenti
  • Gallucci, Il contratto di amministrazione di condominio non costituisce prestazione d'opera intellettuale o sì?, in Condominioweb.com, 23 marzo 2021;
  • Ferrari, Il compenso dell'amministratore condominiale, in Altalex.com, 11 gennaio 2021;
  • Amendolagine, La revoca dell'amministratore di condominio - Profili sostanziali e processuali, in Corr. giur., 2018, 1432;
  • Tarantino, La revoca dell'amministratore di condominio, Condominioweb.com, 2018.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.