Responsabilità medica: incostituzionale negare l'aumento del 40% dei compensi dei periti in caso di incarichi collegiali

01 Giugno 2021

E' costituzionalmente l'illegittimo, in riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 15, comma 4, della l. 24/2017, nella parte in cui esclude che possa essere applicato l'aumento del 40 per cento per ciascuno dei componenti del collegio oltre il primo, come previsto dall'art. 53 del testo unico sulle spese di giustizia, poiché siffatta limitazione è intrinsecamente e manifestamente irragionevole, non risultando coerente con la ratio che la sostiene.
Massima

E' costituzionalmente l'illegittimo, in riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 15, comma 4, della l. 24/2017, nella parte in cui esclude che possa essere applicato l'aumento del 40 per cento per ciascuno dei componenti del collegio oltre il primo, come previsto dall'art. 53 del testo unico sulle spese di giustizia, poiché siffatta limitazione è intrinsecamente e manifestamente irragionevole, non risultando coerente con la ratio che la sostiene.

Il caso

In un giudizio di risarcimento dei danni per responsabilità sanitaria, intrapreso dai figli di un paziente deceduto dopo essere stato sottoposto ad un intervento neurochirurgico, giudizio nel quale era stato conferito un incarico di consulenza tecnica d'ufficio ad un collegio composto da un medico legale e da un infettivologo, il Tribunale di Verona sollevava, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 4, della l. 24/2017, recante «Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie», nella parte in cui «vieta in maniera drastica l'aumento, nella misura del 40 per cento, del compenso spettante al singolo, per ciascuno degli altri componenti del collegio, che è invece previsto, dall'art. 53 d.P.R. 115/2002, per la quasi totalità degli incarichi collegiali».

Il giudice a quo evidenziava, in punto di rilevanza, che - ove si fosse potuto applicare l'aumento di cui all'art. 53 d.P.R. 115/2002, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)» - al collegio che aveva svolto l'incarico nel giudizio principale si sarebbe potuto liquidare un importo globale superiore a quello imposto in ragione del divieto stabilito dalla norma censurata.

Il giudice rimettente osservava, quindi, che la previsione impugnata incide direttamente sui termini quantitativi della liquidazione spettante ai componenti del collegio peritale, che avevano avanzato la relativa istanza all'esito dello svolgimento dell'incarico conferito.

La Corte costituzionale ha ritenuto costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 15, comma 4, della l. 24/2017, nella parte in cui esclude che possa essere applicato l'aumento del 40 per cento per ciascuno dei componenti del collegio oltre il primo, come previsto dall'art. 53 del testo unico sulle spese di giustizia, poiché siffatta limitazione è intrinsecamente e manifestamente irragionevole, non risultando coerente con la ratio che la sostiene.

La questione

La questione in esame è la seguente: nei giudizi di responsabilità medica, la previsione del divieto di aumento del compenso dei periti in caso di incarichi collegiali è costituzionalmente legittimo?

Le soluzioni giuridiche

Come è noto, nelle indagini di colpa medica, riveste un ruolo centrale l'assunzione della prova scientifica.

Nei giudizi, civili e penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, il giudice ha la necessità dell'ausilio di uno o più consulenti tecnici che gli forniscano le conoscenze mediche che non possiede e gli permettano di accertare e valutare meglio i fatti di causa, per poi, decidere il caso a lui sottoposto.

La normativa di riferimento è prevista - per il giudizio civile - dagli artt. 61 e 64 e da 191 a 201 del codice di procedura civile e nei connessi artt. 13 a 23 e da 83 a 92 delle disposizioni di attuazione dello stesso codice; nell'ambito del processo penale trova ingresso attraverso la perizia disposta nel dibattimento ai sensi dell'art. 220 del codice di procedura penale nonché attraverso l'accertamento tecnico del pubblico ministero nella fase delle indagini : quest'ultimo potrà essere disposto, a seconda dei casi, nelle forme dell'accertamento tecnico ripetibile ai sensi dell'art. 359 del codice di procedura penale, (quando si tratti ad esempio di esaminare valutare della documentazione sanitaria), oppure nelle forme dell'accertamento tecnico irripetibile ai sensi dell'art. 360 codice procedura penale e artt. 116 e 117 del d.lgs. 271/1989 delle norme di attuazione del codice di procedura penale (si pensi al classico esempio dell'esame autoptico).

Nell'ambito della responsabilità sanitaria è intervenuto il legislatore prima con il c.d. Decreto Balduzzi (d.l. 158/2012) che all'art. 3, comma 5, prescriveva che nei giudizi aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria il consulente tecnico dovesse essere scelto tra gli specialisti tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento.

Tale norma è stata poi abrogata dall'art. 15, comma 1, della c.d. legge Gelli- Bianco (l. 24/2017) che ha introdotto l'obbligo per il giudice di nominare, nei giudizi di responsabilità sanitaria, un collegio di almeno due consulenti, ossia un medico legale ed un medico specialista della materia oggetto del procedimento.

La c.d. legge Gelli-Bianco impone regole speciali e precise in relazione sia alla nomina dei consulenti tecnici e periti con l'obbligo della collegialità, sia alla formazione e alla revisione dei relativi albi.

La principale novità introdotta dall'art. 15 della l. 24/2017 è rappresentata dalla necessità di nominare un collegio di medici nei procedimenti civili e penali aventi ad oggetto casi di responsabilità sanitaria. Il comma 1 prevede infatti che: «nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l'autorità giudiziaria affida l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi e che i consulenti tecnici d'ufficio da nominare nell'ambito del procedimento di cui all'art. 8, comma 1, siano in possesso di adeguate e comprovate competenze nell'ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi».

Pertanto il giudice deve nominare sia uno specialista in medicina legale che uno o più medici specialisti nel caso a lui sottoposto.

Il legislatore ha imposto un elevato grado di professionalità e competenza affinché il procedimento si svolga in maniera rapida senza inutili rallentamenti dovuti ad integrazioni o chiarimenti dei consulenti tecnici d'ufficio e la perizia possa essere un riferimento centrale nella decisione finale del magistrato.

Si formerà quindi un collegio medico - legale che consentirà, per ogni caso di responsabilità sanitaria, di usufruire delle competenze provenienti dalla medicina legale e di quelle proveniente dalla singola specializzazione pertinente alla fattispecie oggetto del procedimento, gli specialisti nominati dal giudice devono avere una specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento.

L'ultimo comma dell'art. 15 nel disciplinare i compensi da riconoscere a tale collegio stabiliva che: «nei casi di cui al comma 1, l'incarico è conferito al collegio e, nella determinazione del compenso globale, non si applica l'aumento del 40 per cento per ciascuno degli altri componenti del collegio previsto dall'art. 53 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al d.P.R. 115/2002».

Con la sentenza in commento, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 15, comma 4, della c.d. legge Gelli-Bianco (l. 24/2017), ritenendo in contrasto con l'art. 3 Cost., negare che, nei giudizi di responsabilità medica, il compenso dei consulenti tecnici d'ufficio possa essere aumentato del 40% laddove l'incarico sia collegiale. Si tratta di una deroga al TU spese di giustizia irragionevole e in contrasto con il principio di uguaglianza.

Oltretutto, non può non considerarsi, come rilevato anche dalla Corte costituzionale, che, nei giudizi di responsabilità sanitaria, la legge Gelli-Bianco ha elevato il collegio a modalità ordinaria di svolgimento delle consulenze tecniche, data la complessità della materia.

Più precisamente, come si legge nella sentenza in esame, «a fronte dell'introduzione, nei procedimenti civili e penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, del principio di necessaria collegialità a presidio della correttezza dell'indagine peritale, non trova giustificazione la scelta del legislatore di determinare l'onorario globale spettante al collegio in misura pari a quella che verrebbe riconosciuta in caso di conferimento di incarico al singolo».

Anzi, «risulta gravemente contraddittorio che, per un verso, si esiga che in tale campo sia favorito l'intervento di tecnici particolarmente specializzati ed esperti e, per altro verso, si sopprima il meccanismo che prevede un incremento del compenso che tale complessità vale a controbilanciare, meccanismo destinato ad evitare una plateale decurtazione dell'importo che sarebbe spettato in caso di incarico al singolo».

Osservazioni

La scelta della legge Gelli-Bianco di limitare l'aumento dei compensi risponderebbe alla finalità di rendere meno pesante, per le parti già onerate dei costi della CTP, l'aggravio economico connesso alle consulenze collegiali.

Si tratta, però, di una motivazione che, per la Corte costituzionale, non può legittimare la introduzione di una irragionevole soglia di contenimento del quantum dell'onorario, non potendo il soddisfacimento di un'esigenza siffatta tradursi in un ingiustificato sacrificio per i consulenti incaricati.

E' possibile distinguere tra incarico «necessariamente collegiale» ed incarico «eventualmente collegiale», prevedendo due regimi liquidatori sostanzialmente distinti.

Al riguardo deve osservarsi che, anteriormente alla previsione dell'art. 15 della legge Gelli-Bianco - l'atteggiamento con cui affrontare la liquidazione dei compensi - e l'assunzione di un onere da parte dell'erario ovvero dalle parti private – doveva essere improntato a criteri di specificità ed economicità non dissimili da quelli che devono caratterizzare il «buon padre di famiglia», a fortiori, anche l'interpretazione del concetto di incarico collegiale doveva avvenire in maniera più evoluta senza limitarsi a prendere atto del mero dato «numerico» degli incaricati.

La legge Gelli-Bianco, in tema di responsabilità medica, ha imposto la previsione dell'incarico necessariamente collegiale, trattandosi di soggetti con varie e diverse competenze, i quali devono necessariamente lavorare in gruppo perché la peculiarità del caso richiede un concorso di consulenze tecniche diversificate.

Pertanto, la collegialità normativamente imposta prevede la coesistenza di due elementi: la presenza di ausiliari con competenze distinte e la necessità di lavorare in gruppo perché la complessità del caso lo richiede.

Sicché, fermo restando il rinnovato richiamo alla necessità che, nel conferire un incarico peritale, il magistrato si soffermi a riflettere sull'effettiva esigenza di incaricare più di un esperto e, comunque, dia conto delle ragioni di una sua scelta in tal senso, era, tuttavia, certo che non potesse bastare il solo fatto di avere, magari inopinatamente, conferito l'incarico a più soggetti per definire la perizia come «collegiale» e giustificare gli aumenti ex art. 53 d.P.R 115/2002.

L'assenza di qualsivoglia pronunzia sul concetto di «incarico collegiale» induceva a ritenere che, finora, esso fosse stato sempre correttamente interpretato nel senso che esso nasce dall'esigenza di disporre di competenze diverse per fornire al giudice risposte a quesiti che implichino conoscenze relative a più, e diversi, settori tecnico-scientifici. E' quindi, in tali casi, che ha senso nominare più soggetti.

Orbene, posto che in materia di responsabilità medica la legge Gelli - Bianco impone l'affidamento di incarichi collegiali ai consulenti (processo civile) ovvero ai periti (processo penale), appare evidente che in tali giudizi l'incarico collegiale nasce dall'esigenza di disporre di periti con competenze diverse ma necessarie per fornire al giudice risposte a quesiti che implichino conoscenze relative a più, e diversi, settori tecnico- scientifici.

Da quanto premesso appare ictu oculi come l'art. 15 della legge Gelli-Bianco, nel vietare l'aumento del compenso in caso di incarico collegiale, fosse irragionevole rispetto all'omologa previsione dell'art. 53 d.P.R 115/2002 che, nel prevedere un aumento secco (e non affidato alla discrezione del magistrato) del 40% in caso di incarico collegiale, evidentemente, intende riferirsi esattamente all'ipotesi di soggetti con varie competenze che abbiano dovuto necessariamente lavorare in gruppo perché le peculiarità del caso richiedono un concorso di conoscenze tecniche diversificate.

Da ciò consegue che l'unico vero e pericoloso effetto che sarebbe potuto derivare dalla limitazione eliminata dall'intervento della Corte costituzionale era la decisione da parte dei professionisti «dotati di maggiore esperienza e specializzazione» di non mettersi a servizio della giustizia, vista l'esiguità dei compensi previsti in caso di incarico collegiale, circostanza che si somma al mancato adeguamento triennale che, invece, la legge prescriverebbe.

*fonte: www.ilprocessocivile.it

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