Valore ed efficacia del rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione
16 Giugno 2021
Massima
Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute - le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una posta di debito permanente di quel partecipante - una volta approvato dall'assemblea può essere impugnato ai sensi dell'art. 1137 c.c., costituendo, altrimenti, esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso. Il caso
Con la sentenza impugnata in sede di legittimità - decisa dall'ordinanza in commento - la Corte d'Appello aveva rigettato il gravame formulato da un condomino, avverso la sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale, il quale, a sua volta, aveva respinto l'opposizione, avanzata dallo stesso condomino, contro il decreto ingiuntivo, azionato dal condominio nei suoi confronti, per il pagamento di un determinato importo relativo ai contributi risultanti dall'approvazione del rendiconto consuntivo 2013 e del preventivo 2014 deliberata dall'assemblea condominiale del 28 febbraio 2014. Il giudice distrettuale - per quanto qui interessa - evidenziava che il suddetto condomino non aveva impugnato la delibera di approvazione del rendiconto, di per sé pienamente idonea a comprovare il credito del condominio dedotto in sede monitoria. La questione
Si trattava di verificare se potesse riconoscersi alla suddetta delibera valenza di “titolo di credito” anche con riguardo alle gestioni pregresse e, se del caso, valutare se la dedotta assenza del condomino impugnante all'assemblea che aveva approvato il rendiconto potesse rilevare ai fini del decidere Le soluzioni giuridiche
I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto le doglianze del condomino soccombente manifestatamente infondate. Si è, innanzitutto, premesso che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l'onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell'assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. civ., sez. II, 29 agosto 1994, n. 7569). Il giudice, pronunciando sul merito, emetterà una sentenza favorevole o meno, a seconda che l'amministratore dimostri che la domanda sia fondata, e cioè che il credito preteso sussiste, è esigibile e che il condominio ne è titolare. La delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, così, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui àmbito è ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della delibera assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. civ., sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26629; cui adde Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2017, n. 4672). Pertanto, il giudice deve accogliere l'opposizione solo qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l'esecuzione sospesa dal giudice dell'impugnazione, ex art. 1137, comma 2, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la medesima delibera (Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2012, n. 19938; Cass. civ., sez. VI/II, 24 marzo 2017, n. 7741). Quanto, poi, alla doglianza sollevata dal ricorrente relativa alla sua mancata partecipazione all'assemblea del 28 febbraio 2014, in cui si era approvato il rendiconto de quo, gli ermellini sottolineano che, agli effetti dell'art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., era del tutto privo di carattere decisivo (vale a dire che, se pur fosse stato esaminato, esso non avrebbe determinato un esito diverso della controversia). La dedotta mancata presenza del condomino all'assemblea in oggetto poteva essere, al più, ragione che comportava la decorrenza del termine perentorio di 30 giorni, di cui all'art. 1137, comma 2, c.c., dalla data di comunicazione della delibera, ma non poteva certamente essere oggetto di eccezione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo chiesto per conseguire il pagamento delle spese deliberate dall'assemblea (argomentando da Cass. civ., sez. II, 1 agosto 2006, n. 17486). Si richiama, al riguardo, il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, per il disposto degli artt. 1135 e 1137 c.c., la delibera dell'assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall'art. 1137, comma 2, c.c. - non per ragioni di merito, ma - solo per ragioni di mera legittimità, non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera (Cass. civ., sez. II, 31 maggio 1988, n. 3701; Cass. civ., sez. II, 14 luglio 1989, n. 3291; Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1994, n. 3747; Cass. civ., sez. II, 4 marzo 2011, n. 5254). Ne consegue che, dall'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore, per effetto della vincolatività tipica dell'atto collegiale stabilita dal comma 1 dell'art. 1137 c.c. - e senza che perciò possano essere altrimenti rilevanti la “partecipazione” o un “idoneo atto ricognitivo del singolo condomino”, alla stregua di quanto sostenuto in Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 2018, n. 4306 - discende l'insorgenza, e quindi anche la prova, dell'obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 5 novembre 1992, n. 11981). Una volta, perciò, che il bilancio consuntivo sia stato approvato con la maggioranza prescritta dalla legge, l'amministratore, per ottenere il pagamento delle somme risultanti dal bilancio stesso, non è tenuto a sottoporre all'esame dei singoli condomini i documenti giustificativi, dovendo gli stessi essere controllati prima dell'approvazione del bilancio, senza che sia ammissibile la possibilità di attribuire ad alcuni condomini la facoltà postuma di contestare i conti, rimettendo così in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza (Cass. civ., sez. II, 23 maggio 1981, n. 3402). Invero, a norma dell'art. 1130-bis c.c. - come inserito dalla novella n. 220/2012 - il rendiconto condominiale deve contenere “le voci di entrata e di uscita”, e quindi gli incassi ed i pagamenti eseguiti, in rapporto alle relative manifestazioni finanziarie, nonché “ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio”, con indicazione nella nota sintetica esplicativa della gestione “anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”, avendo qui riguardo al risultato economico dell'esercizio annuale. Secondo il c.d. principio di cassa, i crediti vantati dal condominio verso un singolo condomino vanno inseriti nel consuntivo relativo all'esercizio in pendenza del quale sia avvenuto il loro accertamento (argomentando da Cass. civ., sez. II, 4 luglio 2014, n. 15401). Dopo che siano stati inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condomini morosi per il pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno dovuti, tali pregresse morosità, ove rimaste insolute, devono essere riportate anche nei successivi anni di gestione, costituendo esse non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche “una permanente posta di debito di quei partecipanti nei confronti del condominio”. Il rendiconto condominiale, in forza di un principio di continuità, deve, cioè, partire dai dati di chiusura del consuntivo dell'anno precedente, a meno che l'esattezza e la legittimità di questi ultimi non siano state negate con sentenza passata in giudicato, ciò soltanto imponendo all'amministratore di apporre al rendiconto impugnato le variazioni imposte dal giudice, e, quindi, di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo. In quest'ottica, non ha senso invocare al riguardo il limite della dimensione annuale della gestione condominiale, la quale vale ad impedire, piuttosto, la validità della delibera condominiale che, nell'assenza di un'unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una previsione pluriennale di spese (Cass. civ., sez. II, 21 agosto 1996, n. 7706).
Osservazioni
In quest'ordine di principi, si rivelava infondata la tesi svolta dal ricorrente circa la carenza di efficacia probatoria del consuntivo 2013, approvato dall'assemblea condominiale del 28 febbraio 2014 per le gestioni pregresse, atteso che - secondo il principio di diritto di cui alla massima - il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute - le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quel partecipante - una volta approvato dall'assemblea, può essere impugnato ai sensi dell'art. 1137 c.c., costituendo, altrimenti, esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso. Orbene, il fatto che tale approvazione costituisca “titolo del credito” legittima l'amministratore ad agire monitoriamente ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., mentre l'assunto per cui la stessa non dia luogo ad “un nuovo fatto costitutivo” pone incertezze riguardo alla nascita della relativa obbligazione contributiva, con tutti i riflessi riguardo al decorso della prescrizione. Si consideri, infatti, che, in precedenza, gli stessi magistrati del Palazzaccio (Cass. civ., sez. II, 25 febbraio 2014, n. 4489) hanno affermato che le spese condominiali hanno natura periodica, sicché il relativo credito è soggetto a prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 4), c.c., con decorrenza dalla delibera di approvazione del rendiconto e dello stato di riparto, costituente “il titolo” nei confronti del singolo condomino. Anche se si riscontra una qualche incertezza della giurisprudenza e della dottrina sull'individuazione dell'esatta durata dell'incarico dell'amministratore(un anno o due anni), comunque l'obbligo della presentazione del rendiconto per l'amministratore è, in base al combinato disposto delle normativa condominiale, annuale; in base tale requisito, la periodicità di un rendiconto condominiale comporta la possibilità di un confronto tra i diversi bilanci presentati anno per anno, prendendo a base l'attività amministrativa dell'amministratore svolta durante l'esercizio. Ad ogni buon conto, la dottrina ragionieristica ha osservato che il criterio di competenza nella redazione del bilancio condominiale aggiunge tutte le movimentazioni emerse al di fuori dell'arco temporale annuale, in rapporto all'inerenza contabile (a differenza del criterio di cassa che si limita ad enunciare le movimentazioni in entrata ed in uscita avvenute dall'inizio alla fine dell'esercizio amministrativo annuale, evidenziando soltanto le quote realmente incassate ed i soli pagamenti effettuati ai fornitori di beni e servizi). Anche l'art. 1130-bis c.c. suggella la (implicita) preferenza dell'applicazione del criterio di competenza laddove richiede di fornire ogni dato inerente la gestione, compresi fondi e riserve, ossia quell'intento di far emergere dal rendiconto condominiale tutti quei dati e notizie utili alla comprensione dello strumento riepilogativo di periodo annuale. In altre parole, la legge richiede la costruzione di un reticolo contabile che faccia emergere non solo entrate ed uscite, ma anche crediti e debiti; parlare di “competenza” nel condominio vuol dire anche riassumere con le registrazioni contabili quelle fatture pervenute nell'esercizio annuale, ma non pagate entro il termine del medesimo ed idem dicasi per gli incassi. Inoltre, il criterio di competenza rispetta il principio dell'autonomia dei bilanci, con conseguente omogeneità e confrontabilità nel tempo analogamente a quanto previsto dall'ordinamento fiscale per la determinazione del reddito d'impresa, considerato il ruolo di sostituto d'imposta del condominio (l. n. 449/1997). Riferimenti
Tamanti, Note sul rendiconto condominiale alla luce di alcune sentenze di merito, in Arch. loc. e cond., 2019, 28; Risotti, Invalidità del rendiconto condominiale, in Immob. & proprietà, 2019, 297; Marostica, La contabilità e il rendiconto condominiale, in Immob. & proprietà, 2017, 698; Russo, Il rendiconto condominiale ai sensi dell'art. 1130 bis c.c. e le conseguenze della sua approvazione o mancata approvazione, in Arch. loc. e cond., 2016, 605; Rosselli, La contabilità condominiale e la revisione del rendiconto condominiale, in Arch. loc. e cond., 2015, 115; Del Chicca, Impugnazione del rendiconto: motivi di invalidità della delibera ed oggetto del sindacato giudiziale, in Arch. loc. e cond., 2015, 372; Scripelliti, Il rendiconto dell'amministratore condominiale, in Giur. it., 2012, 793; Salciarini, Le regole giuridiche del rendiconto condominiale, in Immob. & proprietà, 2011, 499; Carrato, La funzione e la trasparenza del rendiconto condominiale, in Immob. & diritto, 2011, 23; La Rocca, Il rendiconto annuale delle spese condominiali e gli addebiti a singoli condomini a titolo personale, in Arch. loc. e cond., 2005, 137.
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