L'esenzione dal pagamento IMU agli immobili concessi in comodato d'uso non è sempre possibile

21 Giugno 2021

Con l'ordinanza 1539/201, la Corte di Cassazione, ha ritenuto che non è possibile usufruire dell'esenzione IMU se l'immobile è concesso in comodato gratuito. Occupandosi di un immobile utilizzato in parte da un ente che si occupava di didattica e incassava rette per importi non simbolici, è stato sostenuto che l'esenzione sarebbe subordinata alla compresenza del requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell'immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.
Massima

Non è possibile usufruire dell'esenzione IMU se l'immobile è concesso in comodato gratuito. Nel caso di specie l'immobile veniva utilizzato in parte da un ente che si occupava di didattica, il quale incassava rette per importi non simbolici; è stato sostenuto che l'esenzione sarebbe subordinata alla compresenza del requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell'immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.

Il caso

Con l'ordinanza del 25 gennaio 2021, n. 1539, la Corte di Cassazione si è occupata del caso di un ente religioso che ha concesso in comodato gratuito l'utilizzo di un immobile ad un ente che si occupa di didattica ed ad un'associazione sportiva.

In particolare, una congregazione religiosa si è opposta alla richiesta di pagamento dell'IMU da parte un Comune relativamente all'immobile in oggetto, ritenendo applicabile una specifica norma che prevede un'esenzione per gli immobili destinati allo svolgimento delle attività istituzionali. Infatti, secondo l'ente religioso, in base anche a quanto sostenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze (la numero 4/D del 4 marzo 2013), sarebbe possibile beneficiare dell'esenzione nel caso in cui lo stesso soggetto abbia concesso gratuitamente l'immobile ad un soggetto che a sua volta non ritrae alcun reddito da tale concessione gratuita posto che, il comodante, nel caso in cui avesse utilizzato direttamente l'immobile per lo svolgimento di una delle attività meritevoli di esenzione, avrebbe sicuramente beneficiato dell'esenzione del tributo.

Secondo i giudici di legittimità, però, tale tesi non sarebbe del tutto condivisibile, in quanto condizione per poter usufruire dell'esonero è l'utilizzo “diretto” dell'immobile da parte dell'ente possessore. Per questo motivo, è stato accolto il ricorso del Comune.

La questione

La motivazione della sentenza si basa su un'interpretazione restrittiva dell'art. 7, comma 1, lettera i) del d.Lgs. 504/1992.

Tale norma disciplina i casi rispetto ai quali è possibile usufruire dell'esenzione dal pagamento dell'IMU (la citata disposizione si applica anche alla nuova “IMU”, con l'unica differenza che l'immobile ora deve essere anche posseduto. Infatti, l'articolo 1, comma 759, lettera g), L. 160/2019 afferma che sono esenti “gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell'art. 7 del d.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste nella medesima lettera i)”. Tale disposizione rende inoltre applicabili le disposizioni di cui all'art. 91-bis D.L. 1/2012 che circostanzia l'applicazione di tale esenzione, nonché il D.M. attuativo 200/2012).

La soluzione giuridica

Per poterne beneficiare, si devono possedere contemporaneamente i requisiti di carattere soggettivo e oggettivo, di cui alla lett. i), comma 1, dell'art. 7 sopracitato, nonché quelli generali e di settore, stabiliti rispettivamente agli artt. 3 e 4 del Regolamento 19 novembre 2012, n. 200, i quali stabiliscono i parametri per qualificare le attività di cui alla più volte menzionata lett. i) come svolte con modalità non commerciali (ai fini dell'individuazione del quadro normativo che regola la materia in esame e per le modalità applicative dell'esenzione in parola, si rinvia alla lettura delle istruzioni allegate al modello di dichiarazione IMU/TASI ENC di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 26 giugno 2014).

In particolare, è necessario che si verificano i seguenti requisiti soggettivi ed oggettivi:

  1. relativamente all'aspetto soggettivo, gli immobili devono essere utilizzati (e ora anche posseduti) da enti non commerciali residenti in Italia (tra questi, la circ. n. 2/DF, emanata il 26 gennaio 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, ha espressamente ricompreso le associazioni, le fondazioni e gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti);
  2. relativamente, invece, al requisito oggettivo, gli immobili devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento di attività c.d. no profit, cioè: attività assistenziali, previdenziali (Cfr. Ris. n. 8/DF del 5 ottobre 2015, emanata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze), sanitarie (cfr. Interr. e Risp. Parl. n. 5-03221 del 16 luglio 2014), di ricerca scientifica (cfr. Ris. n. 7/DF del 13 luglio 2015, emanata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze.), didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, oppure alle attività di cui all'art. 16, lett. a), della legge n. 222/1985, cioè “quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana”.

Le suddette attività no profit elencate dall'art. 7, comma 1, lett. i), devono essere svolte “con modalità non commerciali”. Per qualificarle tali, devono essere rispettati, sia dei requisiti generali relativi all'atto costitutivo o allo statuto dell'ente non commerciale*, sia dei requisiti particolari (cfr. art. 4 del Decreto del 19 novembre 2012, n. 200.), differenziati in funzione della tipologia di attività svolta (in merito, si ricorda che la Corte di cassazione, con la pronuncia del 3 maggio 2017, n. 10754, ha ribadito che gli immobili degli istituti religiosi adibiti a scuole paritarie sono soggetti a ICI (e a IMU) se non si dimostra che l'attività è svolta con modalità non commerciali. A tale scopo, occorre che la stessa sia prestata gratuitamente ovvero dietro pagamento di un corrispettivo simbolico), non previsti per le attività sopra descritte di cui all'art. 16, lett. a), della legge n. 222/1985, quale quella di educazione cristiana.

*In evidenza

Ai sensi dell'art. 3 del DM n. 200/2012, i requisiti generali sono verificati se l'atto costitutivo o lo statuto dell'ente non commerciale prevedono:

a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente;

b) l'obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale;

c) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un'analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.

Secondo recente giurisprudenza di legittimità, per verificare il requisito oggettivo dell'esenzione, è necessario accertare la natura economica o non economica dell'attività svolta nell'immobile adibito ad attività didattica, verificando in particolare se tale attività, ancorchè avente una finalità sociale, sia stata prestata a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un importo simbolico, tale comunque da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio e da non poter essere pertanto considerato una retribuzione del servizio stesso (cfr. ordinanza della Corte di Cassazione del 4 maggio 2021, n. 11651).

Inoltre, ai sensi dell'art. 91-bis del D.L. n. 1/2012, qualora nello stesso immobile alcune unità immobiliari ospitino le attività individuate dall'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992, svolte con modalità non commerciali, mentre altre parti siano sede di attività diverse, le prime beneficeranno dell'esenzione, mentre le seconde sconteranno l'IMU (Cfr. art. 5 del Decreto del 19 novembre 2012, n. 200).

Fatte queste necessarie premesse, è a questo punto possibile verificare se un soggetto non profit che concede in comodato d'uso l'immobile ad altro ente che non svolge attività commerciale possa usufruire comunque dell'esenzione.

Si deve, innanzitutto, affermare che questo ultimo ente è escluso dal campo di applicazione dell'imposta, in quanto non è soggetto passivo ai fini IMU, non vantando sull'immobile alcun diritto reale ai sensi dell'art. 9, comma l, del D.Lgs. n. 23/2011.

Relativamente, invece, alla posizione dell'ente non commerciale concedente, con la concessione in uso gratuito dell'immobile lo stesso soggetto non ritrae alcun reddito da tale concessione gratuita e, nel caso in cui avesse utilizzato direttamente l'immobile per lo svolgimento di una delle attività meritevoli, beneficerebbe dell'esenzione. Infatti, la concessione in comodato, che è un contratto essenzialmente gratuito, non costituisce, chiaramente, una manifestazione di ricchezza e di capacità economica che avrebbe, al contrario, giustificato un concreto apporto contributivo alla spesa pubblica, quindi, l'imposizione ai fini IMU (cfr. Risoluzione n. 4/DF del 4 marzo 2013, emanata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze).

Parte della giurisprudenza di merito, occupandosi del caso di un ente religioso che ha concesso in comodato gratuito l'utilizzo di un immobile ad un altro ente religioso, il quale, in tale bene, ha svolto attività non commerciale, ha sancito che nel caso specifico è possibile usufruire dell'esenzione IMU, poiché, al contrario di quanto sarebbe successo qualora l'immobile fosse stato concesso in locazione, il concedente non ricava nulla dalla messa a disposizione del bene, il quale veniva utilizzato dal possessore, non per "una finalità economica produttiva di reddito", ma per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali.

In particolare, i giudici di primo grado, citando un indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte (cfr. Corte di Cassazione del 18 dicembre 2015, n. 25508), hanno sancito che, nella particolare ipotesi in cui l'immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato a un altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività meritevoli di cui al comma 1, lett. i), dell'art. 7 del D.Lgs. n. 504/1992, possa trovare applicazione la specifica esenzione (Così sentenza del 25 ottobre 2017, n. 271/2/17 della CTP Reggio Emilia).

Tale tesi, però, almeno per quanto riguarda lo specifico caso esaminato, non è stata accolta dalla Suprema Corte in esame, la quale ritiene che l'esenzione è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell'immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.

Per questo motivo, l'esenzione non spetterebbe nel caso di utilizzazione indiretta, ancorché assistita da finalità di pubblico interesse (così anche ordinanza della Corte di Cassazione del 4 novembre 2019, n. 28299, occupandosi di locali destinati ad attività che comportavano il corrispettivo a favore degli studenti eccedenti l'ordinaria attività didattica di studio e di ricerca scientifica).

È necessario, però, precisare che la contestazione si era basata sulla sussistenza dell'elemento oggettivo e cioè se il complesso immobiliare fosse destinato esclusivamente allo svolgimento di una delle attività tassativamente elencate dalla norma e se dette attività non fossero gestite con modalità commerciali. Nella fattispecie esaminata, infatti, la Suprema Corte ha accertato che negli immobili si svolgeva attività didattica con pagamento di rette scolastiche non simboliche da parte degli utenti. Pertanto, non si sarebbe verificato il requisito che richiede lo svolgimento di un'attività non commerciale.

In merito alla definizione di attività commerciale, il Ministero dell'Economia e delle Finanze (con la circolare del 26 gennaio 2009, n. 2), interpretando la disposizione contenuta nell'art. 7 co. 1 lett. i) del D.Lgs. 504/1992, ha chiarito che gli enti non profit sono esenti dal pagamento dell'imposta soltanto se le attività che svolgono non hanno natura commerciale.

A tal fine, è stato ricordato che un'attività non è commerciale se mancano gli elementi tipici dell'economia di mercato (il lucro soggettivo e la libera concorrenza) e sono invece presenti le finalità di solidarietà sociale (cfr. ordinanza della Corte di Cassazione del 16 luglio 2019, n. 19072 in merito all'assenza di commercialità relativamente ad un'attività ricettiva).

Osservazioni

A questo punto è necessario ricordare che parte della giurisprudenza di legittimità, sembra riconoscere in ogni caso l'esenzione nel caso di un bene, concesso in comodato gratuito, utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, qualora, esista tra i due enti, comodante e comodatario, "un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei suddetti compiti, che autorizza a ritenere una compenetrazione tra di essi e a configurarli come realizzatori di una medesima "architettura strutturale” (così ordinanza del 21 marzo 2019, n. 8073).

Ciò potrebbe verificarsi quando tra i due enti è stato istituito un forte legame istituzionale e operativo, attraverso, ad esempio, l'adozione di un modello organizzativo che collega i rispettivi organi deliberatori, di governo, gestione e controllo (per completezza di esposizione, si ricorda che l'Agenzia delle Entrate, in un caso simile, ha ritenuto applicabile l'agevolazione prevista dall'art. 1, comma 737, della legge di stabilità per il 2014).

Tale tesi è stata confermata recentemente dalla sentenza n. 367 del 27 maggio 2021, della Commissione Tributaria Provinciale di Padova, secondo la quale il presupposto per l'esenzione non sussiste qualora tra i due enti (comodante e comodatario) non viene verificato un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei propri compiti istituzionali.

È necessario a questo punto ricordare che la nuova normativa sull'IMU richiede che l'immobile, utilizzato per le attività socialmente rilevanti, sia “posseduto e utilizzato” dall'Enti non commerciali (art. 1, comma 759, lettera g), della legge del 27 dicembre 2019, n. 160).

I Comuni, però, possono introdurre un'esenzione per l'immobile “dato in comodato gratuito al comune o ad altro ente territoriale, o ad ente non commerciale, esclusivamente per l'esercizio dei rispettivi scopi istituzionali o statutari” (art. 1, comma 777, lettera ), della legge del 27 dicembre 2019, n. 160).

Sulla base di queste novità, sembrerebbe non è più necessaria l'unitarietà della struttura tra i due enti, quello proprietario e quello utilizzatore, purchè l'immobile sia utilizzato per tutte le attività istituzionali dell'ente comodatario.

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