Pregiudizio estetico: riconoscimento e quantificazione

23 Giugno 2021

In tema di risarcimento al danneggiato nel sinistro stradale si ritiene di poter operare un aumento della quantificazione del danno non patrimoniale per personalizzazione a causa della particolare lunghezza del decorso clinico tanto in ragione del particolare pregiudizio estetico in una giovane donna dopo la tardiva consolidazione della frattura della gamba sinistra e il persistere della sofferenza cutanea, tanto in considerazione del verosimile maggiore impatto in termini di sofferenza psicologica dell'evento in un soggetto già affetta da problematiche di salute.
Massima

“In tema di risarcimento al danneggiato nel sinistro stradale si ritiene di poter operare un aumento della quantificazione del danno non patrimoniale per personalizzazione a causa della particolare lunghezza del decorso clinico tanto in ragione del particolare pregiudizio estetico in una giovane donna dopo la tardiva consolidazione della frattura della gamba sinistra e il persistere della sofferenza cutanea, tanto in considerazione del verosimile maggiore impatto in termini di sofferenza psicologica dell'evento in un soggetto già affetta da problematiche di salute”.

Il caso

La vicenda trae origine da un sinistro stradale ai danni di una donna.

La moto su cui la giovane donna si trovava quale terza trasportata veniva travolta dal conducente dell'automobile, il quale non rispettava la segnaletica verticale e non arrestava la marcia allo “Stop”.

Conseguentemente al violento impatto, l'attrice veniva sbalzata dalla sella, finendo su una fossa adiacente procurandosi, come emerge dal verbale di Pronto Soccorso, una “frattura biossea diafisaria distale, completa e scomposta della gamba sinistra, una sofferenza della cute al terzo medio della gamba sinistra e una lussazione acromio-claveare con diastasi dei monconi della spalla destra”. Ciò rendeva necessari interventi chirurgici e controlli medico specialisti.

L'Assicurazione riconosceva alla vittima, in via stragiudiziale, la somma quantificata in euro 75.928,80.

L'attrice dava atto del suddetto pagamento e citava l'Assicurazione al fine di ottenere un'ulteriore somma a titolo di risarcimento danni, comprensivi anche del danno morale ed esistenziale pari ad euro 4096,12, per spese mediche ed euro 58.099,60 per invalidità temporanea, permanente, danno morale comprensivo del danno esistenziale, estetico e di relazione oltre interessi legali.

L'Assicurazione convenuta si costituiva in giudizio, contestando le pretese attoree, ma nel corso del processo offriva l'ulteriore importo pari ad euro 35.215,00, accettato da parte attrice come acconto sul maggior avere.

All'esito del giudizio, la stessa veniva condannata al pagamento della somma di euro 114.378,15 a titolo di risarcimento del danno, in favore di parte attrice.

La questione

La questione giuridica sottoposta all'attenzione del Giudicante ha riguardo all'individuazione del quantum spettante a titolo di risarcimento del danno biologico nonché all'individuazione di ulteriori elementi utili, valorizzati per il riconoscimento e la c.d. personalizzazione del danno morale.

Le soluzioni giuridiche

In ordine al quantum debeatur a titolo di risarcimento del danno biologico il Tribunale, in applicazione della Tabelle di Milano, quantifica il danno riportato da parte attrice effettuando una media tra la quantificazione operata sulla base di una percentuale pari al 18%, per un totale di euro 88.185,00 e la quantificazione effettuata sulla base di una percentuale pari al 19%, per un totale di euro 94.820,00.

La media tra i valori poc'anzi menzionati il danno è stato quantificato in euro 91.502,50, oltre alle spese mediche per un importo complessivo pari ad euro 593,00.

Per quanto concerne le ulteriori domande relative alla liquidazione di aggiuntive voci di danno (i.e. danno morale) il Giudice lucchese ha ripercorso quanto già sancito dall'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, iniziato con la nota sentenza Cass. civ. n. 12408/2011 (c.d. “sentenza Amatucci”) e culminato nella sentenza n. 11754/2018, secondo cui “il danno da lesione dell'integrità psico-fisica, in difetto di previsioni normative ad hoc, va liquidato tenendo conto dei parametri tabellari, elaborati presso l'Osservatorio della Giustizia civile del Tribunale di Milano che, salva la ricorrenza di circostanze peculiari, idonee a giustificarne l'abbandono, hanno valenza di parametro di conformità della valutazione equitativa del dettato di cui all'art. 1226 c.c..

Nella versione elaborata nell'anno 2011 dette tabelle determinano il valore finale del punto utile (c.d. sistema del punto variabile) al calcolo del danno da lesione permanente dell'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico legale (c.d. danno biologico da invalidità permanente), tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali.

In esse è ricompresa anche la componente prettamente soggettiva data dalla sofferenza morale conseguente alla lesione (quella già qualificata in termini di danno morale e che nei sistemi tabellari precedenti era liquidata separatamente) che viene inclusa nel punto base, così da operare non sulla percentuale di invalidità, bensì con aumento equitativo della corrispondente quantificazione.

Le richiamate tabelle prevedono delle percentuali massime di aumento proprio per consentire la personalizzazione del danno non patrimoniale.

Spetta al Giudice far emergere e valorizzare, dandone conto in motivazione, le specifiche circostanze di fatto del caso concreto che valgano a superare le conseguenze “ordinarie” già previste e compensate dalla liquidazione forfetizzata assicurata dalle previsioni tabellari. Distinguendosi da queste ultime perché legate all'irripetibile singolarità dell'esperienza di vita individuale, caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all'uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento, meritevoli di tradursi in una differente, più ricca e individualizzata, considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza delle suddette peculiarità”.

In sostanza è il giudice che, di volta in volta, deve rilevare la sussistenza di elementi sintomatici che siano in grado di giustificare una personalizzazione del danno, affinché la vittima possa ottenere l'integrale ristoro per il danno subito, venendo compensata di tutte le conseguenze pregiudizievoli cagionate dall'illecito.

Nella fattispecie de quo, il Tribunale ha argomentato l'aumento della quantificazione del danno, per il pregiudizio estetico subito, sulla scorta di quanto affermato nella CTU: “sotto il profilo medico legale la particolare lunghezza del percorso clinico, dovuta alla tardiva consolidazione della frattura della gamba sinistra e per il persistere della sofferenza cutanea, unitamente al particolare pregiudizio estetico in una giovane donna, è espressione di un maggiore pregiudizio, tenuto altresì conto che la vittima sia già affetta da problematiche di salute”.

Nella specie, la giovane donna, era affetta da sordomutismo dalla nascita.

Sulla base delle summenzionate argomentazioni il giudice di merito ha così stimato nella misura del 25% il danno morale, quantificato nella complessiva somma di euro 114.378,125.

Osservazioni

La sentenza in commento offre uno spunto per ripercorrere lo stato dell'arte in relazione al pregiudizio estetico subito dalla vittima e in relazione ai criteri utili per la personalizzazione del danno.

a) SUL PREGIUDIZIO ESTETICO

Giova evidenziare che la giurisprudenza ha da sempre considerato il c.d. “danno estetico” quale voce del più ampio genus del danno biologico.

Paradigmatica è la storica sentenza n. 4677/1998, con cui la Corte di Cassazione ha rilevato che “allorché si dice che il danno estetico è una componente del danno biologico, questa affermazione ha come conseguenza che, di detta componente, si tenga conto nel liquidare il danno biologico”.

Questa stessa impostazione, attualmente prevalente in seno alla giurisprudenza di merito e di legittimità (cfr. Tribunale di Vicenza, sent. n. 481/2018; Cass. civ., sez. III, sent. n. 14246/2020) ritiene il danno estetico insuscettibile di essere considerato una voce di danno a sé, aggiuntiva ed ulteriore rispetto al danno biologico, per tale intendendo “(...)lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico legale, che esplica un'incidenza negative sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggiato” (artt. 138 e 139 d.lgs., n. 209/2005)

Alla base di tale ragionamento vi è la considerazione che il risarcimento del danno estetico si sostanzi in una forma di invalidità permanente.

In particolare, secondo l'insegnamento della Cass. civ., sez. III, sent. n. 14246/2020 i postumi di carattere estetico possono ricevere un eventuale trattamento risarcitorio autonomo, sotto l'aspetto meramente patrimoniale a favore di chi a causa della lesione estetica abbia subito una ripercussione negativa sulla propria attività lavorativa, precludendola o rendendola più onerosa.

In ogni altro caso, il danno estetico non può mai essere considerato una voce di danno a sé, aggiuntiva ed ulteriore rispetto al danno biologico.

b) SULLA PERSONALIZZAZIONE DEL DANNO

Rispetto a quanto sopra detto non può però negarsi che, a fronte di un pregiudizio estetico subito, la vittima possa poi manifestare gravi disagi anche a livello psicologico nell'accettare la sua nuova immagine.

Quanto alla componente morale, quale ulteriore voce del danno non patrimoniale, si fa tradizionalmente riferimento “ad altri pregiudizi ricompresi nella sofferenza interiore, quali la tristezza, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura e la disperazione”.

Tali elementi non solo devono essere provati dalla parte ma, altresì, valutati ed accertati dal giudice.

Per tale ragione, alla luce di una valutazione complessiva che tenga conto anche di ulteriori elementi, il pregiudizio estetico è criterio utile ai fini della “personalizzazione del danno” e determinare un aumento del risarcimento spettante alla vittima.

In tal senso opera la sentenza in commento, muovendosi nel solco dei più recenti arresti giurisprudenziali, in base ai quali il danno non patrimoniale è categoria unitaria da un punto di vista giuridico, ma non fenomenologico (Cass. civ., sent. n. 901/2018).

La personalizzazione del danno, da un lato, consente di perfezionare il percorso liquidativo, evitando gli automatismi risarcitori nonché le duplicazioni delle voci di danno liquidabili e, inoltre, consente di tenere conto delle esigenze del caso concreto, evitando sperequazioni di trattamento.

Altresì, la stessa Tabella milanese individua dei “criteri orientativi” onde stabilire quando è possibile procedere con la personalizzazione del danno, ossia allorché “il caso concreto presenti peculiarità che vengano allegate e provate (anche in via presuntiva) dal danneggiato, in particolare: sia quanto agli aspetti anatomo-funzionali e relazionali (ad es. lavoratore soggetto a maggior sforzo fisico senza conseguenze patrimoniali; lesione al “dito del pianista dilettante”); sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva (ad es. dolore al trigemino; specifica penosità delle modalità del fatto lesivo)”.

Difatti, il riconoscimento di un'ulteriore somma di denaro a titolo di risarcimento del danno per i pregiudizi che non hanno fondamento medico legale non costituisce una duplicazione risarcitoria, ove il giudice abbia già liquidato il danno biologico (funditus Cass. civ. sent. n. 7513/2018).

Il riconoscimento di un quid pluris a titolo di risarcimento sarà, pertanto, riconosciuto laddove non sia già stato liquidato e il danneggiato abbia assolto all'onere probatorio su di esso gravante.

Non solo. Trattandosi di voce autonoma di danno non patrimoniale, quale praetium doloris per la sofferenza interiore subita, non suscettibile di accertamento medico legale, è addirittura meritevole di un compenso aggiuntivo che vada oltre la personalizzazione per gli aspetti dinamici compromessi (Cass. civ., ord. n. 3764/2021).

Nella specie, in ordine alla personalizzazione del danno riconosciuta in misura pari al 25%, il giudice ha tenuto conto quale elemento circostanziante, idoneo a riconoscere un quid pluris alla vittima del sinistro, oltre alla lunga degenza post ospedaliera altresì dello stato di salute della donna, essendo la stessa già portatrice di handicap.

Condivisibilmente alla decisione assunta dal giudice di merito, in questo quadro già gravemente compromesso, l'ulteriore pregiudizio estetico subito avrebbe sortito verosimilmente un maggiore impatto in termini di sofferenza psicologica.

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