Risarcimento danni da infiltrazioni: vale il criterio della solidarietà tra i condomini
08 Luglio 2021
Massima
Contrariamente a quanto accade per le altre obbligazioni condominiali, per le quali vige il principio di parziarietà, nel senso che i singoli condomini rispondono esclusivamente, pro quota, per le obbligazioni derivanti da risarcimento del danno ex art. 2051 c.c., gli stessi possono essere chiamati a rispondere con l'intero loro patrimonio, trattandosi di obbligazione solidale. Se ne deve trarre, pertanto, che il risarcimento del danno da cose in custodia di proprietà condominiale non si sottrae alla regola della responsabilità ex art. 2055, comma 1, c.c., individuati nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili. Il caso
Un condomino proponeva opposizione ad un atto di precetto, notificatogli da altro condomino, in forza di una sentenza con la quale il condominio era stato condannato a pagare all'intimante una somma a titolo di risarcimento di danni, per le infiltrazioni d'acqua provenienti dalla terrazza di copertura, di proprietà esclusiva dello stesso danneggiato. Il tutto oltre rivalutazione ed interessi legali. A fondamento dell'intimazione, l'opposto aveva assunto che per il debito risarcitorio i condomini erano solidalmente condebitori. Per quanto di interesse specifico, dei molteplici motivi di opposizione due sembrano essere meritevoli di rilevanza generale: quello relativo all'asserita erroneità della somma intimata, con riferimento al combinato disposto degli artt. 1126 e 2051 c.c., e quello concernente il principio della solidarietà nei pagamenti dei debiti condominiali come introdotto dal novellato disposto dell'art. 63 disp.att.c.c. Si costituiva in giudizio l'opposto contestando gli assunti di controparte e, all'esito dell'istruttoria, il Tribunale rigettava entrambi i motivi di opposizione qui evidenziati e per i restanti accoglieva le domande. La questione
La questione di primario interesse concerne il rapporto tra l'art. 63 disp.att.c.c. e l'art. 2055 c.c., dal momento che le fattispecie, che sottintendono alle due disposizioni legislative, sono del tutto differenti. Le soluzioni giuridiche
Il primo motivo di opposizione si sostanziava in una censura alla sentenza di merito che, non seguendo il criterio di ripartizione indicato dalla pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 4 maggio 2016, n. 9449), non aveva considerato il coinvolgimento del proprietario o utilizzatore della terrazza esclusiva secondo le proporzioni indicate dall'art. 1126 c.c. dovendosi, invece, tenere conto di una responsabilità concorrente dello stesso nella causazione del danno ex art. 2051 c.c. Questo avrebbe portato - ad avviso dell'opponente - ad una differente ripartizione della somma complessiva, dal momento che il proprietario del terrazzo avrebbe dovuto rispondere ai sensi del citato art. 2051 c.c. a titolo di custode del bene, mentre per la quota concernente le opere di manutenzione del bene medesimo egli avrebbe dovuto partecipare secondo i criteri dettati dall'art. 1126 c.c. Aggiungeva, poi, il condomino in opposizione che una ripartizione in questo senso era stata già operata dall'amministratore, ma contro di essa l'attuale opposto aveva impugnato la delibera. Non solo, ma sempre in forza di tale deliberazione, l'opponente aveva pagato la quota di sua spettanza e solo questo era sufficiente per denunciare la violazione dell'art. 63, comma 2, disp.att.c.c. Secondo il convenuto, invece, le doglianze erano inammissibili ed infondate poiché riguardavano una statuizione di merito sulla quale era caduto il giudicato, mentre infondato risultava il richiamo alla decisione dei supremi giudici. Il Tribunale rigettava il motivo sotto il profilo di una asserita applicabilità di un doppio regime di imputazione delle spese di condanna, anche in considerazione del fatto che la deliberazione dell'assemblea, richiamata nell'atto di opposizione ed avente carattere pregiudiziale, era stata annullata escludendo un concorso di colpa del proprietario della terrazza. In realtà, dalle risultanze processuali del giudizio di impugnazione, non era emersa una prova contraria della riferibilità del danno all'uno o all'altro dei due contendenti (danneggiato e condominio), unica atta a superare la presunzione di corresponsabilità. Parimenti infondato il secondo motivo, concernente l'asserita violazione del principio della responsabilità parziaria applicabile - ad avviso dell'opponente - a qualsiasi riparto approvato dall'assemblea e, quindi, non esclusivamente ai debiti parziari ma anche a quelli solidali. Il Tribunale, invece, ha ampiamente motivato come le obbligazioni sorte in ambito condominiale non si sottraggano al principio della solidarietà, quando le stesse obbligazioni - derivanti ex delicto o quasi ex delicto - siano riconducibili ad una responsabilità di ciascun condomino, salvo il suo diritto di regresso. Osservazioni
Rispetto ai due motivi presi in considerazione ai fini della presente nota, indubbiamente il secondo è quello con maggior impatto sull'opposizione al precetto, rispetto al quale è stato sostanzialmente eccepito che l'ingiunzione non poteva essere notificata, per l'intero, all'attore poiché, prima di questo passo, l'avente diritto avrebbe dovuto escutere gli altri condomini e, poi, agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti. L'eccezione, infatti, richiama l'applicabilità del disposto dell'art. 63, comma 2, disp.att.c.c., come è stato licenziato dalla l. n. 220/2012, nel caso di riscossione forzosa dei contributi condominiali tramite l'emissione, da parte del giudice competente, di un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo. Ma tale richiamo è stato giudicato infondato. Una ragionevole perplessità sorge per la scelta operata dall'intimante di eseguire la sentenza di merito nei confronti di un solo partecipante, apparentemente casuale e sicuramente discrezionale, e non nei confronti del condominio, che era il soggetto condannato dal Tribunale all'esecuzione dei lavori di impermeabilizzazione ed a quelli di ripristino dell'appartamento di proprietà dell'attuale opposto, nonché al risarcimento dei danni conseguenti al mancato uso dello stesso. Infatti, prima di ricorrere al principio della solidarietà del debito risarcitorio tra i condomini, sarebbe stato non solo corretto, ma quanto meno opportuno, procedere nei confronti del condominio, a meno che l'attore non avesse la certezza di non recuperare dalle risorse comuni (conto corrente o bene/i immobili da assoggettare ad esecuzione mobiliare o immobiliare) quanto di suo diritto. L'infondatezza del motivo di opposizione sulla pretesa applicabilità al caso di specie della norma che governa il recupero forzoso dei debiti condominiali è palese. L'art. 63 disp.att.c.c., infatti, ha un oggetto più che definito: la riscossione dei contributi che risulti dallo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, indipendentemente dal fatto che ci si riferisca al bilancio consuntivo oppure al preventivo ma, in questo secondo caso, ciò sarà consentito soltanto fino a che l'esercizio cui tali spese si riferiscono non sia terminato, dovendo altrimenti agire in base al rendiconto della gestione annuale (Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1993, n. 1789). Inoltre, il termine “riscossione dei contributi” non può che essere riferito alle spese attinenti alla gestione del condominio, ovvero a quelle spese che concorrono a formare i bilanci annuali nei quali saranno ricomprese non solo le spese ordinarie ma anche quelle straordinarie e di natura innovativa, urgenti e così via. La maggiore problematica ancora attuale riguarda la pignorabilità del conto corrente condominiale, considerato che se, da un lato, per l'art. 1129, comma 7, c.c. vi è l'obbligo di fare transitare sul medesimo qualsiasi somma erogata per conto dell'ente condominiale, per altro verso non è stata definita la natura giuridica di detto deposito, anche se nel momento in cui le somme escono dal patrimonio dei singoli partecipanti per affluire in quello comune, gli stessi perdono qualsivoglia disponibilità delle stesse. Detto questo, un punto fermo è stato messo: ove il titolo esecutivo giudiziale si sia formato nei confronti del condominio, il creditore che intenda procedere nei confronti del singolo condomino quale obbligato pro quota deve preventivamente notificare a quest'ultimo il titolo esecutivo ed il precetto (Cass. civ., sez. VI/III, 29 marzo 2017, n. 8150). Quanto alla pignorabilità del conto corrente condominiale, anche se nulla emerge dalla normativa in vigore, è stato affermato (Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19663) che l'obbligo che il condominio sia dotato di un conto corrente comune, come previsto dalla l. n. 220/2012, unito ad una serie di disposizioni del codice civile - presenza di due organi, quali assemblea ed amministratore; collegialità delle decisioni; fondo speciale ex art. 1135, n. 4, c.c. nonché obbligo di indicare denominazione, ubicazione e codice fiscale del condominio - portano a ritenere che l'ente condominiale sia dotato, per ora, di un'attenuata personalità giuridica. Di diverso avviso altro provvedimento giurisdizionale (Cass. civ., sez. un., 19 aprile 2019, n. 10934), per il quale la personalità o soggettività giuridica del condominio sarebbe da escludere, con la conseguenza che la provvista che confluisce sul conto corrente condominiale è sostanzialmente composta, su base millesimale, da denaro dei condomini. Allo stesso modo, si è formata una giurisprudenza di merito oscillante tra favorevoli (v., tra tutte, Trib. Milano 21 novembre 2017; Trib. Pescara 08 maggio 2014) e contrari (da ultimo, Trib. Teramo 18 aprile 2019). Tornando al caso in esame, il Tribunale etneo ha affermato che si esula dall'ambito applicativo dell'art. 63 dovendosi, invece, richiamare la solidarietà passiva prevista dall'art. 2055, comma 1, c.c. nei confronti di tutte le parti obbligate solidalmente al risarcimento del danno, quando il fatto dannoso sia imputabile a più persone. Questo principio di carattere generale si adatta perfettamente alla fattispecie de qua, nella quale il responsabile delle infiltrazioni era stato individuato nel condominio il quale - come detto - era stato condannato non solo ad effettuare i lavori di ripristino delle parti danneggiate, ma anche a risarcire il conseguente danno, essendo stato escluso da altra sentenza la sussistenza di un concorso di colpa dell'attore nel verificarsi dell'evento che aveva causato il danneggiamento.
Va, comunque, rilevato che, ove mai fosse stato ritenuto applicabile alla fattispecie in esame l'art. 63 disp.att.c.c., dalla sentenza risulta che all'opponente sarebbe stato notificato solo il precetto ma non il titolo (ovvero la sentenza di merito) con violazione del principio indicato dalla Cassazione nella richiamata decisione n. 8150/2017. Per quanto concerne, infine, il primo motivo di opposizione, concernente la contestazione dell'attore circa l'asserita errata ripartizione del danno contenuta nella sentenza del Tribunale di Catania, occorre richiamare l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'opposto, il quale aveva osservato che il motivo era finalizzato a censurare il giudicato formatosi sul titolo esecutivo. In effetti, allorché una sentenza di condanna al pagamento di una somma di denaro sia posta in esecuzione, la quantificazione del credito deve essere risolta esclusivamente sulla base delle statuizioni contenute nella sentenza azionata.
Sul punto, è stato affermato che, qualora a base di una qualunque azione esecutiva, sia posto un titolo esecutivo giudiziale, il giudice dell'opposizione, così come quello dell'esecuzione, non può effettuare alcun controllo intrinseco sul titolo, diretto cioè ad invalidarne l'efficacia in base ad eccezioni o difese che andavano dedotte nel giudizio nel cui corso è stato pronunziato il titolo medesimo, potendo controllare soltanto la persistenza della validità di quest'ultimo e quindi attribuire rilevanza solamente a fatti posteriori alla sua formazione o, se successiva, al conseguimento della definitività (Cass. civ., sez. III, 07 maggio 2015, n. 9247). Si ritiene, sommessamente, che il magistrato siciliano avrebbe dovuto prendere in considerazione l'assunto del convenuto, mentre sostanzialmente ha rigettato la domanda dopo aver esaminato nel merito la questione già passata in giudicato.
(Fonte: Condominio e Locazione) |