Nel caso di chiamata in causa del terzo responsabile da parte del convenuto la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza dell'attore, in quanto si deve individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario.
Massima
Nel caso di chiamata in causa del terzo responsabile da parte del convenuto la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza dell'attore, in quanto si deve individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario.
Nel caso di chiamata in causa del terzo in garanzia da parte del convenuto la domanda attorea non si estende automaticamente al terzo in ragione dell'autonomia sostanziale dei due rapporti ancorché confluiti in un unico processo.
Nel caso di responsabilità da cose in custodia, ex art. 2051 c.c., il custode risponde del danno anche se è ignoto chi è l'autore materiale del fatto dannoso in quanto:
da un lato, il danneggiato ha l'onere di provare il rapporto di custodia, il danno ed il nesso di causalità tra cosa in custodia e danno;
dall'altro lato, il custode ha l'onere di provare l'esistenza del caso fortuito.
Il caso
Il proprietario di un immobile subisce danni a causa dell'infiltrazione di acque luride provenienti dall'immobile sovrastante e conviene in giudizio la relativa proprietaria al fine di ottenere il risarcimento del danno.
Si costituiscono in giudizio:
la proprietaria che resiste, allega in fatto che i responsabili dell'infiltrazione sono il Condominio o, in alternativa, la proprietaria di altro immobile che chiama in causa;
il Condominio che resiste;
l'ulteriore proprietaria che resiste, allega in fatto che il responsabile dell'infiltrazione è la ditta esecutrice dei lavori che chiama in causa;
la ditta esecutrice dei lavori che resiste.
Il Tribunale di Roma rigetta la domanda dell'attore.
Questi propone appello avverso la sentenza di primo grado.
La Corte di Appello di Roma rigetta l'appello e sostiene che:
dall'espletata C.T.U. era emerso che l'acqua era fuoriuscita a causa della presenza di un frammento di laterizio nella conduttura dello scarico condominiale che aveva ostruito il passaggio dell'acqua;
la convenuta non poteva essere ritenuta responsabile del danno ai sensi dell'art. 2051 c.c., essendo stata, anzi, anch'ella danneggiata dalla fuoriuscita dell'acqua;
l'attore non aveva ritualmente e tempestivamente proposto alcuna domanda nei confronti del Condominio responsabile;
in ogni caso non era risultato provato chi fosse il soggetto responsabile della caduta del laterizio nel tubo di scarico.
Il soccombente propone ricorso per cassazione avverso tale pronuncia affidato ad un solo motivo con il quale lamenta l'errore compiuto dalla Corte territoriale nella parte in cui ha non ha considerato che:
la convenuta, costituendosi nel giudizio di primo grado, aveva chiesto che ogni sua responsabilità venisse esclusa ed aveva indicato i soggetti responsabili nel Condominio o, in alternativa, nella proprietaria di altro immobile;
in tal caso, pertanto, si trattava di una chiamata del terzo responsabile per cui la pretesa risarcitoria era da ritenere estesa anche contro il Condominio senza bisogno di un'espressa formulazione in tal senso da parte sua;
a nulla rilevava che non era stato provato chi fosse il soggetto responsabile della caduta del laterizio nel tubo di scarico in quanto le regole dell'art. 2051 c.c. costituiscono un'ipotesi di responsabilità oggettiva.
La Suprema Corte con l'ordinanza in esame (Cass. 1° giugno 2021 n. 15232):
accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata;
rinvia la causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
La questione
Le questioni giuridiche sono due.
Prima questione: nel caso in cui un convenuto contesta la sua responsabilità e chiama in causa il terzo responsabile la domanda risarcitoria dell'attore di estende o meno automaticamente al terzo e, cioè, anche in caso di mancata domanda in tali sensi dell'attore?
Seconda questione: nel caso di responsabilità da cose in custodia, ex art. 2051 c.c., il custode risponde anche se è ignoto l'autore materiale del fatto dannoso?
Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte, con sintetica ordinanza, perviene alla soluzione delle due questioni.
In relazione alla prima questione, essa richiama la sua giurisprudenza consolidata in tema di differenza tra chiamata in causa del terzo in garanzia e chiamata in causa del terzo responsabile.
In particolare, afferma che:
la domanda dell'attore, nel caso in cui il convenuto chiami in causa il terzo in garanzia, non si estende automaticamente al terzo in ragione dell'autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo;
la domanda dell'attore, nel caso in cui il convenuto chiami in causa il terzo responsabile, invece, si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza da parte dell'attore, in quanto si deve individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario.
Con riferimento alla seconda questione, la Suprema Corte ritiene, seppur solo implicitamente, che nel caso di responsabilità da cose in custodia, ex art. 2051 c.c., il custode risponde del danno anche se è ignoto chi è l'autore materiale del fatto dannoso.
Ciò in quanto le regole in materia di responsabilità del custode presuppongono che:
da un lato, il danneggiato ha l'onere di provare il rapporto di custodia, il danno ed il nesso di causalità tra cosa in custodia e danno;
dall'altro lato, il custode ha l'onere di provare l'esistenza del caso fortuito
Osservazioni
La decisione in commento è senz'altro condivisibile per la soluzione adottata in relazione alla prima questione relativa alla chiamata in causa del terzo responsabile in quanto la stessa è in linea con gli orientamenti giurisprudenziali consolidati.
La Suprema Corte, infatti, è pervenuta alla soluzione dell'estensione automatica della domanda dell'attore al terzo (senza alcuna presunzione di esaustività o completezza):
nell'ipotesi in cui il convenuto, in un giudizio di risarcimento del danno, contesti la sua legittimazione passiva, indichi un terzo come il vero legittimato passivo e lo chiami in causa per ottenere la sua liberazione dalla pretesa attorea; in questo caso si versa nell'ipotesi di chiamata in causa del terzo responsabile e, pertanto, la domanda dell'attore si estende automaticamente al terzo anche in mancanza di un'espressa istanza dell'attore in quanto si tratta di individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unico (Cass. 16/12/2020 n. 28794; Cass. 10/6/2020 n. 11103; Cass. 15/1/2020 n. 516; Cass. 17/1/2019 n. 1043; Cass. 27/11/2018 n. 30601; Cass. 11/9/2018 n. 22050; Cass. 8/3/2018 n. 5580; Cass. 29/11/2016 n. 24294; Cass. 13/11/2015 n. 23213; Cass. 7/10/2011 n. 20610; Cass. 1/7/2008 n. 17954; Cass. 5/6/2007 n. 13165);
nell'ipotesi in cui il convenuto, in un giudizio di risarcimento del danno, chiami in causa un terzo ai fini dell'accertamento della sua concorrente responsabilità quale autore della condotta concorrente causalmente efficiente alla produzione dell'”eventus damni”, ossia la chiamata abbia come unico petitum l'estensione al terzo chiamato dell'eventuale accertamento di corresponsabilità e della condanna al risarcimento dei danni in favore dell'attore danneggiato, senza che venga introdotto nel giudizio un distinto rapporto obbligatorio tra chiamante e chiamato; in questo caso la domanda dell'attore si estende al terzo anche in mancanza di un'espressa istanza dell'attore in quanto la diversità e pluralità delle condotte produttive dell'evento dannoso non dà luogo a distinte obbligazioni risarcitorie e non determina il mutamento dell'oggetto della domanda ma evidenzia esclusivamente una pluralità di autonome responsabilità riconducibili allo stesso titolo risarcitorio (Cass. 10/6/2020 n. 11103; Cass. 28/11/2019 n. 31066; Cass. 25/6/2019 n. 16919; Cass. 27/11/2018 n. 30601; Cass. 9/6/2016 n. 11815; Cass. 6/4/2016 n. 6623; Cass. 13/11/2015 n. 23213; Cass. 6/11/2015 n. 22697; Cass. 14/10/2015 n. 20797; Cass. 19/3/2015 n. 5483);
nell'ipotesi in cui l'interventore volontario, in un giudizio di risarcimento del danno, assumi essere lui (o anche lui) - e non gli altri convenuti (ovvero non solo le altre parti chiamate originariamente in giudizio) - il soggetto nei cui riguardi si rivolge la pretesa dell'attore; in questo caso la domanda dell'attore si estende automaticamente al terzo intervenuto anche in mancanza di espressa istanza dell'attore (Cass. 18/1/2012 n. 743; Cass. 1/7/2008 n. 17954).
Unica eccezione a questa regola generale dell'estensione automatica della domanda è che l'attore, nelle ipotesi innanzi indicate, dichiari espressamente di non voler estendere la domanda al chiamato o di voler far valere la domanda esclusivamente nei confronti del convenuto (Cass. 10/6/2020 n. 11103; Cass. 28/11/2019 n. 31066; Cass. 27/11/2018 n. 30601; Cass. 3/3/2010 n. 5057).
La Suprema Corte, invece, è pervenuta alla soluzione della non estensione della domanda dell'attore al terzo (sempre senza alcuna presunzione di esaustività o completezza):
nell'ipotesi in cui il convenuto, in un giudizio di risarcimento del danno, faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso da quello dedotto dall'attore come “causa petendi”, come avviene nell'ipotesi di chiamata di un terzo in garanzia, propria o impropria o di azione condizionata di regresso nei confronti del terzo chiamato in coobbligazione; in questo caso è rimessa in via esclusiva all'attore la scelta di proporre o meno autonoma domanda anche nei confronti del terzo (Cass. 10/6/2020 n. 11103; Cass. 27/11/2018 n. 30601; Cass. 27/4/2016 n. 8411; Cass. 7/6/2011 n. 12317; Cass. 21/10/2008 n. 25559);
nell'ipotesi in cui il convenuto, in un giudizio di risarcimento del danno, non contesti la sua legittimazione passiva e chiami in causa un terzo indicandolo come soggetto (cor)responsabile della pretesa fatta valere dall'attore e chieda soltanto di essere manlevato delle conseguenze della eventuale soccombenza nei confronti dell'attore; in questo caso si versa in un'ipotesi di chiamata in garanzia, nella quale non opera la regola della automatica estensione della domanda al terzo chiamato, atteso che la posizione assunta dal terzo nel giudizio non contrasta, ma anzi coesiste, con quella del convenuto rispetto all'azione risarcitoria (Cass. 3/9/2020 n. 18289; Cass. 10/6/2020 n. 11103; Cass. 27/11/2018 n. 30601; Cass. 7/4/2016 n. 6792).
nell'ipotesi in cui il convenuto, in un giudizio di risarcimento del danno, contesti la sua legittimazione passiva e, solo in subordine, eserciti azione di garanzia nei confronti del terzo chiamato in causa; in questo caso si versa in un'ipotesi di chiamata in garanzia nella quale non opera la regola della automatica estensione della domanda al terzo chiamato (Cass. 7/4/2016 n. 6792; Cass. 27/7/2001 n. 10301).
La decisione in commento è senz'altro condivisibile anche per la soluzione adottata in relazione alla seconda questione relativa alla responsabilità da cose in custodia anche se è troppo stringata tanto da pervenire solo implicitamente alla soluzione del problema.
La Suprema Corte, in materia, ha costantemente affermato che:
la responsabilità ex art. 2051 c.c., per i danni cagionati da cose in custodia, ha carattere oggettivo (Sez. Un. 11/11/91 n. 12019) e, pertanto, pone a carico del custode una presunzione di responsabilità che prescinde dal suo comportamento;
il danneggiato - che domanda il risarcimento del danno subito ed invoca la responsabilità del custode - al fine dell'accoglimento della sua domanda ha l'onere di provare, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, il rapporto di custodia, il danno ed il nesso di causalità tra cosa in custodia e danno;
il custode, per liberarsi dalla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, ha l'onere di provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità, dell'assoluta eccezionalità e dell'inevitabilità (Cass. 3/2/2021 n. 4803; Cass. 3/1/2021 n. 456; Cass. 9/11/2020 n. 25018; Cass. 27/5/2019 n. 14373; Cass. 12/3/2018 n. 5859; Cass. 1/2/2018 n. 2482; Cass. 1/2/2018 n. 2481; Cass. 1/2/2018 n. 2480);
l'esimente del caso fortuito è tradizionalmente identificata nelle seguenti tre categorie:
la forza maggiore;
il fatto del terzo;
il fatto della stessa vittima (Cass. 15/2/2018 n. 3695; Cass. 4/5/2015 n. 8893; Cass. 4/11/2014 n. 23426).
Nel caso esaminato era stato provato il fatto del terzo ma il giudice del merito ha rigettato l'appello non perché tale fatto fosse da considerarsi un esimente ma perché il terzo era ignoto.
Era auspicabile, pertanto, che la Suprema Corte, in questo contesto:
trattasse esplicitamente la questione;
affermasse espressamente l'erroneità della decisione di merito stante l'irrilevanza della circostanza che il terzo responsabile fosse rimasto ignoto (già Cass. 15/2/1982 n. 365 ha affermato che l'esimente del fatto del terzo non richiede l'individuazione di quest'ultimo; conf. Trib. Nola 24/9/2019, n.1961; Trib. Roma 6/12/2017, n. 22876);
demandasse espressamente al giudice di rinvio di accertare se il fatto del terzo ignoto aveva avuto (o meno) impulso causale autonomo ed era stato caratterizzato (o meno) da imprevedibilità, assoluta eccezionalità ed inevitabilità e, pertanto, poteva essere (o meno) qualificato come esimente.
La Suprema Corte, invece:
ha pigramente richiamato pacifici principi giuridici in tema di responsabilità da cose in custodia;
è pervenuta solo implicitamente alla soluzione del problema;
ha demandato solo implicitamente al giudice di merito se il fatto del terzo ignoto poteva essere qualificato come esimente.
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