Le spese di trasporto delle merci importate e l'influenza delle clausole Incoterms® sul valore di transazione in dogana ai fini daziari

28 Luglio 2021

Con la sentenza del 22 aprile 2021 nella causa C-75/20, la Corte di Giustizia ha affermato l'esclusione, dalla determinazione del valore di transazione in dogana, delle spese di trasporto delle merci oggetto di vendita, di cui all'art. 71 par. 1 lett. e), i), del Codice Doganale dell'Unione, sopportate dal venditore fino al luogo della loro introduzione nel territorio doganale dell'UE qualora queste, in base alle condizioni di vendita pattuite, siano già incluse nel prezzo della merce, allorché tale prezzo corrisponda al valore reale ed effettivo di dette merci e non già ad un valore arbitrario ed astratto.
Massima

Con la sentenza del 22 aprile 2021 nella causa C-75/20, la Corte di Giustizia ha affermato l'esclusione, dalla determinazione del valore di transazione in dogana, delle spese di trasporto delle merci oggetto di vendita, di cui all'art. 71 par. 1 lett. e), i), del Codice Doganale dell'Unione, sopportate dal venditore fino al luogo della loro introduzione nel territorio doganale dell'UE qualora queste, in base alle condizioni di vendita pattuite, siano già incluse nel prezzo della merce, allorché tale prezzo corrisponda al valore reale ed effettivo di dette merci e non già ad un valore arbitrario ed astratto.

Il caso

Il caso verte sull'interpretazione degli articoli 29, par. 1 e 32, par. 1, lettera e), del CDC (Regolamento UE n. 2913/92) istitutivo del Codice Doganale Comunitario, nonché dell'art. 164, lett. c), del Regolamento CEE n. 2454/93, che fissa talune disposizioni d'applicazione del CDC, a cui corrispondono gli articoli 70, par. 1 e 71, par. 1, lettera e), i), del CDU (Regolamento UE n. 952/2013) che istituisce il Codice Doganale dell'Unione e 138 del Regolamento di esecuzione UE n. 2015/2447 della Commissione, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del CDU.

Tali ultime norme, genericamente considerate, hanno rifuso e sostituito le disposizioni europee precedenti (CDC e disposizioni di attuazione del CDC) regolanti la disciplina europea doganale sulle merci in entrata ed in uscita dal territorio doganale dell'UE.

In particolare gli articoli 29 e 32 del CDC prima e gli articoli 70 e 71 del CDU dopo, si occupano, complessivamente, di determinare il valore da attribuire in dogana alle merci non unionali soggette ai dazi all'importazione, il cui metodo principale di valutazione è dato dal valore di transazione, oltre ad elencare gli elementi da aggiungere obbligatoriamente in sede di importazione ai fini del calcolo della base imponibile delle merci oggetto di vendita.

Il rinvio pregiudiziale alla CGUE originava da una controversia intervenuta tra una società importatrice, produttrice di fertilizzanti, avente sede in Lituania e l'amministrazione doganale del medesimo Stato, in relazione alla decisione delle autorità doganali di imporre all'importatore una rettifica del valore in dogana, relativa all'importazione in Lituania di diversi quantitativi di acido solforico prodotto da una società con sede in Bielorussia.

Per ciascuna transazione tra l'importatore ed il fornitore estero, veniva inserita nel contratto una clausola di vendita Incoterm DAF (Delivered At Frontier / Reso Frontiera - consegna alla frontiera presso luogo convenuto, facente parte degli Incoterms® 2000), in forza della quale il venditore effettua la consegna mettendo la merce a disposizione del compratore, sdoganata all'esportazione sino alla linea di frontiera dello Stato di importazione ma non anche all'importazione e non scaricata dal mezzo di trasporto, stipulando il contratto di trasporto ed accollandosi tutte le spese relative sino al luogo convenuto nonché tutti i rischi di perdita o di danni alla merce fino al luogo di consegna.

A fronte del valore in dogana delle merci dichiarate all'importazione, nel quale venivano indicati gli importi effettivamente pagati all'esportatore come specificati nelle fatture emesse, l'ufficio doganale lituano contestava che detto valore fosse inferiore alle “spese effettivamente sostenute dal produttore per il trasporto ferroviario di tali merci fino al valico di frontiera”, e, ritenendo che tali spese dovessero essere aggiunte al valore di transazione delle merci in importazione, rettificava l'originario valore dichiarato dall'importatore aggiungendo le suddette spese di trasporto delle merci al di fuori del territorio doganale dell'UE, con contestuale rettifica sia ai fini dei dazi sia conseguentemente anche dell'IVA.

La questione

Il valore in Dogana delle merci

Il valore in dogana, insieme all'origine delle merci ed alla loro classificazione, rappresenta uno degli elementi fondamentali della dichiarazione doganale da valutare all'atto dell'importazione (rectius: immissione in libera pratica) delle merci esportate verso il territorio doganale dell'UE e costituisce il presupposto per l'applicazione della fiscalità in linea di dogana.

Il criterio primario ai fini della valorizzazione del valore in dogana è dato dal valore di transazione, che deve rappresentare il valore economico reale ed effettivo della merce, il quale può essere oggetto di “aggiustamenti”, in aumento od in diminuzione, in base a quanto previsto espressamente dal CDU (artt. 71 e 72) e trae la sua origine dall'accordo GATT del 1947, rivisto (insieme ai criteri relativi agli altri elementi della dichiarazione doganale) dal successivo accordo per l'applicazione dell'art. VII del GATT 1947 (v. GATT 1994), il cui art. VII, par. 2, lett. b) afferma che il valore effettivo deve essere inteso come “il prezzo al quale, in tempo e luogo determinati dalla legislazione del paese importatore, le merci importate o altre similari sono vendute o messe in vendita nel corso di operazioni commerciali normali effettuate in condizioni di libera concorrenza”.

Al riguardo la Corte UE, nel precedente C-11/89, ha affermato che “la disciplina comunitaria in materia di valutazione doganale mira a stabilire un sistema equo, uniforme e neutro che escluda l'impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi”, di modo che la norma unionale (CDC prima e CDU ora) individua nel valore di transazione, fissato al momento dell'accettazione della dichiarazione doganale sulla base della vendita avvenuta immediatamente prima che le merci siano introdotte nel territorio doganale UE, il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci presentate in dogana (v. al riguardo anche C‑1/18, C-529/16, C-291/15, C-173/15, C-116/12, C-354/09, C-256/07, C-306/04, C-15/99).

Qualora non sia possibile utilizzare detto valore, il CDU prevede (art. 74) alcuni metodi alternativi di valutazione del valore in dogana delle merci esportate verso il territorio doganale dell'UE, secondo un preciso ordine gerarchico.

Ai sensi dell'art. 69 del CDU “Il valore in dogana delle merci ai fini dell'applicazione della tariffa doganale comune e delle misure non tariffarie stabilite da disposizioni dell'Unione specifiche nel quadro degli scambi di merci è determinato a norma degli articoli 70 e 74”.

Per il par. 2 dell'art. 70 richiamato, “Il prezzo effettivamente pagato o da pagare è il pagamento totale che è stato o deve essere effettuato dal compratore nei confronti del venditore, o dal compratore a una terza parte, a beneficio del venditore, per le merci importate, e comprende tutti i pagamenti che sono stati o devono essere effettuati, come condizione della vendita delle merci importate”.

È stato attentamente osservato (F. Vismara, L'obbligazione doganale nel diritto dell'Unione europea, Torino, 2020, pag. 75) come il prezzo della transazione sia nozione più ampia del prezzo del bene cui la transazione si riferisce e prescinde dalla qualificazione del rapporto sulla base del diritto interno, includendo ogni forma di pagamento, diretto od indiretto, effettuato nei confronti del venditore, con la conseguenza che il pagamento rivolto ad un terzo rispetto al venditore assume rilievo ai fini della determinazione del valore in dogana qualora è effettuato in favore del venditore o di un terzo collegato al venditore o anche ad un terzo quando il pagamento è finalizzato a soddisfare un obbligo del venditore.

Al riguardo la Corte UE ha ribadito che il valore di transazione, quale metodo di determinazione del valore in dogana, ritenuto “il più adatto ed il più frequentemente utilizzato”, deve riflettere il valore economico reale di una merce importata e tener conto di tutti gli elementi di tale merce che presentano un valore economico, non rilevando al riguardo, altresì, se il rapporto contrattuale tra il compratore e il venditore debba essere qualificato come contratto di vendita piuttosto che rientrare in un mero contratto di lavorazione o di perfezionamento delle merci importate (C-116/12, v. anche C-11/89, C-15/99, C-306/04, C-256/07, C-354/09).

È stato al riguardo correttamente osservato (F. Marrella e P. Marotta, Codice Doganale dell'Unione europea commentato, Milano, 2019, pag. 220) che nel valore imponibile debbano rientrare tutti i “fenomeni economici” connessi alla specifica operazione, anche quelli ad esempio in cui a fronte della vendita di un bene l'importatore saldi il proprio debito mediante permuta di un bene mobile o immobile o anche a mezzo di una quota del proprio patrimonio, ciò perché non rilevano le modalità di pagamento pattuite fra l'acquirente (importatore) ed il suo cedente, dato che l'unico aspetto rilevante è il “corrispettivo economico” corrisposto (v. al riguardo la Nota relativa all'articolo 1 dell'All. 1A.9 sull'Accordo relativo all'applicazione dell'articolo VII del GATT 1994).

Affinché il valore di transazione si applichi come dichiarato all'atto dell'immissione in libera pratica e riportato in fattura, questo non deve essere “condizionato” da nessuno degli “elementi esterni” indicati dal par. 3 dell'art. 70 del CDU:

  • non devono esserci restrizioni per la cessione o per l'utilizzazione delle merci da parte del compratore, diverse da quelle
  1. imposte o richieste dalla legge o dalle autorità pubbliche nell'Unione,
  2. relative a limitazioni dell'area geografica nella quale le merci possono essere rivendute,
  3. che non intaccano sostanzialmente il valore in dogana delle merci;
  • la vendita o il prezzo non devono essere subordinati a condizioni o prestazioni per le quali non possa essere determinato un valore in relazione alle merci da valutare;
  • nessuna parte dei proventi di qualsiasi rivendita, cessione o utilizzazione successiva delle merci da parte del compratore deve ritornare, direttamente o indirettamente, al venditore, a meno che non possa essere operato un appropriato adeguamento del prezzo;
  • il compratore e il venditore non siano collegati o la relazione non abbia influenzato il prezzo (al riguardo v. la Nota relativa all'articolo 15 Paragrafo 4, lettera e) dell'All. 1A.9 sull'Accordo relativo all'applicazione dell'articolo VII del GATT 1994 in relazione al vincolo di legame tra due persone giuridiche). Al riguardo è stato osservato (P. Bellante, Il Sistema doganale, Torino, 2020, pag. 683) che il valore di transazione deve essere comunque accettato se il dichiarante richiede di dimostrare, e dimostra, l'insussistenza del condizionamento e cioè che il valore dichiarato non si discosta dal valore di transazione che potrebbe essere attribuito alla merce oggetto di valutazione facendo comunque ricorso ad uno dei metodi secondari per la determinazione del valore in dogana.

Al ricorrere di una delle “condizioni” indicate al par. 3 dell'art. 70, il valore di transazione non può essere assunto quale metodo primario di valutazione in dogana, dovendosi ricorrere ai metodi secondari ed alternativi di valutazione del valore di cui all'art. 74 del CDU.

Fuori da quest'ultima ipotesi, sul valore di transazione, secondo la previsione dell'art. 8 dell'Accordo relativo all'applicazione dell'articolo VII del GATT 1994, ripreso dall'art. 71 del CDU, possono incidere alcuni elementi da aggiungere obbligatoriamente al valore in dogana solo qualora e nella misura in cui questi non rappresentino una “condizione per la vendita delle merci da valutare” e “non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare”; a fronte di tali elementi, ve ne sono altri, indicati nell'art. 72 del CDU, che vanno viceversa esclusi dal valore di transazione.

Tra gli elementi da inserire nel valore in dogana, oggetto di analisi da parte della Corte UE in commento, rientrano le spese di trasporto fino al luogo di introduzione delle merci nel territorio doganale dell'UE, indicate al par. 1 lett. e), i), dell'art. 71, le quali hanno rilievo sulla base imponibile ai fini del calcolo dei dazi in importazione.

Tali spese di trasporto possono influire indirettamente sul valore in dogana anche a seguito della scelta del venditore e dell'acquirente di inserire, nel contratto di compravendita, una delle clausole Incoterms® che regolano, nel contratto di compravendita internazionale tra venditore e compratore, la distribuzione del rischio del perimento o danneggiamento della merce in relazione agli obblighi di consegna della stessa.

La soluzione giuridica

Le condizioni generali di vendita Incoterms® negli scambi internazionali di merci e la loro influenza sul valore di transazione in dogana

La sentenza in commento merita di essere segnalata in quanto rappresenta uno dei pochi interventi della Corte UE nel quale è stato analizzato il ruolo e l'impatto, sul valore in dogana delle merci, dell'utilizzo delle rese di vendita Incoterms® (in questo caso nella loro versione Incoterms® 2000), in particolare per quel che riguarda l'influenza delle spese di trasporto, sostenute dal fornitore, sul valore in dogana ai fini daziari.

La Corte UE si era già occupata dell'incidenza di una clausola Incoterm in dogana in un altro precedente (C-354/09), nel quale le parti contrattuali avevano indicato, in fattura e nella dichiarazione in dogana, la resa di consegna della merce DDP (Delivered Duty Paid), quale clausola che pone a carico del venditore un'obbligazione massima in forza della quale quest'ultimo s'impegna a coprire tutte le spese e i rischi connessi alla consegna delle merci nello Stato d'importazione, sopportando, segnatamente, le spese relative allo sdoganamento e qualunque eventuale differenza tra l'importo dei dazi doganali da lui valutato come legalmente dovuto al momento della conclusione del contratto, da un lato, e quello calcolato dalle autorità doganali, senza poter pretendere dal compratore, in caso di differenza, un aumento del prezzo o un pagamento compensativo, dall'altro.

Gli Incoterms®, brevemente, sono regole internazionali che, elaborate dalla Camera di commercio internazionale sin dal 1936, ed aggiornate continuamente per “adattarsi” all'evoluzione delle pratiche commerciali, sono nate per interpretare, sotto forma di sigle, in maniera uniforme, univoca e costante, la terminologia mercantile degli operatori mondiali (riguardano esclusivamente il venditore e l'acquirente) nei contratti di compravendita internazionale (ai medesimi fini sono stati adottati nel 1941 i termini di resa americani Revised American Foreign Trade Definitions dalla Camera di commercio americana), ed utilizzabili in maniera facoltativa dai contraenti, consentendo di “distribuire” sui contraenti gli oneri ed i rischi con riguardo alla sola consegna (come e dove) del bene materiale oggetto di compravendita (con esclusione dei beni immateriali quali ad es. i software).

Per avere efficacia i termini di resa devono essere espressamente richiamati in contratto, di modo che possono assumere forza di legge cogente, ossia inderogabile (v. M. Favaro, Assicurazioni e Trasporti Incoterms® 2010, Milano, 2012, pag. 177).

Le clausole in oggetto, come chiarito anche dalla CCI, riguardano solo alcuni aspetti del contratto di vendita, quali la consegna (nel duplice significato di obbligo di consegna per il venditore e di presa/accettazione in consegna per l'acquirente), con esclusione delle problematiche inerenti ad esempio il trasferimento di proprietà, le modalità (luogo e forma) di pagamento, i rapporti giuridici e contrattuali con vettori, spedizionieri ed assicuratori, l'inadempimento contrattuale, la violazione di clausole del negozio di compravendita, il contratto di trasporto e di assicurazione, ciò nonostante le clausole Incotrems® abbiano comunque influenza anche sulle altre e collegate tipologie contrattuali, sulle quali però occorre che le parti contraenti formulino pattuizioni specifiche, relative ai contratti internazionali di compravendita.

È, quindi, la consegna, che individua il c.d. punto critico, che segna il passaggio del rischio di perimento della merce (perdita o danno) dal venditore all'acquirente, come del resto previsto dalla Convenzione di Vienna sulla Compravendita Internazionale (Vienna 11.4.1980 ratificata dall'Italia l'11.12.1986) agli articoli da 66 a 70.

Come correttamente sottolineato (F. Bortolotti, I singoli contratti internazionali, Padova, 2010, pag. 59), occorre che l'inserimento della clausola in un contratto venga espressamente richiamata ed accettata dalle parti nella versione che le parti intendono utilizzare (ad es. EXW 1990 piuttosto che EXW 2020), onde evitare di ingenerare dubbi su quale versione si è deciso di richiamare nel contratto e dar luogo a controversie relative alla questione se le parti avessero inteso incorporare l'ultima versione piuttosto che una precedente.

Le clausole Incoterms®, quindi, individuano il luogo ed il momento della consegna del bene (il c.d. punto critico), determinando così il passaggio del rischio dal venditore al compratore, che ha luogo a prescindere dal passaggio di proprietà della merce, nonostante le clausole abbiano con questo comunque un collegamento indiretto, dal momento che il trasferimento di proprietà avviene con l'affidamento della cosa al vettore o allo spedizioniere (con gli opportuni distinguo, in punto di mera tutela del credito da parte del venditore, in relazione alle clausole che prevedono il trasporto in capo ed a cura del venditore).

Come osservato (M. Favaro, Guida Ragionata agli Incoterms® 2010, ICC Italia, pag. 16) la filosofia, è il caso di dire, degli Incoterms®, si impernia sul momento del passaggio dei rischi (che avviene con la consegna) e non su quello di proprietà, perché il primo, in un contratto internazionale di compravendita di beni mobili, sotto un aspetto mercantile ed economico, è più nevralgico del secondo, in quanto “se la merce non arriva a destino, è quasi impossibile che il compratore la paghi” (fuori dalle ipotesi residuali di pagamento anticipato o a mezzo credito documentario).

Quanto poi alle spese di trasporto, in rilievo nella sentenza in commento, si sottolinea che la funzione di trasporto, in ottica Incoterms (che si occupano di riflesso del solo trasporto principale), è meramente servente, non avendo una sua autonoma rilevanza bensì trattandosi esclusivamente di attività preordinata al solo “fine della consegna”.

Osservazioni

A questa breve premessa si collegano le argomentazioni della Corte UE in commento, la quale, in ossequio al principio di ricerca di un valore in dogana reale ed effettivo previsto dalle norme sovranazionali, con esclusione delle componenti arbitrarie e fittizie, ha escluso l'obbligo di aggiungere al valore di transazione, ai fini daziari, anche le spese di trasporto, quando le condizioni di vendita scelte dalle parti prevedono che il prezzo di cessione di tali merci sia già comprensivo di detti costi, ciò anche qualora le spese di trasporto sostenute dal produttore siano superiori al prezzo al quale quest'ultimo cede dette merci all'importatore ed il prezzo di vendita non consenta di coprire la totalità delle spese di trasporto, allorché tale prezzo corrisponda al valore reale di dette merci, (richiama C‑1/18, punti 22 e 23; v. anche C-529/16, C-291/15 punti 23 e 26, C-173/15 punto 30, C-116/12 punto 40, C-354/09 punto 27, C-256/07, punto 20, C-306/04 punto 30, C-15/99, C-11/89 punto 35), dal momento che, come rilevato anche dal giudice del rinvio, non vi sono elementi per ritenere che il prezzo realmente pagato dall'importatore per tali merci sia fittizio, perché ad esempio derivante da una frode o da un abuso del diritto.

Ragionando diversamente, sottolinea correttamente la Corte UE, si giungerebbe ad imporre all'importatore di pagare due volte le spese di trasporto delle merci importate e, di conseguenza, a considerare che le importazioni soggette a condizioni di vendita che prevedono l'inclusione di tali spese nel prezzo di vendita di dette merci debbano essere oggetto sempre d'ufficio di una correzione del valore di transazione.

In tal modo, conclude la Corte UE, la circostanza della “sproporzione” tra prezzo di vendita delle merci e costo del trasporto, a condizione che tale prezzo rifletta il valore reale ed effettivo di tali merci, non può intaccare il valore riferito dalle parti in fattura e nella dichiarazione doganale, dal momento che, da giurisprudenza conforme della Corte UE (C-65/85 punto 13), la determinazione del valore in dogana non può rilevare in maniera astratta, anche in presenza di condizioni di vendita che differiscono dagli usi commerciali o possono essere considerate inabituali per il tipo di contratto considerato.

Al riguardo la Corte UE ha nel tempo ribadito (richiama C‑354/09 punto 38; v. anche C-1/18 punto 29, C-291/15 punto 26, C-116/12 punto 40) l'obbligo di prendere in considerazione la situazione giuridica concreta delle parti del contratto di vendita al fine di valutare se il valore in dogana delle merci importate rifletta il loro valore economico reale; in caso contrario, conclude, non solo si violerebbe l'art. 70 par. 1 del CDU, ma soprattutto si giungerebbe ad un risultato, appunto astratto, che non riflette il valore economico reale ed effettivo di dette merci.

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