Installazione di condizionatore, preclusione all'esercizio dello ius tollendi per fatto imputabile al locatore e pagamento dell'indennità al conduttore

12 Agosto 2021

Chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di parte ricorrente volta al pagamento dell'indennità ex art. 1593 c.c., quale compensazione per l'installazione, nell'immobile di proprietà dei convenuti, che a suo tempo conduceva in locazione, di un impianto di condizionamento, ritenuto essere un'addizione, stante il rifiuto di riconsegna opposto dalla ex locatrice, motivato in base all'asserito danno che sarebbe derivato all'immobile dall'asportazione dei beni, il Tribunale, nel qualificare le opere addizioni - contrariamente alla tesi della convenuta locatrice, che eccepiva trattarsi di miglioramenti necessitanti il proprio consenso - e, considerato che, da quanto emerso nel corso dell'istruttoria testimoniale, l'asporto delle medesime, pur agevolmente realizzabile, era divenuto impraticabile, stante la vendita delle medesime unitamente all'immobile, con conseguente impossibilità, per la parte conduttrice, di vedersele restituite, accertato che lo ius retinendi esercitato dai convenuti fosse, pertanto, ingiustificato, li condannava al pagamento, in solido, a favore di parte ricorrente, della suddetta indennità, ivi motivatamente discostandosi dalla CTU.
Massima

Il conduttore, il quale abbia eseguito delle addizioni sulla cosa locata, che siano suscettibili di essere asportate dall'immobile senza arrecarvi nocumento, ha diritto di esercitare lo ius tollendi, salvo detta facoltà sia vanificata da parte locatrice, che abbia frattanto alienato l'immobile unitamente ai beni costituenti addizioni, disponendo, in tale modo, delle medesime a favore dei terzi acquirenti ed in danno dell'avente diritto. In detto caso, accertato che l'esercizio dello ius retinendi, pur comunicato dalla locatrice al fine di sottrarsi all'obbligazione restitutoria, dovesse considerarsi illegittimo, stante la separabilità dei beni senza pericolo di danno alla cosa, ed appurata la materiale impossibilità di restituzione delle addizioni, stante la loro vendita, unitamente al compendio immobiliare, a terzi, ai sensi dell'art. 1593, comma 1, c.c. è dovuta al conduttore un'indennità di importo pari alla minore somma tra l'importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna.

Il caso

Parte ricorrente formulava, nei confronti dei locatori, proprietari dell'immobile che avevano occupato in forza, dapprima di un contratto cessione di ramo d'azienda, quindi di due contratti di locazione, domanda intesa ad accertare e dichiarare il proprio diritto alla restituzione dei condizionatori, in numero di sette completi di altrettante unità interne ed esterne, che aveva installato, previo consenso dei locatori, presso l'immobile, chiedendo che, previamente dichiarata l'illegittimità della ritenzione dei predetti, i resistenti fossero condannati alla loro restituzione ed al pagamento della somma di € 1.250,00 annui, pari al 10% del valore di installazione a nuovo, a titolo di danno per deterioramento/svalutazione dei medesimi.

In subordine, nel caso di impossibilità di restituzione dei condizionatori, dovuta, o alla vendita dell'immobile a terzi, intervenuta nelle more, o all'impossibilità di asportarli, pena il pregiudizio all'immobile, chiedeva la condanna dei convenuti al pagamento di una somma non inferiore ad € 15.000,00, pari al valore attualizzato dei condizionatori, oltre ad interessi dal dì del dovuto al saldo.

Parte ricorrente, invero, esponeva che, al termine della locazione, aveva manifestato alla proprietà l'intenzione di asportarli (ius tollendi) e che quest'ultima, che inizialmente aveva manifestato interesse al loro acquisto, aveva, successivamente, comunicato il rifiuto a restituirli, eccependo che l'esercizio del diritto che precede avrebbe determinato un danno all'immobile, rimozione che, di contro, i ricorrenti reputavano agevole, considerato che i condizionatori erano stati installati in luogo di quelli precedentemente esistenti in loco.

Costituitisi in giudizio, i convenuti eccepivano che l'intervento di installazione dei condizionatori andasse qualificato come miglioramento e non come addizione, con conseguente applicabilità dell'art. 1592 c.c., a norma del quale, in difetto di consenso all'esecuzione dell'opera, che negavano di avere prestato, non essendo stato dato, come richiesto dal contratto, in forma scritta, alcun indennizzo fosse dovuto, chiedendo la repulsa della domanda di parte ricorrente. Nel caso si fosse ritenuta la sussistenza del consenso, eccepiva che l'indennizzo sarebbe stato pari alla minore somma tra quanto speso ed il valore dei beni al momento della riconsegna. Affermava, poi, che, nella denegata ipotesi i lavori fossero stati qualificati come addizioni, alcuna indennità sarebbe stata dovuta, in quanto lo ius tollendi era subordinato alla possibilità di separare i manufatti senza arrecare nocumento alla cosa, il che sosteneva non sarebbe potuto avvenire nel caso di specie.

In corso di causa i testimoni escussi affermavano che i condizionatori, pur inseriti nel contro soffitto, fossero agevolmente rimovibili, togliendo le viti e scollegando i tubi di raccordo, di fatto confermando come i medesimi fossero asportabili senza arrecare nocumento alla cosa. La CTU, successivamente intervenuta, quantificava il valore dei condizionatori, al netto del loro deprezzamento, in € 21.300,00.

Il giudice, avendo appurato trattarsi di cosa che, pur incrementando il valore e la reddittività dell'immobile non si fondeva con esso, conservando una propria individualità ed autonomia, qualificava l'installazione dei condizionatori come addizione, e decretava la conseguente inapplicabilità della disciplina in tema di miglioramenti, nonché della disposizione di cui all'art. 8 del contratto di locazione, invocata da parte convenuta, in quanto disciplinante la diversa ipotesi delle modifiche, innovazioni, trasformazioni dei locali e degli impianti. Accertato, inoltre, che i condizionatori erano agevolmente separabili dall'immobile, con conseguente irrilevanza del consenso del locatore, ritenuto ingiustificato l'eserciziodello ius retinendi da parte della locatrice, e, preso atto dell'impossibilità di restituzione, stante la loro alienazione a terzi unitamente all'immobile, accoglieva la domanda di parte ricorrente, e, per l'effetto, condannava i convenuti al pagamento della somma di € 15.000,00, a titolo di indennità ex art. 1593 c.c. oltre ad interessi dalla domanda al saldo, ed al pagamento delle spese di lite, e di CTU, definitivamente posta a loro carico.

La questione

Nel caso esaminato, il giudice di merito veniva chiamato a decidere se sussistesse il diritto del conduttore a chiedere, al termine della locazione, il pagamento di un'indennità ex art. 1593 c.c. per l'installazione, nel locale di proprietà dei convenuti, di un impianto di condizionamento, posto che, pur nonostante l'esercizio dello ius tollendi, i locatori, inizialmente propensi a valutarne l'acquisto, avevano poi rifiutato la restituzione.

Il magistrato sabaudo, nel dovere preliminarmente accertare la natura giuridica dell'opera, astrattamente qualificabile come addizione o miglioria, si trovava a dovere valutare la legittimità dello ius retinendi opposto dai locatori alla richiesta del conduttore, nonché la rilevanza, al fine del decidere, della cessione del compendio immobiliare unitamente a detto impianto, avvenuta nelle more tra la cessazione del contratto e l'esercizio del diritto del conduttore. Nel caso fosse stato accertato il diritto all'indennità, si trattava, poi, di andarne a liquidare l'esatto ammontare.

Le soluzioni giuridiche

Si ritiene che il Tribunale abbia correttamente concluso accogliendo la domanda di parte ricorrente, affermandone il buon diritto a vedersi riconosciuta l'indennità richiesta, pur tuttavia liquidata in misura inferiore a quella accertata con la CTU, e, di contro, pari a quella quantificata in atti da parte ricorrente.

Nel decidere la questione sottoposta al proprio vaglio, il giudice, preliminarmente analizzata la questione inerente alla qualificazione delle opereeseguite nell'immobile, affermava che l'installazione dei condizionatori fosse un'addizione, con conseguente applicabilità della disciplina di cui all'art. 1593 c.c.

Invero, stando a quanto emerso nel corso dell'istruttoria testimoniale, ove veniva dichiarata l'agevole asportabilità dell'impianto di condizionamento, pur installato nel controsoffitto, semplicemente togliendo le viti ed asportando i tubi, senza nocumento all'immobile, veniva accertato che l'impianto di condizionamento manteneva la propria autonomia e indipendenza rispetto alla cosa locata, a conferma della tesi del ricorrente.

A nulla rilevava, di contro, la questione del consenso in forma scritta, previsto dall'art. 8 del contratto di locazione, il cui difetto era stato invocato da parte locatrice al fine di sottrarsi dall'obbligo di pagamento dell'indennizzo, posto che il medesimo regolava ben altre ipotesi rispetto a quelle oggetto di causa, inerenti le modifiche, innovazioni, o trasformazioni della cosa locata, e, che, ritenute le addizioni facilmente separabili, alcun consenso era richiesto.

Riguardo alla quantificazione dell'indennizzo, correttamente il giudice riteneva di discostarsi dalla quantificazione del CTU, che lo aveva indicato nella misura di € 21.300,00, pari al valore deprezzato dei condizionatori, in quanto i CTP, in corso di causa, si erano trovati concordi nell'indicarne il valore nella misura del 60% del proprio valore iniziale, ovvero € 15.000,00, avendo motivato la decisione sulla base del fatto che detto dato numerico appariva maggiormente consono nel tener conto dell'obsolescenza del bene (Cass. civ., sez. lav., 21 agosto 2003, n. 12304).

Condannava poi Il convenuto al pagamento in favore dell'attore delle spese di lite nonché alla refusione delle spese di consulenza tecnica affrontate da parte attrice, ancorchè rideterminandone il quantum, e della consulenza tecnica d'ufficio. Alcuna statuizione veniva data nei confronti del condominio, essendo rimasto contumace.

Osservazioni

Nel caso che ci occupa, il giudice del merito si è trovato ad affrontare diverse questioni giuridiche, tra le quali, quelle inerenti la qualificazione giuridica delle opere eseguite dal conduttore all'interno dell'immobile locato, miglioramenti o addizioni, la rilevanza del consenso del locatore, la sussistenza dello ius tollendi, o piuttosto dello ius retinendi, l'individuazione del corretto regime giuridico applicabile nel caso di impossibilità di esercizio di detti diritti, stante l'intervenuta vendita dell'immobile unitamente alle opere eseguitevi dal conduttore, il diritto all'indennità e la sua liquidazione.

Riguardo alla prima di dette tematiche, vi è - come noto - una sostanziale differenza tra miglioramenti e addizioni, diverso essendo il regime giuridico che le regolamenta, con attribuzione, nei due casi, di diritti di tipo diverso in capo alle parti contraenti.

Nello specifico, nel caso di miglioramenti, a norma del disposto di cui all'art. 1592 c.c., il conduttore non ha diritto ad indennità, salvo sia intervenuto il consenso del locatore alla loro esecuzione, nel quale caso egli è tenuto a pagare un'indennità, pari alla minore somma tra quanto speso ed “il valore del risultato utile al tempo della riconsegna”, ferma, nel caso non via sia titolo all'indennità, la possibilità, prevista dal comma 2, di compensare i miglioramenti con i deterioramenti. Invero, i miglioramenti sono qualificabili come quelle opere che, mediante trasformazioni o sistemazioni, apportano un aumento di valore all'immobile, accrescendone il godimento, la produttività, la reddittività, senza presentare una propria individualità rispetto all'immobile cui vanno ad incorporarsi (Cass. civ., sez. II, 8 ottobre 2014, n. 21223; Cass. civ., sez. III, 14 maggio 1998, n. 4871).

Di contro, le addizioni si distinguono dai miglioramenti poiché mantengono una propria identità ed autonomia rispetto al bene locato, al quale accedono come parte autonoma, andando ad aumentarne la funzionalità o il godimento e, conseguentemente, valore e reddittività, lasciandone integra la struttura e l'organizzazione funzionale autonoma (Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 1988, n. 5747).

Nello specifico, l'addizione viene definita come “un'attività materiale con la quale si unisce ad una cosa principale una cosa accessoria, che presenti utilità insieme a quella”.

L'art. 1593 c.c. prevede che, il conduttore che ha eseguito addizioni sulla cosa locata, al termine della locazione ha diritto di toglierle, esercitando il cd. ius tollendi, purchè ciò possa avvenire senza arrecare nocumento alla cosa, salvo che il proprietario dell'immobile locato non preferisca ritenerle, cd. ius retinendi (Cass. civ., sez. III, 17 novembre 1983, n. 6871) previo pagamento di un'indennità, pari alla minore somma tra quanto speso ed il valore delle addizioni al momento della riconsegna.

Il giudicante veniva, pertanto, chiamato a verificare se l'installazione dei condizionatori, tenuto conto delle caratteristiche dei beni e delle modalità di realizzazione dell'impianto, avvenuta inserendolo nel controsoffitto, andasse qualificata come miglioramento o addizione.

Successivamente, qualificato nei termini giuridicamente appropriati l'intervento, si trattava di comprendere se fosse o meno dovuta, e, in caso affermativo, in quale entità, l'indennità, nonché, a detti fini, la rilevanza rivestita dal consenso.

Riguardo alla qualificazione delle opere, correttamente il giudice, sentiti i testimoni, che avevano confermato la possibilità di asportare i condizionatori senza che ciò potesse arrecare nocumento alcuno all'immobile, le aveva qualificate come addizioni. Ne conseguiva l'irrilevanza del consenso, pur invocata da parte convenuta per delegittimare l'opera e quindi sottrarsi al pagamento di indennità di sorta, e parimenti la sua forma, riferendosi, l'invocata norma contrattuale, art. 8, a ben altra e diversa fattispecie, inapplicabile al caso di specie.

Parimenti, considerata l'agevole rimozione dei condizionatori, veniva accertata l'illegittimità dello ius retinendi comunicato dai convenuti a parte ricorrente. Pur tuttavia, detta soluzione giuridica, che avrebbe, in tesi, legittimato la restituzione dei condizionatori agli aventi diritto, tale da individuarsi nei conduttori ricorrenti, era divenuta impraticabile, avendone, parte locatrice, disposto al termine della locazione, alienandoli a terzi unitamente all'immobile. L'impossibilità di adempiere a detta obbligazione, avente fonte nel contratto di locazione, e genesi nella cessazione del rapporto contrattuale, determinava, pertanto, la sostituzione della prestazione ivi ex lege dedotta, con il pagamento della relativa indennità, conseguentemente qualificabile come debito di valore (Cass. civ., sez III, 28 aprile 1971, n. 12158),disciplinata dalla seconda parte del comma 1 dell'art. 1593 c.c., ovvero pari “alla minore somma tra la spese ed il valore delle addizioni al tempo della riconsegna”, oltre ad interessi dalla data della domanda al saldo. Riguardo alla quantificazione della medesima, il giudice, pur avendo nominato un CTU, che aveva operato la valutazione in detti termini (€ 21.300,00 rispetto al costo d'acquisto di € 25.000,00 come da fatture in atti), riteneva, come gli è consentito, di discostarsene, motivatamente, ritenendo di valorizzare la quantificazione alla quale, peraltro di comune accordo, erano addivenuti i consulenti tecnici delle parti (€ 15.000,00 circa), essendo detta valutazione maggiormente idonea a considerare l'obsolescenza dei condizionatori.

Seguiva la condanna dei convenuti al pagamento delle spese di lite, unitamente ad accessori di legge ed anticipazioni, nonché al pagamento delle spese della CTU, definitivamente poste a loro carico.

Riferimenti

Dorigo - Ferrari - Nicoletti - Redivo, Le locazioni immobiliari, Padova, 2010, 68;

Cuffaro - Padovini, Codice commentato degli immobili urbani, Padova, 2017, 249.

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