L'accordo di composizione della crisi con transazione fiscale è omologabile anche in caso di voto erariale contrario
13 Agosto 2021
Massima
Il Tribunale omologa l'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento contenente la proposta di trattamento del credito fiscale anche nel caso in cui l'Erario voti in senso contrario, laddove il voto dell'ufficio sia decisivo ai fini del raggiungimento del 60% e la proposta sia più conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria.
Fonte: IlFallimentarista.it Il caso
Un debitore persona fisica, già esercente attività d'impresa, presenta avanti al Tribunale di Napoli una proposta di accordo di composizione della crisi ex artt. 6 ss. L. 3/2012. La proposta prevede, a fronte di un indebitamento di euro 87.243,62, la destinazione al soddisfacimento dei creditori del reddito del debitore nei limiti di euro 313,79 mensili, al netto di quanto necessario per il sostentamento del proprio nucleo familiare. Il debitore propone di soddisfare i creditori in un arco temporale di 120 mesi decorrenti dall'eventuale passaggio in giudicato del decreto di omologa, nel modo che segue:
L'Agenzia delle Entrate, che rappresenta l'86,35% dei creditori ammessi al voto, manifesta diniego espresso alla proposta di accordo. L'OCC, con relazione ex art. 12 L. 3/20212, nel dare atto del mancato raggiungimento della percentuale del 60%, esprime giudizio favorevole alla proposta di accordo in relazione sia alla sua fattibilità, sia alla convenienza della proposta rispetto all'alternativa liquidatoria.
L'Organismo di composizione della crisi precisa infatti che la proposta è idonea a garantire:
Il Tribunale di Napoli, valutata la relazione dell'OCC, ritenute sussistenti le condizioni previste dall'art. 12, comma 3-quater, L. 3/2012 (decisività voto erariale, convenienza proposta), omologa l'accordo, previa “conversione” del diniego erariale in voto favorevole. La questione
Il legislatore dell'emergenza, in sede di conversione del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ha introdotto all'interno di tale provvedimento l'art. 4-ter. Tale norma, al comma 1, lett. f), secondo periodo, ha integrato l'art. 12 L. 27 gennaio 2012, n. 3, con il comma 3-quater: il tribunale omologa l'accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione erariale quando la stessa sia decisiva per il raggiungimento del 60% ex art. 11, comma 2, L. n. 3/2012, sempreché la proposta sia più conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. La norma riproduce, in ambito di sovraindebitamento, il “meccanismo” del cd. cram down già introdotto dal legislatore dell'emergenza, con D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, all'interno della legge fallimentare con riferimento al trattamento dei crediti tributari e contributivi.
La formulazione delle nuove disposizioni ha ingenerato, sin da subito, dubbi interpretativi: il cram down è applicabile ai soli casi in cui l'ufficio non si esprima sulla proposta di trattamento o può essere attuato anche in presenza di un voto contrario espresso?
Con particolare riferimento al sovraindebitamento, il nuovo art. 12, comma 3-quater, L. n. 3/2012 dispone che il Tribunale, al sussistere della concomitante condizione della convenienza della proposta, omologhi l'accordo “anche in mancanza di adesione” erariale, ove decisiva. Sotto un profilo generale, l'accordo di composizione produce effetti non solo nei confronti dei creditori che abbiano espressamente aderito alla proposta, ma anche - come avviene nel concordato - nei confronti dei creditori che si siano pronunziati in senso sfavorevole (principio di concorsualità). Peraltro, nell'ambito del sovraindebitamento, il silenzio del creditore - a differenza che nel concordato - determina l'accettazione, sotto il profilo sostanziale, della proposta, e ciò in conformità all'art. 11, comma 1, ultimo periodo, L. n. 3/2012. Tale norma prevede che i creditori si esprimano sulla proposta di accordo di composizione con dichiarazione scritta almeno dieci giorni prima dell'udienza ex art. 10, comma 1, L. n. 3/2012. In mancanza di tale dichiarazione espressa, i creditori “silenti” prestano il proprio assenso alla proposta, nei termini nei quali la medesima sia stata loro comunicata. Ma se nel sovraindebitamento il silenzio equivale, ope legis, ad accettazione, che utilità avrebbe la norma prevista dall'art. 12, comma 3-quater, L. n. 3/2012 se la stessa non fosse applicabile al diniego espresso dall'Amministrazione finanziaria? Al di là del profilo logico-sistematico sopra segnalato, fa propendere per l'applicazione “estensiva” delle nuove norme la ratio dell'intervento legislativo, così come rimarcato dal Tribunale di Napoli con il provvedimento di cui sopra. Sottolinea, al riguardo, il foro campano come chiara sia la volontà del legislatore di “assicurare una tutela del debitore contro il silenzio o le ingiustificate resistenze dell'Amministrazione, così attribuendo al Tribunale il potere di omologa delle proposte rigettate quante volte, ai fini della loro mancata approvazione, il voto contrario dell'Amministrazione sia stato determinante e la proposta consenta all'Agenzia delle Entrate di ottenere una soddisfazione maggiore rispetto a quella ricavabile dalla liquidazione del patrimonio del debitore”.
Secondo il Tribunale di Napoli, pertanto, le nuove norme sulla ristrutturazione forzosa del credito fiscale attribuiscono al giudice ordinario un generale potere sostitutivo rispetto a determinazioni da parte dell'ente pubblico volte a non aderire a proposte convenienti nella prospettiva della stessa Amministrazione finanziaria. Il decreto del foro partenopeo fa propri i principi già statuiti, sullo stesso argomento, dal Tribunale di La Spezia, con decreto del 14 gennaio 2021. Con tale provvedimento, i giudici liguri hanno rilevato come la novella in tema di cram down rappresenti un'applicazione diretta dell'art. 97 Cost.: tale norma impone alla Pubblica amministrazione di operare secondo criteri d'efficienza. L'ente pubblico è così tenuto ad aderire alla proposta qualora l'ipotesi “conciliativa” sia più conveniente rispetto alla liquidazione del patrimonio del debitore, in termini di migliore soddisfacimento della pretesa fiscale. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Napoli, valutate le condizioni di:
ha proceduto a convertire il diniego espresso dall'Agenzia delle Entrate in voto favorevole.
Il tema della “conversione”, ipso iure, del voto contrario in favorevole in ambito di sovraindebitamento consente d'allargare il campo alle procedure ristrutturatorie “maggiori”. Con riferimento al concordato preventivo, il nuovo art. 180, comma 4, l. fall., come modificato dall'art. 3, comma 1-bis, lett. a), D.L. n. 125/2020, dispone che al sussistere delle condizioni ivi indicate (rilevanza del voto ai fini delle maggioranze, convenienza della proposta) il Tribunale omologhi il concordato “anche in mancanza di voto”. Con riferimento agli accordi di ristrutturazione, il nuovo art. 182-bis, comma 4, l. fall., come modificato dall'art. 3, comma 1-bis, lett. b), D.L. n. 125/2020, prevede che alle condizioni di cui sopra il Tribunale omologhi l'accordo “anche in mancanza di adesione”. In relazione agli ADR, si ha “mancata adesione” alla proposta sia ove l'ente pubblico manifesti di non accettarla, sia ove lo stesso non esprima alcun intendimento: il silenzio del creditore determina dunque l'effetto della “mancata adesione” alla proposta, e ciò in conformità alle regole “negoziali” che informano – sotto il profilo del consenso – l'istituto in oggetto. Negli accordi, pertanto, secondo la formulazione della norma, l'autorità giudiziaria, sussistendo le condizioni di legge, può omologare l'accordo anche in presenza di mancata adesione da parte dell'ufficio, vuoi per inerzia, vuoi per diniego espresso. In relazione al concordato preventivo, il legislatore dell'emergenza ha ritenuto di impiegare la locuzione “mancanza di voto”.
Se, da una parte, il riferimento al “voto” è appropriato poiché la proposta di trattamento contenuta nella domanda concordataria è regolata dal meccanismo del voto ex artt. 174 ss. l. fall., dall'altra, la locuzione “anche in mancanza di voto” ha dato adito ad incertezze interpretative, potendosi leggere, tale espressione, alternativamente, come:
Nel primo caso, il rimedio del cram down sarebbe applicabile solo ove l'ente pubblico non esprima il proprio voto nei limiti previsti dall'art. 178, comma 4, l. fall. Nel secondo caso, il giudizio di convenienza avrebbe ingresso ove l'ente pubblico esprima voto contrario alla proposta di trattamento. Ma se negli ADR il “silenzio” equivale a mancata adesione in base al principio consensualistico, anche nel concordato il silenzio determina effetti sostanziali di diniego, e ciò avuto riguardo alla regola prevista dall'art. 178, comma 4, l. fall. (cd. silenzio-rifiuto).
Osservazioni
In questo quadro, limitare l'applicazione del cram down alla sola inerzia del creditore pubblico comprimerebbe oltremisura la ratio della norma, che è quella di mitigare gli effetti economici della pandemia privilegiando, in base alle valutazioni del foro fallimentare, le soluzioni concordate in funzione di continuità rispetto all'alternativo fallimento. L'interpretazione “estensiva” delle nuove norme sta prendendo corpo nella giurisprudenza di merito. Oltre ai ricordati decreti del Tribunale di Napoli e del Tribunale di La Spezia - entrambi resi in ambito di accordi di composizione della crisi ex L. n. 3/2012 -, si segnala, sull'argomento, il decreto del Trib. Roma 30 giugno 2021, dep. il 2 luglio 2021. Con tale provvedimento, il foro capitolino ha omologato un accordo di ristrutturazione dei debiti contenente la proposta di trattamento dei crediti fiscali-contributivi ex art. 182-ter l. fall., in mancanza di adesione da parte dei relativi enti pubblici. Nel caso di cui sopra gli enti titolari dei crediti oggetto della proposta di trattamento erano rimasti “silenti”. Tuttavia, il Tribunale di Roma ha ritenuto di sottolineare come appaia in ogni caso preferibile la tesi cd. estensiva: il meccanismo del cram down trova applicazione anche laddove l'ente pubblico manifesti il proprio diniego. Quanto sopra pare trovare invero una sponda decisiva nella sentenza delle Sezioni Unite n. 8504 del 25 marzo 2021. Con tale pronuncia, il Supremo Collegio ha statuito che appartiene al foro fallimentare la giurisdizione circa il diniego erariale alla proposta di trattamento ex art. 182-ter l. fall., attesa l'obbligatorietà dell'istituto, alla luce dell'attuale formulazione della norma, quale sub-procedimento “necessario” all'interno del concordato e degli accordi di ristrutturazione. In questo quadro, si ritiene che gli artt. 3, comma 1-bis, D.L. n. 125/2020 e 4-ter, comma 1, lett. f), D.L. n. 137/2020 debbano essere, coerentemente, interpretati in senso estensivo, cosicché la cognizione sul diniego pubblico alla proposta di trattamento possa essere ricondotta, in modo omogeneo ed esclusivo, in seno allo stesso procedimento concorsuale.
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