È applicabile il cumulo giuridico solo in caso di violazioni formali quali i ritardi nella fatturazione

Matteo Dellapina
25 Agosto 2021

Il ritardo nella fatturazione, sanzionato dall'art. 6, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, integra una violazione formale e non anche sostanziale dell'art. 21, comma 4, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ove la condotta, pur oggettivamente lesiva per l'esercizio delle azioni di controllo, non abbia arrecato alcun pregiudizio, con accertamento di fatto di competenza del giudice di merito, sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta o sul versamento del tributo, sicchè, in caso di pluralità di violazioni della medesima disposizione, è applicabile l'art. 12, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
Massima

Il ritardo nella fatturazione, sanzionato dall'art. 6, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, integra una violazione formale e non anche sostanziale dell'art. 21, comma 4, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ove la condotta, pur oggettivamente lesiva per l'esercizio delle azioni di controllo, non abbia arrecato alcun pregiudizio, con accertamento di fatto di competenza del giudice di merito, sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta o sul versamento del tributo, sicchè, in caso di pluralità di violazioni della medesima disposizione, è applicabile l'art. 12, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.

Il caso

L'Agenzia delle entrate notificava ad una contribuente un atto di contestazione ed irrogazione di sanzioni, in materia di IVA, siccome, a parere dell'Ufficio la società aveva fatturato le operazioni di vendita di autovetture non al momento della cessione ma a quello successivo dell'immatricolazione e, dunque tardivamente.

La società impugnava l'atto dinnanzi alla Commissione tributaria provinciale, deducendo di aver proceduto alla regolare emissione delle fatture, chiedendo inoltre l'applicazione del cumulo giuridico previsto dall'art. 12 del d.lgs. n. 472/1997.

Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso, limitatamente all'applicazione del concorso materiale di violazioni. La pronuncia veniva confermata dalla CTR.

Di conseguenza, l'Agenzia proponeva ricorso per cassazione, sulla scorta di due soli motivi:

  1. nullità della sentenza in quanto il giudice di appello, a parere dell'Ufficio, aveva deciso con motivazione apparente o in difetto assoluto;
  2. la Commissione tributaria regionale aveva ritenuto la violazione, per la tardiva emissione delle fatture, di carattere formale, riconoscendo così il regime del cumulo materiale. Nel dettaglio, l'Amministrazione aveva rilevato che la tardiva fatturazione aveva comportato alterazioni delle determinazioni dell'IVA periodica e delle conseguenti liquidazioni, l'inosservanza dei termini per i versamenti periodici, con “variazione della base imponibile, del tributo e degli obblighi di versamento”, e il pregiudizio dell'azione di controllo sicché la violazione doveva ritenersi di natura sostanziale, restando così esclusa la configurabilità dell'esimente prevista dall'art. 6, comma 5-bis, del d.lgs. 472/1997.
La questione

La questione altamente spinosa sottoposta ai giudici di Cassazione riguarda

(i) la qualificazione della violazione per la tardiva emissione delle fatture che, a parere dell'Ufficio doveva essere inquadrata tra quelle sostanziali a dispetto di quanto deciso dalla CTR che l'aveva ritenuta di tipo formale e

(ii) la relativa applicazione del cumulo previsto dall'art. 12 del d.lgs. n. 472/1997.

Le soluzioni giuridiche

Tripartizione delle violazioni

Occorre preliminarmente analizzare il tema delle violazioni e della loro rispettiva classificazione.

La Corte di Cassazione, in svariate pronunce, ha proceduto ad una tripartizione delle fattispecie trasgressive, così distinte:

  1. violazioni sostanziali, relative all'omessa ed infedele dichiarazione degli elementi rilevanti per la quantificazione dell'imponibile o dell'imposta e, quindi, incidono sulla determinazione della base imponibile e/o sul pagamento del tributo;
  2. violazioni formali, rispetto alle precedenti, non incidono sulla determinazione dell'imponibile o dell'imposta e sono collegate ad un omesso, irregolare od incompleto adempimento del contribuente;
  3. violazioni meramente formali, ossia quelle che non arrecano alcun pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo. Nel dettaglio si tratta di violazioni prive di offensività dei beni giuridici tutelati e quindi esenti da punibilità (sul punto Cass. 19 gennaio 2019, n. 901; Cass. 6 ottobre 2017, n. 23352; Cass. 15 luglio 2015, n. 14767; Cass. 22 dicembre 2014, n. 27211; Cass. 8 marzo 2013, n. 5897).

Quanto alla differenza tra le diverse tipologie di violazioni dovrà essere ricercata nel criterio sostanziale: ossia se la trasgressione della disposizione determina un pregiudizio per l'imposizione, in senso assai ampio, la violazione risulterà di tipo sostanziale. Qualora manchi un tale pregiudizio ma comunque sia incisa la possibilità dell'esercizio delle azioni o dei poteri di controllo dell'Amministrazione finanziaria, la violazione sarà di tipo formale. Invece se entrambe le condizioni risultino assenti, allora la lesione sarà derubricata a mera irregolarità, in assenza di una disposizione volta a censurarne in ogni caso la trasgressione che potrà essere rilevante anche in assenza di una compromissione effettiva dei poteri di controllo qualora il legislatore ne abbia valutato l'astratta idoneità rispetto a tale esito.

Recentemente la Cassazione (Cass. 17 dicembre 2020, n. 28938[1]), in seno alla distinzione tra violazioni formali e meramente formali, ha rilevato che la valutazione debba essere eseguita “alla stregua dell'idoneità ex ante della condotta a recare il detto pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo, previo inquadramento della condotta stessa nel paradigma normativo di riferimento” e, in altri termini, dovrà essere operato un giudizio in astratto che ponga in relazione il bene giuridico tutelato e la fattispecie giuridica alla quale va ricondotta la specifica trasgressione.

Occorre poi sottolineare che è la stessa sanzione, dettata dal legislatore, a prescrivere un parametro-criterio volto a distinguere, sul piano normativo, le violazioni sostanziali e quelle formali: infatti se la sanzione è determinata in misura proporzionale all'imposta (non dichiarata o non versata ovvero per un imponibile non dichiarato), la violazione sarà sostanziale.

Qualora la sanzione sia fissata tra limiti minimi e massimi predefiniti, la violazione dovrà essere inquadrata tra quelle formali in quanto manca una diretta riferibilità del comportamento illecito all'imposta o all'imponibile.

Si ricorda che l'art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 471/1997, prevede una sanzione proporzionale “al corrispettivo non documentato o non registrato” ma, quando “la violazione non rileva neppure ai fini della determinazione del reddito”, si applicherà una sanzione in misura fissa. Così nel caso di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive è prevista una sanzione proporzionale (art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 471/1997). Prosegue poi la norma, statuendo che “se non sono dovute imposte”, ossia se non ha comportato danno per l'Erario, si applica una sanzione in misura fissa.

Una previsione analoga può essere rinvenuta nell'art. 50 del d.lgs. n. 346/1990 in relazione all'imposta di successione: in caso di omessa dichiarazione è prevista una sanzione in misura proporzionale all'imposta liquidata o riliquidata dall'Ufficio; anche in tal caso, se non è dovuta alcuna imposta si applicherà una sanzione in misura fissa.

Anche l'art. 5 del d.lgs. n. 471/1997, in materia di dichiarazione IVA, va a delineare in termini più articolati quanto ai presupposti oggettivi e soggettivi, una situazione comparabile a quanto sopra. Infatti, l'omessa dichiarazione risulta sanzionata in misura proporzionale. Tuttavia, al comma 3, primo e secondo periodo, è previsto che “Se il soggetto effettua esclusivamente operazioni per le quali non è dovuta l'imposta, l'omessa presentazione della dichiarazione è punita con la sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000. La stessa sanzione si applica anche se è omessa la dichiarazione prescritta dall'articolo 50, comma 4, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, nel caso di effettuazione di acquisiti intracomunitari soggetti ad imposta ed in ogni altro caso nel quale non vi è debito d'imposta”.

Tale criterio risulta però sono tendenziale in quanto da un lato il legislatore, nel determinare per la violazione una sanzione solo proporzionale all'imposta, ha comunque stabilito, quale clausola finale, che tale sanzione non possa essere inferiore ad un importo determinato. Indicazione che risulterà idonea ad includere sia l'ipotesi in cui l'imponibile non correttamente indicato sia minimo, sia quella in cui la violazione non si accompagni, in concreto, ad una scorretta indicazione dell'imponibile.

La corretta commisurazione dell'entità della sanzione trova poi il suo parametro correttivo nell'art. 7, comma 4, del D. Lgs. n. 472/1997, in base al quale “Qualora concorrano circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l'entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo”.

Ecco che, grazie a quanto suesposto, si può dedurre che la valutazione della natura sostanziale o formale (non meramente formale), della violazione non risponde ad un criterio normativo rigido e indeclinabile ma postula un riscontro in concreto circa l'offensività della condotta rispetto al bene giuridico costituito dalla corretta quantificazione dell'imponibile o dell'imposta nelle sue diverse accezioni.

Una conclusione che risulta conforme, soprattutto ai fini IVA (ed in generale per i vari tributi armonizzati), con il principio di proporzionalità espresso dalla Corte di Giustizia in più occasioni, in materia di sanzioni, le quali non possono eccedere quanto necessario per assicurare l'esatta riscossione dell'IVA ed evitare l'evasione (Corte di Giustizia, Sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13, Equoland; Corte di Giustizia, sentenza 19 luglio 2021, in C-263/12, Ainars Redlihs ed infine Corte di Giustizia, sentenza 8 maggio 2019, in C-712/17, EN.SA. S.r.l., in relaizone all'art. 6, comma 6, del D. Lgs. n. 471/1997).

In tal senso, anche il giudice nazionale aveva ritenuto che il ritardo nella fatturazione fosse riconducibile ad una violazione sostanziale (Cass. 4 giugno 2018, n. 14158; 6 ottobre 2017, Cass. n. 23352; Cass.10 febbraio 2016, n. 2605; Cass. 22 dicembre 2014, n. 27211).

Alla luce di ciò, emerge che l'oggetto di valutazione da parte della Corte nei casi indicati appresso, non era tanto la qualificazione della contestata violazione (se formale o sostanziale) quanto piuttosto la riconducibilità o meno della condotta contestata alle violazioni “meramente formali”, senza che si ponesse l'effettiva necessità di dover distinguere tra violazioni formali e sostanziali.

Cumulo giuridico e materiale

Ora il tema delle violazioni è connesso, in maniera assai inscindibile, con l'aspetto del cd. cumulo giuridico e di quello materiale.

Occorre però fare un passo indietro e partire dal concetto di cumulo, o meglio di concorso, contenuto nell'art. 12 del d.lgs. n. 472/1997.

La norma prevede che “è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative ai tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione”.

Pertanto, la prima parte della norma è volta a disciplinare il concorso formale che si verifica quando un soggetto, con una sola azione, viola più norme anche relative a tributi diversi.

Invece la seconda parte del dettato legislativo regola il concorso materiale, ossia il caso in cui la medesima disposizione sia violata, anche con più azioni, diverse volte.

Ecco che, la distinzione tra concorso formale o cumulo giuridico e concorso materiale o cumulo materiale, ha portato al formarsi di due orientamenti giurisprudenziali contrapposti:

  1. L'uno, in tema di cumulo materiale, minoritario (Cass. 11 ottobre 2013, n. 23123), secondo il quale, in presenza di più violazioni commesse dallo stesso soggetto, si applicherà un trattamento sanzionatorio ordinario che preveda una sanzione per ogni violazione commessa (cumulo materiale) invece del trattamento sanzionatorio più mite (cumulo giuridico);
  2. L'altro, relativo al cumulo giuridico, assai maggioritario (Cass. 26 ottobre 2016, n. 21570; Cass. 18 giugno 2015, n. 12682; Cass. 5 giugno 2015, nn. 11742 e 11741), in forza del quale, in materia di sanzioni fiscali, il cumulo giuridico, previsto dall'art. 12 del d.lgs. n. 472/1997 prevede, in presenza di determinate condizioni, un trattamento sanzionatorio di favore per il contribuente che commetta più violazioni, a differenza del cumulo materiale, c.d. ordinario, che comporta invece una sanzione per ogni violazione commessa.

Secondo la Cassazione (del 19 luglio 2017, n. 27059), il precedente favorevole al cumulo materiale è rimasto isolato in quanto negli anni, è prevalso l'indirizzo orientato al cumulo giuridico proprio in base al principio del favor rei.

Pertanto, è prevalso un orientamento volto a tutelare maggiormente il contribuente.

Anzitutto la Commissione tributaria regionale aveva accertato che la contribuente avesse commesso, nello stesso periodo d'imposta, diverse violazioni della medesima disposizione di legge, relativa al termine per l'emissione delle fatture concernenti le cessioni di auto, operate al momento dell'immatricolazione anziché della consegna, ma che tale tardività delle fatturazioni non hanno alterato l'imponibile, ossia attestando l'inesistenza di danno erariale.

Ecco che, sulla base di tali accertamenti fattuali, la Cassazione ha enucleato due principi di diritto:

In tema di sanzioni amministrative tributarie, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali è necessario accertare in concreto, con valutazione in fatto riservata al giudice di merito, se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta o del versamento del tributo; in assenza di tale pregiudizio, la violazione resta formale perché lesiva per l'esercizio delle azioni e dei poteri di controllo da parte dell'Amministrazione finanziaria”;

Il ritardo nella fatturazione, sanzionato dall'art. 6, comma 1, d.lgs. n. 471/1997, integra una violazione formale e non anche sostanziale dell'art. 21, quarto comma, d.P.R. n. 633/1972 ove la condotta, pur oggettivamente lesiva per l'esercizio delle azioni di controllo, non abbia arrecato alcun pregiudizio, con accertamento di fatto di competenza del giudice di merito, sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta o sul versamento del tributo, sicché, in caso di pluralità di violazioni della medesima disposizione, è applicabile l'art. 12, comma 1, d.lgs. n. 472/1997”.

Secondo la Corte, il beneficio del cumulo giuridico resta escluso se le violazioni abbiano inciso sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo, ossia si siano tradotte in una evasione o in una indebita detrazione ovvero, in ogni caso, in una alterazione dell'imposta o dell'imponibile.

Qualora un tale pregiudizio non si sia prodotto, nonostante la lesione della disposizione sia potenzialmente idonea ad arrecarlo, la violazione, che è pur sempre dannosa per l'esercizio delle azioni di controllo dell'Amministrazione finanziaria, mantiene un carattere formale, perché ciò che è stato compromesso è solo l'osservanza di un adempimento, pur importante, da parte del contribuente.

In conclusione, i giudici di Cassazione hanno rigettato il ricorso proposto dall'Agenzia

Osservazioni

Il tema delle sanzioni amministrative tributarie e del conseguente cumulo (giuridico e materiale) è sempre molto attuale e frizzante, vedendo una continua contrapposizione tra Erario e contribuente.

Ora, con la pronuncia in esame, la Cassazione ha dapprima chiarito che la distinzione delle violazioni, tra formali e sostanziali, debba essere compiuta in concreto, richiedendo un intervento del giudice di merito. Ossia quest'ultimo sarà chiamato ad accertare, caso per caso, se una violazione sia sostanziale oppure formale, valutando se la condotta del contribuente abbia o meno cagionato un danno erariale. Infatti, se si fosse verificato un tale pregiudizio per l'Erario, ci troveremmo di fronte ad una violazione sostanziale. Diversamente si ricadrebbe in quella meno grave, di carattere formale, siccome lesiva dei soli poteri di controllo dell'Amministrazione.

Vero è che, come chiarito dalla Cassazione, una fattura emessa in ritardo dev'essere inquadrata tra le violazioni formali purché non abbia dato origine ad un danno erariale. E una pluralità di violazioni formali (sempre non “dannose”) saranno “cumulate” secondo il criterio giuridico e non secondo quello materiale.

Ecco che l'aspetto del cumulo richiede una riflessione più attenta. Già sopra, abbiamo notato come, l'indirizzo dei massimi giudici di legittimità sia “pro contribuente”, ossia il principio ispiratore è quello del danno erariale: se il contribuente, con la propria condotta, ha cagionato un danno, allora la violazione sarà più gravosa (sostanziale). Altrimenti sarà semplicemente formale. Tutto sempre ancorato ai principi della giurisprudenza euro-unitaria.

Stesso vale per la pluralità di violazioni. Infatti, il cumulo presuppone una pluralità di violazioni commesse dal contribuente. E l'orientamento consolidato, a cui tale pronuncia si “accoda”, rimane nell'alveo del cumulo giuridico, proprio in forza del principio del favor rei. Ossia se il contribuente ha commesso più violazioni formali, si applicherà il cumulo giuridico e non quello materiale (come invece vorrebbe l'Amministrazione e molto più gravoso per il contribuente, in quanto prevede l'erogazione di una sanzione per ogni violazione commessa).

Si può concludere sottolineando che la giurisprudenza nazionale, in armonia con il filone giurisprudenziale della Corte di Giustizia, non persegue in senso “forzoso” le violazioni commesse dal contribuente, ma verifica se vi sia stato o meno il cd. danno erariale. In caso negativo, quindi se l'Erario non ha subito alcuna perdita di gettito, la violazione sarà semplicemente formale. Attenzione però che la pluralità di violazioni potrà beneficiare del trattamento favorevole del cumulo giuridico purché siano di tipo formale.

Infatti, su questo aspetto i giudici di legittimità sono piuttosto rigidi: sarà inapplicabile il cumulo giuridico in caso di violazioni sostanziali, ossia “dannose” per le casse dell'Erario.

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