La crisi aziendale non integra causa di forza maggiore

09 Settembre 2021

In materia di imposte sui redditi e Iva, la crisi aziendale non costituisce causa di forza maggiore, tale da scriminare l'omesso versamento dei tributi e delle relative sanzioni, allorquando sia acclarato che gli obblighi di pagamento verso il Fisco non stati onorati per fronteggiare la crisi economica.
Massima

In materia di imposte sui redditi e IVA, la crisi aziendale non costituisce causa di forza maggiore, tale da scriminare l'omesso versamento dei tributi e delle relative sanzioni, allorquando sia acclarato che gli obblighi di pagamento verso il Fisco non stati onorati per fronteggiare la crisi economica.

Il caso

La questione sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha a oggetto un ricorso avverso una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36, d.P.R. n. 600/1973 e art. 54-bis, d.P.R. n. 633/72 del Modello Unico 2009, relativo al periodo di imposta 2008.

La società contribuente aveva omesso il versamento delle imposte dovute a causa della crisi finanziaria, privilegiando il versamento dei debiti di lavoro per resistere alla difficoltà economica.

La Commissione tributarie regionale, nel confermare la sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso formulato dalla contribuente, ritenendo l'atto impositivo adeguatamente motivato.

Avverso la sentenza di secondo grado, ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente, rilevando l'illegittimità delle sanzioni irrogate nonché l'omessa motivazione della cartella di pagamento.

La questione

L'oggetto della controversia riguarda l'efficacia scriminante della crisi aziendale quale causa di forza maggiore, ai fini del pagamento delle sanzioni amministrative conseguenti a violazioni di norme tributarie.

Il concetto di forza maggiore è disciplinato dall'ordinamento sanzionatorio amministrativo per le violazioni di natura tributaria, all'art. 6 del D.lgs. 472/1997, rubricato “cause di non punibilità”.

Tale norma, al quinto comma, statuisce la non punibilità del contribuente non adempiente verso gli obblighi di natura tributaria per causa di forza maggiore.

Il riferimento alla scriminate della forza maggiore è previsto in primis dall'art. 45 c.p. a norma del quale non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore e altresì in ambito civilistico ai sensi dell'art. 1218 c.c. che stabilisce che, in caso di inadempimento dell'obbligazione, il debitore inadempiente non è responsabile per “impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

In ambito tributario l'applicabilità della forza maggiore quale causa scriminante per omessi o insufficienti versamenti dei tributi dovuti, ha rappresentato una questione controversa e motivo di vivaci dibattiti in dottrina e giurisprudenza.

I principali dubbi riguardo l'applicabilità di tale generale causa scriminante in ambito tributario erano essenzialmente riconducibili alla consolidata prevalenza della tutela dell'interesse erariale e dalla difficoltà di considerare sussistente l'imprevedibilità e l'eccezionalità tipiche della forza maggiore, in una materia, quale la materia tributaria, caratterizzata da obblighi dichiarativi e di versamento periodici o, in ogni caso, a conoscenza del contribuente.

La soluzione giuridica

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, affronta nuovamente uno degli aspetti più controversi, relativi all'applicazione del trattamento sanzionatorio amministrativo per violazione di obblighi di versamento delle imposte.

In particolare, il punto dibattuto riguarda la configurabilità della crisi di azienda nell'ambito della causa di forza maggiore e in quanto tale, scriminate di eventuali comportamenti omissivi da parte del contribuente.

Al riguardo la giurisprudenza, in particolare di legittimità, si è spesso mostrata ondivaga, in particolare con riferimento al profilo motivazionale.

In un primo momento, si è registrato un orientamento rigoroso volto a escludere qualsivoglia efficacia esimente alla difficoltà finanziaria.

Tale primo approccio interpretativo si fondava essenzialmente sulla natura degli obblighi tributari il cui omesso ottemperamento difficilmente poteva essere ritenuto scusabile da un evento imprevedibile ed eccezionale tipico della causa di forza maggiore.

Secondo la prima giurisprudenza sussiste, infatti, in capo al soggetto tenuto al versamento dell'imposta un preciso obbligo di accantonamento delle risorse all'atto del pagamento delle retribuzioni e/o al compimento di operazioni imponibili, in modo da poter, in seguito, garantire l'adempimento dell'obbligazione tributaria nel rispetto della scadenza ex lege prevista.

In altri più specifici termini, la sopravvenuta crisi di liquidità dell'impresa è ascrivibile alla mala gestio del singolo contribuente/imprenditore (Cass. pen., sez. III, 6 novembre 2013, n. 2614; Cass. pen., sez. III, 27 novembre 2013, n. 3124) e, in quanto tale, non può costituire causa scriminante della responsabilità (Cass. pen. sez. III, 12 giugno 2013 n. 37528).

Negli ultimi anni, in ragione della difficile situazione economico finanziaria su scala mondiale, si è assistito a un graduale ripensamento rispetto all'originario indirizzo.

Salvo acclarate ipotesi di disegni criminosi o contra legem, si è avvertita la necessità di consentire l'applicazione anche alla materia tributaria della causa di forza maggiore, seppur limitandola in un perimetro più stringente rispetto alla normativa penalistica.

Tali confini si appalesano ancora più rigorosi, con riferimento al trattamento sanzionatorio, in relazione al quale non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, poiché è richiesta la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, certamente negligente.

In ambito tributario, l'operatività della causa di forza maggiore è subordinata dalla necessaria (e comprovata) sussistenza di un elemento oggettivo, relativo a circostanze indipendenti dall'obbligato e da un elemento soggettivo, rappresentato dall'obbligo per il contribuente di adottare tutte le precauzioni necessarie per prevenire eventi anomali che possano ripercuotersi negativamente sulla propria attività di impresa (Cass., 22 marzo 2019, n. 8175;Cass., 5 novembre 2019, n. 28321).

Il perimetro applicativo della causa di forza maggiore è stato definito in primis dalla giurisprudenza unionale, la quale ha essenzialmente ribadito che, ai fini della operatività della forza maggiore in materia tributaria rilevano dunque non necessariamente circostanze tali da porre l'operatore nell'impossibilità assoluta di rispettare la norma tributaria, bensì quelle anomale ed imprevedibili, le cui conseguenze, non avrebbero potuto essere evitate malgrado l'adozione di tutte le precauzioni del caso (Corte giust., 15 dicembre 1994, causa C195/91 P, Bayer/Commissione, punto 31, nonché Corte giust., 17 ottobre 2002, causa C-208/01, Parras Medina, punto 19).

In altri termini, per invocare l'esimente della forza maggiore ed evitare, così, le sanzioni fiscali, il contribuente è tenuto a dare prova oggettiva che non gli sia stato altrimenti possibile reperire risorse, pur avendo tentato tutte le possibili azioni per poter adempiere agli obblighi tributari.

Al di fuori di tali casi la colpa assume in ogni caso rilevanza e, in quanto tale, è punibile.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ribadisce tali approdi giurisprudenziali, specificando tuttavia che la grave crisi di liquidità non esclude tout court la punibilità del comportamento, in particolare, nelle ipotesi in cui, il mancato pagamento delle imposte dovute sia stato non adempiuto, ritenendo consapevolmente di voler resistere alla difficoltà finanziaria per evitare riduzione di personale e/o forza lavoro.

Ai fini della configurabilità della scriminante della forza maggiore, non è invocabile la mera difficoltà (Cass. pen., Sez. III, 13 marzo 2020, n. 9960) a porre in essere il comportamento omissivo, occorrendo la specifica dimostrazione che il mancato versamento dell'imposta, in particolare dell'Iva, è dipeso da fatti non imputabili al contribuente/imprenditore (Cass. pen., Sez. III, 17 settembre 2019, n. 38482), e a cui non è stato possibile porre rimedio (Cass. pen., Sez. III, 20 febbraio 2019, n. 7644) per cause indipendenti dalla propria volontà (Cass. pen., Sez. III, 13 marzo 2018 n. 11035), nonostante l'esperimento di tutte le iniziative, anche sfavorevoli al proprio patrimonio personale (Cass. pen., Sez. III, 21 marzo 2019 , n. 23796).

E infatti, “la forza maggiore non può che riferirsi ad un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, impedendo di configurare un'azione penalmente rilevante per difetto del generale requisito della coscienza e volontarietà della condotta previsto dal primo comma dell'art. 42 cod. pen” (Cass. pen., Sez. III,11 dicembre 2019; Cass. pen., Sez. V, 3 aprile 2017, n. 23026).

Tale “signoria”, secondo i giudici di legittimità, non può ritenersi totalmente esclusa nelle ipotesi in cui in un giudizio di bilanciamento di valori il contribuente ritenga di dare prevalenza ai debiti di lavoro.

Osservazioni

La crisi finanziaria e la costanze crescita della pressione fiscale soprattutto nel nostro Paese, hanno portato all'attenzione delle aule giudiziarie la questione, tutt'altro che pacifica, relativa impossibilità di adempiere agli obblighi di natura tributaria per mancanza di liquidità.

Negli ultimi anni, sempre più spesso imprenditori e contribuenti si sono trovati di fronte alla drammatica scelta se compartecipare al gettito erariale, adempiendo agli obblighi di natura tributaria, o se impiegare le risorse finanziarie a disposizione per soddisfare creditori o per garantire la continuità del ciclo produttivo o ancora la sopravvivenza dell'impresa.

Il tradizionale insegnamento della Corte di Cassazione, per diverso tempo, è stato fermo nell'escludere qualsivoglia efficacia esimente alla mancanza di liquidità in ordine alla configurabilità di comportamenti omissivi di obblighi di versamento delle imposte.

Tale rigore interpretativo è stato di recente mitigato da una posizione più garantista della giurisprudenza che, seppur in modo non univoco, ha affermato la rilevanza esimente della crisi di liquidità, circoscrivendo l'operatività all'interno di confini rigorosi.

In tale contesto si colloca la sentenza in commento che, nel riconoscere l'applicabilità della causa di forza maggiore anche in caso di violazioni di precetti tributari ha tuttavia negato nel caso specifico che la consapevole scelta di non pagare i tributi “preferendo” onorare i debiti verso lavoratori per fronteggiare la crisi economica possa configurare causa di forza maggiore.

Come rilevato, l'orientamento della giurisprudenza, in particolare di legittimità si appalesa tutt'altro che univoco.

Al riguardo si segnala che, a pochi giorni dalla pubblicazione della sentenza in commento, la Corte di Cassazione, con il decisum 16 giugno 2021, n. 17027 è tornata a pronunciarsi sul tema, mitigando il proprio orientamento, laddove ha riconosciuto, in presenza dei medesimi presupposti, l'efficacia scriminante della forza maggiore in caso di omessi versamenti dovuti a crisi economica.

Alla luce di tale variegato panorama giurisprudenziale, emerge la pressante necessità di un intervento chiarificatore in grado di fornire linee guida a cui rivolgersi per dirimere fattispecie concrete.

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