Servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia: requisiti sostanziali e costitutivi

Adriana Nicoletti
13 Settembre 2021

La servitù di passaggio, pedonale o carrabile, non si costituisce solo per volontà testamentaria o negoziale delle parti che, in apposito atto scritto e trascritto, determinano la qualità e l'estensione del pondus, accordandosi anche sull'entità del relativo indennizzo. La legge, infatti, prevede anche la servitù per destinazione del padre di famiglia, che trova il suo fondamento in un atto unilaterale di separazione del fondo appartenuto in origine ad un solo proprietario. In questo caso, i presupposti e le condizioni previsti per la legittimità di tale servitù sono elementi imprescindibili nella loro unitarietà.
Massima

La costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia presuppone l'originaria appartenenza di due fondi (o porzioni del medesimo fondo) ad un unico proprietario, il quale abbia posto gli stessi, l'uno rispetto all'altro, in una situazione di subordinazione idonea ad integrare il contenuto di una servitù prediale e che, all'atto della loro separazione, sia mancata una manifestazione di volontà contraria al perdurare della relazione di sottoposizione di un fondo nei confronti dell'altro.

Il caso

Sciolta la comunione ereditaria relativa a due immobili confinanti, la proprietaria di una dei due edifici citava in giudizio gli attuali proprietari dell'immobile finitimo (eredi di uno degli originari comunisti) asserendo che l'accesso alla sua proprietà era garantito da una servitù di passaggio sulla proprietà della dante causa degli attuali convenuti. L'attrice lamentava, altresì, che i chiamati in giudizio, per accedere al cortile di loro proprietà invadevano parzialmente uno spazio di proprietà della medesima, impedendo alla stessa di parcheggiare la propria autovettura e/o di usufruire di tale porzione di terreno.

L'attrice - per quanto di specifico interesse - chiedeva che, ribadita l'esistenza della servitù di passaggio pedonale e carrabile in favore della stessa, i convenuti venissero condannati alla cessazione di quei comportamenti che impedivano l'esercizio della detta servitù ivi compreso il risarcimento del danno per il mancato godimento dell'area. In via subordinata l'attrice chiedeva che, rispetto a quest'ultimo, fosse dichiarata l'intervenuta usucapione, o la costituzione di servitù coattiva per interclusione del fondo attoreo.

I convenuti si costituivano opponendosi alle avverse domande e, per quanto di ragione, pur confermando che la servitù in favore della prima esisteva, asserivano che fosse solo pedonale e non carrabile, mentre in via riconvenzionale chiedevano che fosse accertata l'usucapione del loro diritto di passaggio sul fondo di controparte.

Il Tribunale rigettava le domande proposte dall'attrice, accoglieva quella riconvenzionale dei convenuti e dichiarava l'acquisto per destinazione del padre di famiglia della servitù di passaggio pedonale e carraio in favore del fondo di loro proprietà.

La questione

In relazione alla domanda in confessoria servitutis, avente ad oggetto la costituzione di una servitù di passaggio secondo il modello della destinazione del padre di famiglia, assumono rilevanza le questioni attinenti alle condizioni fissate dal legislatore per potersi dichiarare la formazione della detta servitù.

Le soluzioni giuridiche

L'azione esperita dall'attrice è stata ricondotta nel novero della actio negatoria servitutis rispetto alla cui fondatezza si è reso necessario esaminare il titolo in forza del quale i convenuti avevano acquistato la proprietà del fondo dominante. Questi ultimi, in via documentale, avevano provato le vicende storiche dell'attuale fondo, talché la domanda dell'acquisizione della servitù di passaggio pedonale e carraio, per destinazione del padre di famiglia e da sempre esistita, era stata ritenuta fondata. In effetti era incontestato che i beni appartenessero in origine ad un unico soggetto, così come era stato provato che, al momento della divisione, era venuta ad esistenza la servitù di passaggio.

Le plurime dichiarazioni rese dai testi, inoltre, avevano costituito circostanze utili a dimostrare: l'utilizzo continuativo, da parte dei proprietari originali, della rampa oggetto di contestazione; che lo stato dei luoghi era rimasto sostanzialmente inalterato da tempo immemore e che i convenuti ed i loro danti causa avevano sempre utilizzato la rampa per passare con la propria auto ed a piedi.

Quanto, al requisito dell'apparenza, necessario per l'acquisto della destinazione del padre di famiglia, il Tribunale ne ha ritenuto la sussistenza alla luce degli elementi essenziali provati in corso di causa, essendo pacifico che la rampa in questione, in origine sterrata e poi asfaltata, era stata munita di cancello, configurando gli stessi opere visibili e permanenti all'esercizio del passaggio pedonale e carraio.

Respinta la negatoria servitutis di parte attrice, il magistrato sabaudo ha esaminato l'opposta domanda in confessoria servitutis, proposta ai sensi dell'art. 1079 c.c. Sul punto il giudice del merito, non solo ha rilevato che l'atto di trasferimento del fondo l'oggetto della servitù concerneva solo il passaggio pedonale ma, altresì, ha tenuto conto sia delle concordi risultanze delle prove testimoniali, dalle quali era risultato che il fondo posseduto dall'attrice non aveva mai goduto di un passaggio carraio a carico del fondo servente, sia degli esiti della C.T.U., che aveva negato, per parte attrice, la possibilità di accedere al proprio fondo tramite autovettura.

Il complesso di tali elementi aveva impedito di accogliere anche la richiesta di intervenuta usucapione della servitù di passaggio carraio nella sostanza di cui all'art. 1051 c.c. (servitù coattiva), poiché dalle indagini esperite dal C.T.U. il fondo dell'attrice era risultato essere parzialmente accessibile, attraverso il fondo confinante di proprietà dei convenuti, in forza di servitù di passaggio pedonale. Né poteva essere concesso a parte attrice un ampliamento della servitù ex art. 1051, comma 3, c.c. poiché, in considerazione del bilanciamento degli interessi da operare tra le parti, si sarebbe venuto a creare un aggravio sproporzionato per il fondo servente rispetto al vantaggio acquisito dal fondo dominante.

Osservazioni

Tra le numerose tematiche messe in luce dalla complessa motivazione della sentenza in esame, meritano attenzione le questioni collegate all'istituto della servitù per destinazione del padre di famiglia,che hanno costituito oggetto della domanda posta in via riconvenzionale dai convenuti ed unica ad essere accolta dal Tribunale.

La servitù disciplinata dall'art. 1062 c.c. viene ad esistenza ope legisper il solo fatto che, all'epoca della separazione dei fondi o del frazionamento dell'unico fondo, lo stato dei luoghi sia stato posto o lasciato, per opere e segni manifesti ed univoci, in una situazione di subordinazione o di servizio che integri di fatto il contenuto proprio di una servitù, indipendentemente da qualsiasi volontà, tacita o presunta, dell'unico originario proprietario nel determinarla o mantenerla in vita. Ne consegue che il requisito della subordinazione va ricercato non nell'intenzione (negoziale) di detto proprietario, bensì nella natura dell'opera oggettivamente considerata, in quanto il suo uso normale determini il permanente assoggettamento del fondo vicino all'onere proprio della servitù (Cass. civ., sez. II, 26 gennaio 1996, n. 592).

Perché si possa parlare di servitù per destinazione del pater familias devono concorrere tre presupposti: i due fondi devono essere appartenuti, ab origine, ad un solo proprietario; il titolare originario non deve aver mutato lo stato dei luoghi rispetto alla medesima servitù e, infine, i due fondi devono essere attualmente divisi.

Quanto alla prima condizione, occorre specificare che, secondo la giurisprudenza, la locuzione “unico proprietario” non va interpretata nel senso restrittivo di singolo proprietario, potendo il fondo appartenere a più soggetti che siano in comunione pro indiviso tra di loro, poiché in entrambi i casi si configura l'elemento essenziale dell'unicità del diritto dominicale sui fondi collegati dal rapporto di fatto di subordinazione che dà luogo, con la separazione giuridica dei fondi stessi, alla costituzione della servitù (Cass. civ., sez. II, 22 giugno 1995, n. 7074). Ne consegue che, ai fini della formazione della servitù per destinazione del padre di famiglia, ove due fondi appartengano uno ad un proprietario esclusivo e l'altro in comproprietà tra questi ed altri soggetti, la separazione dei beni non può essere opera del primo, venendo a mancare il requisito previsto dall'art. 1062 c.c. (Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 2016, n. 2853).

Altro requisito fondante dell'istituto è la c.d. apparenza della situazione di subordinazione che caratterizza la relazione tra i due fondi di cui uno è asservito all'altro e che può essere accertata solo con riferimento alla ricostruzione dello stato dei luoghi che resti cristallizzata al momento in cui gli stessi hanno cessato di appartenere allo stesso proprietario (Cass. civ., sez. II, 22 maggio 2015, n. 10662). Questo è, pertanto, il momento ultimo e determinante al quale, ai fini della costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia ovvero della sua opponibilità a chi sia subentrato nella proprietà del fondo servente, occorre fare riferimento per valutare se lo stato dei luoghi sia rimasto immutato rispetto a quello voluto e mantenuto dal proprietario originario (Cass. civ., sez. II, 30 luglio 1990, n. 7655). In questo senso, quindi, qualsivoglia modifica od intervento che sia successivo alla separazione dei fondi è del tutto ininfluente ai fini di cui all'art. 1062 c.c. (Cass. civ., sez. II, 05 aprile 2016, n. 6592).

A tale proposito, va chiarito che, secondo la giurisprudenza, il requisito dell'apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio e rivelanti, in modo non equivoco, l'esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile (Cass. civ., sez. VI/II, 17 marzo 2017, n. 7004: fattispecie relativa all'acquisto di una servitù di passaggio, per la cui costituzione non è stata ritenuta sufficiente l'esistenza di una strada o di un percorso all'uopo idonei, essendo viceversa essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un quid pluris che dimostri la loro specifica destinazione all'esercizio della servitù). Per tale profilo, si è anche parlato di individuazione saltuaria ed occasionale che può avvenire da qualsivoglia punto d'osservazione, anche esterno al fondo servente, purché, la struttura e consistenza delle opere rendano manifesta la situazione di asservimento di tale fondo. (Cass. civ., sez. II, 8 giugno 2017, n. 14292: fattispecie relativa alla natura apparente di una servitù di tubatura idrica collocata al di sotto del pavimento dell'appartamento che fungeva da fondo servente, in quanto visibile dal proprietario di quest'ultimo in occasione dello svolgimento di lavori edili).

Quanto, poi, al soggetto chiamato a determinare la situazione oggettiva tale da consentire la nascita del rapporti di subordinazione tra le due parti del fondo in seguito separate, lo stesso può essere identificato non solo nel proprietario unico ed originario del fondo ma anche nel suo possessore il quale, direttamente dal primo, abbia ottenuto il dominio del bene ma a condizione che l'esercizio del possesso e le conseguenze del medesimo siano riconducibili al proprietario, il cui diritto si esprime per via traversa (Cass. civ., sez. II, 7 marzo 2001, n. 3314).

L'ultimo presupposto previsto ai fini dell'applicabilità dell'art. 1062 c.c. è rappresentato dalla separazione attuale dei due fondi perchéintestati a soggetti diversi. In tale ambito la divisione dei fondi può essere anche il frutto di una divisione immobiliare in sede giudiziale, in relazione alla quale il giudice può anche imporre la costituzione di una servitù o più servitù a patto che queste non siano eccessivamente gravose per i titolari del fondo. In questo caso si tratterebbe di prendere atto della situazione giuridica che caratterizza lo stato obiettivo dei luoghi e che determina, ipso facto, la formazione della servitù secondo il modello della costituzione della servitù del padre di famiglia.

Il comma 1 dell'art. 1062 c.c. dispone, infine, che la relativa destinazione della servitù può essere dimostrata “mediante qualunque genere di prova”. Il legislatore non ha posto limiti per l'utilizzo dei mezzi di prova che possono essere documentali, testimoniali così come anche le risultanze di una consulenza tecnica d'ufficio possono esserne considerate elemento integrativo di una più completa cognizione dello stato dei luoghi da parte del giudice. Va, tuttavia, evidenziato che la domanda formulata ai sensi dell'art. 1062 c.c. non sfugge al principio generale di cui all'art. 2697 c.c. in base al quale la parte che vuole far valere in giudizio un diritto deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Nella specie, quindi, colui che deduce la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia ha l'onere di provare non solo che i due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, ma anche l'esistenza delle opere visibili e permanenti, dalle quali risulti che i fondi siano stati posti o lasciati nello stato dal quale discende la servitù (Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1996, n. 3773).

Parimenti, l'esperimento di una consulenza tecnica di ufficio non può trasformarsi in uno strumento finalizzato ad effettuare indagini esplorative, da considerarsi tali quelle non supportate dagli elementi di fatto portati dalle parti. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha stemperato il relativo divieto affermando che è consentito derogare quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l'ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo, in questo caso, consentito al consulente di acquisire anche ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza (Cass. civ., sez. 1, 11 gennaio 2017, n. 512).

Riferimenti

Spatuzzi, La destinazione del padre di famiglia quale ipotesi costitutiva del diritto di servitù: riconoscibilità della fattispecie e profili applicativi, in Corr. giur., 2015, 828;

Iaselli, Servitù per destinazione del padre di famiglia: chiariti gli elementi costitutivi, in Altalex.com, 12 maggio 2014;

Musolino, La servitù prediale per destinazione del padre di famiglia - L'unico proprietario dei fondi e la sua (assenza di contraria) volontà, in Riv. notar., 2014, 697;

Costanza, Destinazione del padre di famiglia fra volontà e fatto, in Giust. civ., 2009, I, 1080;

Pironti, Servitù per destinazione del padre di famiglia e modalità di manifestazione della volontà contraria, in Contratti, 2009, 201.