Locazione di un immobile in uno stato membro e nozione di stabile organizzazione IVA per la Corte di Giustizia

29 Settembre 2021

Con sentenza resa nella causa C-931/19 del 3.6.2021, la Corte di Giustizia ha escluso, ai sensi degli artt. 44 e 45 della Direttiva IVA 2006/112, la qualifica di stabile organizzazione (s.o.) in uno Stato membro di un'attività di locazione di un immobile, per la quale la società proprietaria, residente in un diverso Stato membro, sia priva di personale proprio per l'esecuzione della prestazione relativa alla locazione medesima. La Corte UE, in ossequio alle direttrici che governano il quadro normativo relativo alle s.o. ai fini IVA e che le distinguono sensibilmente da quello ai fini delle imposte dirette, ricordando che la nozione di s.o. richiede una consistenza minima, grazie alla presenza permanente dei mezzi umani e tecnici necessari per determinate prestazioni di servizi, ha escluso la rilevabilità della s.o. alla luce tanto della mancata disponibilità di personale proprio che rendano l'immobile, nello Stato membro dell'immobile oggetto di locazione, idoneo ad operare in modo autonomo, quanto della circostanza che le persone incaricate di alcuni compiti di gestione sono state incaricate contrattualmente dalla società proprietaria, la quale si è riservata tutte le decisioni importanti relative alla locazione dell'immobile in questione, sottraendo di fatto autonomia gestionale ed operativita alla s.o. potenziale.
Massima

Con sentenza resa nella causa C-931/19 del 3.6.2021, la Corte di Giustizia ha escluso, ai sensi degli artt. 44 e 45 della Direttiva IVA 2006/112, la qualifica di stabile organizzazione (s.o.) in uno Stato membro di un'attività di locazione di un immobile, per la quale la società proprietaria, residente in un diverso Stato membro, sia priva di personale proprio per l'esecuzione della prestazione relativa alla locazione medesima.

La Corte UE, in ossequio alle direttrici che governano il quadro normativo relativo alle s.o. ai fini IVA e che le distinguono sensibilmente da quello ai fini delle imposte dirette, ricordando che la nozione di s.o. richiede una consistenza minima, grazie alla presenza permanente dei mezzi umani e tecnici necessari per determinate prestazioni di servizi, ha escluso la rilevabilità della s.o. alla luce tanto della mancata disponibilità di personale proprio che rendano l'immobile, nello Stato membro dell'immobile oggetto di locazione, idoneo ad operare in modo autonomo, quanto della circostanza che le persone incaricate di alcuni compiti di gestione sono state incaricate contrattualmente dalla società proprietaria, la quale si è riservata tutte le decisioni importanti relative alla locazione dell'immobile in questione, sottraendo di fatto autonomia gestionale ed operativita alla s.o. potenziale.

Il caso

Il caso ha ad oggetto una società di gestione immobiliare con sede sociale e direzione a Jersey, la quale aveva concesso in locazione soggetta ad IVA, a due imprenditori austriaci, un immobile di sua proprietà sito in Austria, avvalendosi a questo fine di una società di gestione immobiliare austriaca in qualità di intermediaria.

Quest'ultima società fungeva da intermediaria nei confronti dei prestatori di servizi e dei fornitori e si occupava poi di fatturare gli affitti e i costi operativi, di tenere i registri commerciali e di preparare i dati relativi alla dichiarazione IVA, svolgendo dette attività in locali diversi da quelli dell'immobile appartenente alla sua committente inglese.

La società proprietaria dell'immobile conservava in ogni caso il potere decisionale per concludere e risolvere le locazioni, per determinarne le condizioni economiche e giuridiche, per realizzare investimenti e riparazioni nonché per organizzare il loro finanziamento, per scegliere i soggetti terzi ai fini della fornitura di altri servizi a monte e per selezionare, designare e controllare la società di gestione immobiliare stessa.

Il Fisco austriaco, alla luce di ciò, considerando l'immobile concesso in locazione quale espressione di una stabile organizzazione, richiedeva alla società inglese proprietaria il conseguente versamento dell'IVA per la sua attività di locazione dell'immobile.

Il giudice del rinvio, alla luce dei precedenti della Corte UE da lui richiamati, nutriva dubbi sulla qualificazione dell'immobile in oggetto quale s.o. dell'impresa non residente, nella misura in cui in Austria fosse assente del personale proprio della società inglese oltre alla circostanza che, quello utilizzato, appartenesse alla società intermediaria incaricata dei servizi.

Di qui la decisione di rinviare alla Corte UE per appurare, in particolare, se la “la nozione di stabile organizzazione richieda sempre la presenza di mezzi umani e tecnici” quale requisito fondante o se, in alternativa, possa qualificarsi quale s.o. una locazione imponibile di un bene immobile, in quanto mera prestazione passiva consistente in un “permettere”, anche in assenza di mezzi umani.

La questione

Si premette brevemente un'esposizione sintetica su alcune principali caratteristiche della s.o. ai fini delle imposte dirette per introdurre poi l'analisi su alcuni punti chiave della s.o. ai fini IVA, giustificata dalle differenze che, alla luce sia del dato normativo sovranazionale sia delle interpretazioni della Corte UE in materia IVA, impediscono un'osmosi tra le due manifestazioni fiscali.

La s.o. è un istituto che affonda le sue radici in ambito convenzionale, in particolare nell'art. 5 del Modello di Convenzione elaborato dall'OCSE (il cui tenore è recepito nella maggior parte delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni), oggetto in Italia di una disciplina “organica” solo a seguito del recepimento dell'impianto originario, previsto a livello sovranazionale, all'interno dell'art. 162 del TUIR a seguito delle modifiche intervenute con il d.l. 344/2003. La s.o. funge da criterio di collegamento per la tassazione, in un determinato Stato membro dell'UE, di un'attività economica ivi svolta da parte di un soggetto iva residente in un altro Stato membro UE o extra UE (v. tra i tanti A. Lovisolo, Il concetto di stabile organizzazione nel regime convenzionale contro la doppia imposizione, in Dir. Prat. Trib., 1983, 1127; C. Garbarino, Manuale di tassazione internazionale, Milano, 2008, 299; P. Boria, L'individuazione della stabile organizzazione, in Riv. Dir. Trib., 2014, 3; A. Fantozzi, La stabile organizzazione, in Riv. Dir. Trib., 2013, 99; F. Gallo, in La stabile organizzazione, in Rass. Trib., 1986, n. 2).

Come correttamente riferito in dottrina (D. Avolio, in AA.VV. La stabile organizzazione delle imprese industriali e commerciali, Milano, 2016, pagg. 13 e ss.) la s.o. sta ad indicare il radicamento in uno Stato di un'impresa non residente, rappresentando quella “soglia minima” su cui poggia la ripartizione “convenzionale” del potere impositivo tra Stato della fonte dei redditi (in cui insiste la s.o. “subsidiary”) e Stato della residenza dell'impresa in cui è situata la “parent company” (v. E. Della Valle, La nuova disciplina della stabile organizzazione “interna”, in Il Fisco, n. 40/2015), rappresentando la s.o. un soggetto avente non già personalità giuridica autonoma e distinta dalla casa madre, di cui è “mera” diramazione amministrativa, bensì autonomia dal lato fiscale.

Una volta “superata” la soglia in oggetto, lo Stato della fonte è autorizzato a tassare i redditi ivi prodotti dalla s.o., la quale, pur non rappresentando ente giuridico distinto dalla casa madre, come chiarito anche dalla Corte UE (C-210/04 punto 41), è pur sempre dotata di una sua autonomia tributaria ai fini della determinazione dell'attribuzione del reddito per l'attività economica svolta sul territorio (v. art. 152 comma 2 del TUIR).

La finalità di localizzazione territoriale del reddito imponibile prodotto dalla s.o. in un dato Stato membro riguarda sia le imposte sui redditi sia l'IVA.

A livello interno la norma di riferimento è l'art. 162 del TUIR, oggetto da ultimo di numerose modifiche da parte della legge di bilancio 2018 (art. 1 c. 1010 legge 205/2017) a seguito dell'approvazione dell'Action 7 del BEPS e delle modifiche all'art. 5 del Modello di convenzione OCSE ed al suo Commentario (ult. versioni 2017), il quale distingue tra una forma di s.o. materiale quale “sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello stato” (commi da 1 a 4-bis), ed una s.o. personale (commi 6 e 7).

Brevemente, con la riformulazione dell'art. 162 del TUIR:

  1. è stata introdotta la nuova “figura” della s.o. per il “settore digitale” (c. 2 nuova lett. f-bis), mediante un ampliamento all'elenco della “positive list” di cui al comma 2, che individua la presenza di una s.o. con una contraddittoria e criptica formulazione che richiede una “significativa e continua presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non far risultare una sua consistenza fisica nel territorio dello stesso” (v. S. Guarino, La nozione di stabile organizzazione nell'era dell'economia digitale, in Corr. Trib., 9/2018; M. Leo, Quale tassazione per l'economia digitale, in Il Fisco, 21/2018)
  2. È stata modificata la “negative list” del comma 4, contenente le ipotesi di esclusione di esistenza di una s.o., qualora le fattispecie previste in lista (v. art. 5 par. 4 Modello OCSE) rivestano carattere preparatorio o ausiliario (v. D. Avolio, La nuova definizione di stabile organizzazione, Corriere Tributario 4/2018; v. anche il par. 60 del Commentario all'art. 5 del Modello OCSE e il c. 4-bis dell'art. 162; A. Trainotti e M. Piazza, Le ipotesi negative nella nuova definizione di stabile organizzazione, in Fisc. & Comm. Int., 5/2018; A. Gaffuri, Le ipotesi negative di stabile organizzazione, in Dir. e Pr. Trib. n. 2/2015).
  3. È stata introdotta la c.d. anti-fragmentation rule nel riformulato c. 5, tesa a prevenire l'elusione artificiosa della natura di s.o. (v. anche i parr. 60 e 79 del Commentario all'art. 5 del Modello OCSE) con il fine di impedire ad un'impresa o ad un gruppo di imprese strettamente collegate di frammentare un'attività commerciale in più piccole operazioni per poi sostenere la natura meramente preparatoria o ausiliaria delle singole attività. Il divieto di frammentazione viene in evidenza, con l'esclusione quindi dell'esenzione dalla qualifica di s.o., nel caso di due o più imprese, tra loro strettamente collegate, che svolgono nel territorio dello Stato attività tra loro complementari nel senso che detti “luoghi” costituiscono una s.o. per l'impresa estera o per l'impresa strettamente correlata, ovvero se la combinazione delle attività svolte dalle imprese nello stesso luogo o nei distinti luoghi non sia di carattere preparatorio o ausiliario, purché le attività svolte costituiscano funzioni complementari che siano parte di un complesso unitario di operazioni di impresa (v. anche il comma 7-bis dell'art. 162).
  4. È modificata la definizione di s.o. “personale” e di agente dipendente/indipendente (v. i commi 6 e 7 dell'art. 162) per i quali è individuabile una s.o. in Italia qualora a) un soggetto agisca nel territorio dello Stato per conto di un'impresa non residente e abitualmente concluda contratti o operi ai fini della conclusione di contratti senza modifiche sostanziali da parte dell'impresa e b) che detti contratti siano conclusi in nome dell'impresa con esclusione della qualifica di s.o. nel caso di mere attività preparatorie o ausiliarie da parte dell'agente e nel caso in cui questo svolga un'attività indipendente ed agisca per conto dell'impresa nella propria attività ordinaria (v. i parr. 89, 98, 106 e 109 del Commentario all'art. 5 del Modello OCSE).

Ai fini dell'attribuzione del reddito alla s.o., è solo con la riforma del 2015 (artt. 7 e 14 del d.lgs. 147/2015) che, mediante l'integrale riformulazione dell'art. 152 del TUIR, vengono fissate le direttrici per la “localizzazione” della ricchezza imponibile al fine della conseguente e corretta individuazione del soggetto passivo d'imposta (casa madre o s.o.), in ossequio al wording dell'art. 7 del Modello OCSE (par. 1 “Profits of an enterprise of a Contracting State shall be taxable only in that State unless the enterprise carries on business in the other Contracting State through a permanent establishment situated therein”) che introduce il criterio della fonte (Stato della s.o.) ai fini della tassazione dei redditi della stabile.

La novità più rilevante, per quanto qui di interesse, è data dalla fictio iuris (c. 2 art. 152) per cui la s.o., ai soli fini reddituali (v. il c. 1 art. 152), “si considera un'entità separata ed indipendente, svolgente le medesime o analoghe attività” rispetto alla casa madre, ciò in ossequio al principio del c.d. functionally separate entity approach di derivazione OCSE, da cui, brevemente, l'assenza di un'autonomia giuridica (ai fini civilistici) della s.o. rispetto alla casa madre e la sua configurabilità quale soggetto autonomo d'imposta con funzione di “collegamento” tra il reddito della casa madre ed il territorio dello Stato della fonte (v. P. Valente, Attribuzione del reddito alla Stabile organizzazione, il Fisco, 43/2010; F. Tundo, Stabile organizzazione personale e determinazione del reddito secondo le recenti direttive OCSE, in Rass. Trib., n. 2/2011), con conseguente valorizzazione delle “transazioni” tra casa madre e s.o. ex art. 110 c. 7 del TUIR (v. c. 3 art. 152 TUIR) ed irrilevanza ai fini IVA, come vedremo, delle prestazioni di servizi intercompany.

La stabile organizzazione ai fini IVA

Dalla s.o. ai fini delle imposte dirette diverge sotto diversi aspetti quella ai fini IVA per la quale, innanzitutto, si registra l'assenza di un quadro giuridico interno di riferimento.

La cornice giuridica in tema di s.o. ai fini IVA è quella unionale, sviluppatasi tardivamente e contenuta negli artt. 44 e 45 della Direttiva IVA 112/06 (v. art. 9 della previgente VI Dir. IVA), nel nuovo art. 192-bis della Dir. IVA (introdotto dalla Dir. 2008/8), e soprattutto nel Regolamento di esecuzione 282/2011 che, agli artt. 11, 21, 22 e 53, fornisce la nozione di s.o. ai fini IVA, definendo il luogo delle operazioni imponibili e la nozione di s.o. quale criterio di collegamento con il territorio di uno Stato membro di un soggetto passivo residente in un diverso Stato membro o fuori dall'UE.

Prima dell'intervento unionale del 2011 l'assenza di riferimenti normativi precisi è stata colmata nel tempo dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia le cui conclusioni sono state poi recepite nel Reg. 282/11.

Analogamente alla s.o. ai fini delle dirette, anche dal lato IVA la subsidiary rappresenta un'articolazione della parent company, correttamente definita (v. P. Centore, in aa.vv. Studi in memoria di Mark Edward Kleckner, Torino, 2019) quale “proiezione del soggetto passivo in un territorio diverso da quello in cui esso sia identificato principalmente ai fini dell'IVA”, con la specificazione che l'assenza di una normativa dedicata ad un imposta sul consumo che può rilevare fiscalmente all'interno di un solo territorio, ha generato una sorta di “riflesso per simpatia della contermine definizione di s.o. ai fini reddituali, mutuata dal Modello OCSE e dal suo commentario, producendo una confusione in senso etimologico delle due rappresentazioni fiscali del soggetto non residente ma operante nel territorio nazionale” (per una disamina degli effetti in punto di accertamento v. C. Corrado Oliva, Soggettività della stabile organizzazione e soggezione all'attività accertativa, in Dir. e prat. trib., 2012, 5, 929 e ss).

Fuori dalla funzione comune di collegamento con un dato territorio e dall'indipendenza funzionale della s.o. quale soggetto deputato a compiere autonomamente operazioni per conto della casa madre, emergono svariate differenze tra le due “categorie” fiscali, data la diversa “manifestazione” degli effetti, in quanto nelle imposte dirette la s.o. svolge la funzione di allocazione e ripartizione del reddito prodotto dalla sede centrale attraverso il suo clone in un diverso territorio per consentire ai differenti Stati una corretta “distribuzione” dell'onere impositivo, laddove invece, nell'IVA, la riscossione deve essere operata solo e soltanto nel luogo di effettivo consumo, data la natura di imposta sui consumi dell'imposta. In tal modo la tassazione IVA, data l'inviolabilità del principio di neutralità dell'imposta, può avvenire in un solo ed unico territorio.

Tali argomentazioni le ritroviamo in C-260/95 (p. 18) ove si legge che “Come la Corte ha considerato al punto 14 della causa 168/84, Berkholz, l'art. 9 (attuali 44 e 45 Dir. IVA) mira a stabilire una ripartizione razionale delle sfere di applicazione delle leggi nazionali in materia di IVA, determinando in modo uniforme il luogo di riferimento fiscale delle prestazioni di servizi, e ad evitare in particolare conflitti di competenza fra Stati membri”.

In tema è stato giustamente osservato (v. P. Puri, La stabile organizzazione nell'IVA, in Riv. di Dir. Trib., 2001, 239) che “la differenza è facilmente apprezzabile sul piano degli effetti, laddove ai fini reddituali la presenza di una s.o. non elide in assoluto la pretesa impositiva dello stato di residenza, mentre ai fini IVA è proprio la presenza di una s.o. in un altro Stato ad escludere il presupposto impositivo per lo Stato dove il soggetto ha la propria sede, divergenza che, come si vedrà, può anche condurre a rivelare l'esistenza (operatività) di una s.o. solo ai fini delle dirette e non anche ai fini IVA o viceversa.

Nell'art. 11 del Reg. 282/11 (parr. 1 e 2), il cui wording rappresenta la “stratificazione” nel tempo delle argomentazioni in materia fornite dalla Corte UE, viene fornita la definizione di s.o. che designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell'attività economica di cui all'art. 10, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza ed una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere ed utilizzare (e di fornire) i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione, evidenziando così la sua operatività sia per le operazioni attive sia per quelle passive.

La s.o. IVA rileva quindi in senso negativo, qualora non rappresenti la sede principale dell'attività economica, ovvero il luogo in cui sono svolte le funzioni dell'amministrazione centrale (art. 10 del Reg. 282/11) dove sono prese le decisioni essenziali circa la gestione generale dell'impresa, con espressa esclusione del semplice indirizzo postale quale possibile sede principale (v. C-73/06 da 60 a 63).

In tema la Corte UE nel precedente C-260/95 (25) riferisce che per stabilire se la casa madre disponga effettivamente in un altro Stato membro di un centro di attività, occorre accertare, in primo luogo, se la potenziale s.o. che opera per la casa madre fruisca o meno “di uno status indipendente rispetto a quest'ultima”.

Il successivo e maggiore punto di differenza, evidente dalla lettura del quadro giuridico complessivo, indicato dalla dottrina (v. A. Fantozzi, op. cit.; P. Boria, op. cit.) e dalla giurisprudenza della Corte UE (C‑73/06, 54, C‑190/95, 19, C-260/95, 27 e 29, C-390/96, 24 e C-168/84, 18 e 19), qui confermata in C-931/19, individua nel fattore umano e tecnico (nella loro necessaria compresenza) il requisito essenziale per la qualificazione di una s.o. ai fini IVA, unitamente ad un ruolo necessariamente attivo (partecipativo) della s.o. nelle operazioni imponibili riferite alla casa madre.

Così nel caso C-931/19 qui in commento, la Corte UE ci dice che per poter qualificare come s.o. un'attività di locazione di un immobile occorre quella “consistenza minima, grazie alla presenza permanente dei mezzi umani e tecnici necessari per determinate prestazioni di servizi”, escludendo la presenza di una s.o. sia per l'assenza di risorse umane (in questo caso non proprie) idonee ad operare in maniera autonoma sia per il rapporto contrattuale con la società austriaca di gestione la quale è esclusa da tutte le “decisioni importanti relative alla locazione dell'immobile in questione”, appannaggio esclusivo della società inglese proprietaria.

In conclusione

Le conclusioni qui raggiunte sono il frutto di precedenti argomentazioni, espresse in particolare nel caso Aro Lease C-190/95, avente ad oggetto una società Olandese di leasing di autoveicoli che operava in Belgio tramite alcuni intermediari indipendenti, pagati a provvigione, i quali promuovevano la conclusione dei contratti ma non partecipavano anche all'esecuzione degli stessi.

Il fisco belga riteneva che la semplice presenza in Belgio di un parco autovetture di proprietà dell'ARO qualificasse tale circostanza quale “centro di attività stabile” in Belgio, a partire dal quale essa concedeva in affitto autovetture nell'ambito di contratti leasing, con conseguente assoggettamento ad IVA in questo paese.

La Corte UE, al contrario, richiamando a sua volta il precedente Berkholz C-168/84 (p. 17 e 18), interpretava l'art. 9 n. 1 della Sesta Direttiva IVA (di identico contenuto all'attuale art. 44 della Direttiva IVA, v. C-605/12 punto 43) ritenendo il luogo in cui il prestatore aveva stabilito la sede della propria attività economica come il punto di riferimento preferenziale, nel senso che la presa in considerazione di un altro centro di attività a partire dal quale poteva essere resa la prestazione di servizi era rilevante solo nel caso in cui il riferimento alla sede non conducesse ad una soluzione razionale dal punto di vista fiscale o creasse un conflitto con un altro Stato membro, con la conseguenza che il riferimento di una prestazione di servizi ad un centro di attività diverso dalla sede principale era rilevante solo in presenza di “consistenza minima, data la presenza permanente di mezzi umani e tecnici necessari per determinate prestazioni di servizi”.

In tal modo la Corte UE “anticipava” (cause C-168/84, 17 e 18, C-190/95, 15 e 16, C-390/96, 24, C-73/06, 54) il contenuto degli articoli 11 e 53 del Reg. di es. 282/11 di “recepimento” delle argomentazioni svolte nel tempo dalla prima (v. C-605/12, 58).

Va riferito, però, che la circostanza che la parent non disponga di personale impiegato alle proprie dirette dipendenze nello stato membro della subsidiary (circostanza che ha escluso la s.o. nella sentenza in commento), non esclude sempre la qualifica di s.o. IVA di quest'ultima.

Un'attenta analisi al riguardo è compiuta dall'A.G. J. Kokott nelle conclusioni alla causa Welmory C-605/12 (parr. da 48 a 51 e 56; v. anche conclusioni dell'A.G. in C‑452/03 par. 52), ove si legge che, al fine del riconoscimento di una s.o. in uno Stato membro, non è necessario che il soggetto passivo ivi disponga di personale, da esso assunto, e di mezzi materiali di sua proprietà, in quanto se l'esistenza di una s.o. potesse essere riconosciuta solo quando il personale impiegato è alle dipendenze del soggetto passivo stesso, si perverrebbe a risultati inaccettabili. Potrebbe, inoltre, dar adito ad abusi se un soggetto passivo potesse spostare la tassazione delle prestazioni di servizi da uno Stato membro ad un altro coprendo le proprie esigenze di personale mediante diversi prestatori. Benché una s.o. non richieda necessariamente personale e strumentazione tecnica propri, il soggetto passivo deve tuttavia - in ragione del requisito del sufficiente grado di permanenza dell'organizzazione - disporre con modalità equivalenti dei mezzi umani e tecnici. Sono pertanto necessari in particolare contratti di servizi o d'affitto aventi ad oggetto il personale e i mezzi tecnici che garantiscano al soggetto passivo di poter disporre di essi come se fossero propri e che non possano, quindi, neppure essere risolti in un breve lasso di tempo. A tal fine, non sono necessari mezzi umani e tecnici propri nella misura in cui l'organizzazione disponga dei mezzi di terzi come se fossero propri.

Al riguardo si rintracciano importanti specificazioni di tale concetto in C-260/95 (26), ove la Corte UE afferma che il fatto che i locali di una società controllata, avente propria personalità giuridica, appartengano a quest'ultima e non alla casa madre e che questa non disponga lì di personale dipendente non è di per sé sufficiente a provare che la prima è effettivamente indipendente dalla seconda.

È stato poi osservato (P. Centore, op. cit.), circa le ulteriori divergenze tra le “due forme” di s.o., che, dal lato passivo, in merito ai servizi ricevuti ed utilizzati dalla s.o., l'endiadi ricevere ed utilizzare (art. 11 par. 1 Reg. di es. 282/11) “non può essere letta in forma disgiunta ma va intesa nel senso che la rilevanza degli acquisti si manifesta laddove essi siano utilizzati per la produzione in via autonoma, rispetto alla casa madre”.

Riprova di ciò è nell'art. 22 del Reg. 282/11 che regola il conflitto territoriale in caso di plurime s.o. qualora il prestatore non sia in grado di identificare la s.o. alla quale viene fornito effettivamente il servizio, consentendogli, qualora l'analisi dei criteri previsti dalla norma non sono per lui soddisfacenti, di “considerare” i servizi come forniti alla casa madre.

Ed ancora, in punto di discrimine, emerge dal testo dell'art. 53, par. 2 reg. 282/11 (che richiama l'art. 192-bis Dir. IVA) che se un soggetto passivo dispone di una s.o. nel territorio dello Stato membro in cui è dovuta l'IVA, si considera che tale s.o. non partecipa ad operazioni attive ai sensi dell'articolo 192-bis lett. b) della Dir. 2006/112, a meno che i mezzi tecnici o umani di detta s.o. siano utilizzati dallo stesso per operazioni inerenti alla realizzazione della cessione di tali beni o della prestazione di tali servizi imponibile effettuata in tale Stato membro. Emergerebbe un'incidenza funzionale degli acquisti sulle operazioni attive di cessione/prestazione, con esclusione delle prestazioni di mero supporto amministrativo (c. 2 par. 2 art. 53), con la “conseguente” rilevanza ai fini IVA della s.o. “non tanto per gli acquisti effettuati, quanto per le operazioni attive effettivamente prodotte dalla branch, utilizzando gli acquisti di beni fisicamente ad esse collegati” (P. Centore, op. cit.).

Conferma di ciò si ha, indirettamente, dalla Corte UE, la quale evidenzia un ruolo “attivo” della s.o. solo in via residuale, qualora in un ordine gerarchico di attribuzione dell'operazione alla casa madre (v. art. 22 Reg. 282/11) non si addivenga a soluzioni razionali dal punto di vista fiscale (v. E. della Valle e P. Maspes, La stabile organizzazione nel sistema dell'IVA, in Corr. Trib. 12/2010, che riferiscono di un “criterio di collegamento territoriale di secondo grado”, in rilievo solo nel caso di inadeguatezza del criterio della sede).

Così in C-260/95 (punto 19) si legge che “…il luogo in cui il prestatore ha stabilito la sede della propria attività economica appare come il punto di riferimento preferenziale, nel senso che la presa in considerazione di un altro centro di attività a partire dal quale viene resa la prestazione di servizi entra in linea di conto solo nel caso in cui il riferimento alla sede non conduca ad una soluzione razionale dal punto di vista fiscale o crei un conflitto con un altro Stato membro” (v. anche C-168/84, 17, C-231/94 punto 16, nonché C-190/95 punto 15).

Un ulteriore punto di analisi è relativo alla forza di attrazione (ex art. 54 del Reg. 282/11) esercitabile dalla casa madre sulle operazioni poste in essere, nel suo Stato di residenza, non da lei bensì direttamente dalla s.o. residente in un diverso Stato membro, ciò in relazione alle erronee conclusioni a cui è giunta la prassi interna (Ris. Entrate 108/11) nell'ipotesi, diversa, in cui la casa madre effettui direttamente operazioni in Italia nel cui territorio insiste la propria s.o. e le operazioni sono rese o a persone non soggette passive IVA o a soggetti IVA non stabiliti, in maniera autonoma e senza l'apporto di quest'ultima, concludendo sul punto per una vis attractiva della s.o. rispetto a tutte le operazioni poste in essere da casa madre.

Sul primo aspetto (v. Circ. Entrate 37/2011) la casa madre quale “cedente/prestatore” dovrà osservare gli obblighi di fatturazione e registrazione tramite il proprio identificativo IVA; viceversa, nel secondo caso, la regola dell'art. 17 c. 3 d.P.R. n. 633/72 condurrebbe normalmente la parent company alla nomina di un rappresentante fiscale o all'apertura di una posizione IVA diretta in Italia, se ciò non fosse precluso dal c. 1 dell'art. 38-bis 2 d.P.R. n. 633/72 che di fatto la esclude dal rimborso IVA a motivo della presenza in Italia della sua s.o.. Di tal modo la s.o. è obbligata a fungere da debitore nei confronti del fisco italiano, in relazione ad operazioni a lei totalmente estranee, con conseguente “inquinamento” della dichiarazione IVA della s.o. dalle operazioni attive della casa madre (v. M. Mantovani, in AA.VV. La stabile organizzazione delle imprese industriali e commerciali, Milano, 2016, pag. 559), senza altresì indagare e distinguere, come emerge dall'analisi sopra riportata, se la s.o. sia stata o meno coinvolta nell'operazione.

Ciò che, invece, emerge dallo schema normativo degli artt. 11, 22 e 53 del Reg. 282/11, è l'assenza di una presunzione di operatività assoluta della s.o. lato IVA, ciò al fine di tutelare la casa madre che “si considera soggetto passivo non stabilito”, finalità sublimata nell'art. 192-bis della Dir. IVA che ha introdotto la deroga al principio di vis attractiva della s.o. (v. G. E. Zubeldia, Abolition of the Force of Attraction of the Fixed Establishment?, in Int. VAT Monitor, 2016, 6, 405), essendo il collegamento con la s.o. secondario e costituendo esso una deroga alla regola generale (v. Welmory C‑605/12, punto 56).

Altra peculiarità che distingue la s.o. ai fini IVA attiene ai rapporti intercompany (prestazioni di servizi), aventi nelle imposte dirette un loro rilievo sia interno (v. il c. 3 art. 152 TUIR) sia nei rapporti con i terzi, mentre ai fini IVA le prestazioni interne sono del tutto irrilevanti per detta imposta (non anche quelle esterne per cui la s.o. è dotata di soggettività passiva), come ci riferisce chiaramente la Corte UE nella causa FCE Bank C-210/04 (punti da 33 a 37), in cui escludeva che la s.o., priva vieppiù di un fondo di dotazione, potesse svolgere un'attività economica in modo indipendente, dato che il rischio economico dell'attività era integralmente sopportato dalla casa madre soggetta “in patria” ad un controllo di solidità finanziaria e di solvibilità (v. le conclusioni dell'A.G. J. Kokott, par. 37, in C‑16/17; v. anche Skandia C‑7/13, p. 25 e 26).

Nel caso FCE Bank la Corte UE concludeva (punto 41) affermando che “…un centro di attività stabile, che non sia un ente giuridico distinto dalla società di cui fa parte, stabilito in un altro Stato membro e al quale la società fornisce prestazioni di servizi, non dev'essere considerato soggetto passivo in ragione dei costi che gli vengono imputati a fronte di tali prestazioni” (tali conclusioni sono state poi oggetto di un revirement da parte dell'Agenzia delle Entrate che con Ris. n. 81/2006, revocando la propria Ris. n. 330470/1981, hanno riconosciuto l'irrilevanza delle prestazioni intercompany).

Si riferisce da ultimo, per inciso, che in C-210/04 (p. 39) la Corte ci “aiuta” a tenere ulteriormente distinte le due manifestazioni fiscali ricordando che “Per quanto riguarda la convenzione OCSE, occorre rilevare che essa non è pertinente, in quanto vertente sulla fiscalità diretta, laddove l'IVA rientra nelle imposte indirette”, ad ulteriore prova della complicata, o a volte solo complessa, osmosi tra le due.

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