Impugnabilità dell'invito al pagamento del contributo unificato

05 Ottobre 2021

Il contribuente può proporre impugnazione avverso ogni atto dal quale sia desumibile una pretesa fiscale, a prescindere dal nomen iuris. L'art. 19, d.lgs. n. 546/72 deve, pertanto, essere interpretato in senso funzionale e cioè in considerazione della idoneità dell'atto a ledere la sfera giuridico - patrimoniale del contribuente. In particolare, l'invito al pagamento del contributo unificato è atto impugnabile autonomamente, in quanto da esso è desumibile una compiuta pretesa fiscale. Al di là della denominazione formale, rileva la pretesa sottesa ad ogni determinazione amministrativa, la quale se è compiuta e definita comporta il sorgere, in capo al contribuente, dell'interesse ad agire.
Massima

Il contribuente può proporre impugnazione avverso ogni atto dal quale sia desumibile una pretesa fiscale, a prescindere dal nomen iuris.

L'art. 19, d.lgs. n. 546/1992 deve, pertanto, essere interpretato in senso funzionale e cioè in considerazione della idoneità dell'atto a ledere la sfera giuridico - patrimoniale del contribuente. In particolare, l'invito al pagamento del contributo unificato è atto impugnabile autonomamente, in quanto da esso è desumibile una compiuta pretesa fiscale. Al di là della denominazione formale, rileva la pretesa sottesa ad ogni determinazione amministrativa, la quale se è compiuta e definita comporta il sorgere, in capo al contribuente, dell'interesse ad agire.

Il caso

Tizio impugnava dinnanzi alla Ctp di Campobasso un invito di pagamento della somma di euro 305, 00 dovuto a titolo di contributo unificato, relativo ad un ricorso ex art. 700 c.p.c. A sostegno del ricorso deduceva che il contributo unificato è dovuto in ragione della domanda; la controparte deduceva la inopponibilità dell'atto impugnato, in ragione della tassatività dell'elencazione contenuta nell'art. 19, d.lgs. n. 546/92. La Ctp respingeva il ricorso; avverso tale sentenza il contribuente proponeva appello.

La Ctr del Molise respingeva l'appello principale del contribuente ed accoglieva parzialmente l'appello incidentale del Ministero della Giustizia affermando che l'atto impugnato “rinvia a separato e successivo provvedimento la determinazione di sanzione relativa al ritardato pagamento”, e, pertanto, non è un atto autonomamente impugnabile.

Il contribuente avverso tale pronuncia proponeva ricorso in Cassazione sulla base di tre motivi: con il primo, il ricorrente deduceva la violazione dell'art. 276 c.p.c., violazione dell'ordine logico delle questioni da esaminare, illogicità, contraddittorietà, mancanza di motivazione circa il rigetto dell'appello incidentale; con il secondo eccepiva la violazione e falsa applicazione dell'art. 19, d.lgs. n. 546/92, in quanto la Ctr ha ritenuto l'avviso di pagamento bonario, atto non autonomamente impugnabile; infine, con il terzo motivo deduceva l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, per aver la Ctr escluso l'autonoma impugnabilità dell'avviso di pagamento bonario, nonostante l'indubbia incidenza dell'atto sui diritti soggettivi del contribuente.

La questione

La pronuncia in esame ripropone la quaestio iuris relativa all'impugnabilità di un atto non ricompreso nell'elenco di cui all'art. 19, d.lgs. n. 546/92, il quale prescrive appunto gli atti impugnabili autonomamente dal contribuente. Va evidenziato in premessa che l'ordinamento giuridico dei tributi è assoggettato al principio di tassatività che impone al legislatore di prescrivere in modo dettagliato tutte le condotte cui il contribuente è tenuto a conformarsi, pena l'irrogazione di una sanzione.

A tale principio si ispira l'art. 19, d.lgs. n. 546/92, che predetermina gli atti che comportano effetti lesivi per il contribuente, il quale può impugnarli direttamente dinnanzi all'autorità giudiziaria senza dover attendere l'atto successivo. La predeterminazione degli atti autonomamente impugnabili rappresenta una peculiarità del processo tributario, che consente di tratteggiarlo come “speciale”. Non vi è, infatti, traccia alcuna né nel processo civile, né in quello amministrativo di una analoga norma. E non può non constatarsi che l'art. 19, d.lgs. n. 546/92, sia una disposizione a tutela del contribuente, parte debole del rapporto obbligatorio.

La questione ormai da tempo, al centro del dibattito dottrinale e giurisprudenziale, riguarda, allora, la possibilità di interpretare estensivamente la norma de qua. L'intento è quello di trovare una soluzione il più possibile equilibrata e che non metta in crisi i dettami legislativi. Ab origine, l'elencazione veniva considerata tassativa, anche in ragione dei principi di derivazione comunitaria, quali il principio di certezza del diritto ed il principio del legittimo affidamento.

Il primo, deve essere inteso come l'esigenza di redigere la norma giuridica in modo chiaro e dettagliato; il secondo, invece, è riferibile al primo, in quanto il destinatario della norma ripone un affidamento legittimo su quanto da essa prescritto. Tuttavia, i principi comunitari devono essere conciliati con i diritti costituzionali del contribuente, in particolare con il diritto di non veder senza motivo, compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio diritto alla tutela giurisdizionale. Dall'esigenza di un bilanciamento tra il principio di tassatività e le garanzie costituzionali nasce la problematica dell'interpretazione dell'art. 19, d.lgs. n. 546/92.

Le soluzioni giuridiche

Con la pronuncia in esame, i giudici supremi asseriscono l'impugnabilità di tutti gli atti mediante i quali l'ente porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa fiscale. Come noto, il processo tributario rientra tra i giudizi cd. di impugnazione che originano da un atto di impulso del contribuente, sicché l'art. 19, D. Lgs. n. 546/92, prescrive gli atti impugnabili in via autonoma dinnanzi al giudice tributario (G. Chiarizia, Gli atti autonomamente impugnabili dinnanzi alle Commissioni Tributarie, in Fisco, 2009, 26 - parte 1, 4233).

Il decisum in commentomuove dall'assunto che l'elencazione degli atti “autonomamente impugnabili” di cui all'art. 19, d.lgs. n. 546/92, pur non dubitando della natura tassativa, va interpretata in senso estensivo, in linea con il principio del buon andamento (art. 97 Cost.). Nella fattispecie, in caso di invito bonario, sorge inequivocabilmente, l'interesse del destinatario a difendersi dalla pretesa dell'Ufficio e, dunque, ad invocare una tutela giurisdizionale, soprattutto in considerazione del fatto che la mancata impugnazione dell'invito, accompagnata dall'omesso versamento determinerebbe una sanzione pari al 30%.

Ne deriva che ogni atto dal quale possa derivare una sanzione a carico del contribuente deve essere impugnabile dinnanzi al giudice tributario. Privare, infatti, il destinatario dell'atto del diritto di agire, pur in presenza di una esplicita pretesa tributaria e con il rischio di subire una sanzione, significherebbe comprimere le garanzie costituzionali riconosciute al contribuente. È opportuno sottolineare che sono da considerarsi autonomamente impugnabili tutti quegli atti che ledono in via diretta ed immediata la sfera giuridico - patrimoniale del destinatario, facendo sorgere, in tal modo, un interesse concreto alla tutela giurisdizionale.

Di converso, se l'atto non produce effetti lesivi in via diretta ed immediata sarà assoggettabile ad una impugnazione cd. differita. Quest'ultima non si traduce in una negazione della tutela, ma nella possibilità di agire in giudizio in un momento successivo, quando verrà emanato l'atto ricompreso nell'elenco di cui all'art. 19, d.lgs. n. 546/92. In tale ultima ipotesi si configura una impugnazione congiunta dell'atto non autonomamente impugnabile con quello di immediata impugnazione.

Ebbene, occorre comprendere se l'invito al pagamento possa o meno essere impugnato autonomamente, pur non figurando nell'elenco di cui all'art. 19, d.lgs. n. 546/92. Inizialmente si era opposta una forte chiusura all'impugnazione di atti non espressamente tipizzati dal legislatore; tale interpretazione ha iniziato a vacillare quando la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17202/2009 ha affermato la possibilità di ricorrere al giudice tributario avverso gli atti che contengano una “esplicita pretesa tributaria”. La Suprema Corte, dunque, ritiene passibile di interpretazione estensiva l'art. 19, d.lgs. n. 546/92, ogniqualvolta l'atto in questione porti a conoscenza del contribuente una determinata pretesa erariale (Cass. Civ. Sez. Trib. n.11087/2010).

Per i giudici di legittimità, non conta il nomen iuris, bensì la pretesa tributaria sottesa all'atto in questione (Cass. Civ. Sez. Trib. n. 23061/2015). Tale orientamento non vuole, tuttavia, mettere in crisi il principio, ormai consolidato, di tassatività della norma giuridica come precisato dagli stessi giudici supremi: “in tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19, D. Lgs. n. 546/92, ha natura tassativa, ma in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e buon andamento della P. A. ogni atto adottato dall'ente impositore che porti a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria è impugnabile davanti al giudice tributario” (Cass. Civ. Sez. VI, 28 luglio 2015 n. 15957). Ad avallo di tale principio si richiama una più recente giurisprudenza secondo cui l'art. 19, d.lgs. n. 546/92 va interpretato in senso estensivo in ossequio al principio del buon andamento (Cass. civ. Sez. V, 27/10/2020, n. 23532, in Fisco 2020, 46, 4467).

A rigor di giurisprudenza, dunque, non sarebbe ammissibile e, invero, contrasterebbe con i principi della leale collaborazione e buona fede (art. 10, l. n. 212/2000) privare il contribuente di una tutela giurisdizionale, in presenza di una pretesa erariale ben delineata. Il contribuente, tuttavia, sarebbe costretto ad attendere il decorso del tempo utile all'emissione del successivo atto autonomamente impugnabile per poter agire in giudizio (P. Piantavigna, Riflessione sull'autotutela parziale alla luce dell'ondivaga nomofilassi della Cassazione, in Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, fasc.3, 2016, 77; G. P. D'Amato, Iscrizione ipotecaria atto impugnabile: l'agente della riscossione deve provare la notifica degli atti, in Quotidiano Giuridico, 17 febbraio 2021; A. Russo, Impugnabile l'invito a regolarizzare il contributo unificato, in Fisco, 2020, 46, 4467, nota a Cass. civ. Sez. V, 27/10/2020, n. 23532).

È, pertanto, ormai diffusa la considerazione circa l'impugnabilità, seppur facoltativa, di tutte quelle comunicazioni dalle quali sia ravvisabile un interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c. anche se non presentate in forma di atto autoritativo (sul punto si rinvia a G. M. Esposito, Il sistema amministrativo tributario italiano, Padova, 2021; G. Glendi, Note critiche alla teorica giurisprudenziale degli atti facoltativamente impugnabili nel processo tributario, in Dir. e prat. trib., 2018, 6, 2528); a prescindere, dunque, dall'espressione verbale utilizzata per catalogare l'atto e dalla eventuale mancata indicazione dei termini e delle forme da utilizzare per l'impugnazione (P. Di Michele, La nota di sollecito è autonomamente impugnabile dinnanzi al giudice ordinario, in Diritto & Giustizia, fasc.0, 2014, pag. 249, nota a Cassazione civile, 17 aprile 2014, n.8928, sez. un; I. Buscema, L'avviso bonario di minor credito è atto impugnabile dinanzi alla commissione tributaria, in Diritto & Giustizia, 2017, 5, 13, nota a Cassazione civile, 30 dicembre 2016, n.27494, sez. trib). La tutela giurisdizionale è anticipata al momento della ricezione della comunicazione ed è funzionale ad impedire la produzione di effetti lesivi nella sfera giuridico-patrimoniale del destinatario. D'altronde la stessa Corte di Cassazione (Cass. Sez. VI -5, ord. 15 luglio 2014 n. 16188) si è pronunciata sulla natura dell'invito di pagamento ex art. 248 del d.P.R. n. 115/2002,affermando che, a prescindere dal nomen iuris formalmente utilizzato dal legislatore, esso ha tutti i requisiti sostanziali dell'avviso di accertamento, espressamente indicato dall'art. 19, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 546/1992, norma che andrebbe interpretata non in modo formale, ma funzionale e cioè in base allo scopo perseguito dall'atto (F. Corda, Attualizzazione pragmatica dell'interpretazione dell'art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e del contrasto sulla tassatività dell'elenco degli atti impugnabili, in Dir. e Prat. Trib., 2020, 5, 1925; A. Buscema, Atti autonomamente impugnabili. Profili sostanziali e processuali, in Azienditalia - Fin. e Trib., 2011, 8, I; L. Presutti, I limiti interni ed esterni della giurisdizione amministrativa sul contributo unificato, in Urbanistica e appalti, 2016, 7, 815). E. Manoni, Ragioni a favore della impugnabilità del pvc, in Fisco, 2014, 32, 3156). Tale orientamento è diffuso non soltanto nell'alveo della giurisprudenza di legittimità, ma anche tra i giudici di merito per i quali “sono impugnabili anche gli atti non autoritativi, purchè idonei a portare a conoscenza del destinatario i presupposti di fatto e le ragioni di diritto della pretesa impositiva o del diniego del diritto vantato dal contribuente” (CTP Salerno Sez. VII, 26 ottobre 2020, n. 1896).

Quello che conta, affinché possa essere attivata la tutela giurisdizionale, è che l'atto manifesti una pretesa tributaria compiuta e non condizionata, ancorché accompagnata dalla sollecitazione a pagare spontaneamente per evitare spese ulteriori (o anche essere ammesso a qualche beneficio); ciò a differenza di quanto può dirsi a proposito delle comunicazioni previste dall'art. 36-bis comma 3 del d.P.R. n. 600/1973 e dall'art. 54-bis comma 3 d.P.R. n. 633/1972, aventi ad oggetto comunicazioni che costituiscono infatti anche un “invito” a fornire “eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi” che manifestano quindi una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto cancellabile solo in via di autotutela (o attraverso l'intervento del giudice) (in tal senso CTP Bergamo Sez. I, sent. 20/03/2013 n. 81; in dottrina A. Galante, La variazione di categoria tariffaria e l'avviso sono atti autonomamente impugnabili,Azienditalia - Fin. e Trib., 2016, 3, 256).

In particolare, con riguardo all'invito di pagamento i giudici di merito hanno asserito che “l'invito al pagamento del contributo unificato, al pari degli atti di accertamento formalmente rientranti nell'art. 19 d.lgs. n. 546/1992, esprime una pretesa tributaria cogente, in quanto prevede sia un termine preciso entro il quale effettuare il pagamento, sia l'applicazione di maggiori sanzioni, nel caso in cui tale termine non sia rispettato, sanzioni che saranno ricomprese nell'iscrizione a ruolo, in caso di mancato o non tempestivo adempimento” (Comm. trib. reg. Milano, (Lombardia) sez. XIII, 25/02/2020, n.627, in Redazione Giuffrè).

Si è passati, dunque, da un regime “negativo” di predeterminazione normativa di atti autonomamente impugnabili ad una concezione “positiva” della norma che risulta aperta ad ogni altro atto ritenuto per legge impugnabile (C. Glendi, Atti impugnabili e oggetto del ricorso, in Dir. e prat. trib. 2017, 6, 2746; F.Tesauro, Gli atti impugnabili ed i limiti della giurisdizione tributaria, in Giust. trib., 2007, 1, 9; P. Puri, Riflessioni sul profilo oggettivo dei limiti interni della giurisdizione tributaria, in Dir. e Prat. Trib., 2017, 3, 1027; P. Russo, L'ampliamento della giurisdizione tributaria e del novero degli atti impugnabili: riflessi sull'organo e sull'oggetto del processo, in Rass. Trib. 2009, 6, 1551; F. M. Marcianò, I limiti interni alla giurisdizione delle commissioni tributarie: gli atti impugnabili, in Fisco, 2007, 45, parte I, 6531C. Pennarola, La impugnabilità degli atti nel processo tributario, in Riv. Giur. Ed. 2020, 3, 623, nota a CTP Novara 14 gennaio 2020, n. 16, sez. II; A. Biscuola, La base imponibile del contributo unificato nel caso del cd. ricorso cumulativo oggettivo, in Rass. Trib., 2013, 4, 827).

Non sono, tuttavia, mancati orientamenti opposti che hanno escluso, con riguardo, ad esempio, all'estratto di ruolo, l'autonoma impugnabilità del predetto atto, in quanto strumento di mera conoscenza e, pertanto, non idoneo ad arrecare effetti lesivi nel patrimonio del destinatario (Corte d'appello di Torino Sez. lav., 19 ottobre 2020, n. 329) oppure con riguardo alla certificazione di carichi pendenti muovendo dall'assunto che il documento non garantisce “il livello minimo di cognizione sulle singole pretese tributarie”, presupposto indispensabile per agire in via di tutela (F. Brandi, Non impugnabile la certificazione dei carichi fiscali pendenti, in Diritto & Giustizia, 2020, 128, 13 nota a Cassazione civile, 02 luglio 2020, n.13536, sez. trib.).

Osservazioni

Alla staticità della norma giuridica si contrappone il diritto vivente che reinterpreta l'art. 19, d.lgs. n. 546/92, adeguandone, di volta in volta, la disciplina al caso concreto. La norma de qua presenta, dunque, diverse sfumature, in quanto si esplica attraverso tre direzioni: gli atti autonomamente impugnabili in via obbligatoria; gli atti autonomamente impugnabili in via facoltativa e quelli che non sono direttamente impugnabili, in quanto da essi non è desumibile una pretesa tributaria.

Secondo quanto disposto dai giudici della sentenza in esame, dunque, l'invito al pagamento del contributo unificato pur non essendo ricompreso nell'elenco di cui all'art. 19, d.lgs. n. 546/92, è un atto autonomamente impugnabile dal contribuente. L'interpretazione fornita dagli ermellini nella sentenza in esame si pone in linea con l'impianto garantistico dell'ordinamento giuridico che alla tassatività della norma giuridica fa prevalere il diritto del contribuente di difendersi da una pretesa fiscale definita. In nessun caso, infatti, il principio di certezza del diritto potrebbe prevalere sul diritto del contribuente di attivare un processo al fine di veder tutelata la propria situazione giuridico-soggettiva.

Ciò anche in considerazione del fatto che il giudizio tributario è di impugnazione-merito, non limitato all'annullamento dell'atto e, pertanto, occorre attribuire rilevanza all'autorità dello stesso a ledere la sfera giuridico-patrimoniale del destinatario. Né, tuttavia, le garanzie costituzionali possono subire un affievolimento per il solo fatto che la norma tributaria non prescriva tra gli atti autonomamente impugnabili di cui all'art. 19, d.lgs. n. 546/92, l'invito al pagamento del contributo unificato. Quest'ultimo è da reputarsi atto impugnabile poiché, pur non essendo ricompreso nel predetto elenco di cui all'art. 19 cit., in esso è ravvisabile una precisa pretesa impositiva, ossia la misura del contributo unificato dovuto, nonché le ragioni giuridiche poste a fondamento di tale ripresa a tassazione.

Sarebbe alquanto improprio assegnare all'invito al pagamento la funzione di “mera” comunicazione, a sacrificio di una ben più appropriata attribuzione di una natura provvedimentale all'atto in questione, non qualificabile come mero atto interno e, pertanto, dotato di una autonomia funzionale. D'altronde la predeterminazione degli atti autonomamente impugnabili è per lo più esemplificativa e nasce in risposta ad esigenze di economicità, nonché per agevolare il contribuente all'accesso alla giustizia, senza che ciò comporti l'estromissione automatica di atti non ricompresi nell'elenco e dai quali, tuttavia, siano desumibili pretese tributarie.

Sarebbe, infatti, semplicistico oltreché riduttivo, ricondurre la questione alla natura “tassativa” o “non tassativa” della norma, senza ricercare all'interno della medesima disposizione quelle sfumature che potrebbero essere risolutive. Al di là dell'involucro formale, quello che conta è la pretesa sottesa ad ogni determinazione amministrativa che se compiuta e definita comporta il sorgere in capo al contribuente dell'interesse ad agire.

Riferimenti bibliografici

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I. Buscema, L'avviso bonario di minor credito è atto impugnabile dinanzi alla commissione tributaria, in Diritto & Giustizia, fasc.5, 2017, 13, nota a Cassazione civile, 30 dicembre 2016, n. 27494, sez. trib.

A. Carinci, Dall'interpretazione estensiva dell'elenco degli atti impugnabili al suo abbandono: le glissment progressif della Cassazione verso l'accertamento negativo nel processo tributario, in Riv. dir. trib., 2010, II, 617.

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P. Di Michele, La nota di sollecito è autonomamente impugnabile dinnanzi al giudice ordinario in Diritto & Giustizia, fasc.0, 2014, pag. 249, nota a Cassazione civile, 17 aprile 2014, n.8928, sez. un.

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C. Pennarola, La impugnabilità degli atti nel processo tributario, in Riv. Giur. Ed. 2020, 3, 623, nota a Comm. Trib. prov. Novara 14 gennaio 2020, n. 16, sez. II.

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P. Puri, Riflessioni sul profilo oggettivo dei limiti interni della giurisdizione tributaria, in Dir. e Prat. Trib., 2017, 3, 1027.

A. Russo, Impugnabile l'invito a regolarizzare il contributo unificato in Fisco, 2020, 46, 4467, nota a Cass. civ. Sez. V, 27/10/2020, n. 23532.

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