Richiesta di oscuramento dei dati dei provvedimenti giudiziari

Matteo Pillon Storti
21 Ottobre 2021

La richiesta di oscuramento dei dati – ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 196/2003 – deve essere specificamente proposta dall'interessato e, dallo stesso, adeguatamente motivata, indicando i “motivi legittimi” sulla quale si fonda. Non si tratta quindi di una mera facoltà prevista dalla norma a favore dell'interessato.
Massima

La richiesta di oscuramento dei dati – ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 196/2003 – deve essere specificamente proposta dall'interessato e, dallo stesso, adeguatamente motivata, indicando i “motivi legittimi” sulla quale si fonda. Non si tratta quindi di una mera facoltà prevista dalla norma a favore dell'interessato.

Fra i possibili motivi per i quali è possibile richiedere l'oscuramento dei dati non rientra il caso nel quale si contrappongono due interpretazioni normative diverse, sostenute, reciprocamente, dal contribuente e dall'erario.

A queste conclusioni è giunta la Cassazione con l'ordinanza n. 22561/2021, nella quale ha specificato, inoltre, che spetta al giudice valutare la fondatezza dei motivi sui quali si basa la richiesta di anonimizzazione dei dati, garantendo il bilanciamento tra le esigenze di riservatezza del singolo e il principio di generale conoscibilità dei provvedimenti giurisdizionali e del contenuto integrale delle sentenze.

Il caso

I fatti oggetto della sentenza in questione vertono su di un avviso di liquidazione per maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale relativamente ad un'operazione di compravendita immobiliare.

Ai fini del presente lavoro – tuttavia – verrà approfondito un particolare aspetto affrontato dalla suprema corte: la cd. “anonimizzazione” di alcuni dati riportati nei provvedimenti giudiziari.

Infatti, oltre all'esito dell'ordinanza suddetta che ha visto – per inciso – l'accoglimento della tesi del contribuente, la suprema corte ha fornito alcuni interessanti spunti di riflessione relativamente alla facoltà concessa all'interessato di richiedere l'oscuramento dei propri dati personali da determinate riproduzioni delle sentenze a lui riferibili (art. 52 d.Lgs. 196/2003).

La Cassazione, con ordinanza n. 22561 del 10 agosto 2021, ai fini della validità della domanda di oscuramento di cui all'art. 52 d.Lgs 196/2003, ha specificato l'obbligatorietà di indicare, nell'istanza di oscuramento, i motivi giustificativi la domanda stessa.

Contemporaneamente, all'onere di specificazione del motivo, è previsto il potere dovere del giudice di vagliarne la legittimità della richiesta stessa, da intendersi come meritevolezza delle ragioni addotte e non semplicemente come conformità della richiesta ad una facoltà prevista dalla legge. Se così non fosse, infatti, l'onere di indicazione dei motivi non avrebbe alcuna ragione d'essere.

La questione

La norma in questione non specifica quali siano i motivi legittimi che giustificano la richiesta. Di fatto si tratta quindi di una di quelle clausole generali che devono essere interpretate in conformità ai principi fondamentali dell'ordinamento. Il giudice, quindi, deve operare un bilanciamento tra le esigenze di riservatezza del singolo e il principio della generale conoscibilità dei provvedimenti giurisdizionali e del contenuto integrale delle sentenze, quale strumento di democrazia e di informazione giuridica.

Calandosi nel caso specifico, la suprema corte ha rigettato la richiesta di oscuramento dei dati in quanto, innanzitutto, le parti non avevano specificato quali fossero i motivi legittimi dell'oscuramento richiesto e, inoltre, evidenziando come le contese tributarie fondate sulla diversa interpretazione che il contribuente e l'erario offrono di una norma di legge, non contengono alcun dato sensibile.

Le soluzioni giuridiche

Fra i temi affrontati dall'ordinanza n. 22561/2021 vi è il cd. “oscuramento dei dati”, di cui all'art. 52 d.Lgs 196/2003.

Tale articolo stabilisce che Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni concernenti la redazione e il contenuto di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado, l'interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell'ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull'originale della sentenza o del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.”.

La suprema corte, con la sentenza in oggetto, richiamandosi anche alle linee guida dettate dal Garante della Privacy il 2/12/2010, ha ricordato che la procedura prevista dall´art. 52 suddetto è finalizzata a ottenere l´omissione dei dati solo in caso di riproduzione del provvedimento per alcune specifiche finalità. Infatti, l´omissione dei dati dell´interessato non può avvenire per qualsiasi utilizzo delle copie del provvedimento, ma solo ove questo venga riprodotto in qualsiasi forma (cartacea, informatica o su altro supporto):

  • per esclusive finalità di informazione giuridica;
  • su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica.

La richiesta di oscuramento è subordinata a specifiche condizioni. Innanzitutto l´istanza deve essere rivolta all´ufficio giudiziario procedente, avanti al quale si svolge il giudizio. Il deposito della stessa deve avvenire "prima che sia definito il relativo grado di giudizio".

Inoltre la richiesta deve essere espressamente motivata, poiché in essa l´interessato deve specificare i "motivi legittimi" che la giustificano, quali la delicatezza della vicenda oggetto del giudizio o la particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (ad esempio presenza dei cd. “dati sensibili”).

Affrontando il caso di specie la Cassazione ha sottolineato come l'art. 52 d.Lgs. 196/2003 non specifica quali siano i motivi legittimi che giustificano la richiesta di “anonimizzazione”, trattandosi di una di quelle clausole generali che devono essere interpretate in conformità ai principi fondamentali dell'ordinamento. Di conseguenza il giudice – valutando l'istanza presentata dall'interessato - deve operare un bilanciamento tra le esigenze di riservatezza del singolo e il principio della generale conoscibilità dei provvedimenti giurisdizionali e del contenuto integrale delle sentenze, quale strumento di democrazia e di informazione giuridica, così come ricordato anche da una recente sentenza della Cassazione (Cass. 16807/2020).

La Suprema Corte, inoltre, ha rigettato la richiesta in quanto le parti non avevano specificato quali fossero i motivi legittimi dell'oscuramento, limitandosi ad invocare l'applicazione della norma. La Cassazione, inoltre, ha evidenziato come, in linea generale, una contesa tributaria fondata sulla diversa interpretazione che il contribuente e l'erario offrono di una norma di legge, non contenga alcun dato sensibile, nè si tratta di materia particolarmente delicata come ad esempio quelle che incidono sui diritti personalissimi. In più, non essendovi imputazione di illecito nel caso concreto, non sono neppure in discussione l'onore e la reputazione delle parti, che non hanno tenuto un comportamento elusivo, ma si sono limitati a dissentire dalla interpretazione data dall'erario ad una norma di legge, sostenendo una tesi peraltro fondata.

Osservazioni

L'ordinanza della Cassazione n. 22561 del 10 agosto 2021 si è focalizzata su quanto disposto dall'art. 52 d.Lgs. 196/2003:

  1. La richiesta di oscuramento dei dati, di cui all'art. 52 D.Lgs 196/2003, non è un “automatismo” giuridico ma necessità di un'apposita richiesta da parte dell'interessato, da indirizzare al giudice competente. Inoltre, tale richiesta, non è una mera facoltà riconosciuta a priori all'interessato il quale può decidere liberamente se aderirvi o meno. La richiesta, infatti, deve essere, ai fini della sua validità, adeguatamente motivata dall'interessato stesso.
  2. Visto che la richiesta di “anonimizzazione” non è una mera facoltà a disposizione dell'interessato, ne deriva il sorgere del potere-dovere del giudice di vagliarne la legittimità della domanda stessa, garantendo, da una parte, le esigenze di riservatezza del singolo e, dall'altra, il principio della generale conoscibilità dei provvedimenti giurisdizionali e del contenuto integrale delle sentenze.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.