Sufficiente l'estratto di ruolo per insinuarsi al passivo, anche con accertamento esecutivo

Francesco Brandi
15 Novembre 2021

All'agente della riscossione basta produrre l'estratto di ruolo per insinuarsi al passivo del contribuente per il credito tributario o previdenziale. Non servono dunque l'avviso di accertamento o di addebito contemplati dagli articoli 29 e 30 del decreto legge 78/2010, convertito con la legge 122/10: la semplificazione della procedura incide sulla sola esecuzione coattiva individuale. Lo stabiliscono le Sezioni unite civili della Cassazione con la sentenza 33408 dell'11 novembre 2021, che risolve una questione di massima di particolare importanza, accogliendo il ricorso dell'AdR.
Massima

All'agente della riscossione basta produrre l'estratto di ruolo per insinuarsi al passivo del contribuente per il credito tributario o previdenziale. Non servono dunque l'avviso di accertamento o di addebito contemplati dagli articoli 29 e 30 del decreto legge 78/2010, convertito con la legge 122/2010: la semplificazione della procedura incide sulla sola esecuzione coattiva individuale.

Lo stabiliscono le Sezioni unite civili della Cassazione con la sentenza n. 33408 dell'11 novembre 2021, che risolve una questione di massima di particolare importanza, accogliendo il ricorso dell'AdR.

Il caso

Ribaltato dunque il verdetto del Tribunale secondo cui non possono essere ammessi al passivo del fallimento crediti oggetto di avvisi di addebito o di accertamento non notificati. E ciò sul rilievo che questi ultimi hanno sostituito il ruolo e la cartella di pagamento e dunque rappresenterebbero i nuovi titoli esecutivi spendibili per l'ammissione al passivo e in quanto tale dovrebbero essere notificati: diversamente anche gli estratti di ruolo non sarebbero idonei per l'ammissione al concorso.

Due le tesi che si sono sviluppate:

  1. secondo la prima a seguito dell'entrata in vigore del d.l. 78/2010, convertito nella legge 122/2010, il ruolo è stato sostituito dall'avviso di accertamento esecutivo e che, per il disposto di cui all'art. 29 lett. g),(«ai fini della procedura di riscossione contemplata dal presente comma, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo ed alla cartella di pagamento si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione...»), il riferimento nell'art. 87 del d.P.R. n. 602/1973, che prevede l'ammissione al passivo dei crediti tributari, alle somme «iscritte a ruolo», vada inteso come effettuato alle somme «affidate agli agenti della riscossione», cioè alle somme di cui all'accertamento notificato per cui siano decorsi i termini di gg. 60+30; ove quindi l'Agenzia delle entrate intenda far valere il credito tributario avvalendosi non di altri titoli, ma solo dell'accertamento esecutivo secondo il d.lgs. 78/2010, che ha inteso concentrare la riscossione nell'accertamento, dovrà rispettare il principio fissato dall'art. 29 lett.g) (cfr. Cass. 2656/2018);
  2. secondo l'altra, l'Agenzia delle Entrate-Riscossione può insinuarsi al passivo senza la notifica al curatore della cartella relativa al credito tributario o dell'avviso di addebito per i crediti di natura previdenziale. È infatti sufficiente il deposito dell'estratto di ruolo (cfr. Cass. 20784/2017). L'estratto di ruolo è solo un “documento”, un estratto di sintesi della pretesa tributaria e degli elementi con cui è stata formata (il ruolo) e comunicata al contribuente (la cartella) (Cass. 19704/2015). L'art. 93 l.f. richiede ai fini dell'ammissione al passivo l'allegazione al ricorso dei documenti dimostrativi del diritto del creditore e, a tali fini, non solo il ruolo ma anche l'estratto di ruolo è idoneo a dimostrare l'esistenza del diritto di credito (Cass. 5244/2017). Ne consegue che per l'ammissione al passivo fallimentare dei crediti insinuati dai concessionari della riscossione dei tributi è sufficiente, ai sensi dell'art. 87, comma 2, d.P.R. n. 602/1973, n. 46, la produzione del solo estratto di ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa previsione normativa, anche la previa notifica della cartella esattoriale. Tali disposizioni si applicano anche in relazione ai crediti previdenziali la cui riscossione avviene comunque mediante ruolo ai sensi dell'art. 17, comma 1 del d.lgs. 46/1999.
La questione

La questione fondamentale trattata dalla pronuncia in commento riguarda l'ammissibilità dell'insinuazione al passivo da parte dell'Agente della riscossione sulla base del solo estratto di ruolo anche quando il credito derivi da un avviso di accertamento esecutivo o avviso di addebito (in vigore a seguito del d.l. 78/2010) di cui non risulta la notifica al curatore.

Le soluzioni giuridiche

Le sezioni Unite propendono per la tesi n. 2) ritenendo che gli articoli 29 e 30 del d.l. n. 78/2010 riguardano la sola procedura esecutiva individuale che viene potenziata attraverso l'accelerazione dei tempi di formazione del titolo esecutivo.

L'insinuazione al passivo del fallimento è diversa ed autonomamente regolata essendo volta ad assicurare la par condicio creditorum: in questi casi il creditore non ha bisogno di munirsi di titolo idoneo a consentirgli l'esecuzione ma, in base all'art. 93 l.f. ha l'onere di provare l'esistenza dei crediti che vanta, allegando i relativi documenti dimostrativi. Del tutto irrilevante è ai fini dell'insinuazione al passivo che gli avvisi di accertamento e addebito acquistino valore di titolo esecutivo.

La notifica risponderebbe alla mera funzione di informare il curatore della pretesa erariale o previdenziale. Ma lo stesso compito è assolto dal deposito della domanda d'insinuazione al passivo corredata dall'estratto di ruolo che menziona gli atti “incriminati”. E che consente, se sono ancora ammesse contestazioni, di impugnare i crediti tributari davanti alla Ctp e di integrare la documentazione giustificativa prodotta per quelli previdenziali.

Infine l'intimazione ad adempiere nell'avviso di accertamento e in quello di addebito, che arriva al debitore proprio in virtù della notifica risulta addirittura incompatibile con l'esecuzione concorsuale e in particolare con l'articolo 51 l.f.: è funzionale, infatti, all'esecuzione individuale e quindi in contrasto con la par condicio creditorum. Insomma: la semplificazione della riscossione ex d.l. 78/2010 non complica quella concorsuale. E Ader può essere ammessa al passivo fallimentare con l'estratto di ruolo.

Osservazioni

Prima delle modifiche del 2010 che hanno introdotto l'accertamento esecutivo, nessun dubbio esisteva in ordine alla possibilità di insinuazione al passivo per l'AdR col solo estratto di ruolo.

Sul punto si ricorda che l'art. 87, comma 2, d.P.R. n. 602/1973, prevede che, a seguito del fallimento del debitore, "il concessionario chiede, sulla base del ruolo, per conto dell'Agenzia delle Entrate l'ammissione al passivo della procedura".

L'articolo 88, comma 1, aggiunge che, "se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passivo con riserva". La previa notifica della cartella, dunque, non è prevista, e, del resto, il diritto di difesa della curatela non è violato, posto che il curatore ha conoscenza della pretesa tributaria grazie al deposito del ruolo in sede di insinuazione al passivo.

In altri termini, "il titolo in base al quale il concessionario è legittimato all'insinuazione è costituito dal solo ruolo, mentre nessun accenno è fatto alla necessità che l'insinuazione debba essere preceduta dalla notifica della cartella di pagamento e tanto meno che quest'ultima debba essere divenuta definitiva, cosicché deve ritenersi che anche i crediti iscritti al ruolo e azionati da società concessionarie per la riscossione devono seguire, nel caso di avvenuta dichiarazione di fallimento del debitore, l'iter procedurale prescritto dalla legge fallimentare, legittimandosi la domanda di ammissione al passivo (se del caso con riserva ove sorgano contestazioni) sulla base del solo ruolo" (cfr Cassazione 27269/2017, 25863/2014, 6520 e 6126 del 2013, 12019/2011 e 5063/2008; da ultimo Cass. 20784/2017).

L'assunto, secondo cui, in difetto di notificazione della cartella, resterebbe precluso al curatore di contestare la sussistenza del credito dinanzi al giudice tributario, così che il credito possa essere ammesso con riserva, trova smentita nel mero rilievo che l'organo del fallimento è pienamente edotto della pretesa erariale con la comunicazione del ruolo contenuta nella domanda di ammissione e che, ai sensi dell'art. 19 del d. lgs. n. 546/1992, ha da quel momento la possibilità di opporsi a detta pretesa impugnando il ruolo dinanzi alle competenti Commissioni Tributarie, senza alcuna necessità che gli venga previamente intimato il pagamento (cfr. Cass. 20784/2017).

Del resto con la sentenza n. 19704 del 2 ottobre 2015 le Sezioni Unite hanno stabilito che “È ammissibile l'impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'ultima parte del terzo comma dell'art. 19 d.lgs. n. 546/1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”.

Sul punto è chiara la distinzione tra “ruolo” ed “estratto di ruolo”.

Il primo, è atto tipico, e cioè un atto impositivo espressamente previsto dalla legge, e rispetto al quale è previsto dall'art. 19 citato, sia impugnabilità che i termini perentori per l'impugnazione. Il ruolo è un “provvedimento” proprio dell'ente impositore, contenente una pretesa economica dell'ente suddetto nei confronti di un soggetto perfettamente determinato.

L'estratto di ruolo, invece, è e resta sempre solo un “documento”, un estratto di sintesi della pretesa tributaria e degli elementi con cui è stata formata (il ruolo) e comunicata al contribuente (la cartella) (Cass. 19704/2015).

L'art. 93 l.f. richiede ai fini dell'ammissione al passivo l'allegazione al ricorso dei documenti dimostrativi del diritto del creditore e, a tali fini, non solo il ruolo ma anche l'estratto di ruolo è idoneo a dimostrare l'esistenza del diritto di credito (Cass. 5244/2017). Ne consegue che per l'ammissione al passivo fallimentare dei crediti insinuati dai concessionari della riscossione dei tributi è sufficiente, ai sensi dell'art. 87, co. 2, d.P.R. n. 602/1973, n. 46, la produzione del solo estratto di ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa previsione normativa, anche la previa notifica della cartella esattoriale.

Tali disposizioni si applicano anche in relazione ai crediti previdenziali la cui riscossione avviene comunque mediante ruolo ai sensi dell'art. 17, comma 1 del d.lgs. 46/1999.

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