L'apertura della liquidazione per sovraindebitamento non è ostativa all'azione di sfratto per morosità

26 Novembre 2021

Il Tribunale di Roma risolve l'interessante quaestio concernente l'interpretazione del divieto di iniziare e proseguire azioni esecutive per effetto dell'apertura della procedura di sovraindebitamento, che non può ritenersi esteso ai beni di terzi estranei, come nel caso di una procedura di sfratto per morosità e del correlato procedimento di rilascio dell'immobile detenuto dal medesimo debitore.
Massima

L'ammissione del conduttore alla procedura di sovraindebitamento non comporta l'improseguibilità dell'azione di sfratto per morosità e del conseguente ordine di rilascio dell'immobile detenuto dal medesimo inquilino, perché finalizzata unicamente a liquidare i beni di quest'ultimo, non anche quelli di terzi, come il locatore.

Il caso

Il locatore propone sfratto per morosità dell'immobile condotto in locazione ad uso diverso dal conduttore, il quale, a sua volta, si oppone all'intimata convalida, adducendo l'improseguibilità di azioni esecutive ex art.14-quinquies, comma 2, lett. b), della l. n.3/2012 dinanzi allo stesso Tribunale, conseguente al decreto di apertura della procedura di liquidazione dei beni del medesimo conduttore ai sensi dell'art.14-ter della medesima l. n. 3/2012.

La questione

La quaestio juris esaminata dal giudice capitolinoriguarda l'esperibilità dell'azione di rilascio proposta dal locatore nella procedura di sfratto per morosità a seguito dell'apertura parallela del procedimento ex art. 14-terdella l. n. 3/2012 finalizzato alla liquidazione dei beni del conduttore-debitore.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale ha rigettato l'eccezione di improseguibilità sollevata dal conduttore nel giudizio di sfratto per morosità, a tale fine, osservando che non si ravvisano ostacoli all'esperibilità dell'azione costitutiva e di rilascio nei confronti del medesimo conduttore, giacchè il suddetto decreto, è finalizzato alla liquidazione dei beni del debitore, e per tale ragione, non colpisce beni non appartenenti a quest'ultimo, così come non sussiste la vis actractiva del giudice fallimentare, non essendo richiamate nello stesso decreto le norme relative alla procedura fallimentare.

Osservazioni

La pronuncia che si annota è pienamente condivisibile, perché, da un lato, applica quanto stabilito nel decreto che “apre” la procedura di liquidazione dei beni del debitore per sovraindebitamento, e, dall'altro, pone un punto fermo sui limiti e, nel contempo, anche sulla stessa ratio dell'art. 14-quinquies,comma 2, lett. b)della l. n. 3/2012, laddove dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari od esecutive né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore.

Ciò consente al giudice romano di ritenere che la sanzione di improseguibilità dell'azione non riguarda il procedimento di sfratto per morosità poiché inerisce alla fase esecutiva e non a quella di merito, finalizzata all'emanazione del titolo esecutivo, con la conseguenza che, al più, è il giudice dell'esecuzione, su richiesta del liquidatore, che avrebbe dovuto pronunciarsi sull'anzidetta eccezione, riguardando la fase esecutiva.

Al riguardo, va infatti precisato che l'improcedibilità nella materia qui considerata - riguardante una procedura di sovraindebitamento - attiene ad azioni cautelari o esecutive riguardanti pur sempre il patrimonio del debitore che ha chiesto l'ammissione all'anzidetta procedura, non anche beni di terzi, come ad esempio l'immobile condotto in locazione dallo stesso conduttore, di proprietà del locatore il quale, non ha nulla a che vedere con detta procedura di sovraindebitamento.

Ciò, infatti, è quanto risulta statuito nei vari precedenti giurisprudenziali editi (Trib. Livorno 5 gennaio 2017; Trib. Prato 12 aprile 2016), essendosi espressamente stabilito da parte del giudice dell'esecuzione della procedura esecutiva in cui è parte il debitore, l'improseguibilità dell'azione esecutiva intrapresa sui beni del medesimo debitore, non già quelli di proprietà di soggetti terzi.

In tale ottica, depone anche altra pronuncia di merito (Trib. Milano 31 maggio 2021), in cui si è precisato che il divieto di cui all'art. 14-quinquies, comma 2, lett.b), della l. n. 3/2012 deve ritenersi esteso esclusivamente alle azioni esecutive ed a quelle cautelari, ma non anche alle azioni introduttive di giudizi di cognizione, ragione per cui, l'azione di convalida di sfratto per morosità proposta prima dell'introduzione della domanda di ammissione alla suddetta procedura di liquidazione giudiziale dei beni del debitore, rimane procedibile anche successivamente all'apertura della medesima procedura da sovraindebitamento, in quanto una diversa interpretazione, oltre a non essere sorretta dal dato normativo in vigore, potrebbe valere come incentivo poco virtuoso per il debitore che, dopo aver accumulato delle morosità pregresse a seguito dell'interruzione del pagamento dei corrispettivi dovuti in forza delle obbligazioni aventi titolo nel rapporto contrattuale di durata, nella specie, quello di locazione, tenti di obliterare una probabile azione di risoluzione della controparte contrattuale, depositando la domanda di liquidazione giudiziale.

Invero, il contratto di locazione dell'immobile detenuto dal debitore integra un rapporto negoziale estraneo alla liquidazione in cui sono dedotte prestazioni a carico del sovraindebitato che, lo stesso può efficacemente adempiere nonostante il divieto di azioni esecutive di cui alla sopra citata norma di legge, muovendo dalla premessa che non sono compresi nella liquidazione i guadagni del debitore nei limiti in cui sono necessari al mantenimento suo e della famiglia e, dunque, anche di un'attività lavorativa funzionale al soddisfacimento di tali bisogni, ragione per cui, il sovraindebitato può adempiere a tali esigenze con i guadagni lasciati nella sua disponibilità, pagando il canone di locazione al fine di evitare la convalida dello sfratto intimatogli (Trib. Milano 31 maggio 2021 cit.).

In aggiunta alle suddette considerazioni, si è quindi ulteriormente precisato che il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui al citato art. 14-quinquies, comma 2, lett. b), della l. n. 3/2012, opera con riguardo alla liquidazione dei beni compresi nel patrimonio del debitore, non anche rispetto ai beni di terzi che, al predetto patrimonio restano estranei (così Trib. Milano 31 maggio 2021 cit.).

In effetti, Il divieto per il creditore di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore opera esclusivamente con riferimento alle azioni esecutive individuali, non rientrando in tale divieto l'azione diretta alla risoluzione del contratto di locazione ed al rilascio dell'immobile locato, trattandosi di un'azione che non pregiudica gli interessi dei creditori del debitore, avendo ad oggetto un bene che al patrimonio di quest'ultimo è sempre rimasto estraneo.

Ciò premesso, la pronuncia che si annota è di segno diametralmente opposto - nel contenuto - ad altra pronuncia di merito (Trib. Pescara 14 giugno 2018) emessa nella procedura di esecuzione per il rilascio di un'immobile di esclusiva proprietà del locatore, e detenuto senza titolo dal conduttore,su istanza proposta in sede di incidente di esecuzione ai sensi dell'art. 610 c.p.c. dall'ufficiale giudiziario procedente, con la quale è stata dichiarata l'improseguibilità della procedura di rilascio, secondo l'interpretazione più ampia, sulla scorta dell'assunto che nessun dubbio sussiste sul fatto che la procedura di rilascio sia una procedura esecutiva e che l'ammissione alla procedura di sovraindebitamento, in base all'art. 14-quinquiesdella l. n.3/2012, comporta ex lege che non possano essere iniziate o proseguite, pena la sanzione della nullità, le azioni cautelari o esecutive sul patrimonio oggetto di liquidazione, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore alla data di presentazione della domanda ex art. 14-ter della stessa l. n.3/2012.

L'interpretazione del giudice dell'esecuzione abruzzese nel richiamato precedente (Trib. Pescara 14 giugno 2018 cit.) si è spinta sino al punto da osservare che, benché oggetto di rilascio, nel caso di specie, fosse un bene immobile formalmente estraneo all'elenco dei beni oggetto della liquidazione del patrimonio del debitore, ciononostante, ai fini della realizzazione della procedura di liquidazione, il suddetto patrimonio andasse necessariamente inteso in senso ampio, sì da ricomprendervi anche l'attività̀ svolta dal debitore, la quale, non poteva prescindere dai locali nei quali l'attività medesima si svolgeva e nei quali, peraltro, erano custoditi, con ampia probabilità, anche i beni di stretta appartenenza del debitore sicuramente soggetti alla procedura di liquidazione.

A ben vedere, quest'ultima posizione giurisprudenziale, oltre a non considerare correttamente i risultati dell'attività ermeneutica formatasi sul dettato normativo che qui rileva, in ordine alla titolarità dei beni oggetto della liquidazione da sovraindebitamento, sembra altresì non reggere neppure sul piano della corretta individuazione dei beni del debitore destinati all'esercizio dell'attività lavorativa, contenuti nei locali condotti in locazione, poiché appare evidente la separazione di quest'ultimi dalla titolarità del locale, il cui protrarsi nella detenzione da parte del medesimo conduttore, non solo non è contemplata dalla ratio della norma in questione, ma ne risulterebbe altresì in palese contraddizione, laddove si consideri la finalità cui tende la particolare procedura di cui trattasi: la liquidazione dei beni del debitore e non già la prosecuzione dell'attività lavorativa di quest'ultimo.

A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi per quanto attiene al recupero delle somme ingiunte dal locatore al conduttore, a titolo di mancato pagamento dei canoni pregressi, con il separato procedimento azionabile nell'ambito della procedura di sfratto per morosità, trattandosi in questo caso non di ottenere la restituzione di una res estranea al patrimonio del debitore, ma di esigere un credito azionabile nei confronti di quest'ultimo, il quale, deve considerarsi rientrante nella più ampia debitoria per la quale, il medesimo ha proposto domanda ex art. 14-terdella l. n. 3/2012.

Infine, va opportunamente chiarito che nella fattispecie esaminata, nulla quaestio per quanto attiene ad una presunta vis actractiva esercitata a favore del giudice delegato della procedura di sovraindebitamento, atteso che per le ragioni sopra evidenziate, la procedura di sfratto riguarda un bene estraneo, dunque, non compreso fra quelli di proprietà del debitore assoggettato alla procedura di liberazione dai debiti, per tale ragione, restando “a monte” esclusa ogni considerazione inerente quest'ultimo profilo squisitamente processuale della quaestio qui considerata.

A ciò aggiungasi che, ai sensi dell'art. 14 ter della l. n. 3/2012, la domanda di liquidazione è proposta al Tribunale competente ai sensi dell'art. 9, comma 1, vale a dire quello del luogo di residenza o sede principale del debitore, di fatto, coincidente con lo stesso Tribunale territorialmente competente, in qualità di giudice delle locazioni, a conoscere la procedura di sfratto riguardante l'immobile oggetto di locazione ad uso diverso per l'attività espletata dello stesso debitore.

Riferimenti

Cocco, Rapporti tra sovraindebitamento e procedura di sfratto a carico del debitore su immobile condotto in locazione, in www.ilfallimentarista.it.

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