Somme detenute all'estero da giustificare e cd. “Lista Falciani”

Matteo Pillon Storti
17 Dicembre 2021

L'attività di accertamento fiscale può essere svolta dall'amministrazione finanziaria utilizzando elementi comunque acquisiti, non essendo necessario che gli indizi siano plurimi, in quanto anche un unico indizio, se dotato dei requisiti di gravità e di precisione, può fondare una legittima ripresa a tassazione. Gli elementi raccolti a carico del contribuente dai militari della GdF senza il rispetto delle formalità di garanzia difensiva previste per il procedimento penale sono inutilizzabili solo in ambito penale, restando pienamente utilizzabili nel procedimento di accertamento fiscale. Al fine dello svolgimento dell'attività di contrasto e accertamento dell'evasione fiscale, l'amministrazione finanziaria può, in linea di principio, avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione dei soli elementi la cui inutilizzabilità discenda da una specifica disposizione della legge tributaria o dal fatto di essere stati acquisiti in violazione di “diritti fondamentali” di rango costituzionale. La presenza di una specifica “scheda cliente” della cosiddetta “Lista Falciani” relativa al contribuente comporta il sorgere, in capo di quest'ultimo, dell'onere di giustificare gli importi indicati nella stessa.Questo è quanto emerge dalla lettura dell'ordinanza Cassazione n. 25034 del 16 settembre 2021.
Massima

L'attività di accertamento fiscale può essere svolta dall'amministrazione finanziaria utilizzando elementi comunque acquisiti, non essendo necessario che gli indizi siano plurimi, in quanto anche un unico indizio, se dotato dei requisiti di gravità e di precisione, può fondare una legittima ripresa a tassazione. Gli elementi raccolti a carico del contribuente dai militari della GdF senza il rispetto delle formalità di garanzia difensiva previste per il procedimento penale sono inutilizzabili solo in ambito penale, restando pienamente utilizzabili nel procedimento di accertamento fiscale.

Al fine dello svolgimento dell'attività di contrasto e accertamento dell'evasione fiscale, l'amministrazione finanziaria può, in linea di principio, avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione dei soli elementi la cui inutilizzabilità discenda da una specifica disposizione della legge tributaria o dal fatto di essere stati acquisiti in violazione di “diritti fondamentali” di rango costituzionale. La presenza di una specifica “scheda cliente” della cosiddetta “Lista Falciani” relativa al contribuente comporta il sorgere, in capo di quest'ultimo, dell'onere di giustificare gli importi indicati nella stessa.

Questo è quanto emerge dalla lettura dell'ordinanza Cassazione n. 25034 del 16 settembre 2021.

Il caso

L'ordinanza della Cassazione n. 25034/2021 scaturisce da un avviso d'accertamento, riguardante l'anno d'imposta 2007, emesso in relazione alla cosiddetta “Lista Falciani” nella quale veniva riportata l'elencazione di alcuni contribuenti italiani detentori di disponibilità finanziarie presso un istituto bancario situato in Svizzera.

Nel merito, al contribuente veniva contestata la presenza del suo nominativo nella lista suddetta, nonché l'esistenza di una specifica “scheda cliente” relativa ad un c/c bancario a lui intestato completo di documento d'identità, i cui dati erano venuti a conoscenza dell'amministrazione finanziaria italiana a seguito della collaborazione internazionale fra Italia e Francia.

Tali dati comprovavano la costituzione di disponibilità all'estero con redditi sottratti all'Italia che si dovevano considerare senza dubbio riferite al contribuente in quanto, come indicato in precedenza, lo stesso risultava essere il titolare del c/c in questione ed identificato tramite carta d'identità.

Il contribuente impugnava l'avviso d'accertamento inizialmente in commissione tributaria provinciale e successivamente presso la commissione tributaria regionale. Entrambi i giudici di merito rigettavano il ricorso del contribuente. Quest'ultimo, non soddisfatto delle decisioni prese, presentava ricorso in Cassazione la quale, con l'ordinanza oggetto del presente approfondimento, rigettava a sua volta il ricorso del contribuente.

In particolare, il contribuente contestava l'illegittimità dell'accertamento in quanto basato su elementi generici, nonché, in merito alla cd. “Lista Falciani”, di origine illecita e quindi di valore meramente indiziario.

La questione

La Suprema Corte ha confermato un indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo il quale in materia tributaria gli elementi raccolti a carico del contribuente dalla Guardi di Finanza senza il rispetto delle formalità di garanzia difensiva previste per il procedimento penale sono inutilizzabili esclusivamente in sede penale, restando valide nel procedimento di accertamento fiscale. Infatti non tutte le possibili irritualità nell'acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell'accertamento comporta, automaticamente, l'inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso, esclusi i casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango costituzionale, come ad esempio l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio.

Inoltre non è necessario che gli indizi posti alla base dell'attività d'accertamento siano plurimi, essendo sufficiente anche un unico indizio, se dotato dei requisiti della gravità e della precisione.

In merito alla cd. “Lista Falciani”, inoltre, la Suprema Corte, richiamando precedente giurisprudenza, ha stabilito che le risultanze a carico del contribuente desumibili della lista suddetta, stante la valenza presuntiva degli elementi desumibili dalla lista stessa, generano l'obbligo a carico del contribuente di giustificare tali disponibilità finanziarie in un paese estero a fiscalità privilegiata.

La soluzione giuridica

Fra le varie tematiche affrontante dall'ordinanza oggetto del presente approfondimento vi è la legittimità di fondare un avviso d'accertamento su elementi raccolti senza rispettare le garanzie difensive prescritte per il procedimento penale nonché, più in generale, sulla validità degli elementi desumibili dalla cd. “lista Falciani” quale fondamento di un'attività d'accertamento fiscale. In secondo luogo, un ulteriore aspetto giuridico, affrontato dall'ordinanza in questione riguarda la possibilità di ulteriori attività d'accertamento fiscale riguardanti contribuenti che si sono avvalsi del cd. “scudo fiscale” (ex. L. 102/2009).

La suprema corte, richiamandosi anche a giurisprudenza precedente, ha confermato che il principio di generale inutilizzabilità degli elementi di prova irritualmente acquisiti, sancito dall'art. 191 c.p.p, costituisce regola propria del procedimento penale e non è immediatamente trasferibile in ambito tributario, neppure utilizzando il richiamo contenuto nell'art. 70 d.P.R. n. 600/73, stante la natura sussidiaria e residuale di tale disposizione, che legittima il ricorso alle norme del codice penale di rito nel solo caso in cui l'accertamento della violazione tributaria non trovi una specifica disciplina delle disposizioni del TUIR.

Relativamente alla cd. “Lista Falciani” è stato affermato che è legittima l'utilizzazione di qualsiasi elemento indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica previsione di legge e salvi casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale. Sono utilizzabili, quindi, ai fini della pretesa fiscale – nel contraddittorio con il contribuente – i dati bancari trasmessi dall'autorità finanziaria estera a quella italiana, senza neppure la necessità, da parte dell'autorità destinataria, di verificare preventivamente la modalità eventualmente illecita di acquisizione originaria di tali elementi, come ad esempio in violazione del diritto alla riservatezza bancaria.

La suprema corte ha confermato che l'attività di accertamento fiscale può in linea di principio essere svolta dall'amministrazione finanziaria sulla base di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche unico, purché dotato dei requisiti della gravità e della precisioni, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una specifica disposizione della legge tributaria o dal fatto di essere stati acquisiti in violazione di “diritti fondamentali” di rango costituzionale.

Infine, in merito alle possibili attività d'accertamento nei confronti di contribuenti che avevano aderito al cd. “scudo fiscale”, la suprema corte ha chiarito che la preclusione per nuovi accertamenti opera limitatamente alle disponibilità detenute all'estero palesate al fisco ed oggetto di rimpatrio tramite il cd. “scudo fiscale”, ma non preclude in alcun modo l'accertamento di ulteriori disponibilità che il contribuente ha tenuto nascoste.

Osservazioni

L'ordinanza della Cassazione n. 25034/2021 ha posto l'attenzione su:

  • l'attività di accertamento fiscale può essere svolta dall'amministrazione finanziaria utilizzando elementi comunque acquisiti, non essendo necessario che gli indizi siano plurimi, in quanto anche un unico indizio, se dotato dei requisiti di gravità e di precisione, può fondare una legittima ripresa a tassazione.
  • Gli elementi raccolti a carico del contribuente dai militari della GdF senza il rispetto delle formalità di garanzia difensiva previste dal procedimento penale sono inutilizzabili solo in ambito penale, restando pienamente utilizzabili nel procedimento di accertamento fiscale.
  • Al fine dello svolgimento dell'attività di contrasto e accertamento dell'evasione fiscale, l'amministrazione finanziaria può, in linea di principio, avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione dei soli elementi la cui inutilizzabilità discenda da una specifica disposizione della legge tributaria o dal fatto di essere stati acquisiti in violazione di “diritti fondamentali” di rango costituzionale. In tema di “lista Falciani”, quindi, l'amministrazione finanziaria può fondare la propria pretesa anche su un unico indizio, se grave e preciso.
  • Il cd. “scudo fiscale” disciplina una preclusione rispetto l'attività d'accertamento limitatamente agli importi detenuti all'estero palesati al fisco ed oggetto di rimpatrio, ma non preclude in alcun modo l'accertamento di ulteriori disponibilità che il contribuente ha tenuto nascoste.

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