Per liquidare il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale occorre un vincolo di sangue con il defunto?

Paolo Mariotti
Raffaella Caminiti
21 Dicembre 2021

Anche in mancanza di convivenza o di un vincolo di sangue è possibile far valere il danno non patrimoniale derivante dall'uccisione del congiunto, a condizione che il richiedente riesca a provare un rapporto giuridicamente rilevante ovvero l'effettività e la consistenza della relazione affettiva con l'ucciso, non essendo condivisibile limitare la «società naturale», cui fa riferimento l'art. 29 Cost., all'ambito ristretto della sola cd. famiglia nucleare.
Massima

Anche in mancanza di convivenza o di un vincolo di sangue è possibile far valere il danno non patrimoniale derivante dall'uccisione del congiunto, a condizione che il richiedente riesca a provare un rapporto giuridicamente rilevante ovvero l'effettività e la consistenza della relazione affettiva con l'ucciso, non essendo condivisibile limitare la «società naturale», cui fa riferimento l'art. 29 Cost., all'ambito ristretto della sola cd. famiglia nucleare.

Il caso

L'attore conveniva in giudizio l'assicuratore del responsabile del sinistro stradale, chiedendo il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale sofferto a seguito della morte del cognato sedicenne, con il quale aveva convissuto fin da quando questi era in fasce, prendendosene cura come di un figlio.

La causa era istruita con l'assunzione delle prove orali (testimoniali e interrogatorio formale)

Non era contestata l'attribuzione della responsabilità del sinistro stradale con esito mortale, ma il diritto dell'attore al risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita del cognato.

La questione

La mancanza di convivenza o di un vincolo di sangue esclude, di per sé, la risarcibilità del danno non patrimoniale da perdita del congiunto?

Le soluzioni giuridiche

Il giudice ha condannato la convenuta al risarcimento in favore dell'attore del danno non patrimoniale per la perdita del cognato, liquidato in Euro 80.000,00, oltre alla refusione delle spese di lite.

Richiamati preliminarmente i principi in tema di risarcimento di questa tipologia di danno per soggetti diversi dai componenti della cd. «famiglia nucleare», il Tribunale sottolinea il contrasto sorto in giurisprudenza: orientamenti «più restrittivi» negano il riconoscimento del danno a persone estranee al ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero o la nuora), mentre per orientamenti «mediani» la risarcibilità postula la prova della convivenza, «in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarietà e sostegno economico» (Cass. civ., sez. III, sent. 16 marzo 2012, n. 4253).

Per contro, orientamenti «maggiormente permissivi» ne ammettono la risarcibilità a prescindere dalla convivenza, purché venga fornita la prova dell'effettività e della consistenza dell'affectio parentalis, rispetto al quale «il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità […] non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l'art. 29 Cost., all'ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare”» (Cass. civ., sez. III, sent. 20 ottobre 2016, n. 21230).

Ciò che rileva, dunque, è la prova della concreta «esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto».

Richiama, inoltre, la sentenza il principio per cui il pregiudizio da perdita del rapporto parentale si sostanza «non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell'esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita» (Cass. civ., sez. III, sent. 20 agosto 2015, n. 1699).

«L'argomento è in realtà di estrema rilevanza, da un punto di vista sociale» - osserva il giudice - «per il pericolo che il proliferare di figure di soggetti danneggiati di riflesso potrebbe determinare: si avvertono, in questo campo, le stesse esigenze che hanno indotto le S.U. di San Martino del 2008 a ridisegnare i parametri del danno risarcibile (sebbene in quel caso si trattasse delle sfumature del danno da riconoscere allo stesso soggetto danneggiato)».

Ratio di questo indirizzo giurisprudenziale, quindi, è scongiurare il riconoscimento di presunti danni che, invero, non sono qualificabili giuridicamente come tali, ammettendo il ristoro solo di quei danni «che hanno diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento», rifuggendo da ogni forma di automatismo che dia luogo a indebite locupletazioni.

In questa prospettiva, assume massimo rilievo l'assolvimento degli oneri di allegazione e prova a carico del danneggiato.

In caso di perdita di un componente della famiglia nucleare (figlio, genitore, coniuge) prevale il criterio presuntivo, con possibilità di superare la presunzione ove sia provato il venir meno del vincolo affettivo prima del decesso del congiunto.

Nel caso, invece, di rapporti di parentela o affinità «esterni rispetto alla composizione della famiglia nucleare» è richiesta una prova più rigorosa, senza tuttavia che costituisca requisito indispensabile la convivenza con il defunto, purché si dimostri «quella condivisione di affetti e di vita che viene radicalmente recisa per effetto della morte del congiunto».

Venendo alla fattispecie in esame, pur non configurandosi un danno presunto, ciò non significa che con il cognato non sia stato «reciso quel rapporto familiare che è tutelato dalla Costituzione», essendo «punto nodale della questione» la disamina del caso concreto e l'accertamento di «un effettivo rapporto parentale suscettibile di essere equiparato a quello dei componenti della famiglia nucleare, anche se con un danno più modesto».

Una volta dimostrata l'intensità del rapporto, a venire in discussione non sarà dunque l'an ma il quantum da liquidare, non potendosi negare aprioristicamente la risarcibilità solo per la mancanza di convivenza. Così, tra le tante, viene citata Trib. Roma, sent. 7 marzo 2013, la quale fa proprio l'orientamento giurisprudenziale secondo cui «le mutate relazioni sociali hanno ormai superato anche la famiglia nucleare visto che la casistica riguardante le dinamiche relazionali della famiglia presenta una galoppante evoluzione verso modalità di coniugio e di genitorialità basata sulla distanza fisica fra marito e moglie, fra padri, madri e figli e fra questi ed i parenti, distanza che spesso intercorre perfino fra nazioni diverse, senza con ciò intaccare - ma solo mutando le modalità relazionali - il vincolo di solidarietà e la comunione di vita e di affetti che governano le relazioni parentali e che rappresentano il valore fondante della tutela garantita dalla Carta Costituzionale (artt. 2 e 30) e dalle fonti internazionali e comunitarie (Carta di Nizza, Trattato di Lisbona che l'ha recepita e norme della C.E.D.U.)».

Questa evoluzione sociale è tanto più constatabile «fra i membri della famiglia non nucleare, che sempre più spesso vivono lontani fra loro mantenendo quasi sempre rapporti attraverso i moderni mezzi di telecomunicazione».

E dunque, per i giudici di legittimità «nessun rilievo può essere attribuito, al fine di negare il riconoscimento di tale danno, all'unilateralità del rapporto di fratellanza ed all'assenza di vincolo di sangue, non incidendo essi negativamente sull'intimità della relazione, sul reciproco legame affettivo e sulla pratica della solidarietà» (Cass. civ., sez. III ord. 5 novembre 2020, n. 24689).

Nel fare buon governo dei principi sopra enunciati, conclude il giudice che «un'interpretazione volta a ritenere che la differenza tra risarcibilità e non risarcibilità sia basata unicamente sul rapporto di parentela esistente implica […] una violazione dell'art. 3 della Cost., in quanto rapporti aventi le medesime caratteristiche sarebbero trattati diversamente sulla base di un elemento meramente occasionale ed accidentale. Il nodo centrale, dunque, consiste nel calibrare la portata dell'onere probatorio del danneggiato (non potendo sussistere alcuna presunzione nel caso di perdita del cognato) e nel valutare poi il quantum del danno risarcibile sulla base delle circostanze del caso concreto».

Vien fatto riferimento in sentenza anche alla nota esplicativa allegata alle Tabelle del Tribunale di Milano, ove è chiarito che non vi è un minimo garantito e che il giudice di merito deve valutare ogni elemento utile affinché vi sia corrispondenza tra il danno risarcito e quello realmente patito.

Nel caso in esame, il genitore del ragazzo defunto, «per il quale si presume normalmente un danno per la perdita del rapporto parentale con un figlio, addirittura minorenne, potrebbe non avere diritto a risarcimento alcuno, ove fosse dimostrato (in un giudizio in cui lo stesso sia parte e, dunque, con prove allo stesso opponibili) che è vero quanto emerso nel corso del presente giudizio, ovvero la scelta del padre di abbandonare il figlio prima della nascita e di interrompere con questi qualsivoglia rapporto».

Abbandonata, dunque, «ogni logica precostituita e standard» il giudice, verificato sulla base della prova testimoniale assunta in giudizio l'autentico patimento subito dall'attore per la morte del giovane cognato e, quindi, la risarcibilità del danno da uccisione del congiunto, in punto di quantum ha preso come parametro di riferimento le Tabelle del Tribunale di Milano per la perdita del figlio, «in quanto tutti i testimoni hanno parlato di una figura paterna», ritenendo tuttavia che «in ragione della modesta differenza di età esistente tra attore e vittima, il rapporto è comunque simile a quello che lega un fratello maggiore a uno minore (la differenza di età è di soli 19 anni e l'attore era il fidanzato/marito della sorella, dunque percepito come tale)».

Ravvisato, pertanto, un rapporto «ibrido tra quello di genitorialità e quello fraterno», valutate le circostanze del caso concreto, il Tribunale di Lecce accoglie la domanda dell'attore, liquidando il danno nella misura di Euro 80.000,00, «partendo dalla media tra il minimo per la perdita del figlio e il medio per la perdita di un fratello e riducendo poi tale media in ragione dell'assenza di un vincolo di sangue (che, come detto, rileva comunque nel quantum), della sopravvivenza di un nucleo familiare coeso composto da madre e figli, della sopravvivenza altresì della suocera e del cognato già conviventi, dell'avvenuta cessazione della convivenza prima della morte».

Osservazioni

Secondo il condividibile orientamento giurisprudenziale, al quale si conforma la sentenza in commento, la legittimazione ad agire per il risarcimento del danno non patrimoniale, subito a causa della morte di un congiunto per l'altrui illecito, spetta a coloro che hanno sofferto la lesione del diritto alla conservazione del legame affettivo con il defunto, indipendentemente dalla sussistenza di un rapporto di convivenza o di un vincolo di sangue.

Il rapporto di coniugio o di stretta parentela (cd. famiglia nucleare) non è condizione imprescindibile per invocare il risarcimento, mentre l'effettività e l'intensità del legame familiare e affettivo si riflettono sull'onus probandi, più rigoroso per chi non aveva uno stretto rapporto parentale con la persona deceduta, mentre tale pregiudizio può ritenersi normalmente conseguente alla perdita di un componente del ristretto nucleo familiare (coniuge, genitore, figlio), tanto da poter essere provato anche per presunzione, se non contrastata da elementi di prova contraria (che è onere del presunto danneggiante fornire, dimostrando che, invero, la vita del superstite non è sostanzialmente mutata e che questi non ha sofferto per la morte del congiunto, nonostante il rapporto di coniugio o di parentela).

Non è, dunque, condizione indefettibile la sussistenza di un vincolo formale, di tipo giuridico (coniugale o familiare), come neppure la presenza di una situazione di coabitazione.

Il criterio presuntivo non vale, dunque, per i congiunti non prossimi: spetta a costoro dimostrare l'effettività e la consistenza del legame affettivocon il defunto e il reale sconvolgimento di vita che ne è conseguito, e che, pertanto, l'evento luttuoso ha cagionato un danno non patrimoniale apprezzabile, nel qual caso potranno ritenersi sussistenti i presupposti per la concessione della tutela risarcitoria.

In corso di causa dovranno essere acquisiti, ad esempio tramite testimonianze, elementi concreti da cui desumere l'intensità di tale legame, nonché la sussistenza di rapporti solidaristici e/o di sostegno morale (oltre che economico) tra il richiedente e il congiunto.

Il pregiudizio non patrimoniale andrà liquidato secondo i criteri elaborati dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano, applicando i valori monetari indicati nell'apposita Tabella e tenendo conto di tutte le peculiarità del caso concreto, in particolare la sopravvivenza o meno di altri componenti del nucleo familiare primario, la convivenza o meno di questi ultimi, la qualità e l'intensità della relazione familiare residua, oltre che della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto con la persona perduta, l'età della vittima primaria e di quelle secondarie.

Riferimenti
  • Ludovico Berti, Perdita del rapporto parentale: marcia indietro della Cassazione sulla validità della tabella di Milano?, 25 Maggio 2021;
  • Giuseppe Chiriatti, La liquidazione del danno parentale secondo Cass. 10579/2021: più che un endorsement per Roma, un invito a Milano, 22 Giugno 2021;
  • Diego Modesti, Il danno parentale tra vincolo affettivo e sconvolgimento delle abitudini di vita, 11 Giugno 2021;
  • Marco Rodolfi, La fine della tabella di Milano per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale (o danno da morte)? Conseguenze e riflessi, 28 Aprile 2021;
  • Antonio Serpetti di Querciara, Risarcimento del danno da lesione del rapporto parentale: quanto rileva il vincolo di sangue? 12 Gennaio 2021;
  • Ilaria Oberto Tarena, Il requisito della convivenza ai fini della prova del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, 11 Maggio 2021;
  • Cesare Trapuzzano, La sentenza della Cass. n 10579/2021 e la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, 27 Maggio 2021;
  • Lorenzo Vismara, Tabelle del Tribunale di Roma vs tabelle del Tribunale di Milano: una rivalità infinita, 17 Maggio 2021;
  • Patrizia Ziviz, Verso un nuovo metodo di conversione in denaro del danno da perdita del rapporto parentale?, 24 Maggio 2021.

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