Quando il lastrico solare si trasforma in un ginepraio…
21 Febbraio 2022
Massima
Nel giudizio di impugnazione avverso una delibera assembleare, ex art. 1137 c.c., la questione dell'appartenenza, o meno, di un'unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio, ovvero della titolarità comune o individuale di una porzione dell'edificio, in quanto inerente all'esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., può formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell'atto collegiale, ma privo - in assenza di esplicita domanda di una delle parti ai sensi dell'art. 34 c.p.c. - di efficacia di giudicato in ordine all'estensione dei diritti reali dei singoli, svolgendosi il giudizio ai sensi dell'art. 1137 c.c. nei confronti dell'amministratore del condominio, senza la partecipazione, quali legittimati passivi, di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario. Nel caso di divisione di un edificio soggetto al regime del condominio in porzioni aventi le caratteristiche di edifici autonomi, sulle parti rimaste in comproprietà degli originari partecipanti nonostante lo scioglimento del condominio, in difetto di espresso mutamento del titolo continua ad applicarsi la disciplina del condominio di edifici. Il proprietario di un appartamento, in base all'art. 843, comma 1, c.c., applicabile anche al condominio di un edificio, può esercitare il diritto di accedere o di passare negli appartamenti dei vicini (o nelle cose comuni) - a loro volta gravati da una corrispondente obbligazione propter rem - solo se ciò sia necessario al fine di realizzare o di riparare un bene o un'opera che sia di sua esclusiva proprietà ovvero comune. Il caso
L'amministratore di condominio (unitamente ad alcuni condomini) agisce, ex art. 700 c.p.c., nei confronti dei (com)proprietari esclusivi del lastrico solare di copertura dell'edificio, onde sentirli condannare a consentire l'accesso a tale manufatto, per l'esecuzione di lavori di manutenzione della relativa superficie piana, siccome originante infiltrazioni negli appartamenti ubicati al piano sottostante. Accolta in via d'urgenza la domanda, nel successivo giudizio di merito il Tribunale conferma l'ordinanza cautelare, affermando la sussistenza del diritto del Condominio ad accedere al lastrico, ex art. 843 c.c. La Corte d'Appello, adita in sede di gravame, conferma la statuizione di prime cure, ritenendo peraltro calato il giudicato (esterno) - riconducibile ad un precedente giudizio avente ad oggetto l'impugnativa di delibere assembleari concernenti gli interventi di manutenzione straordinaria, in cui il lastrico in questione era stato strutturalmente e funzionalmente collegato all'intero fabbricato ed individuato quale bene comune - sulla questione afferente l'esistenza stessa (negata dagli appellanti) di un condominio, di cui avrebbe fatto parte, quale bene comune, il lastrico solare in questione (con conseguente difetto di legittimazione attiva, sin dal primo grado di giudizio, della parte originaria ricorrente). Avverso la decisione della Corte d'Appello, i proprietari del lastrico solare propongono, quindi, ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, i primi tre dei quali concentrati, a monte, sulla natura condominiale o meno del lastrico in questione e quindi, a valle, sulla inoperatività, nella specie, dell'art. 843 c.c.
La questione
La questione in esame (dalla quale derivano, a cascata, tutte le altre affrontate dalla decisione in commento) è la seguente: il giudizio di impugnazione ex art. 1137 c.c. consente l'adozione di una pronuncia che, con efficacia di giudicato, abbia ad oggetto anche la definizione della natura condominiale o meno di un bene (nella specie, il lastrico di copertura dell'edificio)? Le soluzioni giuridiche
Delineata nei termini che precedono la cornice fattuale, la Suprema Corte, precisa prioritariamente che il giudicato sulla natura comune od esclusiva di un cespite sito all'interno di un edificio condominiale possa formarsi solo laddove (a) la questione abbia costituito oggetto di apposita domanda, che (b) quest'ultima sia stata contestata (o meno) dalla controparte costituita e che (c) non sia stata coltivata impugnazione sul punto. Sicché, aderendo ad un orientamento consolidato, la decisione in commento evidenzia che, laddove la questione della titolarità individuale o condominiale di una porzione di edificio sia posta - come accaduto nella specie - in seno ad un giudizio di impugnazione ex art. 1137 c.c. - ove, come noto, la legittimazione passiva spetta al solo amministratore di condominio, dovendosi escludere la ricorrenza di un'ipotesi di litisconsorzio necessario in capo ai singoli condomini (argomentando, da ultimo, da Cass. civ., sez. II, 4 febbraio 2021, n. 2636) - il relativo accertamento può formare oggetto di accertamento meramente incidentale non avente forza espansiva esterna, salvo assumere efficacia di giudicato (circa la consistenza, per l'appunto) dei diritti reali dei singoli) al verificarsi di stringenti condizioni, consistenti (1) nella proposizione di una “esplicita domanda di una delle parti, necessaria, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., per la trasformazione della questione pregiudiziale in causa pregiudiziale” (v. anche, da ultimo, Cass. civ., sez. II, 22 novembre 2021, n. 35794) e (2) nella correlativa integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, potendo presunzione di condominialità delle parti comuni delineata dall' art. 1117 c.c. essere vinta solo con l'accordo unanime di tutti i comproprietari. In assenza dei requisiti che precedono, dunque, non può fondatamente discutersi, rispetto alle risultanze di un giudizio ex art. 1137 c.c., di giudicato esterno sulla titolarità, condominiale o meno, del bene eventualmente interessato dalle delibere oggetto di censura (relative, nella specie, alla manutenzione straordinaria del lastrico medesimo): con la conseguente necessità di accertare l'effettivo regime dominicale di siffatto bene nel successivo e diverso giudizio in cui, sia pure ad altri fini, tale titolarità assuma rilievo. Da tale premessa originano, a cascata, le ulteriori affermazioni della Corte, anzitutto in relazione alla legittimazione del Condominio all'esperimento dell'azione ex art. 843 c.c. È noto, infatti, che il proprietario di un appartamento può esercitare il diritto di accedere o di passare negli appartamenti dei vicini (o nelle cose comuni) - a loro volta gravati da una corrispondente obbligazione propter rem - solo se ciò sia necessario al fine di realizzare o di riparare un bene o un'opera che sia di sua esclusiva proprietà ovvero comune (Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2021, n. 20555); del pari, chiarisce la decisione in commento, “solo…se si rendano necessarie riparazioni alle parti comuni, il proprietario di un appartamento sito in un edificio condominiale è tenuto a concedere il passaggio con persone e materiali al condominio o al singolo partecipante che intenda provvedervi” (v. p. 8 della motivazione). Non occorre all'uopo, peraltro, alcuna delibera conforme dell'assemblea, trattandosi di un dovere gravante ex lege sul proprietario esclusivo (Cass. civ., sez. II, 5 settembre 1969, n. 3059), mentre è necessario dimostrare la natura, privata o condominiale, del bene cui è strumentale l'accesso nella proprietà altrui. Si coglie, allora, l'importanza dell'ulteriore passaggio compiuto, nella specie, dai giudici di legittimità i quali, proprio in relazione al regime proprietario della terrazza a livello che, dal punto di vista morfologico-funzionale, costituisca la copertura dei vani sottostanti (equiparata al lastrico solare- v., ex multis, Cass. civ., sez. VI/II, 4 settembre 2017, n. 21340), ne rilevano la natura generalmente comune, per effetto della “presunzione” ex art. 1117, comma 1, n. 1), c.c., salvo che il contrario emerga dal titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio, non essendo idonea a smentire tale regime dominicale neppure la circostanza che ad essa si acceda da un appartamento in proprietà individuale, giacché l'utilitas fornita al singolo proprietario che gode del relativo calpestio risulta ancillare rispetto alla funzione di copertura che la medesima terrazza a livello espleta rispetto agli appartamenti ad essa sottostanti (v. infra). Tale titolo - per concludere la disamina dei profili sottoposti al vaglio del Corte - può essere rinvenuto, oltre che nel primo atto di acquisto dall'originario costruttore/unico proprietario dello stabile condominiale, ovvero in un atto di destinazione del titolare di un diritto reale (a prescindere dalla natura del diritto, reale o personale, così costituito), nella delibera con cui l'assemblea di determina allo scioglimento del condominio, ai sensi degli artt. 61 e 62 disp. att. c.c. In proposito, infatti, va rammentato che, in virtù di quanto disposto dall'art. 62 citato, nel caso di sostituzione di più condomini separati ad un unico preesistente condominio, quelle, tra le cose indicate dall'art. 1117 c.c., rimaste in comune, al servizio di tutti, restano assoggettate alla disciplina del condominio negli edifici (piuttosto che alle norme sulla comunione) in difetto di espresso mutamento del titolo e tale disciplina - come rilevato anche dalla pronunzia in commento - deve ritenersi applicabile anche nei casi in cui, in seguito allo scioglimento condominio, i singoli immobili siano rimasti in proprietà solitaria (Cass. civ., sez. II, 16 marzo 1993, n. 3102). Segue a tutto quanto precede la logica conclusione, sostenuta nell'occasione dai giudici di legittimità, per cui, avendo i ricorrenti per cassazione invocato, a dimostrazione della natura privata del lastrico, l'operatività del titolo (i.e., un atto di divisione del 3 novembre 1997) con cui, precedentemente al loro acquisto, l'originario condominio era stato sciolto e che non avrebbe incluso detto manufatto tra i beni rimasti in comproprietà tra gli immobili, erroneamente la Corte d'Appello ne ha affermato la natura comune, sulla base di un asserito giudicato esterno rispetto a tale regime dominicale, giudicato in realtà non invocabile, siccome formatosi su una decisione (priva delle caratteristiche indicate supra ed) avente, quale (diverso) oggetto, l'impugnazione di una delibera assembleare. Conseguentemente - per dirla con le parole della Corte (v. p. 11 della motivazione) - “occorrerà accertare in sede di rinvio se si verificò il dedotto scioglimento del condominio originario sull'intero immobile e se, comunque, il lastrico rimase in comune, oppure se esso formò oggetto di uno specifico atto dispositivo”. Osservazioni
La decisione in commento affronta, intersecandole tra loro, diverse questioni problematiche relative non solo al lastrico solare (o terrazza a livello con funzione di copertura), ma anche, più in generale, alla “presunzione” di condominialità. Muovendo da quest'ultima, si tratta di uno statuto proprietario per cui il legislatore propense già nel sistema previgente, allorquando il r.d.l. n. 56/1934, convertito in l. n. 8/1935, optò per la tesi secondo cui le parti necessarie all'esistenza dell'edificio sono comuni, non avallando, dunque, l'orientamento opposto che le configurava come parti in proprietà esclusiva, sebbene gravate da servitù oneris ferendi a favore dei titolari dei piani superiori. Peraltro, non sembra ridondante ricordare che si discorre di presunzione in senso atecnico, essendo ancora attuale l'insegnamento delle Sezioni Unite secondo cui la condominialità ex art. 1117 c.c. rappresenta, piuttosto, un regime dominicale vincibile solo attraverso il “titolo contrario” costituito da un atto di autonomia negoziale ovvero dall'usucapione (sebbene la giurisprudenza e la dottrina abbia enucleato, in realtà, ipotesi ulteriori di titolo contrario, quale ad esempio, l'obiettiva destinazione di un bene, astrattamente comune, al servizio esclusivo di una sola delle unità immobiliari, v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 8 settembre 2021, n. 24189), considerato che “se con la disposizione dell'art. 1117 c.c., si fosse effettivamente prevista la presunzione di comunione, si sarebbe ammessa la prova della proprietà esclusiva con l'uso di qualsiasi mezzo e non soltanto con il titolo” (Cass. civ., sez. un., 7 luglio 1993, n. 7449). Non sarebbe sufficiente a tal fine, in ogni caso, una dichiarazione di scienza insita in un verbale di assemblea condominiale che abbia efficacia di confessione stragiudiziale di appartenenza esclusiva di determinati beni in favore di determinati condomini: la giurisprudenza, infatti, nega che una dichiarazione siffatta possa incidere sulla titolarità di diritti reali, chiarendo che, in base all'art. 1135 c.c., tra le determinazioni che può assumere l'assemblea a maggioranza non rientra quella di statuire sulla estensione dei beni in comune e nella titolarità esclusiva di singoli condomini (Cass. civ., sez. II, 31 agosto 2017, n. 20612). Il tema rileva, invero, anche per il lastrico solare o la terrazza di copertura cui si acceda solo da un immobile in proprietà esclusiva e rispetto al quale l'una o l'altra svolgano una funzione pertinenziale: tale destinazione infatti, non pregiudica i diritti dei condomini sulla cosa comune, ex art. 819 c.c., né il regime di comunione può ritenersi escluso dal solo fatto che uno o più comproprietari traggano dal bene utilità maggiori rispetto ad altri, occorrendo all'uopo, al contrario, che la deroga all'attribuzione legale al condominio, con assegnazione della terrazza a livello in proprietà od uso esclusivi, risulti da uno specifico titolo, mediante espressa disposizione nel negozio di alienazione, ovvero mediante un atto di destinazione del titolare di un diritto reale, a prescindere dalla natura reale o personale del diritto così costituito (Cass.civ., sez. II, 23 agosto 2017, n. 20287). In senso contrario, però, sia pure in tempi meno recenti, Cass. civ., sez. II, 16 settembre 1991, n. 9629, per la quale la terrazza a livello (ossia quell'area scoperta alla quale si accede da un solo appartamento e solo con questo in comunicazione), appartiene al proprietario del contiguo appartamento di cui costituisce la continuazione priva di copertura a meno che non risulti diversamente dal titolo. Peraltro, la recente Cass. civ., sez. VI/II, 18 novembre 2021, n. 35316 ha cura di meglio perimetrare la nozione di terrazza a livello, chiarendo che è tale anche la superficie scoperta che, benché non posta sulla sommità del fabbricato ed incassata nel corpo dello stesso, sia collocata al sommo di alcuni vani e nel contempo sullo stesso piano di altri, dei quali formi parte integrante strutturalmente e funzionalmente, e sia perciò destinata tanto a coprire la verticale di edificio sottostante, quanto a dare affaccio e ulteriori comodità all'appartamento cui è collegata.
Riferimenti
Cappai, Il condominio: la presunzione di comunione e le parti dell'edificio funzionalmente ibride, in Resp. civ. prev., 3/2014; Chiesi, Art. 1117 c.c., in Codice del condominio, Milano, 2018. |