La donazione di azienda a favore di persone fisiche o enti non commerciali non è tassata ai fini delle imposte dirette
18 Febbraio 2022
Massima
Secondo la Corte di Cassazione, la donazione di un'azienda da parte di un imprenditore individuale a favore di una società non rientra nel regime di neutralità previsto dall'art. 58, comma 1 del TUIR. Al contrario, qualora l'azienda sia trasferita gratuitamente a favore di persone fisiche o di enti non commerciali, la tassazione non avviene, in quanto questi soggetti sono caratterizzati da una netta separazione tra ciò che attiene alla sfera personale (o istituzionale, nel caso degli enti non commerciali) e ciò che attiene alla sfera imprenditoriale. Il caso
Con Ordinanza del 12 novembre 2021, n. 33789, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla tassazione ai fini delle imposte dirette della cessione a titolo gratuito di un'azienda. In particolare, un imprenditore individuale ha donato ad una società commerciale, partecipata al 50% dalla propria figlia, ritenendo applicabile il regime di neutralità previsto dall'art. 58, comma 1, del TUIR. Tale disposizione prevede che il trasferimento a titolo gratuito non sia assoggettato a tassazione qualora l'avente causa assuma come valori fiscali quelli riconosciuti nei confronti del dante causa.
Infatti, come precisato dall'Agenzia delle Entrate (Cfr. Risoluzione Agenzia Entrate 23.11.2007 n. 341), la predetta disposizione intende favorire il passaggio generazionale dell'azienda - sia a titolo di donazione che a titolo di successione per causa di morte - da parte dell'imprenditore individuale a soggetti terzi persone fisiche, indipendentemente dal grado di parentela o dal rapporto di coniugio che intercorre con il beneficiario del trasferimento dell'azienda o del ramo di azienda.
Le questioni giuridiche
Viene osservato che la donazione di azienda ai sensi dell'articolo 58, comma 1, secondo periodo, del TUIR rappresenta una fattispecie di trasferimento di azienda in regime di neutralità fiscale, purché, però, i valori dei beni costituenti il complesso aziendale dell'imprenditore individuale siano assunti dal donatario al costo fiscalmente riconosciuto che gli stessi avevano in capo al donante. In questo caso, la plusvalenza, che in assenza della disposizione in commento avrebbe realizzato il donante, resterebbe allo stato latente e concorrerà alla formazione del reddito da parte del donatario all'atto della cessione dell'azienda o dei singoli beni che la compongono (Cfr. art. 67, primo comma, lett. h-bis), del TUIR).
Come precisato in altre occasioni dalla stessa Agenzia delle Entrate, è stabilito che il trasferimento, ancorché riferibile ad un atto di liberalità, non ha effetti realizzativi ed i beni si trasferiscono al beneficiario che prosegue l'attività in regime di neutralità fiscale ai fini delle imposte sui redditi, senza quindi emersione di plusvalenze o minusvalenze fiscalmente rilevanti; e questo indipendentemente dal grado di parentela con il beneficiario (Cfr. Circolare Agenzia Entrate 18.10.2001 n. 91, paragrafo 5).
Nel caso in cui una pluralità di soggetti ricevono l'azienda e gli stessi vogliono regolarizzare la società di fatto, si dovrebbe rendere applicabile la disposizione prevista dall'art. 122 (ora 170) del TUIR, che disciplina il regime tributario delle trasformazioni (Cfr. Circolare Min. Finanze 15.5.1997 n. 137/E, paragrafo 15.4).
Qualora il trasferimento di azienda per donazione avvenga in favore di una società di capitali appositamente costituita dai figli del dante causa, l'Agenzia delle Entrate ha stabilito che tale operazione non ha effetti realizzativi ed i beni si trasferiscono al beneficiario che prosegue l'attività in regime di neutralità fiscale ai fini delle imposte sui redditi, senza, quindi, emersione di plusvalenze o minusvalenze fiscalmente rilevanti (Cfr. Risoluzione Agenzia Entrate 18.7.2002 n. 237). La soluzione giuridica
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha ritenuto che la donazione a favore di una società di capitali sia assoggettata a tassazione come sopravvenienza attiva ai sensi dell'art. 88 comma 3, del TUIR, a prescindere che nella compagine sociale ci sia la figlia dell'imprenditore donante, che detiene il 50% del capitale.
Tale conclusione si baserebbe su quanto previsto dall'articolo 88, terzo comma, del TUIR, secondo il quale vengono definiti sopravvenienze attive anche i “proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità” (lett. b).
In tali casi, secondo i giudici di legittimità, la donazione d'azienda o di beni aziendali in favore di un ente commerciale determinerebbe l'emersione della plusvalenza in capo al donante, ai sensi dell'art 58, comma 3,del TUIR, mentre per il donatario genererebbe una sopravvenienza attiva.
Pertanto, in forza di tale tesi, la disciplina agevolativa del comma 1 dell'art. 58 in commento riguarderebbe solo la donazione di azienda da imprenditore individuale a persona fisica, e la ragione risiederebbe nel fatto che qualora il donatario sia una società commerciale, di persone o di capitali, o un ente commerciale, la donazione ricevuta non potrebbe che essere considerata come «relativa all'impresa», essendo destinata allo svolgimento di attività commerciale, senza che si possa distinguere tra sfera imprenditoriale e sfera personale.
Al contrario, qualora il donatario sia una persona fisica o un ente non commerciale, il trasferimento a titolo gratuito non dovrebbe essere ricondotta nell'ambito di applicazione del comma 3 dell'art. 88 del TUIR, perché, ai fini delle imposte sui redditi, questi soggetti sono caratterizzati da una netta separazione tra ciò che attiene alla sfera personale (o istituzionale, nel caso degli enti non commerciali) e ciò che attiene alla sfera imprenditoriale; non potendosi riferire il conseguimento della liberalità alla sfera imprenditoriale del donatario, manca il requisito della percezione nell'esercizio dell'attività di impresa e, conseguentemente, la liberalità ricevuta diviene irrilevante ai fini del reddito del donatario. Osservazioni
Tale ultimo chiarimento è molto importante, perché permetta anche agli enti non commerciali e, ora, anche del terzo settore di ricevere gratuitamente delle aziende senza subire una tassazione ai fini delle imposte dirette. Relativamente ai trasferimenti di azienda a favore degli enti no profit che svolgano anche attività commerciali, l'Agenzia delle Entrate ha escluso la tassazione, qualora si possa applicare il comma 4 del medesimo articolo 88, il quale sancisce che non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1,lettere a) e b), dai propri soci, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni. Tale disposizione, riferendosi anche ad enti diversi da quelli societari, pubblici e privati che hanno ad oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, trova applicazione anche nei confronti degli apporti di capitale operati da parte di analoghi soggetti conferenti, come i fondatori, nell'ambito di una fondazione.
Come stabilito dalla stessa Agenzia delle Entrate, anche i conferimenti effettuati dai Partecipanti e dai Sostenitori che, condividendo gli scopi di una Fondazione di partecipazione, contribuiscono con modalità differenti alla vita della medesima, possono non essere tassati in capo all'ente dante causa (Cfr. Risposta ad istanza ad interpello n. 255 del 17 luglio 2019). Per usufruire di tale regime, i versamenti non devono essere corrisposti dai soci, anche indirettamente, a fronte della fruizione di un servizio o di altre attività svolte dalla Fondazione, in quanto, instaurandosi con la stessa un nesso di sinallagmaticità, gli stessi dovranno qualificarsi fiscalmente come ricavi, a prescindere dalla loro eventuale imputazione a patrimonio, e, quindi, essere tassati.
Pertanto, come chiarito dall'Agenzia delle Entrate in altra occasione, gli apporti da parte dei fondatori non assumeranno rilevanza impositiva in capo alla fondazione stessa, se gli stessi confluiscono nel fondo di dotazione necessario per perseguire gli scopi istituzionali dello stesso ente (Cfr. Risposta ad istanza ad interpello n. 187 del 12 giugno 2019).
Ciò sarebbe coerente anche con quanto previsto dall'art. 148 del TUIR, secondo il quale le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.
Nel caso in cui l'oggetto conferito sia un'azienda e se sono soddisfate tutte le condizioni ivi previste, si ritiene applicabile anche l'art. 176 del TUIR che prevede un regime di neutralità fiscale.
Diversamente, il legislatore prevede il concorso alla formazione del reddito delle liberalità e dei diversi tipi di contributi finalizzati a sostenere direttamente l'attività commerciale, coprendo i costi di esercizio o di acquisto di beni strumentali o altri costi. Tali ultime liberalità prescindono dal soggetto che le eroga (Cfr. risposta ad interpello del 22 giugno 2020, n. 189).
L'inquadramento in una delle categorie di contributi (in conto esercizio, in conto impianti, in conto capitale) dipende dalla destinazione degli stessi e dalle condizioni che ne riconoscono la spettanza, potendo anche essere erogati dai soci (o dai partecipanti un ente).
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